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Autore: shirley_poppy    22/06/2012    1 recensioni
In una scuola del tutto ordinaria un ordinario muro è spettatore della vita quotidiana di studenti e professori, ma, a causa di una sua dote particolare, due persone finiranno con essergli molto grate...
Una trama semplice per dare una visione un po' meno scontata della vita scolastica e di un'inattesa amicizia.
Questa one-shot nasce un anno fa come trama per un cortometraggio e si basa sul tema, promosso da un meeting dei giovani, "Io credo in me stesso, e tu?". La storia venne scartata perché troppo complessa da risolversi in soli dieci minuti, ma siccome vi sono molto legata, ho deciso, a distanza di un anno di rielaborarla, aggiungendo qualche dettaglio, ma la sostanza rimane semplice.
Essendo la mia prima storia qui pubblicata non ho pretese, solo buttateci un occhio se vi va...
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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My ordinary life as a Wonderwall




Buongiorno a tutti! Io sono un muro qualunque in una scuola qualsiasi. Creo un piccolo angolino accogliente e non vengo molto considerato a dire il vero, tuttavia in questi anni ho visto svolgersi proprio sotto al mio naso (è un naso figurato, sia chiaro! Un muro con il naso chi l'ha visto mai? Ehm stavo dicendo...sotto al mio naso...) innumerevoli storie, fatte di risate, delusioni, lacrime, gioiosi saltelli, balzane capigliature e vestiario ordinario.
I muri ascoltano molto attentamente e non avete idea di quanta gente parli con noi pur di trovare qualcuno che li stia a sentire. Dopo un po', un ascolto attento comincia a dare i propri frutti e si iniziano ad imparare nuove cose: io per esempio ho imparato a parlare.

Tra la gente che passa di qua ho ovviamente i miei preferiti. Uno è un ragazzo di quarta, simpatico e ironico, con la battuta sempre pronta, insomma quel tipo di studente che è la disperazione dei professori perché ha una mente brillante, ma voglia di studiare pari a zero. Questo bell'imbusto gira sempre per i corridoi con un gruppetto di amici confusionari, salta le lezioni e viene a parlare con me. Così sono venuto a sapere tutto di lui, o almeno più di quanto ne sappiano quei tre galletti, con tanto di ciuffetto ritto in testa, che si aggirano in sua compagnia. All'inizio della scuola il nostro ragazzo era aveva varcato la soglia pieno di sogni e di speranze, con un'idea ben precisa in mente: voleva impegnarsi, studiare e diventare un grande medico, ma col tempo le cose cambiano. I suoi amici avevano cominciato a prenderlo in giro, perché era un sogno da femminucce quello di voler salvare le vite di bambinetti o vecchiacci, l'unico medico importate è quello che ti para il culo quando giochi a Battlefield o ad Halo. Allora tutte le convinzioni erano sparite. Lui aveva cominciato a nascondersi dietro la sua cumpa, dietro i comportamenti da bulletto, dietro alle fughe strategiche dalle interrogazioni, dietro le innumerevoli storie senza capo ne coda con la prima che passava. Aveva smesso di credere in se stesso e nei suoi desideri.
C'è poi una ragazza che mi intenerisce particolarmente (sì, i muri possono intenerirsi...) : è bassina, magra, un aspetto normale, forse eccessivamente normale, tanto da passare inosservata. Questa ragazzina è decisamente brava a scuola, dotata di una mente aperta e brillante; pari alla sua intelligenza, poi, c'è solo la sua gentilezza: ogni cosa in lei è dolce e minuta a partire dallo sguardo attento, fino al tono di voce delicato o al modo in cui si comporta con gli altri. A descriverla così sembrerebbe perfetta, eppure nessuno in questo mondo può essere perfetto, infatti la nostra ragazza ha un paio di difetti: è terribilmente insicura riguardo a qualsiasi cosa, tanto da aver bisogno di ripetere la lezione nel mio angolino prima di un compito per tranquillizzarsi un po'. Per di più è molto timida, talmente timida che è facile per lei lasciare che le sue idee si annullino nelle tante, sciocche parole degli altri.

Un giorno il nostro ragazzo si stava lamentando come al solito: temeva di non riuscire a passare l'anno e di dover dire addio ai suoi sogni. Ma sì, in fondo non ci credeva più neppure lui, avere dei sogni da femminuccia era deludente, glielo ripetevano sempre gli altri.
Lo stetti a sentire per un po', però non sopportavo questa sua accettazione passiva di quello che gli stava capitando. Il suo carattere schietto e scherzoso era ciò che mi aveva sempre colpito di lui, ma in quel momento si stava nascondendo persino davanti a me, persino davanti a se stesso e non potevo accettarlo. Alla fine mi decisi e parlai. Lui si guardò intorno stupito: eravamo nel bel mezzo della terza ora, i corridoi erano deserti e la bidella ciarlava al telefono nel suo stanzino in fondo al corridoio. Sporse la testa dietro l'angolo verso destra, verso sinistra, vuoto e silenzio assoluto...e porca miseria i muri mica parlano! L'agitazione cominciava a farsi evidente nelle parole sconclusionate che gli uscivano dalla bocca. Gli intimai di tacere e ascoltare: sì, ero un muro( niente di cui preoccuparsi) e lo conoscevo meglio di quanto non si conoscesse lui stesso. C'era un unico consiglio che potessi dargli, giusto perché ci tenevo a lui dopo tutto questo tempo passato ad ascoltarlo: “ Torna al cambio tra la quarta e la quinta ora, ci sarà qualcuno in grado di aiutarti...” Se ne andò zitto zitto, ancora incredulo, ma, se non si fosse rinchiuso in un manicomio prima, sapevo che sarebbe tornato perché avevo fatto appello al suo lato curioso ed indagatore. Sperai con tutto il cuore che lei venisse anche quel giorno: avevo sentito la professoressa di Italiano borbottare mentre passava di qui carica di libri qualcosa a proposito di un'interrogazione proprio nella sua classe; sarebbe venuta.
Fu così che, al cambio dell'ora, si incontrarono per la prima volta. Erano due animi dispersi, scoraggiati, ma insieme ce l'avrebbero potuta fare. Cominciò così un'amicizia fatta di piccole incomprensioni all'inizio (comprensibilmente la nostra ragazzina mi diede del folle per averle affidato uno tra i casi più irrecuperabili della scuola), di studio, di sorrisi, risate sguaiate, qualche lacrima e ogni tanto una litigata (ancora mi ricordo la lite furibonda per l'ultimo pacchetto di kinder pinguì alle macchinette), ma soprattutto fatta di una consapevolezza di sé e della persona che gli stava accanto, consapevolezza che a poco a poco cresceva sempre più.

Finalmente hanno ripreso ad alzare la voce, i miei ragazzi, e a farsi sentire, perché hanno troppo da dire e da raccontare per starsene zitti ora che hanno trovato il coraggio nascosto in loro. Hanno capito finalmente chi sono realmente: ragazzi, persone fatte di speranze, sogni, ideali, persone con una voce.



NdA :


Non ho molto da dire, se non grazie per essere arrivati fin qui! Se vi va di lasciare un commentino, lo accetterò con piacere, altrimenti semplicemente grazie per aver dato una scorsa a queste poche righe. Per capire bene la storia leggetevi la presentazione, se non l'avete fatto, perché credo si spieghi da sé il fatto che è stata scritta per il suddetto concorso "Io credo in me stesso, e tu?" Molto bene ho finito di tediarvi, quindi ancora grazie!
   
 
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