La ragione dello scrivere

Il mio nome non v’interessa. Sappiate, miei cari lettori, che sono uno scrittore.
No, i testi che produco non sono coloro che portano il pane in casa mia - svolgo un’altra professione. Sono uno di quelli che scrivono per puro piacere personale, a tempo perso.
Ma non sono qui per parlarvi di questo, ma della ragione che spinge me - e forse molti altri autori, chi lo sa - ha buttar giù nei momenti d’ispirazione i miei piccoli e insignificanti racconti.
La giustificazione più comune è quella del donare emozioni, come quelle che altre narrazioni offrono a noi, per avere la certezza che quello che le nostre menti producono possa far nascere qualcosa - un sorriso, una lacrima, una risata.
Ovviamente io stesso scrivo con questi propositi tanto caritatevoli, per così dire, ma c’è quella ragione che muove le mie dita sui tasti di un computer o la mia penna su un foglio di carta nella speranza che questo piccolo, egoistico desiderio possa realizzarsi.
Nella vita reale, il controllo che esercito su cose e persone è limitato al potere che possiedo - non molto, in realtà. Ritirandomi nel piccolo mondo che creo nelle mie storie, mi sento padrone di tutto ciò che ci trovo e decido della vita e delle azioni compiute dai personaggi. Il leggero sadismo con cui torturo - perché così tratto ogni personaggio che creo – deriva da questo desiderio di potere e controllo, dalla consapevolezza che tutto in un racconto da me creato, dal più piccolo insetto alla creatura più potente, dipenda inesorabilmente dalle mie decisioni, che tema il mio cattivo umore e gioisca quando scorge la mia serenità.
Un piacere così inebriante che deve rimanere inconscio, segregato nelle infime parti della mente per continuare a vivere sfruttando altri propositi che ci si prefissa.
Ma forse questo è solo un mio vaneggiamento, un modo per giustificare il sadismo con cui tratto tutto ciò che realizzo o un modo per farvi avere l’impressione di essere voi quelli sadici e cinici, chi può dirlo?

Ora, col permesso dei miei lettori, tornerei ai miei racconti - torture nei confronti dei miei personaggi.
In fondo, che potrebbe accusare uno scrittore di tirannia?