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Autore: Fairy_Whisper    22/06/2012    10 recensioni
"Riesci a capire cosa sei davvero, ora?"
No, non ci riuscivo. Non volevo. Sono una ragazza come tutte.
.Palmo... Simbolo.
Sono una ragazza normale!
.Lotta.
.Destini già segnati.
.Lotta.
Stop! Sono una stramaledetta ragazza normale!
.La Sua voce.
.Cercare di vivere.
.Lotta.
.Cambiare il destino.
"Non puoi... Lui è il tuo nemico!"
Invece posso.
Perchè NON sono una ragazza qualunque.
Sono Moon, la Prescelta!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1. Il Principio

 

In una piccola stanza buia entra furtivo un raggio di sole.

Esplora i muri e i mobili, di un beige innaturale, per finire a posarsi sul volto di una fanciulla: il mio.

Aprii distrattamente gli occhi. Davanti a me c'era uno spettacolo semplicemente stupendo: dalla finestra il sole stava sorgendo, illuminando tutto il paesaggio con i colori più caldi e spettacolari.

A… che bello

MOON! MOON! ... Una voce gracchiante mi chiamava dalla cucina, e la magia del momento svanii.

Mia madre mi deve chiamare sempre nel momento sbagliato… ma che ho fatto di male?!

MOON! MOON! Sei sveglia? Scendi subito!- Il tono mi fece capire che era meglio sbrigarmi, se non volevo che salisse a farmi una scenata isterica.

Sì, madre sono sveglia… scendo!- Spostai dolcemente le coperte e mi trascinai in bagno a sciacquarmi il volto.

Quando l’acqua gelida venne in contatto con la mia pelle, ripresi pienamente coscienza di me, alzai piano la testa e mi osservai allo specchio. I miei capelli marroni, con leggere sfumature rosse, mi arrivavano alle spalle, ribelli.

Il mio volto ovale, la piccola dimensione del mio naso, dei miei occhi nocciola e della mia bocca carnosa mi facevano sembrare un piccolo, dolce mostro… per non parlare della mia magrezza… sembravo più piccola della mia età!

Quanto odio il mio aspetto! Questi cavolo di capelli che non mi fanno capire se sono ricci o lisci mi mettono un nervoso…!

Abbassai la testa rassegnata. Così va la vita…

Mi distolsi dai miei pensieri, asciugandomi il volto, e m'incamminai verso la cucina.

Mia madre era seduta e mi aspetta con l’aria infuriata. Oggi non è giornata…

Ne hai messo di tempo! Che stavi facendo?

La solita indagatrice.

Niente madre –Risposi, con aria rassegnata. Sono abituata ai suoi modi di fare…-Perché mi hai chiamato?  

Siccome ieri mi sono scottata la mano con il ferro da stiro, oggi non potevo preparare la colazione e poiché tuo padre, ahimè, è già andato a lavoro… tu devi preparare la colazione. Sbrigati! –disse, con distacco.

Le mie mani incominciarono a prudermi (succede sempre così, quando mi sento nervosa) e guardai mia madre in cagnesco. Lei non reagiva, come sempre, anzi! Fissava con sfida il ripiano della cucina. 

Perché io? C’è pure Susan in questa casa… o sbaglio? -Susan è mia sorella di una bellezza sovraumana e la odio immensamente per questo, anche se non è colpa sua…

Mia madre mi lanciò un'occhiata da “prato stecchito” ed io abbassai impercettibilmente la testa. Non sono mai stata brava a ribellarmi.

Uno: tua sorella sta dormendo; Due: io chiamo chi voglio e quando voglio; Tre: vai subito a mettere il tè o ti scordi che ti accompagno a scuola!- Mia madre sapeva benissimo come farmi innervosire.

Le mani cominciarono a tremarmi.

Calma, calma, devo stare calma… fai un bel respiro. Un altro. Ripresi il controllo del mio corpo e cominciai a cucinare, mentre mia madre si sdraiava sul divano e riprendeva a leggere il giornale di Gossip.

 

Finito di cucinare sistemai tutto sulla tavola e guardai orgogliosa, mia madre.

Ottimo lavoro… hai visto che alla fine non costa molto ubbidirmi?

Vecchia strega con la puzza sotto il naso!

Io ti ubbidisco sempre madre… sei tu che non te ne accorgi.

Fece un gesto di noncuranza. Susan cara, scendi? La colazione è pronta! -urlò dolcemente mia madre.

Aiuto! Che nervi! Fa quella voce mielosa solo per lei! Cavolacci… ora non mi trattengo. Ahhhhhhhhhh!

Corsi in camera mia, prima di scoppiare, e sentì a mala pena mia madre che mi richiama. Voglio stare da sola, non voglio sentire nessuno! NESSUNO!

Le mie mani tremano in un modo assurdo ed io, per non badarci, mi buttai sul letto e strinsi forte il cuscino. Se fosse stato una persona, sarebbe già morto strangolato. Le lacrime scesero senza che io me ne accorsi e mi ritrovai a bagnare, senza ritegno, il fodero del cuscino.

A che livelli sono arrivata… piango per cose di niente, mi dispero per qualcosa che ormai non si può cambiare e non so che cavolo mi succede alle mani… perché fanno così? Perché?

Senza trovare alcuna risposta alle mie domande interne, mi girai a guardare il soffitto e cercai di trattenere le lacrime. Ritrovata la mia calma, mi vestì di corsa e scesi di sotto, ad affrontare le conseguenze della mia piccola fuga.

Appena entrata, senza dire una parola, mi sedetti e cominciai a fare colazione, sentendo su di me, lo sguardo di ghiaccio di mia sorella e quello impassibile di mia madre.

A quanto pare ha creduto che non ci fosse nessun motivo per perdere le staffe… brutta vecchia! Mi sento così sola in questa casa… come se non appartenessi a questo mondo…

Sorè mi passi lo zucchero? -Alzai la testa in direzione della voce e vidi davanti a me il giovane volto di mia sorella, che mi scrutava con quei suoi intriganti occhi verde-bosco e le labbra carnose leggermente increspate. Lo zucchero era a poca distanza da lei.

Be? Nn me lo passi? -Le sue labbra formarono un piccolo sorriso divertito e la mia testa incominciò a girare.

Che mi prende? Dovrei esserne abituata ormai… perché fa SEMPRE così.

Per calmarmi presi la testa fra le mani fino a che il giramento non fosse passato e allungai, contro voglia, la mano verso lo zucchero. Non m'impegnai molto nel gesto e c’era ancora una bella distanza tra me e lo zucchero ma non ci facevo caso e, sempre con la mano tesa, mi girai dall’altra parte.

La mano mi rincominciò a formicolare e all’improvviso, lo zucchero l’aveva raggiunta. Mi guardai sorpresa intorno, per vedere se mia madre o mia sorella si fossero accorte di qualcosa, ma loro guardavano tranquillamente la tv. Che cosa è successo? Come ha fatto lo zucchero ha finire proprio sotto la mia mano? Forse sarà stata mia sorella a spostarlo… bò!

Porsi lo zucchero a mia sorella: Tieni.

Si voltò verso di me con uno sguardo neutrale e poggiò lo zucchero di fianco a se, senza usarlo.

La rabbia di nuovo si fece spazio dentro di me ma io la fermai e continuai a mangiare normalmente.

Ragazze vi do cinque minuti per finire le ultime cose e aspettarmi in macchina. Moon, sparecchia. -Mi guardò con il solito modo acido ed io, affranta dentro, mi sbrigai a obbedire.

Appena entrata, trovai mia sorella che mi rifaceva il letto. Oh, oh… cosa non poco strana. Di solito io glielo faccio  a lei, che gli è preso oggi? Vorrà sicuramente qualche favore da me…

M'incamminai verso lo zaino facendo finta di niente e mentre preparavo la borsa, mi accorsi di uno strano segno sul palmo della mano destra: una strana luna circondata da una pianta che alla fine sbocciava in una rosa bianca.

Restai per così tanto tempo a fissare quella figura, che mia sorella si insospettì.

Ehi! Ma perché ti sei imbambolata? Io ti ho fatto il LETTO e ora vado a finirmi di preparare, non fare tardi! -La ascoltai distrattamente, ancora intontita dal simbolo, e continuai a prepararmi in stato di shock.

 

 SKIAF!

Allora Moon, vuoi scendere? -Il sonoro ceffone di mia madre mi risvegliò. Barcollando scesi dall’auto e osservai sorpresa l’entrata della mia scuola. Come sono arrivata fin qui?

Piano, piano le immagini riaffiorarono nella mia testa e, con uno scatto improvviso, alzai il palmo destro. Il segno lunare (come l’avevo rinominato), era ancora li.

Distolsi quasi immediatamente lo sguardo.

Non è niente, niente… solo un altro scherzo stupido di mia sorella. Tranquillizzata da quel pensiero, camminai verso il portone della scuola. Davanti a me spiccava una mega insegna della mia patetica scuola.

Ah, Ah! Quanto ho odiato questa insegna… soprattutto alle verifiche, ah ah! Sorrisi sotto i baffi e mi andai a sedere nel solito posto vicino al cancello. Aspettavo con il cuore in gola qualcosa che non sarebbe mai arrivato: degli amici.

Perché io non ho nessun amico. In un anno non ho mai fatto amicizia con qualcuno e nessuno si avvicinava a me, a causa del mio aspetto ed io, timida com’ero, non mi avvicinavo a loro. Siccome non ho trovato nessuna persona che la pensasse come me… sono rimasta sola come un cane.

Questi pensieri mi mettono sempre tristezza e così, abbassai la testa, iniziando a osservare i piccoli sassolini che erano scampati all’asfalto. A un certo punto sentì molti occhi puntati su di me, mi osservavano attentamente, soffermandosi su un unico punto: la mia mano destra. La chiusi immediatamente in un pugno, per far sì che non si vedesse il simbolo, e alzai di scatto la testa… nessun volto era girato verso di me. Cosa…? Come…? Oddio ho le traveggole!

DRIIIN!

Con la faccia sconvolta, mi alzai di scatto e corsi velocemente in classe. Non vedo l’ora che questo giorno finisca!!

 

Suonata la campanella della ricreazione corsi in maniera, un po’ troppo folle, al bar. Appena arrivata, mi fermai di botto, e scoppiai a ridere. Oddio che corsa! Oggi sto male…! Sembro un'indemoniata…!

Mi sedetti tranquillamente sulla prima sedia disponibile e continuai a ridere, non preoccupandomi più di mangiare. A un certo punto sentì un piccolo tocco sulla spalla. m’irrigidii subito. Oh, oh! Mi sa che ho attirato un po’ troppo l’attenzione, chi sarà?

Girai lentamente il volto e incontrai quello divertito di Tom. I suoi occhi nocciola mi scrutavano allegri e il ciuffo biondo ribelle che gli ricadeva sul viso lo faceva sembrare un piccolo angelo burlone. Oh… niente di cui preoccuparsi, è solo il bello della classe che, sicuramente, mi vorrà prendere in giro come al solito.

Distolsi il mio sguardo su di lui quasi subito, e mi concentrai sulle file che si stavano formando davanti il bancone del bar. Peccato! Ora mi toccherà spiaccicarmi contro migliaia di persone per arrivare a prendere qualcosa! Uffa!

Moon, tutto ok? –Mi voltai e incrociai di nuovo i suoi occhi. Non mi vuole prendere in giro??? Ma wow! Oggi sono tutti strani.

Mi si era formato un groppo alla gola e non riuscivo più a parlare. Cavolo i maschi quanto mi agitano… aspetta, non tutti i maschi… solo lui!

Respirai profondamente e cercai di adottare un atteggiamento neutrale, prendendo coraggio.

 Certo! Non sono così debole come sembro. –Non riconobbi la mia voce, per quanto era glaciale. Forse sto semplicemente cambiando… eh, eh!

Sul volto di Tom si fece largo una vera e propria espressione di sorpresa. Continuai a sorridere divertita, mi alzai e, sentendo i miei morbidi capelli che mi ricadevano leggeri sulle spalle, m’infilai tra la moltitudine di gente per arrivare al bancone.

Per un momento mi sono sentita bella… ah, ah! Che idiozia. Mi accarezzai distrattamente una guancia e feci un elenco mentale su cosa prendere.

Uscì dal bar poco dopo con un hot-dog al ketchup in una mano e una coca-cola nell’altra. Mi misi a sedere nel posto di prima, notando bene che non ci fosse più Tom, e mangiai di gusto. Mi sento stranamente felice… come se tutte le cose che mi preoccupavano fin ora non contassero più niente. Che bello…

Sentì a mala pena la campanella tra un pensiero e l’altro. Non mi va di andare in classe proprio ora… rimango un altro po’ qua.

Così rimasi ancora al bar a mangiare ascoltando, di tanto in tanto, le chiacchiere di alcuni ragazzi. Parlavano sempre delle solite cose: ragazze, calcio, verifiche, ecc.

Mi allontanai dal bar distrattamente, senza vedere dove camminavo, e all’improvviso mi ritrovai davanti un ragazzo dall’aria furbetta. Arrossì di botto.

Oh, Oh! Per poco non ci sbattevo contro, chissà che figura che avrei fatto…

Sorrisi guardando in basso, superai l’ostacolo e mi misi a correre verso la mia classe con le guance che piano, piano prendevano il loro colore originale. Eh, eh! Ostacolo superato! Stupide lezioni… sto arrivando!

TICK! TACK! TICK! TACK!

Gli ultimi minuti di scuola sono sempre i più lunghi… sto guardando l’orologio da più di un’ora e sta sempre nella solita posizione!

Mi guardai nervosa le mani e, per distrarmi un po’, provai ad ascoltare il discorso noioso della prof di geografia, ma le sue parole non mi rimanevano impresse per più di cinque secondi. Allora appoggiai la testa sul banco, sfinita, e chiusi gli occhi.

DRIIIN!

Che dolce suono! Mamma voglio il cappuc… oddio è la campanella della scuola!

Riscossa dai miei pensieri, preparai lo zaino più veloce che mai, e mi fiondai fuori. Il cortile era ormai popolato da migliaia di ragazzi, chi andava di corsa, chi si fermava in mezzo la strada per parlare con un vecchio amico ed io, estranea a questo mondo, ero già per strada a guardare le auto che passavano. Stetti ben attenta all’attraversare nel momento giusto e, quando arrivai al marciapiede opposto, ripresi la mia corsa sfrenata verso la fermata del 38, l’autobus che prendevo ogni volta. Appena arrivata, mi accorsi che non c’era quasi nessuno, ero una delle prime. Orgogliosa della mia velocità, mi accasciai sulla panchina della fermata, sfinita.

Che corsa! Degna di una medaglia d’oro… ok, no, d’argento… ok, nemmeno, facciamo di bronzo… ok, nessuna medaglia. Ehm… mi sa che non ho preso i compiti di geografia, vabbè! Me li farò dare domani da qualcuno.

Mi passai una mano tra i capelli continuando a ripetermi che ero una stupida, quando il volto chiaro di un ragazzo dai capelli rosso fuoco mi si parò davanti.

Rimasi per un po’ incerta sul da farsi ma, vedendo che lui non muoveva un muscolo, mi rilassai. I suoi occhi scuri come la notte mi continuavano a scrutarmi per così tanto tempo che io mi sentii infastidita.

Scusa ma cosa vuoi? Perché mi guardi in quel modo? -Domandai acida. Il ragazzo parve svegliarsi e mi porse la mano sinistra.

Solo fare conoscenza. Ciao io mi chiamo Atanvar. -Sgranai gli occhi. Che nome insolito, poverino chissà chi sono i genitori che hanno dei gusti così strambi. Chissà cosa significa questo nome…

Gli strinsi la mano e sentì subito una scossa. Gli avevo dato la mano con il simbolo. Ritirai la mano immediatamente e lo guardai sorridente.

Piacere Moon. Ora se mi vuole scusare… -E incominciai ad alzarmi per andare più lontano possibile da lui, ma la sua mano sulla spalla mi bloccò. Che cavolo fa? Come si permette?

No Moon, non la scuso. Voglio fare amicizia con lei e non mi faccio spaventare da una piccola scossetta. È inutile che cerchi di non parlarmi. -Lo guardai con un misto di paura e sorpresa. È il primo ragazzo che mi fa questi strani effetti. Qualcosa non quadra, ed io scoprirò cosa. Dopo tutto questo tempo di solitudine non è colpa mia se non mi fido molto delle persone come lui.

Feci un sospiro rassegnato. Non posso alzarmi ma quando arriverà l’autobus non potrà più fermarmi. Ti prego… vieni presto!

Gli feci un po’ di spazio sulla panchina per farlo sedere accanto a me e aspettai che si fosse sistemato, per parlare.

Ok. Farò come vuoi tu. Ma devi sapere che non mi fido di te e questo non si potrà cambiare nemmeno con un anno di amicizia stretta. -Mi sorrise distante.

Mai dire mai. Lo so che sono partito con il piede sbagliato… credo. Perché in realtà non ho fatto niente. -Mi rivolse uno sguardo deciso ed io mi pietrificai all’istante. Ha ragione… non mi ha fatto niente. Sono stata semplicemente io con i miei pregiudizi. Devo smetterla una buona volta!

Non gli parlai per un po’, offesa da quello scatto si sincerità e mi concentrai sul suo aspetto. Era magro, non abbastanza alto (anche se io gli arrivavo alle spalle) e poi aveva quello sguardo così profondo che paragonato alla carnagione chiara e ai capelli rosso vivo sembrava provenisse da un altro mondo. L’espressione del volto non era poi così tanto cattiva… era qualcosa di misterioso ed è forse per questo che mi aveva messo paura. Non lo trovavo affascinante ma per non so quale aspetto mi attraeva… come una calamita.

Vedendo che io non aprivo bocca lui ruppe il silenzi: Tu che autobus prendi?

Dovetti ricorrere a tutta la mia buona volontà per ricollegare il cervello e, alla fine, il mio volto era tornato inespressivo come sempre.

Il 38. Non so che orari abbia, però. Una volta appena arrivo alla fermata, ne è appena passato uno. Invece a volte passa dopo poco o ne passano 2 insieme. È una cosa piuttosto strana. Tu? -Per un secondo mi sorpresi della mia improvvisa parlantina ma, vendendo che il volto di Atanvar non era cambiato, non ci pensai molto.

Anche io prendo il 38! Che coincidenza! Solo che io di solito a quest’ora non ci sto e lo prendo sempre più tardi. -Ottimo! Qualche volta ci possiamo pure vedere! Forse finalmente potrò avere un amico… maschio, per giunta!

Sorrisi apertamente del mio pensiero e vidi i sopraccigli di Atanvar inclinarsi. Oh, oh. Desto sospetti. Non si fa Moon. No, no! Ah, ah, ah!

Trattenni il fiato per non scoppiare a ridere. Le guance che si gonfiavano e il volto tirato mi doveva dare un aspetto buffo perché Atanvar scoppiò a ridere e io lo seguì a ruota.

Sembravamo due ubriachi vagabondi, che si mettono a ridere per un nulla, ma io non riuscii a smettere. Feci solo in tempo a prendere l’autobus al volo, seguita da lui, che ci mettemmo di nuovo a ridere senza ritegno e piano, piano contagiammo tutto l’autobus. Come mi sento libera e leggera! Non credevo che avere degli amici fosse una sensazione così bella e pura… viva  l’amicizia!!

A metà tragitto, però, smisi di ridere all’improvviso. Atanvar mi guardava visibilmente sorpreso e cercò di prendere anche lui un aspetto adeguato.

Non ho più voglia di ridere At. Posso chiederti una cosa? -Ancora un po’ ridacchiando annuì.

Perché di solito tu prendi l’autobus più tardi e oggi no? –gli chiesi, fermando il mio sguardo sullo strano ciondolo che portava al collo. Vidi perfettamente i muscoli del collo irrigidirsi e lo guardai in faccia. Reazione strana… in fondo non ho detto niente di male. Sono troppo curiosa delle volte ma non sapevo che altro dire. Ora mi fa paura.

Be, sai com’è, ogni persona deve prendere una decisione ed io ho deciso di venire prima alla fermata. È inutile che io ti dica il perché. -La sua voce mi riscosse dai miei pensieri e mi fece stare di stucco. Quanti misteri per una fermata dell’autobus.

Ok Mr Mistero. Almeno mi puoi dire, di grazia, dove scendi? -Mi atteggiai da donna antica strappandogli un sorriso.

Cara Lady Crazy, la prossima è la mia fermata… ora suono il campanello!   Dopo averlo suonato mi guardò con aria di sfida e scoppiammo di nuovo a ridere. Benissimo! Sono tornata stranamente indietro nel tempo e non me ne sono accorta?

Ecco la sua fermata, mi dispiace lasciarlo. Guardai tristemente l’autobus che rallentava e Atanvar che prendeva posto vicino alla porta di uscita, ma prima, mi diede un bigliettino con scritto il suo numero.

Ciao Moon! Ci rivedremo domani, forse. Scrivimi!   Mi salutò con la mano e uscì. Questo sarà solo l’inizio di una grande amicizia. Ne sono sicura!

Una luna comparve nel cielo ricoperto di stelle. Ecco la sera.

 Osservai il bellissimo paesaggio al chiaro di luna, che si vedeva dalla mia finestra.

È tutto così perfetto, come se il buio potesse nascondere tutte le cose negative. Magari.

Staccai lo sguardo da quel misterioso paesaggio e mi andai a sdraiare sul letto.

Bianco, bianco, bianco! Visto così tante volte da non poterlo più sopportare! Non potevano fare un altro colore?

Osservai irritata il soffitto sopra di me. Avevo finito di mangiare da cinque minuti e, invece di andare a vedere la Tv come sempre, per il troppo stress, mi era venuta voglia di rinchiudermi in camera. Una cosa che non avevo mai fatto. Erano accadute troppe cose per un giorno solo.

Perché a me? Ci sono mille persone in questa città e a me dovevano beccare? Tutti questi incontri strani… e poi questo simbolo!

Mi misi a sedere, guardando distrattamente il palmo della mano destra. Sgranai gli occhi. Il simbolo era ancora lì e brillava di luce propria, ma non una luce normale… una luce lunare. Quella luce così misteriosa sembrava volesse farsi beffe di me. A causa di un improvviso capogiro, una lacrimuccia ribelle scivolò nella mia guancia. Che cosa vuol dire questo segno? Come ho fatto a non accorgermene prima? E, ancora, perché a me! Che ho fatto di male? Io…

Mi presi la testa tra le mani e cercai di cacciare via tutte le lacrime che premevano di uscire. Ma, purtroppo, la maggior parte di esse mi sfuggirono. Sono sola con il mio dolore… nessuno mi può aiutare. Nessuno mi può capire.

La consapevolezza della verità del mio pensiero mi fece sobbalzare. Mi sentivo lontana anni luce dal posto in cui ero nata. L’unica cosa che ancora mi manteneva ancora con i piedi a terra, è la vita. L’occhio mi cadde, di nuovo, sul simbolo e non mi sentì più sola. Sai una cosa caro il mio simbolo lunare? Avere te che mi hai rivoluzionato completamente la giornata, non è cosa da piangere, ma da essere felici. In fondo tutti sogniamo una vita piena di avventure, anche se io l’ho scoperto solo oggi!

Sorrisi del mio pensiero e strinsi la mano in pugno. Ormai mi sentivo pronta per qualunque cosa comportasse avere il simbolo. Una sonnolenza improvvisa m’investii. M… mi sa che è ora di andare a dormire.

Presi rapidamente il pigiama da sotto il cuscino, mi andai a lavare il volto per svegliarmi un po’ e, bella pronta, m’infilai sotto le coperte. Ancora il bianco del soffitto. Mi girai tra le coperte con la mano destra davanti agli occhi. Buona notte simbolo!

Risi apertamente. Di solito facevo così con gli orsacchiotti, una cosa molto stupida ma che mi faceva sentire… COMPLETA. Arrossii lievemente affondando la testa sul cuscino. Quando ero… ehm… sono stupida!

Le palpebre si fecero pesanti e, in preda a un’inumana stanchezza, mi addormentai all’istante.

Una luna faceva capolinea tra le nubi, è l’ultima cosa che vidi.

 

 

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE

È da tanto tempo che non riprendo la mia storia e ho deciso di fare alcune modifiche e di accorciare un po’ i capitoli, anche per non farvi annoiare con capitoli troppo lunghi.

Attendo con ansia dei vostri commenti e non risparmiate con le critiche, se ritenete opportuno farle ;)

Spero di riuscirvi a coinvolgere e a farvi affezionare ai personaggi di questa magica storia.

Un grande saluto

-W

 

 

   
 
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