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Autore: EclipseOfHeart    23/06/2012    3 recensioni
Lei continuava a guardare quel libro: la copertina sgargiante attirava i suoi occhi che guizzavano veloce sulla figura al centro della copertina.
Un anatroccolo. Marrone, piccolo, brutto. Sì, brutto, ecco la parola giusta. Quella era la storia del brutto anatroccolo, che poi riusciva a trasformarsi in un bellissimo cigno. Odiava quella storia, la detestava perché quella favola somigliava così tanto alla sua vera vita, che leggerla la riempiva di tristezza infinita.
Il brutto anatroccolo era lei. Disprezzata, non voluta, brutta e goffa. Però l’anatroccolo diventava un bellissimo cigno. Lei no.

Buona lettura.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lei continuava a guardare quel libro

 

Il brutto anatroccolo

 

 

 

Lei continuava a guardare quel libro: la copertina sgargiante attirava i suoi occhi che guizzavano veloce sulla figura al centro della copertina.

Un anatroccolo. Marrone, piccolo, brutto. Sì, brutto, ecco la parola giusta. Quella era la storia del brutto anatroccolo, che poi riusciva a trasformarsi in un bellissimo cigno. Odiava quella storia, la detestava perché quella favola somigliava così tanto alla sua vera vita, che leggerla la riempiva di tristezza infinita.

Il brutto anatroccolo era lei. Disprezzata, non voluta, brutta e goffa. Però l’anatroccolo diventava un bellissimo cigno. Lei no.

 

L’anatroccolo viene deriso, è troppo brutto perché possa piacere agli altri.

 

« Piccola, perché piangi?» chiese una voce preoccupata ed ansiosa. La voce della sua mamma.

«Non ho nulla, mamma, tranquilla.» rispose la voce della bimba incrinata per il pianto.

«Voglio sapere perché piangi. È successo qualcosa a scuola?»

Lei smise di piangere e guardando teneramente la madre negò. La mamma, però, non dava segno di voler desistere e continuò a chiederle, ottenendo solo di farla innervosire e chiudere di più.

Alla fine, sentendosi sconfitta, si alzò dal letto sperando che nulla di grave agitasse la sua piccola figlia.

Come poteva lei dirle che le sue lacrime erano solo il risultato finale degli sberleffi dei suoi compagni?

Erano piccoli eppure la prendevano in giro, le dicevano che lei a quel gioco non poteva giocare, che non era adatta e che aveva degli occhi così grandi da fare paura.

E lei non capiva il motivo di quelle brutte parole, però la ferivano e le facevano uscire le lacrime, come quando inciampava sbucciandosi un ginocchio.

Eppure sangue non ne vedeva, ma dolore ne sentiva.

E si addormentava così, con il cuore un po’ umido e la mente confusa.

 

L’anatroccolo cresce, ma gli altri lo cacciano via. Fa paura perfino un colore differente.

 

Si rifugiava spesso nel ricordo di quella storia, nonostante non la sopportasse perché aveva un lieto fine che a lei non spettava.

L’anatroccolo avrebbe dovuto passare l’inverno da solo, rischiando di morire congelato.

Per lei era inverno ogni giorno, fiocchi di neve tutte le dicerie che le sue compagne dicevano su di lei.

Ci aveva provato – ma davvero l’aveva fatto? – a tentare di creare qualche rapporto ma i suoi erano solo vani sforzi.

Che aveva che non andava? Sì, era timida e tendeva a non esporre mai la sua opinione, annuendo leggermente quando qualcuno le parlava.

Ma nessuno le si avvicinava. E sentiva quelle chiacchiere cattive e non sapeva come zittirle; così tra una campanella e l’altra viveva sola, a quel primo banco, come se i due accanto a lei fossero perennemente vuoti.

 

 

L’anatroccolo supera l’inverno, nonostante le difficoltà. Ma è ancora solo.

 

 

Giorno dopo giorno, lei si fa forza e prosegue.

La mamma ha smesso di chiederle cosa non va, ad ogni colpo sentiva il muro della figlia crescere e alla fine, affranta, non se ne era più interessata.

Quello che lei non sa è che ha iniziato a desistere pochi attimi prima che il muro cedesse completamente, pochi giorni prima che la figlia fosse completamente pronta.

Ma poi lei ha smesso e i mattoni hanno iniziato a ricomporsi.

La mamma però questo non lo saprà mai, come non è mai riuscita a comprendere niente.

La ragazza ancora, certe volte, riprendeva quel libro tanto colorato e tanto infelice che aveva fin da piccola. Ma all’ultima pagina non ci arrivava, faceva male.

La paura di affrontare qualcosa è più tremenda dell’azione in sé, allora lo ributtava in quella vecchia scatola di giochi mentre i mattoncini si accumulavano sempre più.

 

 

L’anatroccolo arriva in un lago di cigni che lo accolgono felici. Stupito, si guarda nel lago e si vede trasformato, ora non è più un brutto anatroccolo.

 

 

Quando lei lo incontra, non sa che lui l’aiuterà.

Con quel sorriso un po’ storto e le dite callose. Però nota che continua a starle attorno, a cercarla benché lei non voglia tutte quelle attenzioni.

Non può davvero credere che lui le voglia stare vicino perché gli fa piacere. A nessuno ha mai procurato gioia averla intorno.

Però poi un giorno – ancora lo ricorda così bene, quel 4 Marzo – lui tra una frase e l’altra le dice che non si era mai accorto che lei avesse gli occhi così grandi.

E lei si ritrae, spaventata, offesa, con il cuore già sofferente.

Ma lui non s’impressiona e resta calmo, dicendole tranquillamente che è una bella cosa.

«Gli occhi grandi sono sinonimo di un grande cuore. E poi sono di un colore molto bello.» ecco, sì, le aveva detto proprio così.

Lei non crede molto in quel proverbio, però sorride e si sente felice, per la prima volta.

 

 

L’anatroccolo ora è diventato un bel cigno. Ha trovato chi lo apprezza e la solitudine non c’è più.

 

 

E si ricorda che, alcuni mesi dopo, aveva avuto la forza di tornare a casa e di abbracciare quella mamma che non l’aveva mai capita.

Era stanca e vecchia e ancora non comprendeva, però sorrideva perché ora la figlia non piangeva più.

Lei era tornata in quella che era la sua stanza e aveva ripreso quel libro.

L’aveva aperto ed era andata alla fine, ora non faceva più male.

Aveva sorriso, consapevole che finalmente anche lei aveva trovato il suo lago con i cigni.

Non era bella come lui, ma aveva smesso di essere sola e mal giudicata.

Finalmente era iniziata la primavera.

 

 

 

Fine.

Non so da dove mi sia uscita fuori, però ve la beccate ugualmente u_u

Ho appositamente scelto di non dare un nome alla ragazza e ho deciso di usare uno stile semplice, quasi favolistico per rendere l’intreccio meglio tra l’anatroccolo e la ragazza.

Spero vi piaccia.

 

 

EclipseOfHeart

 

 

 

 

 

   
 
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