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Autore: Madgirl    07/01/2007    5 recensioni
'Non credo di essere arrogante nel dirlo, ma mi reputo una ragazza niente male. [...]Ma allora come mai da un po’ di tempo a questa parte mi sento emotivamente frustrata? Una piacente universitaria single di ventuno anni dovrebbe darsi alla pazza gioia, invece la mia vita in fatto di uomini è come un encefalogramma piatto.'
Storia di una ventenne ordinariamente pazza, mediamente sfigata, discretamente complessata, e eccessivamente succube delle se.. mentali! una come tante, insomma! commedia leggera e molto 'rosa'. Commenti! (e scusate se aggiorno con flemma)
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5.

 

Nonostante l’aver fissato un’uscita con Alessio per venerdì sera mi abbia un po’ calmata e risollevato il morale, vago per la città senza una meta.

Con che coraggio mi ripresento a casa? Che poi come minimo quei due hanno ricominciato a sollazzarsi.

Sento come un senso di nausea. Lo scompenso psicofisico per aver interrotto mio fratello è qualcosa di troppo pesante da digerire in un pomeriggio. Stava davvero tromb… oh, merda, non riesco neanche a dirlo.

D’accordo che lui è sempre stato un furbetto, d’accordo che il fatto che non fosse più “illibato” era palese, d’accordo che quando stava con Giulia mi diceva chiaramente e senza troppa classe (pregio tipicamente maschile) ‘Vale, oggi vedi di  portar via i coglioni.’

Ma vedere quella scena aberrante bloccherebbe la crescita a chiunque. Meno male che sono già sviluppata da un pezzo.

Chissà poi chi era quella… qualche sua amica io la conosco, e so per certo che ce ne sono un paio che non si farebbero troppi problemi a dimostragli il loro interesse dettagliatamente (sono donna, certe occhiate le riconosco). Ma il tutto è stato così rapido e sconvolgente che non ho capito più nulla.

Indagherò più avanti, ora devo distrarmi. Pensiamo al mio appuntamento di venerdì, va’.

 

Cacchio, ho un appuntamento. Che parolone, erano anni che non lo dicevo.

 

Ho un appuntamento.

Spiacente, venerdì sera non ci sono, ho un appuntamento con un tale.

-Che fai venerdì Vale?

-Io? Non lo so ancora… ah, già, ho un appuntamento.

 

Wow, sono agitata, il mio primo appuntamento dopo tre anni abbondanti. Devo mettermi in ghingheri, sfoderare le mie armi femminili e dare il meglio di me, cercando di ripescare dallo scatolone dei ricordi l’ABC del relazionarsi con l’altro sesso, perché è noto a tutti che quando si ha una storia lunga, dopo i primi mesi ci si lascia un po’ andare.

Per la precisione si chiama Teorema della Relazione Stabile: ‘il soggetto A instaura una relazione col soggetto B. Inizialmente si cerca di colpire positivamente l’altro dando sfoggio delle proprie qualità; poi, una volta constatato che la relazione vanta basi solide, A e B si mostrano per quello che sono nel quotidiano.’

Che tradotto in termini più accessibili vuol dire essenzialmente questo: le prime volte che mi vedo con uno mi faccio carina, passo mezzora in bagno, cerco di sembrare intelligente, spigliata e simpatica. Poi la storia ingrana, ci dichiariamo i sentimenti reciproci e io comincio a uscire struccata, ad aspettarlo a casa in tuta e con i capelli spettinati, a sbadigliare senza mettermi la mano davanti alla bocca, fino a depilarmi sempre meno assiduamente. Per non parlare della caduta di stile della biancheria intima. Mentre da parte maschile il ragazzo colto e educato si rivela per quello che è, ovvero un cafone che preferisce i videogiochi a me, parla con la bocca piena, troppo spesso non riesce a digerire silenziosamente (che schifo!), e si crede in diritto di parlarmi come se stesse parlando a un uomo.

È sempre così, chi più chi meno.

 

Alle sette e quarantatre mi faccio forza e torno a casa.

Entrando cerco con lo sguardo Gabriele, che è sul divano a guardare passivamente un quiz preserale. Resosi conto della mia presenza mi lancia un’occhiata eloquente e io ridacchio, cercando di cancellare dalla mia memoria l’ultima situazione in cui ho avuto il piacere di incontrarlo.

Poi becco i miei e mi metto a fare il resoconto dell’esame.

Ma è durante la cena che lo spettacolo si fa semplicemente meraviglioso.

“Non sei uscito oggi, Gabry?” fa mia madre.

“No.”

“Come mai? Di solito vai sempre alla spiaggia; con questo caldo, poi...”

“Boh, non mi andava…”

“Non mi dire che hai passato un pomeriggio intero davanti ai videogiochi.”

Io e mio fratello ci scambiamo un’occhiata d’intesa. Io anche un po’ di disgusto, ma lo sto superando, lo sento.

“Ebbene sì.”

“Che diciotto anni buttati al vento…” e scrolla il capo con disapprovazione, mentre io rischio di strozzarmi con il puré. Certo, come no, ha passato il pomeriggio davanti ai videogiochi. Ma dico io, quando due persone si sposano e mettono su famiglia si dimenticano come per incanto della loro gioventù? Perché a volte sembrano davvero ottusi nel non capire quello che passa per la testa dei ragazzi. Eppure sono stati giovani anche loro, vittime come tutti degli ormoni selvaggi.

Mah.

“Che ci vuoi fare… siamo una generazione perduta” risponde dopo un po’ lui, con la bocca mezza piena. Io ridacchio sotto i baffi.

Gabriele ha chiaramente una dote, la flemma e l’autocontrollo. E una faccia da culo. Cose che a me mancano totalmente.

Per fortuna la conversazione sul cosa abbiamo fatto durante il pomeriggio si interrompe, perché mio padre osserva quanto sia petulante quell’interrogatorio che gli impedisce di ascoltare il telegiornale.

“Ma facevo così per dire… non si può neanche più parlare con questi due?!”

Non è cattiva, mia mamma. Non è neanche particolarmente morbosa, di quelle che vogliono controllare la nostra vita, anzi. Semplicemente, le piace parlare e a volte non si rende conto di quando farebbe meglio a stare zitta. In fondo mi assomiglia, perché anche io soffro spesso di ‘logorrea’ acuta, e quando attacco a blaterare non la smetto più. Difetto pessimo, lo riconosco, ma non posso farci nulla.

 

Venerdì sera arriva senza ulteriori intoppi, fortunatamente. Ormai io e Gabriele ridiamo del nostro piccolo ‘contrattempo’, anche se non sono riuscita a farmi dire chi fosse la fortunata. Mi continua a dire che non la conosco, il che probabilmente è vero, però sono curiosa lo stesso.

Perché deve essere così riservato, su certe cose (solo certe, intesi. Su altre non riesce a frenare quella linguaccia)?

Sono le nove e trentacinque.

Alessio verrà a prendermi tra dieci minuti e io sono già pronta da venti (che facendo due conti significa mezzora prima dell’orario fissato). Tipico.

Mi sento abbastanza soddisfatta di me stessa, sono carina senza dare l’impressione di una che vuole assolutamente fare colpo, ma non sono neanche una sciattona.

Ora sono in camera mia a giocare a The Sims per ammazzare l’attesa. Che bello, ho riprodotto tutti i miei amici e la cosa è molto buffa, anche perché sono riuscita a far allacciare relazioni tra persone improbabili.

“Con chi esci?” mi chiede l’animale domestico con cui divido la stanza.

“Uno…” dico evasivamente. “L’ho conosciuto la settimana scorsa, è l’amico di un mio amico.”

Lui ridacchia. “Ottimo… magari ti passa l’isteria da zitella.”

No, la ferita è ancora troppo aperta perché lui possa toccare certi argomenti così liberamente. Mi volto e gli lancio uno sguardo disgustato e divertito al tempo stesso. “Ti prego, potresti non toccare con tutta questa disinvoltura l’argomento sesso ancora per un po’?” domando implorante.

“Come vuoi… certo che sei proprio malata di quel gioco!” dice, tanto per cambiare argomento. Però è vero che sono un po’ drogata dai Sims.

“Parli tu…” rispondo, giusto un attimo prima che un sms da parte di Alessio mi informa che si trova sotto casa mia.

 

Sono agitata. Aiuto.

Appena in strada riguardo attorno, e lo vedo in piedi vicino a quella che presumo essere la sua auto. Mi avvicino con falsissima disinvoltura.

“Ciao…”

“Ciao vale!”

Dopo il bacio sulla guancia di rito monto in macchina.

Pronti, ai posti, via! Che abbia inizio l’appuntamento.

“Allora, dove ti porto?” mi dice col sorriso. Cacchio, è proprio carino… questa constatazione mi rilassa un po’.

“Mah, fai tu… insomma, in certe occasioni è l’uomo che si deve distinguere” io rido e lui mi segue a ruota grattandosi la nuca.

“Ottimo… comincio bene, allora!”

“No, dai, ora sto parlando come una rivista per zitelle frustrate. Scherzavo…”

“Ok, l’avevo capito, ma mi sento lo stesso sollevato. Se ti va possiamo fare due passi e poi un locale tranquillo, così parliamo un po’. No?”

“Va bene…”

Vuole parlare. È interessato a quello che penso.

D’accordo, il primo punto se l’è già guadagnato, perché al giorno d’oggi trovare un ragazzo interessato anche al contenuto (in senso metaforico) e non solo all’involucro (continuando la metafora) è una botta di culo. Sarà un po’ un discorso acido-femminista me è la pura e sacrosanta verità, non vogliatemene. Certo, rimane sempre aperta l’opzione della tattica inflazionata per far crollare ai propri piedi una donna, ma io non voglio pensarci, per ora.

E poi io non crollo proprio ai piedi di nessuno, non l’ho mai fatto e non intendo cominciare adesso.

“Sai, non pensavo mi avresti richiamato, davvero. E adesso non lo dico per farti pena…mi sembravi un po’, come dire, scostante, l’altra sera. E strana.”

“Strana?”

“Boh, soggetta a improvvisi cambi di umore, ecco.”

Io lo guardo con un sopracciglio alzato. In effetti sabato scorso mi sono comportata un po’ sopra le righe, a pensarci bene.

“No, non mi pare… ma forse avevo solo bevuto un cocktail di troppo. Una volta ero un po’ una marciona, ma adesso non sono più abituata a bere. Ah, la vecchiaia…”

“Se tu sei vecchia io ho un piede nella fossa, allora.” Ridacchia. “Comunque lascia perdere quello che ti ho detto prima, sono strano a volte.”

“Dai, mica sei così tanto più vecchio di me…”

 

Questa serata si sta rivelando meglio di quanto mi aspettassi.

Mentre camminiamo l’uno al fianco dell’altra, scopro con piacere che è anche simpatico, questo Alessio, e ne ho la conferma anche dopo, una volta giunti nel locale per cui abbiamo optato. Con piacere, mi rendo conto che la serata è molto positiva. Mi rendo conto che è in grado di parlare, sostenere una conversazione anche su argomenti che si allontanino dal calcio o le auto (argomenti a me totalmente sconosciuti, tra l’altro).

E abbiamo gli stessi gusti musicali, il che è un ottima cosa perché almeno non si litiga per il cd da ascoltare con l’autoradio. Magari lui non adora proprio Robbie Williams, ma di certo non mi aspettavo quello. Mentre invece, al pari mio, non sopporta la musica da discoteca e i cantanti lagnosi (italiani e non), non si esalta per l’hip hop che al giorno d’oggi sembra decisamente sopravvalutato, gli piace il rock in generale, anche quello di nuova generazione un po’ ibrido di pop inglese, e ha un amore sconfinato e irrazionale per Vasco, proprio come me (anche se non condivide la mia opinione che ormai sia un po’ avanti con le primavere per fare sempre il ragazzino ai concerti). Ottimo.

Ma tutto ciò non giustifica il mio comportamento attuale. Non giustifica il mio saltargli addosso di prepotenza al momento dei saluti. Non giustifica il fatto che se non fosse per quel dannato freno a mano che mi ostacola nei movimenti gli starei già semisdraiata sopra. E soprattutto non giustifica la mia mano che si infila a tradimento sotto la sua maglietta, perché a questo punto lui si sentirà in dovere di poggiare la sua mano sul mio sedere.

E infatti.

Non che mi dispiaccia, intendiamoci, e comunque l’altra mia mano, quella non impegnata in perlustrazioni ‘sottocoperta’, si sposta inspiegabilmente sulla sua, quasi ad assicurarsi che resti esattamente dove l’ha posata, ovvero sulla mia natica destra.

Merda, sto passando per un’assatanata. Assatanata e ninfomane con una frustrazione sessuale repressa che spinge per uscire di nuovo allo scoperto. Chissà cosa penserà di me, adesso! Penserà che io voglia farmelo così, seduta stante, in macchina sotto casa. O magari adesso mette in moto e parte alla volta di un luogo da infratto. Merda.

Perché deve baciare così bene, tra le altre cose?! Devo porre fine a questa cosa, perché di certo non sarà lui a farlo. Dopotutto è un ragazzo.

“Ehi…” dico staccandomi un po’ da lui.

Lui mi guarda ammiccante e io la butto sul ridere.

“Sai, di solito non sono così espansiva, nei commiati” ridacchio, riportandomi lentamente sul sedile del passeggero ma continuando a passargli una mano tra i capelli.

“Devo ritenermi onorato?”

“Beh, sì… e non sono neanche una ninfomane. Così, tanto per precisare.”

“Davvero? Sai, a dir la verità stavo appunto per chiedertelo, dicono che sia la frase perfetta per fare colpo: ‘scusa, sei mica una ninfomane che ha intenzione di scoparmi in macchina sotto casa al prima appuntamento?!’..” mi fa, ironico. Io sorrido di gusto.

“Cavoli, hai ragione, con questa frase qualunque donna crollerebbe ai piedi del più inguardabile tra gli uomini.”

“Te l’ho detto, si chiama raffinata arte della seduzione.”

“Già… ok, sarà meglio che vada, adesso. Sai, sono stata bene. Ultimo quarto d’ora a parte, intendo…”

“Anche io” ride. “Anche se l’ultimo quarto d’ora non mi ha proprio disgustato, mi spiace se a te non sia piaciuto!”

Mi sento avvampare per l’equivoco. Ho gradito eccome, l’ultimo quarto d’ora.

“Certo che ho gradito! Eccome! Io… ecco, io mi sono spiegata male perché quello che…”

“Dai, scherzo. Ho capito.”

“Allora ci sentiamo.”

Gli do un ultimo bacio sulle labbra, un po’ meno assatanato forse, e poi apro la portiera dell’auto.

“Ciao…”

“Ciao.”

E con un ultimo sorrisetto mi congedo da lui.

Niente male, come primo appuntamento della mia nuova vita!

 

 

 

 

LO SO, AGGIORNAMENTO FLEMMATICO. IL PUNTO E’ CHE MI E’ FRULLATA PER LA TESTA UNA STORIA SU HARRY POTTER E GESTIRE DUE COSE CONTEMPORANEAMENTE, OLTRE A TUTTE LE ALTRE FACCENDE RIGUARDANTI IL MONDO REALE, E’ PROBLEMATICO…

MA IO NON HO INTENZIONE DI ABBANDONARE QUESTA COMMEDIA. LA TRAMA, A GRANDI LINEE, L’HO PIU’ O MENO TUTTA IN MENTE (SALVO CAMBIAMENTI REPENTINI DI IDEA)!

UN BACIO A JUSY (COME VEDI LEI NON HA PROPRIO NULLA DA PERDERE, ANZI! E POI, CHI VIVRA’ VEDRA’!! FORSE QUESTO CAP E’ UN PO’ MENO DA RIDERE, MA CI VOLEVA… ALLA PROSSIMA!!)…

 

  
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