GENERE: Generale.
RATING: Verde speranza.
AVVERTIMENTI: Slasher incallita a ore dodici!
TEMA
TRATTATO: Coming
out.
PROMPT
USATO:
“Si appartengono, ma in
un modo speciale. Si appartengono, ma non si possiedono.”
(P.V. Tondelli)
INTRODUZIONE:
Marta
è cresciuta.
NOTE: OS scritta per il contest estivo Lo slash è un diritto indetto
da Florelle
e dalla sottoscritta su Facebook. Stilisticamente parlando fa
abbastanza pena e
di sicuro ho prodotto di meglio, ma non potevo non partecipare.
Ah, prima che qualcuno
gridi al plagio o al nonsense: trattasi di una sorta di spin-off/sequel
di
un’altra mia raccolta di one-shot, ‘Piccole
slashers crescono’ (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=863985&i=1),
che consiglio di leggere giusto per capire che razza di tipino
sia la protagonista -per non parlare della sua famiglia.
Il titolo è una
splendida
citazione di un film del 2003, Amami se
hai coraggio.
Dedico questa storia al mio Fil, che non ringrazierò
mai
abbastanza.
Buona lettura (spero)!
Marta ha diciotto anni, i
capelli ramati, una famiglia fuori dalle righe ed un migliore amico che
adora.
Filippo
è nato un mese prima di lei, ha mani da pianista lunghe e
affusolate e un
segreto che gli pesa
tenere per sé,
senza poterlo rivelare a nessuno. Marta è quasi sicura di
sapere di cosa si
tratta -ci è già passata con Gianni, suo
fratello- ma preferisce aspettare che
sia Filippo a parlargliene, quando si sentirà pronto.
Si sono
conosciuti il primo giorno del loro primo anno di liceo; compagni di
banco per
caso, amici inseparabili per vocazione. Non esiste libro che non si
siano
prestati, canzone che non abbiano ascoltato, argomento di cui non
abbiano
discusso; telefilm che non abbiano amato, festa cui non siano stati
invitati,
interrogazione che non abbiano preparato –insieme, sempre
insieme. Loro due e
il resto del mondo fermo a guardarli, ammaliato e perplesso di fronte
ad un
legame così assoluto, così totalizzante.
Quando
i loro compagni avevano cominciato a considerarli come una coppia,
convincerli
del contrario non era stato affatto semplice; loro stessi avevano
vacillato,
incerti, cercando risposte a domande che fino ad allora non si erano
mai posti.
Confusamente,
Marta si era chiesta se forse, in fondo in fondo, non fosse un
po’ innamorata
dell’amico –tanto affettuoso, biondo e sensibile.
Filippo, a sua volta,
spaventato da un dubbio che si stava prepotentemente facendo strada in
lui da
un paio di mesi a quella parte, aveva sperato che i compagni avessero
ragione.
Non era
stato così. Tra di loro non era mai successo nulla e avevano
ripreso ad essere
amici punto, senza se e senza ma. Era
stato allora che Marta aveva cominciato a porsi alcune domande sui
gusti
dell’amico. Quando poi, col passare degli anni, lei aveva
cominciato a
costruirsi una vita sentimentale, Filippo non l’aveva
imitata. A suo dire
aspettava di incontrare la ragazza giusta; Marta aveva mangiato la
foglia,
rispettando il riserbo in materia dell’amico. Forse era
troppo presto per
affrontare l’argomento.
L’unica
persona che, sin
dai primi mesi della loro frequentazione, era riuscita a trovare una
definizione che si adattasse perfettamente al loro rapporto era stata
Viola, la
madre di Marta. La donna (che non a caso era una sceneggiatrice di
successo)
una volta che, tornata da una riunione di lavoro, li aveva trovati
acciambellati
sul divano a fiori del salotto intenti ad ascoltare musica in silenzio
assoluto
-a Filippo l’auricolare destro, a Marta il sinistro- aveva
scritto d’impulso
sul taccuino che portava sempre con sé in caso
d’ispirazione improvvisa.
Le poche parole, vergate frettolosamente su carta, recitavano:
“Si appartengono, ma in un modo
speciale. Si
appartengono, ma non si possiedono.”
Filippo ha
invitato Marta
a casa sua per tradurre insieme una versione di greco particolarmente
ostica,
ed è quello che hanno fatto almeno fino a dieci minuti fa.
Arrivati a tre
quarti del brano, stanchi di dover lottare con il fraseggiare oscuro di
Platone, si sono accordati una meritata pausa.
“Come sta
Gianluca?” si informa
Filippo, riferendosi al bambino cui l’amica fa da babysitter
tre pomeriggi a
settimana.
“Quel bandito in
miniatura?” si illumina Marta, che per il bandito
ha un debole. “Più sbarazzino e
potenzialmente gay che mai” risponde, sicura del fatto suo.
Filippo
è abituato a sentire simili affermazioni in bocca
all’amica; ordinaria
amministrazione, quando si passa tanto tempo in compagnia di una
slasher
incallita come lei.
“Tesoro,
sei tremenda!” scoppia comunque a ridere, si siede a gambe
incrociate sulla
superficie morbida del letto e invita Marta a fare altrettanto.
“Non puoi
metterti a fangirlare su un’anima innocente di otto
anni.”
“Ehi,
non è colpa mia se se ne esce con frasi del tipo
‘Da grande sposerò il mio
amico del cuore’. Io alla sua età non andavo in
giro dicendo che avrei messo su
casa con una delle mie amichette, abbi pazienza” si
schermisce lei,
accomodandosi di fianco al ragazzo.
“Beh,
io sì” si lascia sfuggire mentre le circonda le
spalle con un braccio.
Eccolo,
il pretesto che Marta stava aspettando. Addirittura troppo tempistico
per
essere casuale.
“…Infatti
tu sei gay, Fil” azzarda, si volta verso di lui per guardarlo
dritto negli
occhi.
“In
effetti” annuisce dopo un attimo di esitazione. “Da
quanto lo sai?”
“Con
certezza solo da un paio d’anni. Ma credo di averlo sempre
sospettato, diciamo
così.”
“Anche
io” ammette, sorridendo tristemente. “Ti starai
chiedendo perché non te ne ho
parlato prima.”
“Posso
immaginarlo” si stringe nelle spalle. “Non eri
pronto, avevi paura”.
“Una
paura che neanche ti immagini” sussurra lui, serrando la
mascella. “Non
riuscivo ad accettare me stesso. Ti guardavo e dentro di me pensavo:
è perfetta,
mi capisce come nessun altro e non riesco ad innamorarmene.
Perché?” abbassa
gli occhi. “Volevo essere come tutti gli altri, essere normale; ma poi vedevo tuo fratello ed il suo
ragazzo, ed erano così belli e felici insieme,
così naturali. E
c’eri tu, con il tuo sostegno alla causa LGBT,
così
aperta e serena al riguardo… Ero confuso, forse lo sono
tutt’ora.”
Marta
gli solleva con due dita il mento -non ha bisogno di nascondersi, non
da lei.
“Sai,
ricordo quando Gianni fece coming out:
ci disse che aveva aspettato ad affrontare l’argomento con
noi perché all’inizio
non ci voleva credere; che se non fosse stato per Francesco forse non
avrebbe
mai capito di essere gay” gli racconta dolcemente.
“E voi
come avete reagito?”
“Beh,
li conosci i miei. Papà è corso
all’enoteca ed è tornato con una cassa di Dom
Pérignon per brindare, mamma si è commossa e ha
comunicato via sms la lieta
novella alle sue amiche d’infanzia, fangirl quanto lei. Io mi
sono limitata ad
abbracciare il mio fratellone e a pregarlo di non copulare con Fra
quando c’ero
anche io in casa” e solleva un sopracciglio, divertita.
“Adoro
la tua famiglia” sospira Filippo, rasserenato.
“Siamo
un branco di pazzi scalmanati –ma sì, in effetti
siamo abbastanza simpatici”
ridacchia. “Piuttosto, passando alle cose serie: non appena
ti sarai deciso a
fare la tua prima incursione in un bar gay promettimi che mi porterai
con te!”
“E chi
ti dice che non ci sia già stato?” sta al gioco,
ghignando allusivamente.
“Tsk,
senza di me? Come se fosse possibile” replica fingendosi
offesa.
Già,
come se fosse possibile- pensa lui posando un bacio sulla tempia di
Marta.
Si appartengono,
ma in un
modo speciale. Si appartengono, ma non si possiedono.