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Autore: Buck    21/06/2012    2 recensioni
Qual è stata la prima volta che James e Lily hanno parlato? La prima volta che sono andati oltre gli insulti, i pregiudizi, la prima volta che Lily ha compreso che James era molto più di quanto dava a vedere? Me lo sono sempre chiesta. Sono state scritte tante storie su questa coppia fantastica, ma ugualmente ho voluto provare a dire la mia.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Osservo la pioggia percuotere gli alberi, persistente e sinistra. Le nuvole si rincorrono, gonfie e arrabbiate, e i tuoni risuonano fragorosi in questa notte senza stelle. Il cielo è scuro come mai l’avevo visto prima, e la Foresta Oscura appare, ora più che mai, degna del nome che porta. Anche il lago, ghiacciato in questo periodo dell’anno, pare celare mille insidie e i faggi, spogli, urlano di dolore. Decisamente, adesso come adesso il parco di Hoghwarts non risuona di risate, di spruzzi, di voci, giochi, chiacchiere allegre. Queste immagine sono soltanto nella mia testa, ricordi felici di anni passati, e speranze per il futuro. Attendo con ansia la bella stagione, anche se estate significa M.A.G.O. E dopo gli esami… dovrò lasciare questo posto magnifico per sempre, il posto in cui sono cresciuta e ho conosciuto persone fantastiche, persone come me, con le quali ho imparato a scoprire e usare i miei poteri di strega. Se guardo avanti, temo il momento in cui dovrò lasciare questo nido sicuro, e spiccare il volo. Hoghwarts è casa, è il luogo in cui mi sento completa e libera come l’aria che respiro. Ho amato questo castello dal primo istante in cui ho visto la sua sagoma alta e imponente stagliarsi nella nebbia. Ricorderò sempre con gioia e nostalgia quel primo settembre in cui, a bordo di una barchetta malandata, ho solcato le placide acque del Lago Nero e ho fatto il mio ingresso nel mondo della magia. E’ il giorno in cui ho calzato il Cappello Parlante e, seppur con qualche tentennamento, sono stata assegnata a Grifondoro. Ma questa è un’altra storia…

Sono seduta sul parapetto della torre di Astronomia, le gambe gettate nel vuoto, e le gocce di pioggia che ogni tanto mi bagnano il viso, spinte dal vento. Non dovrei essere qui. È vietato girare di notte per il castello, anche per una Caposcuola. Eppure ho sentito il bisogno di allontanarmi, di fuggire da tutto e da tutti, per mettere insieme i pezzi.

La porta cigola piano. Non mi volto, chi potrebbe avventurarsi nel castello a quest’ora di notte? I professori hanno aumentato le misure di sicurezza. Non dicono molto, ma si vede che sono preoccupati. La gente muore, e nessuno sa dire perché. Sono andata a parlare con il Professor Silente. Volevo sapere. Mi ha spiegato come stanno le cose realmente, più o meno. Ha un modo strano di parlare: dice e non dice, ma è innegabilmente saggio. Mi ha raccontato di un mago malvagio e senza pietà, che uccide i Mezzosangue come me. Mi ha anche detto che si avvicina il tempo delle scelte, ma io non sono sicura di aver compreso appieno queste sue parole. Io ho già scelto. Il suo sguardo mi è sembrato insolitamente triste.

“Credevo che non infrangessi le regole” . Il suono di questa voce, della sua voce, mi fa ghiacciare. Non mi volto, non voglio che mi veda in faccia, perché capirebbe che ho pianto.

“Credevi male” ribatto, tenendo la voce bassa. “Le infrango eccome le regole, solo che non lo sbandiero ai quattro venti. E non mi faccio beccare, Potter”. Già, lui. Il Malandrino che mi tormenta da sei lunghi anni. Avevo sperato che almeno al settimo mi avrebbe lasciato perdere, che avrebbe smesso di tormentarmi ma, a quanto pare, non ne ha la minima intenzione.

Gli lancio un’occhiataccia, e lui si siede accanto a me, ignorando il mio disappunto, e buttando le gambe oltre il parapetto, vicino alle mie. Evidentemente non ha capito di non essere il benvenuto. E dire che glielo ripeto tutti i santi giorni.

“Credevo anche che avessi paura delle altezze” dice, scompigliandosi i capelli con una mano.

Alzo gli occhi al cielo. “Bhè, hai scoperto che non è così. Puoi anche andartene ora” gli dico, incurante di essere maleducata. Non sono sempre così scontrosa. Non lo sono quasi mai, a dire la verità, ma lui sembra tirare il fuori il peggio di me.

“Perché sei venuta quassù Evans? Devi riconoscere che la vista non è delle migliori” ritenta lui.

Immagino che la tenacia sia una grande qualità in guerra, ma con me non funziona. Soprattutto non questa notte. “Vattene Potter. Affari miei. Torna a fare scherzi con i tuoi amici e lasciami in pace” sibilo con rabbia. Non ho voglia di giocare.

“Solo se mi dici che cosa è successo”. Mi volto a guardarlo, sconcertata. Sembro così sconvolta? Lui mi sorride timidamente. Ha degli occhi grandi, limpidi e scherzosi, ma in questo momento è serio. Anche troppo. Mi spiazza questa sua espressione, perché l’ho sempre considerato superficiale, capace di ridere e scherzare e divertirsi e pavoneggiarsi senza curarsi di tutto il resto. Che sia più maturo di quanto dia a vedere? Non ho mai tentato di guardare sotto la superficie, lo ammetto, ma non lo farò di certo stanotte. Non può essere sempre spensierato e felice come si sforza di mostrarsi, però. Cercherò di tenerlo a mente. Questa volta sono io la prima a distogliere lo sguardo, incapace di reggere il suo. Sono certa che i miei occhi siano cerchiati di rosso, ma non mi lascerò umiliare da lui. Non gli darò la soddisfazione di vedermi piangere.

“Se te lo dico te ne vai?” domando, secca. Lui sorride di nuovo. “Affare fatto” concede, e io mi rendo conto che non mi ha ancora chiesto di uscire una volta. Una vocina nella mia testa mi fa notare che questa è forse la prima vera conversazione che abbiamo, oltre ai litigi e agli insulti, si intende.

“Ho scritto a mia sorella Petunia. Non siamo in buoni rapporti. Quest’estate, pur di non vedermi, è andata via di casa, in vacanza con delle amiche ha detto”. Sospiro, ripensando alla bambina dolce e simpatica che mi pettinava i capelli e mi faceva giocare con le bambole. Il contrasto con la ragazza scontrosa e antipatica di adesso è evidente. “Eravamo molto unite, prima che scoprissi di essere una strega. Da allora, per lei non esisto. Credevo che con il tempo avrebbe ricominciato a parlarmi, che mi avrebbe accettata e si sarebbe entusiasmata con me per le cose che potevo fare”. Guardo James dritto in faccia: “Non è stato così. Mi odia” dico, ringraziando che la mia voce sia sufficientemente ferma. Potter fa per dire qualcosa, ma poi scuote la testa, invitandomi silenziosamente ad andare avanti.

Riprendo il filo del discorso, anche se non so perché lo sto facendo, che cosa mi spinga ad aprirmi così con lui, la mia nemesi. Sono poche le persone che conoscono questa parte della mia vita e, se ieri mi avessero detto che ne avrei parlato proprio a lui, sarei scoppiata a ridere. “Ho scritto a Petunia. Le ho spiegato della guerra. Le ho detto che a Natale non so se potrò tornare a casa, perché rischierei di mettere in pericolo lei e i nostri genitori. Le ho chiesto di vederci, un giorno qualunque, quando andava a lei. Pensavo di chiedere un permesso alla McGranitt. L’ho pregata di accettare di vedermi, almeno una volta. Probabilmente non tornerò più a casa, dopo giugno. Ma lei…”. Mi interrompo, senza parole. Stringo più forte il pezzo di carta che ho tra le mani, facendomi diventare le nocche bianche. Serro forte gli occhi per un momento, ricacciando indietro le lacrime. Quando li riapro ho riacquistato il controllo di me stessa.

Vedendo che non parlo, Potter mi apre dolcemente le mani, prendendo la lettera di Tunia. Mi chiede silenziosamente il permesso di aprirla, e io annuisco, maledicendomi mentalmente.


Smettila di cercarmi, Lily. Non sei più mia sorella dal giorno in cui hai lasciato questa casa per andare in quella scuola di pazzi. Ti ho supplicata di non farlo, ma tu non mi hai ascoltata. Ora tu hai la tua vita, e io la mia. Stai lontana da me, e da mamma e papà. La guerra che c’è nel tuo mondo non ci riguarda. Se ti sto scrivendo, è solo per chiederti di non cercarmi più. Avrei dovuto farlo molto tempo fa, invece che mandarti indietro lettere bianche. Sei un mostro e io non voglio avere a che fare con i mostri. Ti auguro buona fortuna.

                               Addio, Petunia



James fissa alternativamente la lettera e me. Poi la spezza in mille pezzi, e li lancia dalla torre. Li osservo turbinare nel vento, poi mi giro a fronteggiarlo, irritata: “Perché lo hai fatto, Potter?”

Lui salta giù dal parapetto e mi tende una mano per aiutarmi a scendere. La ignoro, aspettando. “Remus mi aveva detto che non eri in buoni rapporti con tua sorella, ma non pensavo fino a questo punto” dice. Si avvicina fino ad essere a un passo dal mio naso, e mi solleva il mento con due dita: “Non merita le tue lacrime, Lily”. Non sorrido più adesso. È talmente serio che mi riesce difficile credere di avere davanti proprio lui: James Potter, il campione di Quidditch, idolatrato e venerato da tutta la scuola.

“Che ne sai tu?” grido io, infuriandomi senza nemmeno saperne il motivo. La verità è che non mi aspettavo nulla di diverso da Petunia, e tuttavia ogni suo rifiuto mi ferisce. Stupido, non è vero? E mi fa imbestialire che sia proprio Potter, fra tutti, a dirmi quello che in fondo al mio cuore so da molto tempo: che non ne vale più la pena di lottare per recuperare un rapporto che non esiste più da molto tempo, che forse non è mai esistito.

Potter mi sorride ancora una volta e si avvia alla porta. Quando ha già la mano sulla maniglia, si volta: “A lei forse manca la Lily babbana, ma io vedo la strega eccezionale che ho davanti. Una ragazza che non piega il capo dinanzi ai Serpeverde e ai loro insulti, che difende i più deboli, che ama la magia, che lotta per quello in cui crede. Che si entusiasma e si arrabbia con la stessa facilità, a seconda delle occasioni. La Lily dal sorriso aperto, sincero, che non piange quasi mai, e che non ha paura di niente. Io conosco la Lily che è sempre pronta, perfetta, che con l’impegno e la perseveranza è diventata la studentessa più brava del nostro anno. La migliore pozionista. Caposcuola. La Lily gentile e buona che sbarra gli occhi di fronte alle ingiustizie. La Lily intelligente e sveglia che non si tira mai indietro e che accetta le conseguenze delle sue azioni a testa alta. La ragazza cocciuta e tremendamente orgogliosa che nemmeno si rende conto della persona stupenda che è. E infine, la Lily che preferirebbe uscire con la piovra gigante piuttosto che con me” conclude, un poco in imbarazzo.

Le sue parole mi lasciano talmente sconvolta che non riesco a dirgli niente. È così che mi vede lui? James mi fa un ultimo sorriso, e chiude piano la porta dietro di sé. Gli corro dietro, scuotendomi: “Grazie” strillo dall’alto della torre. Lui è già qualche piano sotto di me, ma so che mi ha sentito, perché la sua risata risuona nel castello.


Lily e James sono due dei personaggi che più ho apprezzato di tutta la saga. La loro storia è breve, le informazioni su di loro sono poche, eppure sono due personaggi che rimangono impressi. Forse proprio per quello che non viene detto. Nella mia testa, questa è la prima vera conversazione che anno. È il settimo anno, e il futuro per loro fa paura, pieno di interrogativi com’è. Lily sa che cosa la aspetta, come lo sa James, anche se non lo da a vedere. La guerra è ancora all’inizio, ma la paura è nell’aria. E, proprio per questo, Lily sente il bisogno di fare un ultimo tentativo con la sorella che ha tanto amato da bambina. Forse ha già accettato il fatto che il loro rapporto è irrecuperabile, che le loro vite scorrono su binari diversi ora, eppure la cerca un’altra volta, l’ultima. Probabilmente questa storia è banale e scontata, ma sentivo di doverla scrivere. Non so se la continuerò, ma mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. Critiche, suggerimenti, domande, commenti di ogni tipo sono ben accetti. Ringrazio in anticipo chi lascerà un commento, e anche chi si limiterà a leggere queste pagine. Lo apprezzo, davvero. Baci, Buck 

  
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