Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |       
Autore: elizabethraccah    19/06/2012    3 recensioni
Alexandra e Jared sono due ragazzi con poteri straordinari; non come quelli dei film o dei libri, ma poteri veri, difficili da usare e che possono fargli perdere il controllo di se stessi da un momento all'altro. Ora sono alla ricerca di uno scrigno, ma prima devono trovare i loro simili. Riusciranno a farlo? Oppure saranno già tutti dalla parte di Adron, l'uomo della stirpe che da millenni è in guerra con quella di Alex e Jay e che ora ha il dominio sul mondo intero?
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Alexandra all’inizio non viveva lì. Ci si era trasferita con la zia quando aveva uno o due anni. All’epoca si parlava di un uomo che dove passava lasciava desolazione e distruzione, un uomo che tutti temevano. Si parlava di lui con un certo timore e rispetto, come se potesse spuntare fuori da un momento all’altro e torturarti nel caso dicessi una cosa sbagliata. Alexandra ovviamente a quell’età non capiva quello che le succedeva attorno, perciò le aveva spiegato poi tutto sua zia, Madge, che l’aveva presa con sé quando suo padre era morto perché, quando l’uomo che portava distruzione aveva preso il dominio degli Stati Uniti, si era ribellato insieme all’intera nazione. Non c’era stato niente da fare. I ribelli vennero torturati ed uccisi, e anche le loro famiglie. Ma la zia di Alexandra, avvertendo il pericolo, ad insaputa di suo fratello e sua moglie, aveva preso la nipote e l’aveva portata via dal paese. Erano andate a nord, sempre più a nord. Avevano attraversato tutto il Canada, e poi si erano rifugiate in Alaska, dove le attendevano il marito di Madge e il figlio di questi ultimi, un anno più grande di Alexandra.
Madge aveva portato via Alexandra perché non poteva permettersi che morisse ― Adron non si sarebbe fermato di fronte a niente, ed avrebbe ucciso chiunque avesse incontrato sul suo cammino. Non poteva permettersi che morisse perché le voleva bene, ma la vera ragione era che la sua adorata nipote era speciale, proprio come suo figlio. Madge sapeva tutto su di loro, sui poteri ereditari di Alexandra ― e di suo figlio, ovviamente. La madre di Madge aveva spiegato tutto a lei perché pensava che probabilmente lei avrebbe avuto figli prima di sua sorella, essendo la maggiore ― e così è stato. Infatti i poteri che ora possedevano Alexandra e suo cugino saltavano sempre una generazione.
Alexandra aveva vissuto con i suoi zii, Henry e Madge, e con suo cugino Jared. Li amava come fossero un padre e una madre e un fratello. Henry e Madge non le avevano nascosto la verità, le avevano subito detto di non essere i suoi veri genitori, e Alexandra era stata cresciuta con questa consapevolezza. I suoi zii l’avevano fatto perché sapevano che, prima o poi, avrebbero dovuto farglielo presente, e più avrebbero aspettato più avrebbe sofferto, dopo, la loro Alex.
Madge insegnava ad Alexandra e Jared come utilizzare i loro poteri e come curarsi quando essi provocavano loro delle ferite. Quelli non erano poteri da film fantastico, dove non appena muove un dito il protagonista riesce a fare cose incredibili. Erano poteri pericolosi, e se usati nel modo sbagliato o con l’intensità sbagliata potevano anche uccidere il loro proprietario. I due cugini li praticavano da molti anni ed ancora non riuscivano a padroneggiarli nel tutto, ancora gli provocavano bruciature qua e là, talvolta anche tagli profondi. Henry invece li allenava, nei freddi sotterranei della villa in cui abitavano, che era un po’ un campo di addestramento. Li istruiva nell’uso della spada, in cui Alexandra era discreta, e nel tiro con l’arco, in cui invece era un disastro. Era però davvero brava nel lancio dei coltelli. Sapeva anche usare la pistola, o armi da fuoco simili, ma in quel mondo non erano molto utilizzate e non servivano.
Alexandra era cresciuta così, in un mondo freddo e crudele. Sapeva che prima o poi sarebbe venuto il suo momento, sapeva che prima o poi insieme a suo cugino avrebbe dovuto uccidere Adron, perché quello era il suo destino. Lei non si riteneva una persona, aveva accettato di essere una macchina da guerra. Sapeva che i suoi poteri avevano uno scopo, e che doveva solo compiere il suo dovere e riempire tutto il tempo che aveva a disposizione per allenarsi per il giorno in cui avrebbe spodestato ed ucciso Adron, mettendo fine alla sua stirpe.
La ragazza pensava a tutto questo, cioè alla sua storia, mentre camminava per le strade deserte di quella che una volta doveva essere stata una città di nome New York. La città dove era nata e vissuta per i suoi primi due anni di vita. Tutti i palazzi erano abbandonati, per le strade c’erano i segni evidenti della desolazione, dell’abbandono. Il vento doveva aver spazzato via tutto ciò che era rimasto lì per terra, cancellando le tracce del passato, come se in quel posto ora desolato non ci avessero mai vissuto milioni di umani. Oppure era semplicemente il nuovo re del mondo, che nessuno osava chiamare col suo vero nome ― Adron ―, ad aver mandato dei suoi schiavi a fare piazza pulita ― certo, non aveva potuto distruggere i grattaceli che si ergevano in tutta la loro magnificenza: sarebbe stato un enorme spreco di energie.
Ora lì era desolato. Quella che una volta era stata una città enorme, magnifica, adesso era solo un ricordo lontano.
Alexandra provava un senso di desolazione che la invadeva ogni volta che andava in giro per la città, in parte ancora intatta. Quando però arrivava nei posti in cui c’erano i segni della guerra e della distruzione, si rattristava ― cosa che lei non facevamai, in nessuna situazione ― e per non mostrarsi debole davanti a Jared, che l’accompagnava sempre, diceva semplicemente, fredda: «Torniamo a casa.»
Ora però non era solo una visita di piacere, ora si trattava di una missione. La prima missione della sua vita, la prima missione che, si era ripromessa, avrebbe portato a termine.
Quando arrivò davanti a quella che una volta, secondo Madge, era stata casa sua si sentì stringere il cuore. Alexandra si disse che non poteva provare quei sentimenti. Le macchine da guerra non provano sentimenti. Su quell’argomento lei e Jared avevano discusso a lungo, e non mancavano mai di farlo ogni volta che si presentava l’occasione. Lui diceva che erano pur sempre umani, che provavano dei sentimenti, e che era giusto così. Che un giorno avrebbero ucciso Adron e che tutto sarebbe finito, che avrebbero vissuto per sempre senza più minacce da parte sua. Alexandra non gli credeva, sosteneva che dopo aver assassinato Adron loro avrebbero dovuto continuare la guerra che proseguiva da secoli. Si trattava di una guerra millenaria tra le due stirpi: quella di Adron tentava di prendere il potere almeno una volta ogni secolo, l’altra glielo impediva per creare il giusto equilibrio nel mondo.
«Ehi, Alex. Tutto bene? » disse Jared quando vide la sua espressione mentre lei guardava le rovine della casa dove aveva vissuto fino a più di quattordici anni prima. Ora l’intero palazzo era alto la metà di come doveva essere in origine, ed ai suoi piedi c’erano un mucchio di macerie. Sembrava essere appena passato un terremoto, sembrava che i soccorsi stessero per giungere. Solo pochi minuti e sarebbero arrivati.
Invece no, e Jared e Alexandra lo sapevano bene. La situazione era la stessa da quasi quindici anni, ormai.
Alex annuì. «Non c’è tempo per la debolezza. Ora dobbiamo trovare lo scrigno.» Jared la guardava scuotendo la testa quasi impercettibilmente, in faccia dipinta un’espressione indecifrabile, mentre pensava. Sua cugina era così: si sentiva triste ― era umano sentirsi tristi, accidenti! ― e chiamava il sentimento che provava “debolezza”. Jared sapeva che quella non era debolezza, ma era quello che era, cioè un sentimento umano. Si sarebbe sorpreso se non l’avesse provato, perché tutti gli umani ne soffrono, prima o poi. Glielo diceva sempre, ma lei non voleva essere consolata. Alex voleva essere forte, doveva esserlo. Non poteva permettersi nemmeno un momento di debolezza, specialmente non ora.
Jared sospirò. «Dove cominciamo a cercare?» disse soltanto.
La ragazza chiuse gli occhi. Cercò i poteri nel profondo del suo animo, li chiamò e chiese il loro aiuto. Se i poteri non volevano aiutarla per quella causa, allora era finita: le e Jared non avrebbero mai trovato lo scrigno. In pochi minuti, però, Alexandra avvertì come una scintilla nel suo cuore, che cercava di espandersi per diventare una fiammella ed in seguito un fuoco divoratore di tutto ciò che lo circondava. Alex però la tenne a bada e le chiese solamente di indicarle la direzione da seguire. Non le piaceva usare i poteri, ma era un dovere. Odiava doversi affidare a qualcuno, anche se quel qualcuno era dentro di lei ed era dalla sua parte. Non voleva fidarsi di nessuno, mai. Nemmeno di Jared, a cui voleva un mondo di bene. Era nella sua natura.
Aprì gli occhi di scatto, e suo fratello la fissò interrogativo.
 «Già fatto?» chiese lui.
Alex annuì, e sorrise appena. Non sapeva perché lo aveva fatto, le era solo... venuto. Così, spontaneo.
«Wow, sei migliorata» si complimentò il ragazzo, sinceramente impressionato.
Lei alzò gli occhi al cielo. «Dài, Jay, non fare il cretino. Lo sai che sei molto meglio tu.» Alexandra odiava quando le faceva un complimento del genere; sapevano benissimo entrambi che quella volta era toccato ad Alexandra usufruire dei poteri perché era lei che aveva vissuto a contatto diretto con quel posto, quindi l’unica a poter trovare una traccia dello scrigno.
Jay si accigliò un po’. «L’hai trovato?» borbottò, cambiando discorso. Alex annuì e gli fece segno di seguirla. Scavalcarono cumuli di macerie, mentre Jay si chiedeva perché cavolo lì sotto non ci fossero anche oggetti che una volta dovevano essere stati nelle case che ora erano crollate. Per esempio anche solo il resto di una poltrona, di una cornice, di un lampadario. Ma lì sotto sembravano esserci solo ostinatamente rovine di materiali serviti per costruire il palazzo, come se non ci avesse mai abitato nessuno. Jay si disse che probabilmente Adron li aveva fatti portare via, per riutilizzare tutto a suo favore, fondere l’oro, allestire il suo palazzo. Provò un odio ancora più intenso verso di lui. Certo, lo scrigno però non poteva averlo toccato. Non ne era capace, non poteva farlo. Ma allora perché Jay aveva un così brutto presentimento?
Alexandra si fermò di colpo, in un punto assolutamente identico a tutto il resto del luogo, che non aveva nulla di speciale. La ragazza corrugò la fronte, senza capire. Eppure doveva essere lì. Prima aveva sentito l’energia dello scrigno pulsare, l’energia che serviva loro per avere un vantaggio su Adron. Chiuse gli occhi ed i poteri decisero di aiutarla solo dopo pochi minuti, come al solito. Ancora non si fidavano di lei.
Sentì di nuovo l’energia dello scrigno, ma non era altro che una traccia, pensò con frustrazione. Lo scrigno non era più lì.
Aprì gli occhi e guardò Jared, scontrosa. «Non è qui. Era solo una traccia. Deve averlo preso Adron» disse, arrabbiata. Quando la ragazza pronunciò il nome di Adron, sembrò che la terra stesse tremando, che dal profondo di essa provenisse un rombo, come un tuono temporalesco, ma molto più forte. Più potente.
«Sei proprio pessimista» provò a scherzare Jay, ma ottenne solo uno sguardo fulminante da parte di Alexandra.
«Non abbiamo più nulla da fare, qui.» Jay annuì e la seguì mentre volavano, usufruendo dei loro poteri, sopra le città distrutte degli Stati Uniti. Ognuno era perso nei propri pensieri, che riguardavano sicuramente il paesaggio sotto di loro.
Qualche ora dopo erano di nuovo in Alaska, nel salottino dell’abitazione a spiegare a Madge ed Henry cos’era successo, e a raccontargli ognuno le proprie opinioni.
«Senza quello scrigno siamo morti. Noi ed il mondo intero» sosteneva Alexandra. «Ma non mi arrenderò. Continuerò a cercarlo e lo troverò, ad ogni costo.» Jared notava che quando parlava di una missione o del futuro, Alexandra parlava sempre al singolare. Mai un “noi lo troveremo”, o un “noi ce la faremo”. No. Sempre “io lo troverò” e “io ce la farò” e Jay non poteva che sentirsi un po’ escluso. Ma dopotutto lo sapeva che Alexandra era così.
«Io non la penso così. Dopotutto Adron non lo può toccare, lo scrigno. Sarà andato perduto...» provava a ribattere debolmente Jared, ma nessuno l’ascoltava. Certo: erano tutti, sempre,ovviamente concentrati su Alexandra. Lei non pareva nemmeno rendersene conto, oppure lo capiva e non lo dava a vedere. Odiava vedere i suoi genitori dare più retta a sua cugina che al loro stesso figlio.
«Ascoltate. C’è una cosa che dovete sapere. Speravo di non dover contare sul loro aiuto, ma...» iniziò Madge. Parlava come se stesse spiegando a tutti e due i ragazzi, ma si vedeva che le sue parole erano rivolte ad Alexandra, pensò Jay con amarezza. «Ci sono altri come voi. La maggior parte sono stati uccisi, ma ne rimangono almeno una decina. Forse ce l’hanno loro, lo scrigno, e stanno dalla nostra stessa parte.» Alle parole di Madge il volto di Alexandra si illuminò, ma poi tornò cupa. Non voleva l’aiuto di nessuno, non si poteva contare su nessuno, non in quel periodo. Potevano benissimo essere tutti schierati dalla parte di Adron, come potevano essere dalla loro. Lo fece presente agli altri.
«Adron tenta di ucciderli da anni, e loro scappano sempre» spiegò brevemente Henry. Lo sguardo e le parole erano rivolti ad Alexandra.
Allora Jared non ce la fece più di essere ignorato, perché tutti guardavano Alexandra e parlavano solo a lei,  lui era come l’ombra sbiadita di sua cugina. «Sembra che voi sappiate perfettamente tutto quanto. Mi chiedo come mai ci diciate le cose solo a pezzetti, solo quando a noi serve. Sapete una cosa? Non voglio più andare avanti così. O dite tutto chiaro e tondo, oppure io me ne vado.» Parlò con ferocia, e quasi a dare maggiore importanza a quello che aveva appena detto, i poteri dentro di lui fecero tremare il pavimento del salottino. I suoi genitori lo guardarono scioccati, come se si fossero accorti solo ora che lì c’era anche Jared.
Alexandra si girò piano verso di lui, l’espressione indecifrabile. «Allora vattene. Qui si fa come dicono loro» disse con un tono di voce perfettamente misurato.
Quelle parole colpirono Jay come un pugno nello stomaco, ma mantenne un’espressione neutro. Si aspettava che Alexandra l’appoggiasse, che gli dicesse che aveva ragione, che era dalla sua parte. Tutto tranne quello. Forse era solo per essere ancora più adorata da Henry e Madge. Questa era l’ultima goccia. Jared non si lasciò intimidire. «Bene.» Si girò e in pochi passi raggiunse la porta, pronto a lanciarsi nel gelido inverno dell’Alaska. Evocò i suoi poteri per aprire la porta, come volesse dimostrare di essere molto più forte di sua cugina, ed essa si spalancò. Il vento ghiacciato entrò fischiando nella casa.
La madre di Jared strillò qualcosa, come per fermarlo, ma il fracasso del vento copriva ogni altro rumore. Sapeva che sua madre gli aveva appena detto di fermarsi, di ritornare indietro, ma lui era irremovibile. Si gettò fuori dalla porta con un battito delle sue ali di ghiaccio, che rispecchiavano esattamente il suo stato d’animo.
 
«Vedrete che tornerà» provò a dire Alexandra mezz’ora dopo, ma non ci credeva nemmeno lei. Aveva visto lo sguardo di Jared, aveva visto l’odio ed il disprezzo nei suoi occhi.
Madge ed Henry erano distrutti dal dolore e dal rimorso. Scuotevano la testa fissando il pavimento, colmi di vergogna e frustrazione. Madge si lasciò scappare una lacrima, che cadde sul parquet scintillante. Henry le mise un braccio intorno alle spalle. Oh, tutta questa umanità, pensò Alexandra con amarezza. Non c’è posto per l’umanitàin un mondo così. Girò sui tacchi e se ne andò nei sotterranei ad allenarsi, perché tanto non poteva né voleva fare niente per aiutarli. Sfogò la sua rabbia tirando coltelli a casaccio, che andavano a finire da tutte le parti bucando il muro e rimanendoci incastrati per la forza con cui erano stati lanciati. Tirò fendenti con la sua spada all’aria, senza alcun motivo, solo per sfogarsi. Prese a pugni tutto quello che le capitava sotto agli occhi, e i sotterranei divennero presto un posto disordinato e inospitale, la maggior parte delle armi sparse per terra ed il resto miracolosamente ancora al loro posto.
Ad Alexandra scappò una lacrima, e si maledisse perché lei non poteva permettersi di provare sentimenti.
La verità, però, era che era così arrabbiata perché non era mai stata più sola in vita sua.
 
Jared fissava il mondo sotto di lui. Non era mai salito così in alto in vita sua, anche perché Alexandra non ce la faceva: i suoi poteri si facevano vivi raramente, mentre quelli di Jay arrivavano alla minima richiesta d’aiuto, e non gli costavano nemmeno tanta fatica.
Jared di se stesso sapeva solo che discendeva dalla Stirpe del Ghiaccio, e doveva discenderne anche sua cugina, ma lui non ne era poi così sicuro. Dentro di loro doveva esserci lo Spirito del Ghiaccio, ma solo Jay lo percepiva in sé. Una volta che aveva perso il controllo sui suoi poteri, lo Spirito gli aveva sussurrato di guardarsi le spalle da Alexandra. Anche se quasi involontariamente, Jared da quel momento era stato più vigile.
Volava da ore, ormai, e non faceva che chiedersi cosa sarebbe successo. Sarebbe tornato? Cosa succedeva mentre lui volava sopra i resti del mondo?
Mentre planava in un punto qualsiasi, percepì che lo Spirito del Ghiaccio gli sussurrava qualcosa. Jay si concentrò per capire cosa, ma non ci riusciva. Avrebbe dovuto svuotare la mente e concentrarsi su se stesso, ma non ci riusciva: pensava solo ai suoi genitori e ad Alexandra. Lasciò perdere e cominciò a vagare senza meta, guidato solo dall’istinto. Sapeva che lo Spirito del Ghiaccio stava facendo tutto da solo, che stava già mettendo in pratica ciò che cercava di sussurrare di continuo a Jared, che lo lasciava fare. Si fidava, anche se era sempre vigile: non voleva lasciarsi possedere, voleva anche essere semplicemente Jay.
Arrivò in un punto desolato. Sapeva che lì c’era la traccia di un qualche potere ― dello spirito della Terra, forse ― ma era certo che quel luogo fosse completamente disabitato. Si creò una specie di igloo, una cupola di ghiaccio, plasmandolo grazie ai suoi poteri. Poteva stare lì dentro quanto voleva, e poi si sentiva a suo agio in mezzo al ghiaccio. Non soffriva mai il freddo, a differenza di Alexandra, perché lui, nel profondo, era fatto di Ghiaccio.
Cercò di nuovo i suoi poteri, e nel profondo del suo spirito si accese una scintilla azzurra, che ormai era così familiare. Lo Spirito. Con non poche difficoltà, alla fine innalzò anche una barriera che lo rendeva invisibile agli occhi di chiunque. L’aveva creata piccola, la cupola, così l’incantesimo di protezione era meno esteso e di conseguenza era meno faticoso crearlo, ma ci aveva impiegato comunque qualche ora.
Si accorse che si era fatto buio, quindi si preparò per andare a dormire. Tutt’a un tratto, mentre cercava di addormentarsi, sentì una voce provenire dal profondo del suo animo.
Trova gli altri Spiriti. Sono sette oltre a te.
Non poteva che trattarsi dello Spirito del Ghiaccio. Provò, per la prima volta, a comunicare con lui. Ebbe un po’ d’esitazione, quindi all’inizio non ci riuscì. Si disse che doveva credere in se stesso per farlo, e dopo una decina di tentativi andati a vuoto sentì che lui e lo Spirito che gli stava dentro erano sulla stessa lunghezza d’onda. Perché? chiese con enorme sforzo allo Spirito.
Quest’ultimo gli rispose subito. Ti aiuteranno.
Non posso fidarmi di nessuno.
Devi farlo.
Jared ansimò, sfiancato dalla conversazione. Era sudato, i capelli biondi appiccicati alla fronte, ed aveva i brividi. Sapeva che se avesse continuato sarebbe stato davvero male, ma doveva combattere la debolezza. Pensando a quella parola le venne in mente Alexandra. Per quanti tentativi fece per comunicare nuovamente con lo Spirito del Ghiaccio, non ci riuscì comunque. Il nome di sua cugina vorticava in testa, e fu impossibile svuotare la mente e concentrarsi. Si addormentò stanchissimo e febbricitante, soffrendo per la prima volta il freddo.

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: elizabethraccah