Ten
little things that make me hate (love) you ♥
#9- Scars [940
parole]
Le cicatrici per
Kei e Yurij non
rappresentavano una caduta o un’idiozia commessa durante l’adolescenza;
e tanto
meno potevano considerarsi come i risultati di una fantastica acrobazia
in
bicicletta o sullo skate.
Piuttosto, i due ritenevano –a ragione-
quelle tante e candide spaccature sulle loro carni dei sacrifici
e, difatti, ogni singolo dolore lì impresso era una
reminescenza da curare e sanare con pazienza ed attenzione.
Sembrava che le più profonde, ancora un po’ rossastre, non volessero
cancellarsi, pretendendo di restare lì un po’ più a lungo giusto per
ricordare
quanto male avessero causato e quanto sangue avessero lasciato versare.
Yurij, spesso, quando usciva dalla doccia fissava a lungo il proprio
profilo
cereo.
Qualche coraggiosa efelide si intravedeva appena sulla linea delle
larghe
spalle, la muscolatura per niente esagerata gli disegnava l’addome ed
una rada
peluria lo faceva rassomigliare ancora ad un ragazzino.
Tutto sommato, non disprezzava il proprio aspetto; però, ciò che più lo
disturbava nello studiare i tratti
del
suo giovane riflesso erano le lunghe e sottili striature che un po’
ovunque lo avvolgevano.
Avrebbe potuto affermare in tutta tranquillità che vi fosse quasi una lascivia molesta nelle ombre di quelle
morte ferite…
E se si immergeva nel silenzio ronzante del bagno, oltre al frastuono delle gocce d’acqua che
scivolavano a terra, il giovane ancora avvertiva l’eco di un terribile sibilo.
Kei, da parte sua, mostrava una sana indifferenza innanzi alle proprie
cicatrici e, anzi, spesso dimenticava addirittura di averne.
Quindi, il giapponese restò non poco sorpreso quando Yurij una volta,
piuttosto
che baciarlo o stringersi a lui, preferì accarezzargli ad uno ad uno
ogni singolo
sfregio.
Fra le braccia del compagno, infatti, il russo stava percorrendo con le
lunghe
dita i profili irregolari dei bianchi tagli, come a voler capire in
quale
momento e, soprattutto, con quanta forza fossero stati inferti; quando
d’un tratto
Hiwatari, prendendo la mano del giovane nella propria e bloccandola,
posò le
labbra sulla punta dei polpastrelli appena tremanti.
«Non
fanno più male… non c’è bisogno di curarle.»
Kei ricordava decisamente troppo poco della propria infanzia, ma in
alcuni dei
flash che più avevano eccitato la sua memoria rivedeva perfettamente
tanti di
quei segni ormai sigillati, aperti e sanguinanti e Yurij che, lì di
fianco, ne
sfiorava i bordi con tristezza e con la consapevolezza che lui, ferito
alla
stessa maniera, non avrebbe potuto fare assolutamente
nulla.
Che inutile capitano…
Il giovane Ivanov alle parole dell’amante sollevò appena lo sguardo ed
un mezzo
sorriso gli tinse
il volto.
«Capisco,
però a volte io me ne dimentico e sento ancora dolore.»
Sussurrò
in risposta nel buio, più
rivolto a se stesso che agli occhi scuri di Hiwatari.
Il giapponese restò muto a quell’amara confessione, continuando a
fissare Yurij
con fare indecifrabile.
In quel momento, Kei avrebbe potuto ammettere in tutta tranquillità di
star disprezzando Ivanov con ogni
miserabile
fibra del proprio essere.
Non poteva sopportare un simile ancoraggio
ad un dolore passato e che mai più avrebbe dovuto preoccuparlo.
Non tollerava che Yurij mordesse –al pari di un cane randagio- il
sentimento che nutriva la loro scintilla di segreta ed intima felicità.
Oh! Il sangue che avevano versato si
era raggrumato, lasciando sulle loro pelli solo un alone
agrodolce dal sapore metallico.
Kei riusciva ancora ad avvertirlo.
Si era mosso senza pronunciare una sola parola e, respirando a pochi
centimetri
dalla cute di Yurij, sfiorava con le labbra sigillate i bianchi
ghirigori incisi sul compagno.
Il russo chiuse gli occhi a quell’agire, e nel teso silenzio della loro
camera
cercò di imprimere nella propria memoria ogni singolo brivido che il
caldo soffio
di Kei gli infuse con inaspettata forza.
Ciò, indubbiamente, lo colse alla sprovvista eppure, senza mai esser
violento,
quel tepore dall’amaro retrogusto, conquistandolo, tentò di scavare e
poi colmare un vuoto ben diverso
dalla
ferite fisiche…
Poi, d’un tratto, la bocca del giapponese arrestò la sua corsa
sull’ultima e
più odiata cicatrice. Infatti lì, poco sopra il labbro superiore di
Yurij,
c’era una sottile e perlacea screziatura visibile solo a chi avesse
avuto
l’onore di potersi avvicinare al giovane quel tanto che bastasse per
distinguerla.
Allora Kei, senza malizia alcuna, posò le proprie labbra sopra quel
segno
imprimendovi un bacio tanto leggero che, in seguito, Ivanov
credé d’averlo solo sognato.
Però, le parole di Hiwatari che seguirono il gesto furono sicuramente
autentiche, poiché il russo le avvertì sin dentro l’anima e le sfiorò
col
proprio cuore nudo.
«Il dolore ora non ha più motivo
d’esistere, Yurij… non fra me e te.»
Spesso, Kei e Yurij avevano l’impressione che le loro cicatrici
dolessero
ancora; poi, si ricordavano d’esser felici e di non aver alcun bisogno
dei
fantasmi del passato.
Dunque, era proprio in quei momenti che sarebbero stati disposti
persino a
prendere a calci e a pugni
quel bastardo senza cuore d’Amore
in persona, pur di costringerlo a restituire la
serenità che spettava loro di diritto.
In ginocchio sui resti marci delle loro vite, costruivano con fango,
sudore,
sangue e fatica ogni secondo, ogni minuto, ogni ora ed ogni giorno del
proprio
rapporto…
E, no, non potevano sopportare d’avere impressi sul corpo dei marchi in
grado
di lasciar scivolare via tutto ciò che avevano eretto; anche se, in verità, pareva che proprio a causa di questi ultimi fossero stati in
grado di legarsi assieme con molta più insistenza.
Oltre al fisico, oltre alla sfera delle sensazioni, Kei e Yurij
guardavano
l’uno nell’anima dell’altro…
E con un bacio erano in grado di lavar via tutto quel ghiotto putridume
che,
accompagnando l’amore, aveva tentato di divorarli.
«Ridurrei Eros in pezzi solo per te; solo
per potertene cedere un frammento ogni giorno e scaldarti il cuore.»
*Bite
the hand
that feeds, tap the vein that bleeds… down on my bended knees, I break
the back
of Love for you.*
*Owari*
*Mordi la mano che ti nutre, tappa la vena che sanguina... qui giù sulle mie ginocchia fasciate, rompo la schiena dell'Amore per te.*
Post Blue, Placebo.
Secoli
son passati...
Ma finalmente
ecco la penultima shot! XD
Spero possa
essere stata di vostro gradimento, personalmente a me piace
abbastanza -cosa che accade di raro, quindi, wow, miracolo!
Mi auguro di
ricevere le vostre opinioni in merito! :3
Un bacio, alla
prossima!
*Che non so
quando sarà... la decima shot devo ancora scriverla, urgh .w.||||*
Iria.