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Autore: Alkibiades    20/06/2012    1 recensioni
Un qualcosa che assomiglia a un risveglio, del corpo?, dell'anima?
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Probabilmente era la bocca impastata, gli occhi socchiusi, forse la testa pesante, o la luce che filtrava dalle tapparelle non ben chiuse, anzi, sicuramente dovevano essere le tapparelle.
Stava in silenzio, un silenzio delicato, giusto per non rovinare quel quadro di perfezione assoluta. 
Il vento ci giocava, con le tapparelle, muovendole lentamente. Il sole si aggiungeva sempre più al gioco, passando dall'essere un’ombra luminosa dietro le case, a un disco di fuoco sempre più brillante. S'era creato come un mosaico sulla sua pelle. Luce ombra, ombra luce. In movimento perpetuo.
Continui a torcerti i capelli, li attorcigli con noncuranza con l'indice, e poi li lasci così, piccoli ricci corti, che ritornano normali al primo soffio.
E lei, lei era appoggiata.
Se ne stava lì, rincantucciata con la testa sul tuo petto. 


Silenzio.


Il vento, quello della mattina, non quello della sera o del tardo pomeriggio, proprio quello della mattina, quello che sembra esistere solo per ricordarti di svegliarti.
Lo svegliarsi così, lentamente, con noncuranza, senza fretta, le ore di sonno perse nel pensare invece che nel dormire, i suoi occhi, i suoi capelli, ed ora la testa pesante, alcol.
La bocca impastata, sapore di fumo, alcol, senza avere fumato, bevuto; ricordi che si rincorrono, i suoi occhi.
Tutto è normale nella tua vita, ti svegli ogni mattina, ti alzi, pensi, fai di tutto senza darci il minimo peso, salvo che, una mattina, ti alzi con un'idea in testa, solo anche degl'occhi magari, o poco più, e sei fregato. Fregato, fino in fondo. Niente soddisfatti o rimborsati, hai avuto l'idea? Te la tieni.

Corpo diviso a metà.
Dalla vita in giù solo le coperte, dalla vita in su solo l'aria copre il resto, maglietta caduta durante la notte.
Pian piano i sensi si risvegliano, con deliberata lentezza, come se volessero prenderti in giro, e ti accorgi di una fonte di calore dove dovresti sentir freddo, dove sei senza coperta.
I suoi capelli sono sopra i tuoi occhi - la musica nell'altra stanza è sempre più dolce - la sua testa nel tuo petto, la sua mano nella tua, un'unione, uno scambio reciproco di calore, anime a contatto?, e non capisci più nulla. Nulla, la sensazione di essere soli in una stanza affollata, proprio soli, mentre il mondo scoppia di vita e tu muori dentro.
Era mentre ti baciava, mentre ti faceva sentire qualcosa più che felice – il cielo così vicino – che capivi che era importante, ma anche tanto, e non ne trovavi le parole, i gesti, tutto quanto per dimostrarlo.
L’avere troppi sentimenti ti ha fatto scivolare in un’irreale apatia, essere così vicino al cielo, tolta lei, le tue ali, t’ha fatto sfracellare al suolo.
Fa male.

Per colpa sua credi negli angeli; non quelli con le ali, no, non maltratti così tanto la tua testa, ma nemmeno quelli con le aureole, no. Credi in quelli che ti sanno portare a casa ovunque tu sia, quelli che ti fanno andar via quando quello che ti circonda diventa sempre più estraneo; hai seguito la sua voce, ti sei perso.

E immaginare lo svegliarsi, lo svegliarsi con quell'idea in testa ricorrente, i suoi occhi, e girarsi, trovarseli di fronte che ti fissano, accusatori, dopo che girandoti troppo nel letto l'hai svegliata.
E immaginare quanto fosse bella persa nel sonno, sognando qualcuno di diverso, e sentirla respirare piano, dolce, mentre tu rimanevi lì a fissarla per ore.
Fuori dalla sua testa, appoggiata su di te, potevi anche fissarla, ma dentro, dentro di lei, quello che sognava, no, non c'eri.
Lo capisci sempre troppo tardi, tardi, quando la fine arriva.
Ed è arrivata, mentre dormiva, mentre dormiva tranquilla, e lì, solo lì, hai  realizzato come la mente delle persone, i loro rapporti, siano così strani: farse, tragedie, commedie, tutti intendono qualcosa, qualcosa che l'altro non potrà mai capire.

Così arrivavi alla conclusione che mentre respiravi per vivere, per viverla, lei pensava ad un altro; mentre i vostri respiri erano uniti, ce n’era un altro nella sua testa, un altro sussurro, più in profondità magari, ma c’era.
Ma a te non importa.
T’importa averla abbracciata un’ultima volta, averle detto ancora quello che provi, che provavi, mentre lei s’alzava, sapendo che nulla sarebbe stato come prima.
Nulla.
Tanto vale pensare a qualcun altro.
Sì sa mai.
Sempre così, gli occhi delle persone ti fottono, ti prendono in profondità, t’intrappolano, e non ne esci più.
I suoi occhi nella tua testa.

Fottuto.

 

  
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