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Autore: unleashedliebe    20/06/2012    11 recensioni
La metropolitana è un luogo vivo, caotico, frenetico. Ci si scontra, si corre, si litiga, ci si innamora.
«Sono contento tu abbia perso il treno stamattina.»
«Anche io, davvero.».

Coincidenze? Destino? Casualità? Strade che si incrociano, sorrisi che nascono, vite che cambiano.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Ludovica, che mi sprona sempre a scrivere, che mi suggerisce sempre i nomi per i personaggi e canzoni che possono ispirarmi, che rompe le scatole per leggere le mie storie in anticipo, che oggi compie gli anni. Questa è per te, tanti auguri donno. Love ya :)


Subway, line 9


Subway, line 9.

“Is this a natural feeling
Or is it just me bleeding
All my thoughts and dreams
In hope that you will be with me or
Is this a moment to remember?"
[Anywhere But Here - Safetysuit]

Era in ritardo, di tanto anche.
La sera prima aveva puntato la sveglia alle sette, ma per qualche strano scherzo del destino quella aveva deciso di rompersi, così si era alzata solamente alle sette e quaranta, stranita dalla luce che entrava dalla finestra e convinta fosse ancora notte fonda.
Prese velocemente i vestiti preparati il giorno prima, si diede una sistemata rapida in bagno e uscì di fretta da casa diretta verso la metropolitana di New York. La raggiunse in cinque minuti scarsi, grazie alla corsa che le aveva tolto il fiato.
Sistemò la borsa a tracolla sulla spalla, controllando di essere ancora intera e diede un’occhiata ai tabelloni per vedere le partenze dei treni; non si stupì notando il suo fosse già andato, non poteva aspettarsi diversamente visto che aveva quasi tre quarti d’ora di ritardo. Si guardò intorno, notando tutte quelle persone correre per raggiungere il binario giusto per dirigersi verso la propria meta: era l’ora di punta, cercava sempre di evitarla perché non voleva perdersi in mezzo a quella miriade di gente dinamica e ansiosa, sempre a controllare l’orologio per paura di arrivare in ritardo a un appuntamento, che non si guardava mai attorno e rischiava di travolgere qualche innocuo passante – come era capitato più volte a lei – e sembrava costantemente in ansia.
Sbuffò stanca, asciugandosi la fronte leggermente sudata: non era giornata, decisamente.
Valutò le possibilità: poteva aspettare il mezzo successivo, consapevole sarebbe arrivata a lezione con quasi due ore di ritardo; poteva tornarsene a casa, passando la mattinata di fronte alla televisione, oppure poteva andare a fare un giro da sola per la città.
Non era attratta da nessuna delle alternative, sospirò andandosi a sedere su una panchina di fianco all’entrata.
Controllò distrattamente il cellulare e inviò un messaggio alla madre, avvertendola che quel giorno non sarebbe andata a scuola. Lo spense subito dopo, così da evitare che la donna la richiamasse e le facesse una predica per la sua irresponsabilità e l’incapacità di gestire la sua vita da sola nonostante avesse da poco compiuto diciotto anni. Il loro rapporto non era dei più rosei, tanto che, appena raggiunta la maggiore età, la ragazza aveva deciso di andare a vivere da sola in un piccolo appartamento nella periferia della grande mela, allontanandosi perciò dalla scuola che frequentava e dalla casa dei genitori, ecco perché ogni giorno doveva recarsi alla metropolitana, sperando di non sbagliare binario e finire nel luogo sbagliato; all’inizio le era successo, aveva confuso il treno ed era finita dalla parte opposta rispetto al suo college, poi però aveva imparato e non era – per fortuna – più successo.
Scosse la testa e osservò la sua figura riflessa nei vetri delle porte che conducevano all’edicola. I suoi capelli castani ricadevano scompigliati sulle spalle, gli occhi azzurri apparivano vuoti senza l’abituale linea di matita nera che li circondavano; le guance erano arrossate a causa della corsa e la camicia si era sgualcita.
Storse il naso, sembrava appena scesa dalle montagne russe. Passò dieci minuti a guardare chi passava, beandosi per un attimo dell’energia che aleggiava nella subway newyorkese. Per quanto non le piacesse il caos e vedere tutti andare di fretta, aveva imparato ad apprezzare la metropolitana. Pensava fosse quello il fulcro della città, era lì che confluiva una massa eterogenea di persone, oggi giorno si incontravano – scontravano centinaia di cittadini, avvenivano migliaia di contatti, si sorrideva a sconosciuti e si faceva conoscenza. Era un luogo vivo, a tutte le ore.
Un brontolio la distrasse dai suoi pensieri, si ricordò solo in quel momento d’aver saltato la colazione e sentì il bisogno di addentare qualcosa; si alzò svogliatamente dalla panchina e si diresse a passo lento verso il bar della stazione, dalla parte opposta rispetto a dove si trovava lei.
Si infilò fra le persone, prese qualche gomitata, diede qualche spinta e riuscì ad arrivare sana e salva, soddisfatta poi mentre ordinava un cornetto al cioccolato tanto desiderato.
Pagò e si sedette vicino alla vetrata che dava sui binari, così da poter osservare indisturbata chi passava. Estrasse l’ipod dalla sua vecchia tracolla e selezionò una playlist a caso. Si lasciò cullare dalle note di “Breathing’” di Jason Derulo. Sentì il volume scemare, segno che la traccia era conclusa e poi l’aria fu invasa da dolci accordi di chitarra; rimase perplessa non riconoscendo quella musica. La melodia di “Payphone” giunse alle sue orecchie e solo allora si accorse che, il suono della chitarra, non proveniva dalle cuffie bensì dalla stazione. Incuriosita mise via il lettore e uscì dal locale, cercando di capire da dove e da chi proveniva la musica. Raggiunse il binario 9, individuò lo strumento ma, soprattutto, vide lui.
Si nascose leggermente dietro a una colonna per poter veder meglio senza risultare stupida – non che, nascondersi dietro a un pezzo di marmo, fosse un comportamento particolarmente intelligente.
Era un ragazzo della sua età, seduto sul cemento freddo della metropolitana con in mano una vecchia chitarra classica. Lo osservò attentamente a partire dalle vecchie converse grigie ai piedi, passando per dei pantaloni stretti neri e una t-shirt con scollo a V bianca, la quale ne sottolineava il fisico magro e scolpito.
Aspettò un secondo prima di guardargli il viso, immagazzinando nella mente l’immagine di quel fisico perfetto.
Alzò lo sguardo e lo piantò verso l’alto, beandosi della bellezza di quello sconosciuto: aveva un’espressione concentrata, gli angoli della bocca leggermente alzati che permettevano di intravedere due adorabili fossette sulle guance piene; i capelli ricadevano scomposti sulla fronte, deliziosi ricci che gli incorniciavano il volto dolce e terribilmente incantevole. Lo guardò mentre faceva scorrere le sue mani grandi sulle corde della chitarra con delicatezza, scostandosi ogni tanto i capelli che gli coprivano gli occhi. La ragazza affilò la vista, cercando di capire – senza risultato – il colore delle pupille; si diede poi un leggero schiaffo in testa, nel tentativo di riprendersi: aveva sentito il suo cuore cominciare a battere più veloce e non comprendeva il motivo. Rimase nascosta per un paio di minuti, poi però sentì la voce del ragazzo intonare le prime note di “Isn’t she lovely” – una delle sue canzoni preferite – e non riuscì a trattenersi dall’uscire alla scoperto ed avvicinarsi a lui. Senza farsi notare si posizionò su una sedia poco distante da dov’era seduto e chiuse gli occhi, facendosi cullare dalla sua voce che pareva carezzarla. Era calda, dolce e avvolgente.
«I can't believe what God has done, through us he's given life to one. But isn't she lovely made from love?» La giovane sorrise, chiedendosi se qualcuno le avrebbe mai dedicato una canzone d’amore così. La voce dello sconosciuto si abbassò fino a ridursi a un sussurro, trasformandosi poi in silenzio.
Una strana sensazione di vuoto si fece spazio all’interno della ragazza, voleva sentirlo ancora. Alzò un poco le palpebre, per focalizzare la sua figura.
Aveva visto tanti ragazzi ma mai nessuno l’aveva colpita così come aveva fatto lui, in così poco tempo poi. Strinse a sé la tracolla con forza, giusto per toccare qualcosa di concreto e riprendere contatto con l’esterno. Mentre cantava si era sentita trasportata in una sorta di mondo parallelo, dove sembravano esistere solo lui e lei.
Continuò a squadrarlo di sottecchi, mentre l’altro pizzicava le corde e cominciava a cantare un altro brano amato da lei, “Use somebody”.
Coincidenze? Destino? Casualità? Era strano, ma aveva scelto due delle sue canzoni preferite, quelle che più riuscivano a farla emozionare.
 «I've been roaming around, I was looking down at all I see. Painted faces, fill the places I can't reach. You know that I could use somebody.» sentì il suo stomaco attorcigliarsi e il cuore pulsare con più forza, facendole quasi male. La voce dello sconosciuto le entrava nelle ossa e le mozzava il fiato.
Era una reazione irrazionale che non riusciva a spiegarsi.
«Someone like you, somebody..» La musica si arrestò improvvisamente, la ragazza aprì gli occhi confusa e notò lo sguardo del cantante rivolto verso di lei, curioso.
Un insolito calore l’avvolse, facendola arrossire.
Le sorrise gentile e il suo cuore fece un balzo, il suo sorriso era dolce e faceva nascere due fossette graziose ai lati delle guance. Era davvero bello.
La mano grande si staccò dalle corde e le fece segnò di avvicinarsi; dopo un po’ di ritrosia accettò l’invito e, tentennando, si sedette al suo fianco.
«Ciao!» un altro adorabile sorriso, rivolto esclusivamente a lei.
«Hey.» la voce le uscì flebile e insicura, si sentiva in imbarazzo e a disagio di fronte a tanta perfezione.
«Non ti piaceva la canzone?» le domandò poi interrogativo, facendo una strana smorfia.
«Oh..» non riuscì a trattenere un’esclamazione sorpresa, capendo che s’era fermato solo per sapere la sua opinione. «Sei davvero bravo» affermò sinceramente, arricciando gli angoli della bocca all’insù. 
«Ah! Ti osservavo e avevi cambiato espressione, non capivo perché. Pensavo ti facessi.. schifo» ridacchiò e si passò una mano fra i ricci, scompigliandoli.
Boom, boom. Il battito del cuore della ragazza si fece irregolare.
«Tutt’altro. Hai cantato due canzoni che amo.. mi sono emozionata, se devo dirti la verità.» disse quasi vergognandosi.
«Davvero? Sono riuscito a farti emozionare?» il sorriso si allargò e lei si sentì annegare dentro a quei pozzi chiari che erano i suoi occhi. Poté finalmente guardarli da vicino: erano chiarissimi, tra il verde e l’azzurro.
Giurò di non aver mai visto pupille così particolari, uniche ma meravigliose. Tutto in quel ragazzo riconduceva all’aggettivo bello.
Si accorse di essersi fermata a fissarlo troppo a lungo e abbassò lo sguardo in imbarazzo.
«Sì, sei tanto bravo.» confermò.
«Come ti chiami?» domandò allegro, inclinando la testa verso di lei.
«Ludovica, ma preferisco essere chiamata Aci. Tu?»
«Piacere Aci, io sono Harold. Ti prego, chiamami Harry però.» rise e lei si aggiunse alla risata del ragazzo, genuina e spontanea. «Che ci fai qui?», domandò poi il riccio.
«Stamattina la sveglia non ha suonato e ho perso il mio treno, così ho deciso di fare colazione al bar. Poi ti ho sentito e mi sono incuriosita.» spiegò, «Sei di New York? Hai un accento strano..»  aggiunse dopo, se n’era accorta subito, inoltre non aveva la tipica aria da newyorkese, sembrava.. diverso.
«Sono inglese, mi sono trasferito nella grande mela da pochi mesi» confermò le sue teorie.
«Ah! Perché? Se posso chiedertelo.» sentiva il desiderio di scoprire qualcosa in più su Harry, voleva conoscerlo.
«Dicono che l’America realizzi i sogni, così ho lasciato tutto e ho provato a venire qui per realizzare il mio.»
«Sei coraggioso, sai?»
«Tutti pensano che io sia folle. Però non vivevo bene nel mio paese, a Londra mi sentivo uno straniero. Non prendermi per megalomane, ma ho sempre sentito di esser destinato a qualcosa di.. più grande, ecco.» muoveva le mani nervoso, sentendo lo sguardo di Aci su di lui.
L’avevano notata mentre lo osservava di sottecchi da dietro la colonna, rimanendo sorpreso vedendola avvicinarsi alla sua “postazione”.
Era rimasto colpito dal suo modo di muoversi così insicuro, da come torturava la borsa nervosamente e da come spostava i ciuffi castani che coprivano i suoi occhi chiari. Era bella. Così, vedendo il cambio di espressione mentre cantava “Use somebody” non aveva resistito dal fermarsi per parlarle. Voleva conoscerla.
«No, invece. È un tuo diritto sognare e fare di tutto per realizzare i tuoi sogni.» sorrise.
«Non ci sono riuscito però. Così ogni giorno vengo qua e suono per la gente, sperando di lasciar loro qualcosa.» mormorò abbattuto. Aveva lasciato Holmes Chapel, la sua famiglia, i suoi amici e tutto per seguire il suo più grande desiderio: cantare.
Era convinto che in Inghilterra non ci fosse un futuro per lui, perciò aveva puntata sul nuovo continente. Si era “insediato” da Louis, il suo più grande amico che s’era trasferito lì appena terminato il college e da allora aveva tentato in tutti i modi di ottenere il successo tanto agognato, non riuscendoci. La sensazione di fallimento faceva male, cercava di non pensarci.
«Quanti anni hai, Harry?»
«Diciotto»
«Anche io.» Aci stette un attimo in silenzio, prima di riprendere a parlare; «Non pensi di aver tutto il tempo che vuoi davanti? Non devi mica mollare. Te lo proibisco io, sai? Hai una voce speciale e non devi negarla al mondo, sarebbe l’errore più grosso che potresti fare.» parlò con foga, arrossendo subito dopo per la sfrontatezza usata.
Harry la osservò stupido e lusingato dalle sue parole, era riuscita a infondergli fiducia, cosa che ultimamente in lui scarseggiava.
«Pensi che.. io sia speciale?» le domandò leggermente insicuro.
La giovane si mordicchiò il labbro in imbarazzo, esponendo quello che aveva pensato appena l’aveva visto.
«Hai quella cosa.. che non so neanche come definire. Quella cosa che ti fa correre il cuore, hai presente?»
«Quella che ti ruba il cuore con uno sguardo?»
«Quella che ti fa dire “sarai tu”, ti porta in un altro mondo, quella che vorresti e pensi sia da pazzi, quella che fa si che tutto riguardi te, che il tuo cuore respiri per questo momento, quella che ti fa venire voglia di stare sveglio tutta la notte e trovare qualcuno a cui dire che è l’unico. Capisci che intendo?»
Non era da lei parlare così tanto, mettersi a nudo così. Eppure quel ragazzo l’aveva messa in trappola, i suoi occhi l’avevano incatenata. Dire ad alta voce certe cose la fece sentire ridicola, pazza, esposta.
Ad Harry nessuno aveva mai detto delle parole come quelle, mentre lei parlava si sentiva incatenato ai suoi occhi e non riusciva a pensare a quanto fosse fortunato di aver incontrato una persona così, quel giorno. Una persona in grado di farti sentire unico. Gli faceva venire le vertigini.
«Grazie» rispose semplicemente il cantante, quasi sussurrando, incapace d’aggiungere altro.
«Ho detto la verità.» sorrise nonostante l’imbarazzo.
Harry si domandò se fosse possibile incontrare una ragazza capace di stravolgerti la giornata con delle semplice parole e un sorriso.
Nello stesso momento Aci si chiese com’era possibile incontrare qualcuno che annullava le tue difese e ti faceva sentire bene solamente grazie alla sua voce e al suo sguardo.
Ci furono alcuni istanti di silenzio, ognuno perso nelle proprie riflessioni.
«Aci?» parlò poi il cantante.
La ragazza lo guardò, incitandolo a parlare.
«Sono contento tu abbia perso il treno stamattina.»
«Anche io Harry, davvero.»
Due sorrisi si dipinsero contemporaneamente nelle labbra dei due giovani. 
 Nella metropolitana di New York si aggiravano ogni giorno migliaia di persone. C’era chi andava di fretta temendo di arrivare in ritardo a lavoro. C’erano gli studenti che camminavano come zombie diretti verso scuola. C’erano signore che salivano nei treni dirette al centro per fare shopping. C’erano anziani che viaggiavano solo per uscire di gasa e godere del mondo.
Infine c’erano i ragazzi che, nella metropolitana, si innamoravano.


“Maybe I could be all you ever dreamed,

'cause you are beautiful inside"


* * *


Intanto un grazie a tutte quelle che sono arrivate alla fine! 
Era un'idea che mi girava in testa da un po', poi mi sono decisa e ho scritto questa cosa, non è di certo un capolavoro però stranamente non mi fa neanche tanto ribrezzo! Poi dai, sinceramente: chi non vorrebbe incontrare Harry Styles in metropolitana!?
Non so se avete notato (immagino di sì, lol), ho messo frasi random delle canzoni dei 1D nei discorsi dei ragazzi, trovate? ;)
E' una OS molto fluff, no? Ahw! *-* Aci e Harry mi fanno sorridere :')
Detto questo, spero che un po' vi sia piaciuta. Recensioni sono ben accette, un commento mi farebbe davvero felice! Non volete che io sia contenta? :D Anche perchè, mentre tutti sono già in vacanza, io ho tre settimane di stage fino alle sei e torno a casa distrutta.
Il mio monologo sta per finire, non vi preoccupate lol
Se volete seguirmi su Twitter sono @xunleashedliebe (ricambio!)
The end ( lol )
Un bacio e grazie per essere arrivati fin qui!
unleashedliebe (o meglio, Anna)

PS: Vi lascio i collegamenti alle altre mie OS, passate anche lì se vi va!

Not enough
Pieces

The stranger with a guitar

   
 
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