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Autore: vielvisev    22/06/2012    10 recensioni
Questa storia si è classificata prima a parimerito al contest "Albus e Severus-il gesto più piccolo, l'affetto più grande", indetto da FRC coazze, che ringrazio.
Nulla della storia è stato cambiato, la guerra c'è stata.
Severus è stato morso da Nagini. Sta morendo. Ad aspettarlo "dall'altra parte" non c'è Lily come vorrebbe, ma Albus Silente che vuole fare con lui una piacevole chiaccherata. Un viaggio tra i ricordi, i sorrisi, le lacrima e le parole...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Questa storia si è classificata prima a parimerito al contest "Albus e Severus-il gesto più piccolo, l'affetto più grande", indetto da FRC coazze, che ringrazio.

Autore: Vielvisev
Titolo: Remember
Rating: Verde ( non sono molto brava con i Raiting, ma non ho trovato nulla di così terribile)
Genere: Drammatico
Riassunto: Severus è stato morso da Nagini. Sta morendo. Ad aspettarlo "dall'altra parte" non c'è Lily come vorrebbe, ma Albus Silente che vuole fare con lui una piacevole chiaccherata.

Note dell'autore: Devo segnalare che la parte tra le due parentesi [] è liberamente tratta dal romanzo "Alice nel paese delle meraviglie" di Lewis Carroll. Invece, dove ci sono gli asterischi *, nella parte dei ricordi, dovete perdonarmi, ma è un'auto citazione di una mia One Shot intitolata "I colori del Sempre"... buona lettura!


...Remember...


Dolore. Dolore. Dolore.
Severus non si era nemmeno accorto del balzo del serpente, ma aveva sentito le sue zanne affondare nella carne e poi il dolore, che si era propagato in tutto il corpo e la mente. E non era solo la sofferenza fisica, che lo infuocava dall'interno e gli faceva tremare gli arti disperatamente tesi, era un qualcosa di diverso, più profondo, che lo spezzava a metà, togliendogli il fiato e annebbiando la vista: aveva fallito.

Ed era questa consapevolezza che gli bruciava più del veleno che stava dilaniando la sua carne e che non permetteva la guarigione.
Severus Piton aveva tradito la fiducia di Silente. Non era riuscito fino in fondo nella sua missione. Non aveva parlato a Harry Potter del suo destino, non aveva fatto in tempo a dirgli che cosa l'attendeva... e ora? Cosa sarebbe accaduto?
Severus udì un rantolo e si stupì nello scoprire che era stato lui a produrlo. Stava morendo. Eppure questa nuova consapevolezza non lo turbò quanto la prima. La morte in fondo era un fattore naturale, fallire, tradire la fiducia di Silente invece, rappresentava per lui un'ultima dolorosa mancanza.

Un movimento improvviso al suo fianco lo strappò dai pensieri sempre più incoerenti che gli sfarfallavano nella mente.
 Sbatté le palepebre confuso, cercando di riconoscere il volto davanti a lui e si stupì quando, con leggero sforzo, mise a fuoco i due profondi occhi verdi che lo guardavano, riconobbe Potter. Harry Potter in carne ed ossa.
Harry Potter che lo fissava con quella stupida espressione sorpresa, che avrebbe riconosciuto ovunque, tanto era simile a quella del padre.

Nel momento in cui il ragazzo si chinò su di lui, Severus raccolse tutte le rimanenti forze e lo prese per il bavero, portandoselo più vicino.
Era ben intenzionato a non sprecare quell'insperata fortuna: doveva fare in modo che il ragazzo conoscesse il suo destino, ma si rese conto di non avere abbastanza fiato per parlare e che i suoi pensieri si stavano facendo incoerenti. 
Annaspò nel panico in cerca di una soluzione che non riusciva a trovare e pur con rammarico, capì che c'era un'unica cosa da fare: si donò a lui.
Mise nelle mani del figlio di James Potter, quel ragazzino odioso e occhialuto, che rappresentava l'incarnazione di tutti i suoi errori, tutti i suoi ricordi più amati, i segreti più profondi, le umiliazioni più brucianti.
La sua stessa esistenza, ciò che era stato e ciò che ancora era... fuoriusciva da lui in flutti azzurri e argentati.
"Guar-da-mi".

Verde. Improvvisamente gli sembrò di annegare dentro quel verde che aveva tanto agognato. Si rese conto lucidamente che ora che l'abisso era lì ad un passo voleva caderci, voleva disperatamente perdersi nell'oblio di quel momento, di un sempre. Nulla lo legava più alla crudeltà della vita.
Aveva fatto tutto ciò che aveva potuto, in fondo. Aveva cercato disperatamente di fuggire al senso di colpa, riparando ossessivamente ogni errore, accettando come un amico il dolore e soffocando la solitudine e incredibilmente era riuscito anche a non tradire le aspettative di Silente.
 Se il ragazzo si fosse rivelato sveglio almeno un quarto di quanto lo era stata sua madre, sarebbe corso al pensatoio e allora avrebbe saputo.

Forse era meglio che fosse andata così. Severus aveva mantenuto la parola, Silente non avrebbe avuto da ridere per quel suo atto estremo e soprattutto, in quel modo, non aveva dovuto fronteggiare la reazione di Potter. Se ci pensava non sarebbe stato in grado di trovare parole di conforto per il ragazzo, una volta che avrebbe scoperto il suo destino. Cosa si può dire a un ragazzo di diciassette anni che scopre di dover morire?

Con un ultimo spasmo delle sue membra ormai distrutte si rese conto con un certo stupore che il suo corpo non gli apparteneva più.
 Spaventato vide il verde degli occhi di Potter allontanarsi e con sdegno per un momento si chiese se il ragazzo lo stava abbandonando proprio durante il suo ultimo respiro, ma la sua mente, che cercava di creare convulsi pensieri in un ultimo tentativo di rimanere attaccata alla vita, gli suggerì che probabilmente senza accorgersene era già morto.
Un secondo dopo questo pensiero gli parve di essere risucchiato in un abisso.

Lily? Cercò disperatamente di ricordare il suo volto, la cosa più dolce che quella vita amara gli avesse concesso, gli sembrò di sentire la voce di Silente.
" Lily, Severus? Dopo tutto questo tempo?"
" Sei un uomo coraggioso Severus!"
" Severus? Guardami..."
e poi fu il nulla.

 *

Una dolcezza infinita gli pervadeva le membra cullandolo. Era come se dita sottili gli avessero sciolto i muscoli, troppo a lungo tenuti contratti.
Lentamente riprese coscienza del suo corpo. Ritrovò dapprima le punta delle dita, le unghie, le mani, i palmi e poi il dorso, i polsi, le braccia, le spalle, come se una lunga carezza lo stesse risvegliando e quando ritrovò gli occhi si accorse di averli serrati. 
A lungo rimase immobile nel tentativo di apprezzare quella sensazione di pace a lui del tutto nuova. Intorno era silenzio, un silenzio innaturale che lo incuriosì. Così socchiuse piano gli occhi, per paura di essere accecato dalla luce che percepiva attraverso le palpebre.

Era nel nulla.

Intorno a lui tutto era bianco e leggero, come se si trovasse all'interno di una nuvola particolarmente soffice. Era un ambiente surreale, ma in cui, stranamente, si sentiva a suo agio. Mentre si alzava, senza smettere di guardarsi intorno, si rese conto di essere completamente nudo.
 La cosa non lo turbò più di tanto anche se sapeva che nemmeno mezz'ora prima, quando la vita scorreva ancora dentro di lui, avrebbe trovato l'intera situazione inaccettabile e imbarazzante. Si mise a camminare senza una meta. In fondo, come si può avere una meta nel nulla? 
 Non seppe quanto continuò ad avanzare, ma si sentiva leggero e sereno.

Quando oramai si era quasi dimenticato di ogni sua precedente preoccupazione, scorse lontano una panchina e sotto di essa un groviglio di membra, che gemeva terribilmente. Si avvicinò lentamente portando, inutilmente, la mano al fianco della bacchetta, trovandolo vuoto.
 Quell'essere terribile, se così si poteva chiamare, continuò a mugolare disperato sotto la panchina e Severus avvertì una sottile sensazione d'ansia, che credeva di aver dimenticato, premere sotto lo sterno.
Allarmato si avvicinò ancora di qualche passo nel tentativo di vedere di cosa si trattasse.
"Severus."
L'uomo si voltò di scatto e si trovò di fronte ad Albus Silente.
Una strana commozione lo pervase, mentre uno stretto nodo alla gola, che non riusciva a sciogliere, per qualche attimo, lo soffocò.

Il vecchio preside di Hogwarts lo osservava divertito, gli occhi azzurrissimi sembravano brillare dietro gli occhiali a mezzaluna dorati, sorrideva.
 La lunga barba bianca non era mai stata tanto candida e sembrava composta da fili d'argento. Era nudo e Piton, per quanto non si sentisse ancora in imbarazzo per quella strana situazione, desiderò poter indossare i suoi vecchi vestiti e vedere Silente indossare i suoi, come ai vecchi tempi.
 "Severus, Severus... non avrei mai voluto vederti qui tanto presto. Mio errore lo ammetto!" sorrise Albus pieno di dolcezza e si avvicinò al giovane che lo guardava con i suoi profondi occhi scuri.
 "Non si può prevedere tutto evidentemente, era un piano quasi perfetto Albus."
 "Quasi. In effetti... perdona i discorsi di un vecchio, ma è stato per me un duro colpo comprendere il mio errore. Non vorrei peccare di superbia, ma hai ragione, era quasi perfetto. Tuttavia, fra tutti non avrei mai voluto che, a pagare le conseguenze di quel quasi, fossi tu."
 Severus si strinse brevemente nelle spalle distogliendo gli occhi dall'uomo, per tornare ad osservare le membra tremanti sotto la panchina con distacco. La presenza di Silente cominciava a infondergli qualla sensazione di protezione cui era stato abituato nel vecchio ufficio di Hogwarts.
 L'anziano mago seguì lo sguardo del giovane senza cancellare il sorriso divertito.
 "So cosa ti stai chiedendo, ma questa cosa non è affar nostro, non più oramai." disse.
 "Mi inquieta" rispose l'altro, con un cenno verso il nodo di membra.
 "Sarebbe un problema se non lo facesse."
Rimasero in silenzio qualche istante, per nulla infastiditi dalla mancanza di parole.

"Albus?"
 "Si?"
 "Dove ci troviamo?"
 "Ah, Severus! Questa è un'ottima domanda! Secondo te dove siamo?"
Piton si guardò intorno leggermente infastidito dalla mancanza di una risposta netta, come sempre con Silente.
La prima cosa logica gli parve: nel nulla. Tuttavia, sembrava un'idea troppo semplice e superficiale. Dove si trovavano? 
I suoi occhi scuri si soffermarono sulla panchina. Una panchina è un oggetto interessante, ti ci puoi sedere sopra e attendere.
 Potresti passare seduto lì un intera giornata e nessuno lo troverebbe strano perché tu puoi sempre dire che stai aspettando.
 Non importa cosa e perché, una panchina è un ottimo oggetto. 
Severus lanciò un'occhiata a Silente, che lo ricambiò con uno sguardo ironico.
 Dove si attende qualcosa? Alla stazione forse?

Gli parve, improvvisamente, di sentire l'odore forte e amato di fuliggine, che gli riempiva le narici ogni volta che arrivava al binario 9 e 3/4.
 "Siamo in una stazione?" chiese
Silente fece uno strano sbuffo. Stava ridacchiando? Sì, stava decisamente ridacchiando.
 "Sai Severus... è strano che tu abbia preso così tanto in antipatia Harry"
 "Potter?! Che c'entra Potter?"
 "Oh nulla, Harry è stato qui poco fa e mi ha dato più o meno la stessa risposta, c'è da dire che in qualcosa vi somigliate"
Una smorfia sdegnata si propagò sul volto di Piton alla vista dell'allegra soddisfazione di Silente.
 "Potter! Potter è stato qui? Quell'imbecille si è fatto uccidere? È proprio come... "
 "Non correre a conclusioni troppo affrettate Severus." lo riprese il preside bonariamente "Harry è venuto qui solo di passaggio. Questa è una stazione no? Diciamo allora che ha preso un treno ed è tornato indietro e ho abbastanza fiducia in lui per dire che, tra pochi istanti, compirà l'ultimo passo verso la vittoria."
Piton volse lo sguardo nuovamente verso l'essere sotto la panchina dove il nodo disgustoso di membra tremava.
 "Quindi lui è... "
 "È esatto. Lui è quello che rimane di Lord Voldemort ancora per pochi istanti, poi anche quest'ultimo rimasuglio scomparirà, ma come ti ho già detto... non dobbiamo occuparcene noi. È tutto nelle mani di Harry."
 "Ha molta fiducia in Potter."
 "Moltissima Severus, ma mai quanta ne ho avuta in te"
Gli occhi dell'uomo brillarono, per un istante, di assoluto stupore, nonostante tentasse di nasconderlo tendendo i lineamenti in una smorfia contratta. 

"Dicevi che per te questa è una stazione?" chiese Albus, scostando con delicatezza lo sguardo.
 "Credo di sì..."
 "Potremmo prendere un treno anche noi allora."
 "Tornare in vita come Potter?" chiese con sconcerto Severus.
 "Oh no, temo che questo non ci sia concesso."
Il sorriso onnipresente sulle labbra di Silente si allargò ulteriormente e tese un braccio verso il professore, che prese il preside a braccetto con un certo imbarazzo. Un piccolo gesto, aveva teso la mano verso di lui. Nessuno lo aveva mai fatto prima.

"Signore... dove mi sta portando?"
 ["Non ne ho idea... cosa dovremmo cercare?"
 "Una strada immagino... "
  "Che tipo di strada vorresti?"
 "Non lo so, una qualunque strada"
 "Allora non importa la strada da prendere."]
 "Ne voglio una che mi porti da Lily" fremette quindi Severus.
"Arriverà anche quel momento" rispose annuendo il preside, gli occhi pieni di tenerezza "Ma prima vorrei portarti con me a fare un giro nel tempo. Trovo assai affascinante la tua tesi che questo luogo sia una stazione, estremamente affascinante. Tuttavia, devo ammettere che la prima volta che vi giunsi, trovai che fosse azzeccatissima l'idea di un immenso pensatoio. Non è un bel concetto? Che senso avrebbe, in fondo, vivere la vita, acculturarsi, fare esperienze, leggere e studiare, se con la morte si perdesse tutto ciò che hai fatto? Ma se la morte fosse un immenso pensatoio, allora tutto avrebbe più senso. Se in vita ti sei interessato alle cose, ti sei aggiornato e tenuto sempre in allenamento con libri e stranezze allora una volta morto avrai un sacco di cose da fare. Altrimenti, in caso contrario, finirai nel vuoto più assoluto, triste."
 "È un'ipotesi interessante."
 "Lo è. Devo ammettere, in tutta modestia, che da quando sono qui non ho avuto un attimo di tranquillità, avere una vita movimentata, in qualche modo, mi è servito. Sono piuttosto compiaciuto della mia condizione attuale"
Continuavano a camminare nel nulla senza occuparsi di nient'altro che del movimento ondulatorio delle loro stesse gambe. Potevano essere in marcia da pochi minuti, da ore o da anni... Severus non sarebbe stato in grado di dirlo, ma si accorse, dopo un tempo indefinito, che ora Silente portava una veste violetta e lui indossava i suoi vecchi vestiti neri. Era come se il tempo non fosse mai passato, era come non essere mai morti, con quei vecchi vestiti addosso riuscì a percepire la stessa atmosfera familiare che coglieva nel vecchio studio del preside.

"A cosa stai pensando Severus?"
 "Sono felice di avere di nuovo i miei vestiti."
 "Lo immaginavo!" sorrise l'altro.
 "Signore?
 "Si?"
Erano appena passati per l'ennesima volta davanti alla panchina con al di sotto le membra tremanti e Piton cominciava a chiedersi dove erano diretti.
 "Dove stiamo andando?"
 "All'indietro direi, o in avanti... ancora non lo so. Lo devi decidere tu."
Due occhi scurissimi fissarono esasperati quelli azzurri del preside.
 "Ci fermiamo qui allora." intorno a loro c'era solo bianco. Come ovunque.
 "Eccellente scelta, Severus!" esclamò Silente, che appariva davvero di buon umore. "ora è il caso che tu cominci"
 "Temo di non capire"
 "Non è affatto difficile da capire mio caro ragazzo. Siamo in un pensatoio, può essere il tuo o il mio. Devi pensare."
 "A cosa?" chiese, contraendo i lineamenti del volto.
 "Al tuo miglior ricordo. Anzi, aii tuoi migliori ricordi, è il momento di tirarli fuori, ragazzo mio. Se ti va di condividerli con me, ovviamente. Temo sia l'unico modo per andare avanti."
Il volto di Piton si fece improvvisamente duro, le labbra sottili strette, gli occhi pieni di una luce che sapeva di dolore.
 "Non ho alcun ricordo di cui vale la pena di discutere."
 "Non essere così duro con te stesso, Severus. Perdonami, ma credo di aver imparato a conoscerti, almeno un po'. Sono certo che hai moltissimi ricordi piacevoli, ma non vuoi farli venire a galla. Ed è per questo che ti sto chiedendo questo sforzo. Un ultimo passo da compiere insieme: prova a superare le tue paure."
 "Tutti i miei migliori ricordi sono legati a lei, Albus. Il mio unico desiderio ora e chiederle scusa..."
 "Al momento più opportuno Lily verrà da te."
 "E Potter?"
 "Lily è con James e sarà con te. Qui ognuno ha ciò che si merita e tu, Severus, meriti Lily Evans. In vita per voi non era possibile amarvi, lo sai. Il dolore, differenze e debolezza vi dividevano, ma qui potrete trovare il vostro posto se lo vorrai, ma come credi di poterle chiedere scusa, se non hai perdonato te stesso? È fondamentale che tu ritrovi i tuoi ricordi positivi ragazzo, accettando te stesso e poi donandoti a lei. Questa è una possibilità che ti sto dando."
 "Grazie." mormorò piano Piton, in un sussurro "Ma non so nemmeno da dove cominciare."
 "La via te la posso mostrare io, guarda..."
E così dicendo il preside indicò un punto in quel bianco unico, compatto e brillante.

Per qualche attimo non accadde nulla, ma poi qualcosa si mosse. Era come se qualcuno si stesse avvicinando a loro arrivando da molto lontano. Un uomo, no, un ragazzo... un bambino e solo quando fu abbastanza vicino, Severus lo riconobbe e trattenne il fiato.

Il volto giallognolo incorniciato da capelli neri come la pece e mal tagliati. Persino con la divisa di Hogwarts, uguale per tutti, lui appariva goffo. Le sue labbra sottili erano piegate in una smorfia triste e anonima, ma gli occhi scuri erano profondissimi, intelligenti e attenti, occhi vivi, pieni di cose, occhi che saettavano a destra e sinistra, smaniosi di conoscere oggetti che si celavano nel biancore circostante. Era lui.
Un piccolo Piton ancora giovanissimo e probabilmente innocente, con evidente bisogno di ricevere affetto.

"Lo vedi?" chiese Albus con un sorriso.
 "Mi vedo."
 "Questo è il mio primo ricordo di te" disse allegro Silente "nell'istante in cui entrasti in Sala Grande, per il tuo smistamento, capii che eri profondamente diverso. In mezzo a una serie di coetanei spaventati, tu eri l'unico che si guardava intorno con accesa curiosità, con intelligenza, con orgoglio ferito, pronto a mettersi in gioco. Mi sono interessato immediatamente a te. Mi hai incuriosito. Eri un adulto composto nel corpo di un bambino ferito"
 "Temo di averla delusa subito dopo..."
 "Non vedo proprio perché."
 "Sono stato smistato a Serpeverde." disse Severus come a sottolineare l'ovvietà e dietro gli occhi scuri, scintillanti come non mai, arse per un istante un guizzo che sapeva di sfida e orgoglio. Silente arricciò le labbra ancor più divertito.
 "Non vedo perché questo avrebbe dovuto essere una delusione, Serpeverde è un'ottima casa"

Severus sbatté una sola volta le ciglia.
"Eppure lei stesso mi ha detto che, a volte, pensa che lo smistamento si svolga troppo presto."
 "Ah sì" ridacchiò il preside "ammetti che ti ho lasciato basito quella volta."
 "Abbastanza sì"
 "Lo immaginavo, ma non ho mai pensato che Serpeverde fosse una casa nefasta. Per chi ha una testa quasi eccellente come la tua, Severus, Serpeverde è la via della grandezza. Temo che siano state le persone da te incontrate ad averti rovinato la vita, ma le persone entrano nella nostra vita ogni giorno... forse avresti incontrato gli avvenenti Mulciber e Avery anche da Grifondoro."
Per un lungo momento fu silenzio, entrambi gli uomini fissarono il piccolo Piton che se ne stava lì davanti a loro, ancora senza minimamente guardarli.
"Ah ecco, ora la cosa si fa ancor più interessante." disse Silente e Severus alzò di nuovo gli occhi verso l'orizzonte bianco e per la seconda volta il giovane uomo trattenne il respiro.

Lily Evans, ancora undicenne, si stava avvicinando a loro.
I capelli lunghi e rossi ondeggiavano come una morbida onda mossa, il volto ovale, luminoso e coperto di lentiggini e quegli occhi, così verdi da sembrare irreali.... splendenti, grandi e pieni di una strana timidezza che mal celavano l'eccitazione del momento.
Senza rivolgersi a loro, la bambina si avvicinò al piccolo Piton, guardandolo con dolcezza e gli prese una mano.
Il Severus in miniatura ricambiò lo sguardo e c'era dolcezza in quei due tunnel neri che erano i suoi occhi e amore e desiderio di protezione, tenerezza, forse. Era uno sguardo maturo, troppo adulto per essere quello di un undicenne. Era lo sguardo di chi è stato ferito dalla vita e ora ha trovato la sua pace in qualcuno: Lily.
"Ecco Severus" mormorò Silente " quando vidi come guardavi Lily Evans capii che non mi sbagliavo sul tuo conto. Capii che c'era molto di più dietro quel ragazzino fragile e insicuro. Capii, in qualche modo, già allora, che c'eri tu."

Una strana atmosfera di profondo affetto e rispetto sembrava essersi costruita in quel piccolo spazio di nulla.
Severus guardò Silente, era stranamente commosso. I due ragazzini, di fronte a loro, sembrarono accorgersi in quel momento della presenza del preside e del suo protetto in versione adulta. Sorrisero entrambi, poi si voltarono e tornarono da dove erano venuti, tenendosi per mano.
 L'ex insegnante di pozioni prese Albus sotto braccio, con un movimento oramai automatizzato, e lo portò qualche passo più in là. 
 "Guardi." disse. La sua voce era roca e bassa, come se stesse soffrendo tantissimo.
 "Starò a guardare" assentì l'altro.

Dal nulla bianco parve materializzarsi una casa e una strada. Erano entrambe grigio scuro, sporche e abbandonate.
 L'edera aveva invaso la facciata dell'abitazione e il muretto che ne delimitava l'ingresso. Una persiana giaceva a terra, un'altra si muoveva nel vento come una banderuola, cigolando piano.
 Un piccolo Severus sedeva davanti al muretto. Era ancora più giovane di quello della prima apparizione. Non poteva avere più di sei anni.
I capelli erano sempre mal tagliati, ma più lunghi e gli coprivano il visetto concentrato su un qualcosa che teneva tra le mani. Da dei pantaloncini grigi, piuttosto sformati, uscivano due gambe magre e bianche, sporche della terra su cui sedeva, e con due grosse sbucciature sulle ginocchia. Era solo.

Improvvisamente un uomo, esageratamente grosso e rude, di cui non si scorgeva il volto, entrò nel campo visivo. Si avvicinò al bambino e prendendolo per una spalla cominciò a strattonarlo, facendogli cadere di mano l'oggetto che, poco prima, guardava con estremo interesse: una conchiglia.
Dal ricordo non uscivano suoni, ma non servivano. Probabilmente l'uomo urlò qualcosa e il piccolo Severus impallidì, poi quello che era suo padre, schiacciò la conchiglia e si mise a ridere davanti al volto livido e spaventato del bambino, continuando a strattonarlo con forza.
Fino a qunado una donna non uscì dalla casa.

Non c'era nulla di bello in lei. Troppo magra, con un viso troppo squadrato e occhi troppo grandi. I capelli lunghi, neri e unticci, divisi in due bande ai lati del viso la rendevano sgraziata. Eppure quando uscì dalla casa, persino a Silente, che osservava, parve bellissima.
 Perché vi era un qualcosa di estremamente solenne e potente nella determinazione cha animava il suo sguardo. Avanzò decisa frapponendosi tra il marito e il figlio. L'uomo la schiaffeggiò e le guance di lei si colorirono sgradevolmente di rosso. Tirò fuori la bacchetta. L'uomo tentennò, fece per alzare un'altra volta la mano sulla donna, ma poi la fece ricadere pesantemente lungo il fianco e rientrò in casa.

Eileen Prince si affrettò a mettere via la bacchetta, prima che qualcuno potesse vederla, poi si chinò verso il bambino che si era accasciato a terra, spaventato. Lo prese tra le sue braccia, cullandolo, e, sussurrandogli parole dolci, sorrise piena d'amore. Quando Il piccolo Severus sembrò essersi calmato, lo pose a terra e si sedette accanto a lui, come se fosse una bambina e non una donna fatta e finita, infilò una mano nella veste e ne tirò fuori una conchiglia che rimase lì, sul suo palmo, sotto lo sguardo scintillante del figlio.
Il ricordo si dissolse.

"E così" mormorò Silente "questo è il tuo ricordo più felice."
E gli occhi azzurri erano velati di una strana tristezza, data dalla consapevolezza che il miglior ricordo di Severus fosse legato a una violenza subita.
Il volto di Piton brillava però di orgoglio e forza, quello stesso orgoglio che lo aveva salvato e ferito in vita, nutrendolo di speranza e resistneza.
"Questo" disse con voce strascicata " è il ricordo più bello che ho che non riguardi Lily"
"Perché non vuoi ricordarla, Severus?"
"Non ce la faccio, non da solo... ho paura che il dolore e il senso di colpa saranno troppo forti."

Silente lo osservò per un lungo attimo, quel ragazzo che era sempre stato poco più che un'ombra nella vita di troppe persone, ma che nonostante tutto, era stato determinante in più di una battaglia. Che cosa avevano dovuto sopportare quelle spalle magre? Quanto doveva essere stato grande il peso della sua solitudine?
Lui, Albus Silente, ne sapeva qualcosa di solitudine e dello straziante peso di scelte errate.
E Severus doveva fare i conti con i suoi errori ogni giorno.

"Non sei solo, Severus, io sono con te." disse gentilmente e così dicendo si chinò verso il giovane e avvolse le sue spalle in un abbraccio.
 Sentì Piton contrarsi, stupito, confuso e, probabilmente, sconvolto da quel contatto umano a cui non era abituato, ma poi, con lentezza, il giovane poggiò la testa nell'incavo della spalla di Silente, bisognoso di quel calore umano che, nonostante non l'avrebbe mai ammesso, gli era mancato da sempre. Severus non aveva mai avuto un padre, un padre che lo avesse amato, non sapeva nemmeno cosa volesse dire. Forse Silente era il miglior padre che avrebbe potuto desiderare. Intorno a loro fu un'ondata di colore. I ricordi di Piton esplosero fuori da lui e si propagarono all'infinito.


Lui e Lily sdraiati vicini, gli occhi rivolti a un cielo azzurro, in contrasto con il verde e il giallo dell'erba che gli avvolgeva.
"Non è bellissimo qui, Sev?"
"Stupendo, Lils"
Le loro mani che involontariamente si sfioravano.

Il volto di Lily, il suo sorriso, le lentiggini che si avvicinavano tra loro quando arricciava il naso nella sua tipica smorfia divertita e furba.
"Perché mi guardi, Severus?"
"Non ti stavo guardando..."
Il rossore sulle sue guance.
"Ti ho visto Sev."

"Avanti, Sev, lascia il libro!"
"Ma, ma il compito di Trasfigurazione? È domani!"
L'aria furba e smaliziata di lei, la sua mano calda che si legava a quella di lui, costringendolo ad alzarsi.
"Sono preoccupata anch'io... ma non possiamo perderci questa giornata di sole!"
"Ne sei sicura?"
"Assolutamente!"
E furono piedi in corsa. Il lago nero. L'ombra delle torri di Hogwarts.

"Potter è uno schifoso!"
"Non capisco perché sprechi il tuo tempo a insultarlo Sev...lascialo perdere..."
Gli occhi neri di lui, quelli verdi di lei.
"Lasciarlo perdere! È lui che non mi lascia stare!"
"Smetterà di prenderti in giro... tu sei migliore di lui, Severus."
Il sorriso ebete e dolce sul volto di lui. La fossetta sulla guancia di lei.

* Il lago nero di fronte a loro. Lui con la sciarpa di grifondoro che lei gli aveva stretto attorno al collo. Lei con quella di serpeverde che lui gli aveva abilmente infilato. Una zuffa per gioco.
"Lo so, Severus, io ho piena fiducia in te."
Sorrisi luminosi.*

La pioggia batteva sulle finestre della Sala Grande. Il soffitto sopra di loro era cupo. Loro due chini, seduti uno di fronte all'altro, i libri sparsi... come le piume e le pergamene.
"Credi che pioverà ancora per molto?" chiese lei guardando il cielo.
"Non credo. Perché?"
"Sarebbe un peccato, mi piace la pioggia."
"Anche a me" si affrettò a rispondere lui, tutto d'un fiato.
"E da quando? Non ti è mai piaciuta la pioggia Severus!"
"Mi piace da ora."
La testa scura di lui che si affrettava a chinarsi sui libri, la mano di lei che si spostava una ciocca di capelli dagli occhi.

"Sei stato ancora con Mulciber!"
La voce seria di lei, la delusione.
"Perdonami Lily...."
"Perdonarti? Non c'è nulla da perdonarti! È una tua scelta Sev... ma non capisci che lo dico per il tuo bene?"
"Per il mio bene? Mi vuoi bene?"
Lo scetticismo e la speranza nella sua voce di bimbo.
"Certo che ti voglio bene stupido, siamo migliori amici noi!"
E dolcezza e calore.

E corse, risate. Il fruscio della sua gonna mentre scappavano sulla collina, le loro teste vicine mentre studiavano, il sapore delle mele che avevano mangiato insieme, il colore dei suoi capelli sotto il riflesso del sole. E il verde, l'azzurro, il nero... le sue mani erano calde, almeno quanto i suoi sorrisi.
"Severus! Sev... Sev!"
La voce di lei.
"Lumacorno? È il mio professore preferito."
Il vento sul viso di Lily, i suoi denti bianchi che torturavano il labbro. La sua faccia corrucciata in un'espressione contrariata. Le sue dita che scorrevano sulla pergamena. Il suo corpo di bambina che si trasformava in donna.
"Mi puoi aiutare, Sev?"
Le foglie secche sotto i piedi, il patronus che fuoriusciva dalla bacchetta, il sapore dei biscotti allo zenzero, il suo profumo inconfondibile: arancia e cioccolato.

 * "Sev?"
"Si Lily?"
"Noi saremo amici per sempre?"
"Sempre." *


Albus si guardava intorno e le lacrime scivolavano sulle sue guance perdendosi nel folto della sua barba. Anche l'uomo più forte non avrebbe retto.
I ricordi di Severus danzavano ancora intorno a loro, più vividi che mai. Farfalle colorate che spiccavano il migliore dei loro voli. Era uno sfolgorio di luci, colori... e in mezzo a tutto quello, Albus vide un stesso più giovane che si chinava e tendeva una mano ad un Severus poco più che ventenne, un Severus che aveva appena mormorato, con voce spezzata, che avrebbe dato qualunque cosa pur di proteggere Lily Evans.
 C'era anche lui, Albus Silente, in mezzo a quei ricordi. Lui che lo aiutava, lo aiutava a proteggere lei.

Si voltò verso il suo protetto cercando le parole giuste da rivolgergli, ma quando incontrò suo sguardo, finalmente limpido e privo di grotteschi e vincolanti legami con il dolore, Albus capì che, in quel momento le parole erano superflue. Servivano gesti.
Si avvicinò a Severus gli tese la mano, lui l'afferrò.
Ora erano uno di fronte all'altro... e mentre Silente annuiva lentamente, Piton capì che qualcosa stava mutando.

L'avvertì arrivare.
Sentì il suo profumo, sentì la presenza di lei sfiorargli la pelle come una carezza fresca e liberatoria.
Con un profondo sospiro si chiese come aveva potuto farne a meno fino a quel momento.
 L'azzurro del vecchio e il nero del giovane si incontrarono nuovamente. Silente fece un passo indietro. Era ora che il padre lasciasse andare il figlio, era ora che Severus aprisse le sue ali.
Il giovane tremò appena, nello scostare lo sguardo dagli occhi di Albus... era pronto?
Sì, era una vita che attendeva quel momento. Le due mani intrecciate si sciolsero riluttanti.

Severus si girò.
Lei era lì.

  
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