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Autore: Rika88    21/06/2012    3 recensioni
Hermione era sempre stata giudiziosa e beneducata, perciò il povero Grattastinchi è giustamente stupito – e seccato – quando, una sera, l’umana che ha adottato viene da lui per strapazzarlo e raccontargli di un certo Ron Weasley che è stato beccato avvinghiato a una tale Lavanda Brown...
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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            La vita stressante di un gatto di Hogwarts
 
C’era sempre un momento dell’anno in cui gli umani a Hogwarts si comportavano in modo più strano della media umana: si trovavano nella sala col caminetto in cui mi piaceva dormicchiare per ingozzarsi di ogni genere di cibo, emettere versi fastidiosi e muoversi smodatamente. E se il primo comportamento, tutto sommato, mi piaceva molto perché era facile farsi offrire qualcosa con una semplice strusciata sulle caviglie, il secondo mi infastidiva e il terzo arrivava a mettere a repentaglio la mia sicurezza: perciò preferivo trattenermi solo lo stretto indispensabile a riempire il fastidioso buco al fondo dello stomaco che si forma sempre poco prima del tramonto e poi approfittare discretamente di qualcuno che si allontanasse da quell’ennesima manifestazione della stupidità di questa strana specie per andare a dormire. Quella volta, per dire, fu l’umana della razza che chiamano Calìpatil ad aprirmi il varco verso i dormitori delle femmine, ma per fortuna decise subito dopo di recarsi alla lettiera, così potei darmi una lavata e poi acciambellarmi sul mio letto e prepararmi a schiacciare il primo pisolino dopo lo spuntino di metà pomeriggio.
Stavo giusto cominciando a lasciare da parte i pensieri su Arnold la Puffola Pigmea dell’umana dal pelo rosso che chiamavano Ginnyweasley (Perché non si fida a lasciarlo qui? Potrei trovarlo da solo?), quando il rumore di un paio di piedi mi costrinse ad aprire un occhio per controllare chi fosse a muoversi in modo così rumoroso: scoprii con sorpresa e disappunto che si trattava di Hermionegranger – o solo Hermione, visto che a quanto pare gli esseri umani amano abbreviare il nome delle loro razze - , la femmina che aveva deciso di farsi adottare da me e mi aveva portato via dal negozio di animali.
«Che. Razza. Di. Idiota!» singhiozzò, agitando convulsamente le zampe anteriori strette a pugno. Aveva il pelo ritto e più arruffato del solito, e gli occhi... oh, gli occhi sembravano in grado di trapassare chiunque le si parasse di fronte. È un’espressione che fino ad allora avevo visto solo in alcuni gatti particolarmente stizzosi. Per dire, a me riusciva molto bene, ma non versavo liquidi mentre la eseguivo, mentre lei sembrava una bottiglia d’acqua rovesciata per sbaglio sul pavimento.
Dopo un ultimo sbuffo, si sedette pesantemente sul letto, facendomi rimbalzare così forte che sentii i denti sbattere tra loro. Poi fece qualcosa di così oltraggioso che fui lì lì per revocarle la mia fiducia: mi prese in braccio e mi strinse, affondando il suo naso smoccolante nel mio pelo pulito.
Era un comportamento così inaspettato che non ebbi neppure la prontezza di affondare tutte le mie unghie e parte dei denti nelle sue braccia. Hermione era sempre stata un’umana molto beneducata, mi grattava solo quando le concedevo il permesso e, soprattutto, non mi disturbava mai quando avevo voglia di starmene solo a riposare sul mio letto – quello a cui lei concedevo di dormire. Non avevo mai neppure avuto bisogno di addestrarla come tocca fare a molti miei simili: c’era, per dire, una sfortunata siamese che stava tentando di spiegare da anni alla sua umana che per nessun motivo doveva prenderle le zampe e tormentarle i polpastrelli, ma quella era particolarmente refrattaria. Quindi, in nome della nostra alleanza, mi limitai a una protesta vigorosa, che almeno la convinse ad allentare un po’ la stretta e a permettermi di respirare.
«Oh, Grattastinchi!» mormorò, passandomi due dita tra le orecchie, «Se solo i maschi umani somigliassero un po’ a te!»
La guardai con palese irritazione: non avevo bisogno di lei per sapere che se gli umani, di qualunque sesso, somigliassero di più a noi gatti il mondo sarebbe un posto migliore. Per esempio, non pretenderebbero che un povero felino mangi per due volte di seguito lo stesso cibo solo perché la sera prima lo aveva divorato di gusto.
«Ma come si fa ad avvinghiarsi così? Non si vergognano? E poi con...» Hermione abbassò la voce a un sibilo velenoso. «Lavanda Brown!»
Mi divincolai approfittando della sua distrazione, e tornai sul letto. Iniziai a lisciarmi la pelliccia, visto che la sua manifestazione di affetto non richiesto aveva rovinato il lavoro di dieci minuti prima. Lei, comunque, sembrava troppo desiderosa di confidarsi per fare caso alla cosa.
«Non che a me importi con chi si sbaciucchi il signor Ron Weasley!» borbottò, togliendo i miei peli dal copriletto. «Dico solo che è una cosa indecente! E se per caso fosse entrata la McGranitt e li avesse visti? Avrebbero messo nei guai tutto il Dormitorio!»
Finalmente capii l’argomento del monologo: corteggiamento, era ovvio. Avrei dovuto capirlo prima, dall’irrequietezza di Hermione e dai suoi versi chiassosi, tutti segnali certi di una femmina in calore. Scesi dal letto per dirigermi verso la porta, così da controllare che Ronweasley non fosse lì in giro: un gatto avrebbe fatto proprio così... anzi, dovevo assicurarmi che la mia umana non si mettesse a marcare il territorio. E neppure il maschio.
«Che verme!» l’invettiva fu interrotta perché Hermione dovette soffiarsi il naso, ma almeno dopo la sua voce risultò molto più chiara. «Tutto quello strusciarsi e avvinghiarsi come l’edera! Ma dove pensano di essere? Questa è una scuola, per Merlino! E una delle più prestigiose!»
L’accenno allo strusciarsi cominciò a impensierirmi sul serio: dovevo ricordarmi di chiedere a Whisky, il certosino che incontro ogni tanto durante le mie battute di caccia, quando cade esattamente la stagione degli amori degli umani; nei tre anni in cui ci conoscevamo, Hermione non mi aveva mai dato problemi in questo senso, ma preferivo non svegliarmi un bel pomeriggio e trovarmi cinque o sei cuccioli tra le zampe.
«Sai che ti dico, Grattastinchi? Che non ho intenzione di restarmene qui tutta sola a pensare a quei due che cercano di effettuare una doppia tonsillectomia col solo ausilio delle loro lingue!» si alzò di scatto, spaventandomi un po’ e facendomi sussultare, ma per fortuna sembrava tornata lei. Si ravviò il pelo con una mano e prese due profondi respiri. «Torno giù e mi prendo una Burrobirra. Poi torno qui e, mentre tu dormi, io ripasso Trasfigurazione per domani.»

Si chinò per darmi un’ultima carezza, rude ma non fastidiosa. Io miagolai per farle sapere che la consideravo un’umana intelligente, ed ero disposto a far finta che quel comportamento appiccicoso non fosse mai successo. In fondo la capivo, la stagione degli amori è così.

 * * *



È la prima volta che scrivo una fan fiction su Harry Potter: il numero di storie già presenti è così elevato che ho sempre avuto il terrore di scrivere qualcosa di visto e rivisto. Poi, mi è venuta quest’idea di usare un punto di vista un po’ particolare per raccontare una parte della saga che tutti conoscessero: e la mia scelta è ricaduta sulla festa dei Grifondoro durante la quale viene scoperta la tresca (... chiamiamola tresca!) tra Ronron e Lavlav. È stato terribilmente complicato inventarsi un modo di parlare che potesse essere plausibile per un gatto, e ogni tanto mi sono concessa qualche licenza poetica: per dire, non credo che il mio abbia mai accettato che fossimo noi a imporgli un nome...
   
 
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