Anime & Manga > Inazuma Eleven
Ricorda la storia  |      
Autore: Eternal_Blizzard    21/06/2012    3 recensioni
Da dietro di lui, sulle scale, fece capolino la figura di una ragazza con indosso un cappello blu e, sotto di esso, vaporosi e folti capelli rossi, che si fece spiegare la situazione con poche parole. «Agenti, cacciateli via!» ordinò, roteando gli occhi seccata e voltando le spalle ai presenti, andandosene. Mentre Endo e compagnia imprecava contro la ragazzina e il suo body guard, Kidou era rimasto leggermente più indietro rispetto agli altri, fuori dalla mischia. Le labbra, dapprima aperte a sottolineare il suo stupore, si chiusero in un sorrisetto.
«Quella ragazza non era…?»
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Jude/Yuuto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Che meraviglia. La spropositatamente grande villa era stata preparata la meglio, tra statue, luci, buffet, decorazioni varie ed atmosfera, con tanto di musica di sottofondo suonata dal vivo. Uomini e donne erano vestiti in modo impeccabile, al massimo dell’eleganza e discorrevano con garbo delle loro famiglie, ricchezze ed affari, in totale tranquillità. Un vero paradiso terrestre.
«Un vero inferno in terra!» piagnucolò una bambina. Aveva folti capelli rossi raccolti in due piccoli chignon sui lati della testa. «Inferno!». I suoi grandi occhi blu erano puntati sulle ballerine arancioni che indossava, mentre ripeteva quella parola mordicchiandosi mogia il labbro superiore e stringendo i lembi della gonna del vestito giallo ed elegante che indossava. Con uno sbuffo si fece dondolare sui talloni, finendo con il lasciarsi cadere all’indietro in modo da incontrare il muro con il fondoschiena, poggiandovisi. Il suo brontolio perpetuo attirò lo sguardo di un suo coetaneo, in un piccolo smoking e dai capelli raccolti in una coda alta di rasta.
«Non è raffinato lamentarsi» sentenziò pacato, osservando la folla. La bambina parve colta di sorpresa, ma poi aggrottò le sopracciglia.
«Nemmeno la tua acconciatura lo è!» rispose piccata, ma non ottenne risposta. Lasciò passare qualche minuto in silenzio e poi si staccò dal muro, riprendendo a dondolarsi sui talloni. «Però ci stai bene, quindi non offenderti» lo rassicurò poi. Sì, beh, gli aveva risposto solo perché si era sentita attaccata, non voleva certo insultarlo.
«E chi si offende. Non è neanche esatto affermare che sia un’acconciatura» replicò, senza spostare lo sguardo. «La tua, lo è» ribadì. Altro silenzio.
«Senti, posso avvicinarmi?» domandò. L’altro rispose solo con un cenno affermativo del capo e delle rapide spallucce, così ella optò per muovere qualche passo verso di lui. Si sporse leggermente in avanti con il corpo, tenendo le braccia conserte dietro la schiena e tornò a fare domande: «Tu di chi sei figlio?» chiese titubante, seguendo lo sguardo del bambino verso la marea di persone. Il piccolo alzò il braccio ed indicò un uomo alto e robusto, in un completo bianco. La ragazzina fissò diversi minuti l’uomo, seria, per poi riguardare quello accanto a lei, scuotendo la testa. «Non vi assomigliate per niente!» esclamò.
«Per forza» rispose svelto l’altro, facendo un’espressione seccata. «Lui non è il mio vero padre, mi ha adottato» spiegò, storcendo le labbra. Lei abbassò il capo, rattristata.
«Scusami, n-non volevo…» biascicò, stringendo nuovamente i lembi della gonna.
«Non preoccuparti» le disse inespressivo. «Vivo con lui già da un po’, è una brava persona. Mi piace» affermò sorridendo appena. La rossa sgranò gli occhi stupefatta come se avesse visto chissà quale meraviglia e, mostrando un enorme sorriso, batté le mani di fronte a sé.
«Allora un minimo sorridi!» esultò, tornando a guardare l’uomo. «Chi è?» domandò sinceramente curiosa.
Il bambino assunse un’espressione vagamente fiera , impettendosi leggermente. «il capo del famosissimo e importantissimo gruppo Kidou» disse con il tono più solenne possibile. Nel dirlo aveva alzato il mento e chiuso gli occhi, come a sottolinearne la magnificenza, ma appena passato qualche istante, dischiuse un occhio, rivolgendolo verso la sua compagnia di chiacchiere momentanea. «Tu, invece, di chi sei figlia?» domandò di rimando. Non che gli importasse davvero, anche perché sicuramente una bambina di quel tipo non poteva essere nata da qualcuno di molto importante: non sembrava così educata… chissà, forse qualche borghese arricchito.
«Ah, quello lì! Il mio papà è quel signore tanto alto e tanto bello!» arrossì felice, indicandolo al ragazzo mentre lo strattonava per il braccio. Il piccolo Kidou sgranò gli occhi.
«Sei figlia di Zaizen Sousuke?!» chiese incredulo, poi ritrovando la compostezza. Lei annuì.
«Esattamente! Che bello, conosci papà!» strinse la presa sul braccio dell’altro, ridacchiando contenta. «Io sono Touko, e tu?»
«Ma te l’ho già detto, no? Sono un Kidou!» replicò ovvio, iniziando a domandarsi perché quella ragazzina fosse così appiccicosa. Che diamine. Quella gonfiò le guance ed aggrottò le sopracciglia, scuotendo la testa con vigore.
«Quello l’ho capito! Volevo il nome! Tu sei tu, non il tuo cognome importante, no?» brontolò.
Per la prima volta in quella sera il giovane rasta spostò il suo sguardo in quello della bambina, grattandosi la testa, stupito. «Mh, mi chiamo Yuuto…» le disse, irrigidendosi quando la vide avvicinare il suo volto al proprio, affascinata. «C-che c’è..?». lo fissò qualche istante e poi si sciolse in un caldo sorriso.
«Che belli, i tuoi occhi sono rossi!» ridacchiò. L’altro si liberò della presa e si allontanò di un passo.
«Non dovresti startene qui al muro in disparte! Che figura ci fai fare a tuo padre?!» la rimproverò.
«Ma ci stai anche tu..!» dichiarò in risposta Touko, non capendo che male ci fosse e colpendolo in pieno. Rigettò uno sguardo su suo padre e poi s’illuminò, unendo le mani vicino al volto. «Ah! Ma lo sai? A me e papà piace il calcio, ne andiamo matti! A te cosa piace, invece?» tentò ancora, interessata. Il ragazzino non smise di guardare la folla, storcendo le labbra pensando a cosa fosse meglio dire, per poi voltarsi dalla parte opposta a quella della sua interlocutrice, vago.
«Il calcio» bofonchiò. Touko si rallegrò ancor di più di quella risposta. Da un tipetto come lui si sarebbe aspettata qualche risposta come “studiare”, “matematica” o altre cose noiose! Prese la mano di Yuuto con entrambe le sue, iniziando a tirarlo. Insistette per fuggire insieme da quell’inferno e mettersi a giocare a calcio in giardino – luogo in cui aveva anche nascosto un pallone per ogni evenienza –, ma in risposta otteneva solo che non si poteva perché dovevano rimanere lì e che altrimenti li avrebbero sgridati.
«Eddai! Sei ancora un bambino, non fare l’adulto! Lo so che anche tu ti stai annoiando!» brontolò. Beh, certo era che l’altro non trovò modi per replicare. Vide che lui alternava sguardi preoccupati verso suo padre e verso la grande porta finestra che dava sulla loro terra promessa: il giardino. Si portò i pugni ai fianchi ed aggrottò le sopracciglia: «Senti, prima di pensare al suo bene, mio papà pensa a far essere felice me. Sarà così anche per il tuo! E se dovesse sgridarti, ci penserà papà a salvarti!» asserì convinta. Dopo l’ennesima occhiata, l’altro si fece sfuggire un piccolo cenno d’assenso, che fece sentire la ragazzina libera di prenderlo nuovamente per mano e correre di soppiatto fino in giardino. Si voltò a guardarlo e, sorridendogli, gli mostrò due dita messe a mo’ di “V”. «Infiltrazione riuscita!»
«Evasione, semmai…» la corresse Kidou con un sospiro.
«Non fare il pignolo, scemo!» gli fece la linguaccia lei, arrossendo un poco. Subito dopo, però, ridacchiò. Fu in quel momento che a Yuuto venne da sorridere sinceramente. «Che succede?» domandò la piccola senza perdere il sorriso, vagamente colpita da quell’improvvisa espressione. In attesa della risposta, ne approfittò per avvicinarsi al cespuglio dove aveva nascosto il pallone e prenderlo.
«Niente, mi piace quando sorridi» disse tranquillo facendo spallucce. Fece cenno di passargli la palla ed appena ricevuta spiegò la sua affermazione: «Mi ricordi mia sorella quando lo fai» affermò, ricalciandole la palla senza guardarla in faccia, concentrandosi sull’oggetto sferico. Touko non ricolpì la palla, rimanendo perplessa. Il tempo di scuotere la testa, che indicò la casa.
«Ma scusa, noi veniamo a giocare e tua sorella rimane dentro?! Andiamo a prenderla, poverina!» ordinò, irritata all’idea. Mosse qualche passo verso l’edificio, ma si bloccò sentendo il bambino ridacchiare. «Ehi..!» sbottò, ma l’altro agitò la mano destra e scosse il capo.
«Scusa, scusa… No, è che lei non è qui, altrimenti non avrei mai nemmeno pensato di lasciarla sola, figuriamoci!» dichiarò sicuro. «Lei è in un’altra famiglia…» spiegò, con tono più amaro. Touko abbassò lo sguardo sul pallone, dandogli un leggero colpetto.
«Perdonami, ho di nuovo parlato a sproposito, vero?» biascicò, in colpa. Kidou però sospirò.
«Ma che dici? Non importa, sai?» la rassicurò. «Dai, passa!» incitò e la bambina eseguì.
«Le vuoi molto bene vero?» domandò ovvia, tentando invano di immaginarla. Si figurò una ragazza con i capelli biondo scuro raccolti in tanti piccoli rasta. …no, decisamente improbabile.
Kidou annuì svelto, arrossendo un poco. «Certo che sì!» allargò le braccia, dopo aver rimandato il pallone indietro. «Mi impegnerò a fondo in tutto quello che farò, così il mio nuovo papà sarà fiero di me e allora accetterà di prendere Haruna con noi, così staremo di nuovo insieme!» spiegò euforico. La rossa scoppiò letteralmente a ridere.
«Incredibile… sei tutto serioso e parli con paroloni, ma se discuti di tua sorella cambi completamente…»
«C-che male c’è?!» avvampò. «Mi manca, problemi?» si difese con una linguaccia, rosso come i suoi occhi.
«Certo che no! È una bella cosa!» replicò, bloccando il pallone con il piede. Lo fissò qualche istante e poi ghignò, rigirandosi l’orlo della gonna. «Passarsi solo la palla è così noioso! Preparati!» l’avvertì, iniziando a correre verso di lui, palla al piede. La mosse con destrezza, ma quando fece per tirare cadde rovinosamente a terra. Kidou era rimasto a guardarla interdetto tutto il tempo, senza senza cambiare la sua espressione basita nemmeno durante la caduta. La palla rotolò fino ai suoi piedi e lui la raccolse, muovendo qualche passo in avanti, verso la ragazzina. «Tutto bene?» domandò, poco convinto di volere davvero una risposta. Lei si tirò su, passandosi un polso sul naso ed annuendo.
«Mi si è infilato un tacchetto in una buca» brontolò, distendendo una gamba in modo da mostrare il pezzo di scarpa incriminato.
«Almeno sei pulita, dai. Fosse stato un terreno fangoso, adesso come minimo saresti sporchissima» fece spallucce lui. Le ragazze erano così: si spaventavano appena la palla si avvicinava troppo forte e se si sporcavano piangevano. Mah.
«Sai che mi frega. Voglio giocare, il fango non mi fa paura» sbuffò, tirandosi in piedi, ma poi inclinò la testa. «Però in effetti è meglio così. Rientrando tutta sporca avrei fatto fare brutta figura a papà» storse le labbra.
«Comunque peccato, non te la cavi male e sarebbe venuta una bella azione!» dichiarò sorridendole. Touko ridacchiò e si srotolò la gonna, indicando il pallone che il bambino teneva sottobraccio.
«Mi fai vedere tu che sai fare?» propose, indietreggiando in modo da lasciargli spazio. Il ragazzino si grattò la testa, posando il pallone. Iniziò con qualche palleggio col piede e col ginocchio, poi con la testa ed infine destreggiandosi palla al piede, terminando con un calcio in rovesciata, che colpì il suolo in modo da far arrivare la palla fino alla ragazzina, che era rimasta a bocca aperta e con gli occhi sgranati. «Sei bravissimo!» disse meravigliata, applaudendo. «Ma giochi in una squadra..?!»
«No, ma che squadra…» scosse il capo, piegando un angolo della bocca. «Semplicemente, c’è un signore che mi sta allenando e dice che ho un talento fuori dal comune. Pare voglia fare di me il suo “capolavoro”…» ripeté noncurante quello che sentiva spesso ripetere all’uomo che lo andava a trovare fin da quando si trovava in orfanotrofio. Sinceramente, per quanto gli allenamenti fossero fondamentali, non dava troppa importanza all’ultima parte del discorso. La ragazzina annuì, ma prima che potesse chiedere altro si sentirono due voci maschili chiamarli a gran voce. Entrambi i ragazzini sobbalzarono e Touko calciò via il pallone con forza, facendolo finire chissà dove tra i cespugli. Agitata corse verso Yuuto e gli strofinò rapidamente una mano sul ginocchio. «C’era una macchia di terra..!» bofonchiò, agitata.
«Non dovevo darti retta! Vedi che anche tu hai paura?!» si sbrigò a sistemarle alla buona qualche ciuffo che le era partito dagli chignon durante la caduta e poi si mise come sull’attenti. «Pronta alla ramanzina..?» domandò ormai rassegnato lui, mentre lei ripeteva che il padre li avrebbe graziati.

«Forza! Se raccoglieremo indizi sul rapimento del primo ministro, forse scopriremo qualcosa in più sugli alieni!» incitò Endou, indicando ai compagni le scale che portavano al parco dei cervi di Nara. Peccato che a bloccargli il passaggio c’era un enorme guardia del corpo. Da dietro di lui, sulle scale, fece capolino la figura di una ragazza con indosso un cappello blu e, sotto di esso, vaporosi e folti capelli rossi, che si fece spiegare la situazione con poche parole. «Agenti, cacciateli via!» ordinò, roteando gli occhi seccata e voltando le spalle ai presenti, andandosene. Mentre Endo e compagnia imprecava contro la ragazzina e il suo body guard, Kidou era rimasto leggermente più indietro rispetto agli altri, fuori dalla mischia. Le labbra, dapprima aperte a sottolineare il suo stupore, si chiusero in un sorrisetto.
«Quella ragazza non era…?»


--------------------------
E' l'una e mezza di notte. io domani mi devo alzare alle 9. OH YEAH. Beh, ho compiuto una mission impossible per recuperare il foglio da ricopiare dov'era scritta questa fic, quindi come minimo dovevo postarla..! ...sì, beh, non che sia un granché, anzi.
Semplicemente è nata nella mia mente perversa perché nel gioco Kidou dice una certa frase, ossia l'ultima della shot: appena vede Touko, infatti, dice "Quella ragazza non era...?" e questo mi ha dato da pensare. Kidou = ricco. Touko = pure. Si sono conosciuti a qualche cerimonia, per forza! Anche se lei non ricorda lui. Così come in realtà conoscono anche Kira, ma dettagli. Questa "cosa" l'ho scritta un paio di mesi fa durante filosofia e... beh, non c'è molto da spiegare, direi. E' la fic nuda e cruda. ...mh. sarà che crepo dal sonno (non è vero, ma il mio corpo è distrutto) quindi non riesco a dire nulla di decente, perciç mi defilo con un solito "spero vi piaccia e vogliate recensire" ><
Ne approfitto per ringraziare tutti coloro che hanno recensito le mie altre shot e le hanno ricordate o messe tra i preferiti >//< Thank you!
Ps. Non doveva essere una one.shot ma una flashfic, mannaggia a me çAç
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: Eternal_Blizzard