Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: roxy_xyz    23/06/2012    8 recensioni
Un giorno si sarebbe svegliato e non avrebbe più saputo descrivere la risata di sua madre.
Un giorno avrebbe spalancato gli occhi di fronte a una leggera somiglianza di sua madre con un’estranea e avrebbe sentito il dolore farsi sempre più forte.
Un giorno avrebbe ricordato sua madre senza piangere, senza sentire una fitta al cuore.

Prima Classificata al "Eschilo, Sofocle, Euripide (e Shakespeare) - Contest" di Daphne Kerouac
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Narcissa Malfoy | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
- Questa storia fa parte della serie 'Esercizi di... slash'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




E un giorno non saprai più chi sei




Non pioveva, ma non c’era nemmeno il sole: era uno di quei giorni in cui si viene abbagliati da un alone bianco e si è costretti a socchiudere gli occhi. Eppure Draco Malfoy sembrava non battere ciglio. In piedi, sorreggeva il padre per il braccio, cercando di alleviare il suo dolore con brevi parole. Era impossibile capire cosa gli stesse dicendo in base alle reazioni del padre, il viso di Lucius Malfoy sembrava, infatti, non cambiare mai espressione. Non l’aveva mai visto in quello stato, neppure quando Voldemort lo aveva privato della bacchetta e della sua dignità di mago. Era come se si trovasse in uno stato di profonda trance: fissava la bara davanti a sé e si lasciava cullare da Draco.
Quel mattino padre e figlio si erano scambiati i ruoli.


*

Narcissa Black Malfoy era morta nella sua dimora dopo aver abbandonato le cure del San Mungo prima e di un ospedale Babbano dopo. Per i giorni a seguire, nessuno parlò di lei o del suo passato, nessuno raccontò aneddoti sulla sua infanzia che forse avrebbero strappato qualche sorriso ai suoi familiari, nessuno parlò di quanto si fosse distinta alla fine della Guerra. Era stata lei a salvare Harry Potter: aveva mentito spudoratamente e così facendo aveva capovolto le sorti di un conflitto che sembrava destinato a concludersi con la vittoria di Voldemort.
Ospedale Babbano. Era questo che saltava all’occhio. Molti si erano accaniti contro Draco per l’ulteriore vergogna inflitta alla casata. Non avevano già patito abbastanza per la vigliaccheria di Lucius Malfoy? Quanto ancora avrebbero sputato sul loro onore e su quello di tutti i Purosangue? Una Black non avrebbe dovuto giacere su quelle lenzuola unte.
Una Malfoy non avrebbe dovuto lasciare il San Mungo per un posto privo di magia, dove nessuno era capace di curare la sua malattia con metodi efficaci.
Una Purosangue non si sarebbe condannata a morte da sola, affidando la propria vita a degli incapaci.
Ma una cura non c’era mai stata, lo sapevano tutti. Nessuno dei Medimaghi era stato completamente sincero, perché temevano di scatenare l’ira di Draco. Vedevano la sua bacchetta emettere luce, vibrare di magia per le grandi emozioni che provava. Un altro tentativo andato male e tutta quella carica sarebbe stata capace di far esplodere le finestre del piano in cui si trovava ricoverata Narcissa.
Ogni volta che loro scuotevano il capo, Draco batteva i pugni, urlava e si dimenava, e insisteva che continuassero a provare, perché non poteva essere vero. Sua madre non poteva morire.
Non era preparato alla sua morte; era sopravvissuta a due guerre magiche, pur rimanendo sempre in prima linea, e aveva sostenuto il marito nel torto e nella ragione, senza però seguire la linea folle e disperata della sorella Bellatrix.
Tutto era cambiato il giorno in cui sua madre gli aveva chiesto di smetterla. Non era una stupida e sapeva di perdere tempo prezioso in quel modo.
Quel giorno, Narcissa Malfoy si era arresa al suo destino.
Quel giorno, Draco Malfoy aveva deciso di infischiarsene di tutto e di tutti, e l’aveva portata con sé in un ospedale che aveva sentito nominare in uno degli ascensori del Ministero. Una parola detta di sfuggita, ma che per Draco sembrava essere una nuova possibilità.


*

Si erano incontrati nella Sala d’Aspetto, mentre Draco aspettava il responso dei medici del Pronto Soccorso. Erano passate più di tre ore e la stanchezza cominciava a farsi sentire: aveva poggiato la testa al muro e chiuso gli occhi, quando aveva sentito una voce chiamarlo.
“Potter.” Cos’altro poteva dire? Si sentiva in imbarazzo; aveva sperato di andare e tornare senza incontrare nessuno. Come era possibile che quel ragazzo lo trovasse sempre? Ne aveva abbastanza di lui, la scuola era finita, e invece Potter aveva la capacità di trovarlo nei momenti meno opportuni. Con gli occhi verdi lo guardava dall’alto in basso. Probabilmente stava notando quanto i suoi vestiti fossero stropicciati e sporchi, mentre lui era vestito in maniera impeccabile. Indossava un completo fatto su misura, e anche solo attraverso uno sguardo Draco aveva notato l’alta qualità della stoffa. Da quanti giorni lui indossava quella benedetta camicia a scacchi? Due? Tre?
Era sudato e tutto appiccicaticcio, mentre Potter sembrava essere uscito da un centro di bellezza. “Cosa ci fai qui?” gli aveva chiesto Potter, prendendo posto vicino a lui.
Draco gli aveva rivolto uno sguardo disgustato. “Da quando ti devo comunicare i miei spostamenti?”
“Malfoy, lo sappiamo entrambi che è strano, quindi smettila di comportarti come al tuo solito e parla.”
Non gli aveva mai parlato in quel modo, anzi a dirla tutta, loro due non avevano mai parlato veramente. Si erano sempre rivolti solo parole aspre, velenose, senza soffermarsi sul fatto che forse avrebbero potuto essere amici. Non erano più quei ragazzini che dovevano per forza essere nemici. Oppure sì?
“Mia madre non sta bene,” aveva finalmente rivelato.
“Cosa le è successo?” La voce di Harry si era fatta all’improvviso nervosa e apprensiva.
“Non mangia da parecchi giorni e vomita in continuazione. Non riesce nemmeno al alzarsi dal letto… è sempre stanca.”
“Da quanto tempo è dentro con i dottori?”
“Son qui dalle sei di stamattina” rispose con un soffio. Si sentiva sempre più debole e lui non poteva permettersi di esserlo.
“Aspettami qua, torno subito.” Harry si era alzato in fretta, lasciando la giacca sulla sedia accanto a quella di Draco. Si diresse verso il punto informazione, dove cominciò a parlare con una delle infermiere alle quali lui stesso aveva cercato di estorcere un minimo di informazioni. Si muoveva come se fosse del posto, parlando con una disinvoltura che non sfuggì all’occhio attento di Draco.
Odiava quel posto e odiava Harry Potter.
Potter tornò dopo un paio di minuti in compagnia di un uomo sulla quarantina con il camice bianco. Camminavano fianco a fianco e notò come si muovessero in sintonia, a loro agio. Vide Potter stringere il gomito dell’uomo in un segno di intesa, forse per chiedergli di essere il più gentile possibile.
“Malfoy, lui ha visitato tua madre…”
Come era possibile che Potter riuscisse a ottenere ogni cosa, solo con poche e semplici parole, mentre lui, che era il figlio, era stato ignorato e aveva avuto solo risposte fredde e brevi?
“Buonasera.”
Guardò il badge sul camice e vi lesse il nome. Jordan Brown, ovvero l’amante di San Potter. Quante cose erano cambiate dai tempi della scuola! Si era immaginato Potter in compagnia della piccola Weasley, mentre Lenticchia e la Mezzosangue si scambiavano voti di eterno amore, formando una specie di famiglia allargata. E invece aveva completamente sbagliato. Forse, dopotutto, non poteva affermare di conoscerlo così bene.
“Mi dica cos’ha mia madre!” Si era stancato di essere gentile, a cosa serviva dopotutto, se bastava che uno stupido Grifondoro sorridesse e facesse due moine alle infermiere e a un dottore?
“Abbiamo sottoposto sua madre solo a una parte di esami, purtroppo i sintomi da lei manifestati richiedono alcuni accertamenti: convulsioni, vomito, febbre e continua stanchezza sono dei segnali che possono adattarsi a molte malattie. Dobbiamo quindi indagare a fondo e continuare a sottoporre sua madre ad altri test…”
La voce del dottore era monotona, priva di spessore e Draco resistette all’impulso di sbatterlo al muro. Non stava ripetendo la lezione del giorno, ma discutendo della vita di una paziente… di sua madre!
“Possibile che non siate capaci di fare nulla?” Aveva urlato, e molte teste si erano girate verso di lui.
“Signore, deve capire che per certi controlli abbiamo bisogno di tempo…”
“Tempo! Voi non cercate nemmeno di capire cos’abbia. Non vi importa! E nel frattempo lei muore, mentre voi vi divertite a torturarla.”
“Malfoy, non passare a conclusioni sbagliate.” Le parole di Potter non lo toccarono nemmeno.
Via, voleva solo scappare da quella gabbia e andare da sua madre.
“Signore, si fidi di noi e del nostro staff. Sono sicuro che…”
“Fidarmi? Sono stato uno stupido, come ho potuto pensare che dei Babbani potessero aiutarmi...”
“Babbani?” Il medico aveva ripetuto la parola come uno stupido, anche se a esserlo era solo lui.
Non aveva fatto altro che permettere ad altre persone di far soffrire sua madre, usandola per le loro ricerche e per altre torture, sperando in un miracolo, quando sua madre le aveva chiesto solo una cosa. Un ultimo favore prima di morire. Tornare a casa.
“Posso vederla?”
Il medico annuì, prima di fare cenno a Potter di rimanere lì dove si trovava.
Lo vide aprire la porta che portava al Pronto Soccorso, superare parecchie corsie e arrivare in fondo al corridoio. Sua madre era lì, in una lettiga in mezzo a tante altre. Una morente in mezzo a tanti altri. Non era in una delle stanze che il San Mungo le aveva riservato: belle, eleganti e private, ma vicino a un ubriacone che non faceva altro che vomitare in una bacinella, e a una donna anziana che blaterava sul ritorno di un certo Messia.
Quando lo vide cominciò a piangere e Draco non l’aveva mai vista così piccola e indifesa. Sentì il respiro mancargli e la nausea salirgli fino alla gola, e non era a causa del vomito che aveva sporcato le lenzuola bianche dell’ubriacone.
Sentì nausea verso se stesso, perché era un figlio indegno. Perché era egoista e non poteva legarla a un letto. Doveva portarla a casa.
Le sua braccia, già cosi sottili, erano diventate ormai di un colore violaceo. Strinse le sue dita e si costrinse a sorridere, per non mostrarsi debole.
“Andiamo a casa?”
“Signore, non credo sia la scelta più saggia…” Riecco quella voce monotona e fastidiosa.
“Forse è la prima che faccio in trent’anni.”


*

Le aveva stretto la mano per le quattro notti consecutive, cercando di infonderle un po’ di conforto, anche se sembrava più che fosse sua madre a farlo. Gli parlava, e con un sorriso gli raccontava episodi della sua infanzia. Vide attraverso le sue parole Andromeda e Bellatrix, due ragazzine energiche e brillanti, prima che le loro scelte le portassero su due fronti opposti. Rise quando lei gli narrò dei suoi primi esperimenti di magia e di come avesse fatto saltare in aria alcuni bicchieri, perché gli aveva regalato una scopa di Quidditch piuttosto che un’altra. Cercava di essere forte, o forse fingeva di esserlo perché non voleva che lui la ricordasse in quel modo.
La quinta notte si era svegliato all’improvviso. Aveva sentito improvvisamente freddo, stava tremando, e per un attimo pensò di andare a controllare le finestre. Finché capì, non c’era nessuna corrente o spiffero a disturbare la sua quiete, a essere fredda era la mano di sua madre. Immobile, inerte e così bianca.


*

Dopo il funerale, Draco aveva deciso di passare la serata lontano da tutti e dallo schifo che lo circondava. Anche se si trovava in un pub affollato di persone si sentiva solo, evitava che gli altri lo cercassero o gli rivolgessero la parola. Si era seduto sullo sgabello perché desiderava pensare a lei, a sua madre, per togliersi dalla testa l’immagine di una Narcissa morente e scheletrica. Non voleva ricordare sua madre in quel modo, eppure quando chiudeva gli occhi e cercava un ricordo, ecco che la rivedeva fra le lenzuola, con il volto contratto dalle continue fitte.
Avrebbe voluto fracassarsi quella maledetta birra in testa, per far sì che la tortura finisse.
Strinse forte la bottiglia, desiderando veramente che qualcuno lo picchiasse.
Perdere i sensi, smettere di agire… smettere di pensare. Non fare più niente, perché non c'era niente che valeva la pena di essere fatto senza di lei.
“Guarda che se continui a fissarla, non diventa più buona.”
Eccolo, di nuovo lui. Momento sbagliato, persona sbagliata. Non lui, non Potter.
“È arrivato l’esperto…”
“Ti assicuro che quando una birra costa così poco, è per la sua pessima qualità.”
“Voglio solo bere.” Perché si prendeva la briga di rispondergli?
“Ubriacandoti non la riporterai in vita…” Lo vide far cenno con una mano al barista, chiedendogli di portare la sua stessa ordinazione.
“Rimarrai tutta la serata qui a blaterare, vero?” Sul viso di Draco si aprì un sorriso sghembo, amaro, come il sapore che aveva in bocca.
“Vedo che ti ricordi i miei difetti. Cerco sempre di aiutare i miei amici.”
Amici, lo erano davvero? Non lo erano mai stati, perché avrebbe dovuto essere diverso ora?
“Cerchi sempre di essere fastidioso, direi.”
“Anche.”
“Puoi stare tranquillo, berrò qualche pinta, mi alzerò da questo scomodissimo sgabello e me ne tornerò a casa solo soletto. Non voglio che mia madre mi sgridi dall’alto.”
No, non avrebbe mai soffocato il suo dolore nell’alcol, perché non voleva farlo. Temeva che, una volta scomparso il dolore, avrebbe dimenticato ogni cosa di lei.
Un giorno si sarebbe svegliato e non avrebbe più saputo descrivere la risata di sua madre.
Un giorno avrebbe spalancato gli occhi di fronte a una leggera somiglianza di sua madre con un’estranea e avrebbe sentito il dolore farsi sempre più forte.
Un giorno avrebbe ricordato sua madre senza piangere, senza sentire una fitta al cuore.
“Posso fare qualcosa per te, Draco?”
Draco, Draco, Draco. Le labbra di sua madre che si aprivano per pronunciare il suo nome, per chiamarlo, per parlargli, per sgridarlo.
Draco, Draco, Draco. Guardò le labbra sottili di Harry e, per la prima volta dopo tanto tempo, sorrise veramente.
“Resta con me, Harry.”



Questa storia ha partecipato al contest Eschilo, Sofocle, Euripide (e Shakespeare) – Contest indetto da Daphne Kerouac e si è classificata prima. Qui potete leggere il meraviglioso giudizio che mi ha convinto a pubblicare. Un ringraziamento d’obbligo va però a Kukiness che mi ha sgridato a dovere in modo da perfezionare questa storia. So che non è come l’avresti scritta tu e che ho messo in pratica solo 1/10 dei tuoi consigli (c’era troppo poco tempo e io volevo liberarmi di questa storia, la odiavo) e invece tu sei sempre stata gentile, disponibile. Sei stata unica e questa vittoria è solo merito delle tue sgridate davvero efficaci. Grazie.
   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: roxy_xyz