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Autore: darkronin    23/06/2012    5 recensioni
Sequel di "Il labirinto visto dal castello". Quindi è la mia prima -vera- fic su Labyrinth.
Sono passati esattamente dieci anni dall'avventura nell'Underground.
La vita di Sarah ha subito particolari cambiamenti ma ancora non le sono chiare molte delle cose occorse in passato, specialmente l'atteggiamento di Jareth.
Il decimo anniversario scivolerà via come una giornata tra tante o dobbiamo prepararci a una nuova avventura? Verranno chiariti i punti controversi e le incomprensioni?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tela di diamante'
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Premessa dell'autrice.
Da questo capitolo le note non saranno più sensibili (che se ci cliccate sopra, insomma, non andrete più direttamente a destinazione) perhcè con NVU non ho ancora capito come funziona la cosa. Come facevo prima? scrivevo con Open Office (nel regolamento è sconsigliato usare Word...e scrivendo con OO mi sembra che i codici sorgente non siano affatto superiori di quando riformatto tutto con NVU) ma in un eccesso di zelo, ho deciso di copiare e incollare tutto sul blocco notes (come suggerito dal regolamento) e correggere solo successivamente la formattazione con NVU (lo sto facendo anche coi capitoli già postati)...però così perdo i collegamenti...
Spero capirete. (e spero anche di essere sufficientemente brava nelle descrizioni da essere autonoma dalle note, che metto per puro scrupolo e dovere di completezza).
Buona lettura


23.     Paradossi





Uno schiocco assordante, quanto improvviso, sferzò l'aria immobile del mare latteo in cui erano immersi. Subito, un rombo basso e cupo aveva riempito l'aria con le sue poderose vibrazioni, nemmeno fosse stato uno scatolone, pieno di chincaglierie, che venisse sballottato dalle montagne russe: sembrava l'effetto di quegli aerei che rompono il muro del suono in sorvolo troppo ravvicinato.
“Direi che ci sei riuscita...” commentò Jareth direttamente nel suo orecchio, comparendole alle spalle. Come dieci anni prima, lei sobbalzò e arrossì per quell'inaspettata vicinanza.
“A parte questo rombo assordante, a me non sembra sia cambiato nulla...” replicò lei spostandosi lateralmente di un passo, tanto per non avercelo appollaiato sulla spalla come un avvoltoio.
Jareth non sembrò infastidito da quel comportamento e, quando parlò, non si rivolse a lei “Schrodinger, amico mio...grazie di aver risposto all'appello della signorina...” Disse posando una mano nel vuoto davanti a sé. Sarah si accorse solo allora che il rombare era cessato di colpo. Sembrava esserci qualcosa di compatto che frenava realmente l'avanzata della mano del suo accompagnatore ma, agli occhi di Sarah, sembrava solo l'ennesimo, splendido, trucco da prestigiatore. Anzi, più precisamente, da mimo. “Sì è lei, la campionessa” continuò lui poggiandosi di schiena a quel nulla trasparente. Quando alzò lo sguardo su di lei, notò il suo sconcerto, che subito dopo vide mutare in disgusto, allarme, paura e terrore. Quindi la vide rilassarsi. “Ben fatto...” disse con tono di rimprovero e dando un paio di poderose pacche a quel qualcosa che sembrava non esistere. “Ti chiedo scusa a nome suo, Sarah...non aveva cattive intenzioni...”
“Di cosa. Stai. Parlando?” domandò lei, ancora agitata
“Ma del tentacolo di Schrodinger...” rispose serafico lui “Non voleva molestarti...” disse sorridendo.
“Quale tentacolo?” la domanda suonò ancora più allarmata di prima
“Non lo vedi?” domandò lui perplesso
“Cosa dovrei vedere?” replicò stizzita Sarah, passandosi le mani dove qualcosa di viscido le era strisciato addosso. Un tentacolo gigante avrebbe giustificato la sua sensazione di venire avvolta dalle spire di un serpente.
“Puoi allontanarti e riavvicinarti piano, in modo che riesca a capire i tuoi confini?” chiese Jareth al fantomatico Schrodinger. Affiancò Sarah mentre un vento improvviso sferzava loro i capelli in faccia. “Là...” disse puntando il dito direttamente davanti a sé. Lentamente, un puntino bianco sullo sfondo bianco si allargò fino ad acquisire le dimensioni di un'auto a un paio di metri dall'osservatore. “Ora dista un centinaio di metri...” specificò il biondo con un cenno d'assenso verso quel nulla. Il punto si avvicinò ancora, lentamente fino ad arrivare a pochi metri da loro. Era gigantesco. Aveva le dimensioni di una nave da crociera. Gli occhi, posti ai lati erano due oblò neri simili alle cabine di una ruota panoramica.
Schrodinger non era altro che una strana balena troppo cresciuta, bianca come lo spazio infinito in cui nuotava, con una leggera criniera che incorniciava il muso all'altezza delle branchie e da cui si diramavano due antennine mentre due lunghi tentacoli si dipanavano da sotto la mandibola. Inoltre, le pinne anali erano così corte da risultare quasi un doppione di quelle pettorali, a cui erano subito attaccate le lunghissime pinne ventrali1. Il cetaceo sembrava sorriderle nonostante la sua probabile aria spaventata e perplessa.
Schrodinger avvicinò cauto un tentacolo in modo che fluttuasse all'altezza del petto della ragazza. Lei lo guardò confusa, quindi spostò lo sguardo sul suo accompagnatore e sull'enorme bestione bianco davanti a sé, che non la oscurava con la sua ombra per il semplice motivo che non c'era alcuna luce direzionata.
“Sospetto che tu stia cercando di fare amicizia, giusto?” domandò poggiando la propria mano sull'appendice compatta. Non fece in tempo a sfiorarlo che si ritrovò il tentacolo avvinghiato al polso e, quasi immediatamente, stretta nuovamente nelle sue spire e spalmata contro la sua guancia.
“Va bene, Schrody...l'hai salutata...” borbottò Jareth issandosi alla loro altezza senza il minimo sforzo: sembrava volare “Ora lasciala!” ordinò con tono perentorio “No, non sono geloso ma mollala! Potresti farle male, razza di idiota! Neanche ti rendi conto della differenza che corre tra voi e noi...” disse prendendo, delicatamente ma con fermezza, la mano di Sarah nella sua e guidandola lontano dal bestione.
“Non mi ha fatto male!” protestò Sarah riappropriandosi della mano che continuava a essere oggetto di contesa tra loro. “E' stato come...affondare in un marshmallow...un dolcetto soffice e gommoso del mio mondo...” precisò cercando i grandi occhi neri della balena.
Schrody gracchiò qualcosa di inarticolato, dimenando la coda e la testa in modo tale che sembrava far perno, felice, sul ventre.
Jareth arricciò le labbra, offeso “No, tranquillo... non me la prendo mica...ha detto solo che sei cibo! Sai...nel suo mondo le balene si mangiano!” sibilò astioso “Almeno io non corro quel rischio...”
Le pinne della balena sembrarono precipitare al suolo, ammesso di poterlo chiamare in tal modo, quasi a esprimere tutta la sua tristezza e la sua afflizione.
Jareth non diede il tempo a Sarah di replicare a quell'incomprensione e calamitò prepotentemente su di sé l'attenzione “Devi aiutarci...sì: io sono senza poteri, dovresti saperlo...” La balena gracchiò ancora una volta, seria e ubbidiente “Non ti sto chiedendo di ribellarti al tuo re! Solo... è così impossibile che tu non ti accorga di... tre clandestini? Siamo insignificanti e nascosti bene...non hai mai le pulci?” Schrodinger gracchiò a lungo con veemenza in risposta “Ah, come vuoi, allora...”
“Che dice?” domandò Sarah, che per tutto il tempo era rimasta docilmente estranea alla conversazione, il viso sprofondato, volontariamente, nel corpo bianco e spugnoso dell'essere
“Non lo senti?” domandò perplesso il mago alzando un sopracciglio. Alla risposta negativa della ragazza, accennata solo la testa, il biondo sbuffò, chiudendo gli occhi e coprendoseli con la mano guantata. “E ora cosa c'è che non va?” domandò quasi rivolto a sé stesso. Schrodinger gracchiò un'altra volta, quasi gli stesse esponendo una sua teoria. “Non posso correre il rischio...se si togliesse l'anello...” disse guardando la ragazza: quella spiegazione era esplicitata più per lei che per loro due “... anche tu potresti diventare aggressivo. Ti ricordo che ha il potere di entrambi concentrato in sé. Non sa gestire il suo, figurati il nostro...” a quelle parole Sarah abbassò lo sguardo, imbarazzata. Stavano parlando solo di poteri magici: perché era a disagio come se avesse parlato di...loro figlio? Il pensiero di portare in sé qualcosa di lui, una parte di lui, anche se non fisicamente come poteva esserlo una cellula che si moltiplicava, espandendosi nel suo corpo, le annebbiò la vista.... Ma qual era la differenza tra una cellula e la magia? Solo perché era impalpabile non voleva dire che non esistesse. E, d'altronde, anche quella minima parte di lui sarebbe sembrata inesistente, se vista ad occhio nudo... “Probabilmente, se lasciasse nuovamente libero il suo potere potrebbe fare quello che più le comoda, ma attirerebbe anche una valanga di sciagure. L'altra volta...” disse, calcando la voce in modo da farla sentire colpevole. Per qualcosa che lei non sapeva di aver fatto “... perché la signorina doveva uscire dal tracciato sicuro del labirinto per finire nelle zone selvagge...” puntualizzò rancoroso “...è stata aggredita prima dai Firey e poi dai relitti dell'Isola dei Sogni2: tutti che volevano appropriarsi del suo potere...” Jareth incrociò le braccia al petto, sbuffando, lieto di essere, finalmente, riuscito a chiarire l'importanza di quel dannato anello. Com'era prevedibile, la vide accendersi d'irritazione. Finalmente avrebbe potuto dirle in faccia quanto fosse stupida.
“La discarica?” domandò lei “In quel postaccio ci sono finita per colpa tua!” replicò fredda ricordando cosa le avesse rivelato prima di inoltrarsi nel labirinto, solo poche ore prima.
“No, mia cara...” ribatté lui, pronto allo scontro, apparentemente tranquillo con la solita aria menefreghista. “Tu sei scappata dal ballo...Io stavo portando te al sicuro entro le mura del castello...” prima che potesse elaborare una qualche risposta, lui continuò “...Quando sei finita nella Palude, speravo ci rimanessi per il tempo necessario a far scadere il tempo a tua disposizione. Come davanti ai paradossi irrisolvibili. Invece, no! Hai imparato a usare quel poco di cervello che ti ritrovi, e hai fregato Didymus. Errore mio, lo concedo, non avevo previsto potessi aggirare il vincolo in quel modo. Ma il piccolo scoiattolo non ti sarebbe stato di nessun aiuto, nell'Isola dei Sogni, e nemmeno lo yeti peloso: chiunque sarebbe finito loro prigioniero. Ho costretto Hoggle a darti quella dannatissima pesca perché sapevo che da me non avresti mai accettato nulla...” nemmeno protezione “Quindi ho cercato di trasportarti in tutta sicurezza al castello: le mie sfere sono infrangibili dall'esterno...” Vide Sarah boccheggiare per la sorpresa, per la rabbia...chissà cosa stava pensando in quel momento. Non gli interessava, quindi proseguì imperterrito “Ho spedito Hoggle a recuperarti prima che i Firey ti staccassero la testa, smaniosi del tuo potere e incapaci di controllarsi, a differenza dei Goblin.” sputò con livore, i bei lineamenti tirati ma la posa del corpo sempre flemmatica. Si raddrizzò, quasi a sfidarla ancora una volta “...Dimmi Sarah...non ero stato generoso? Tu, la mia avversaria...cercavo di metterti in salvo quando sarebbe stato tutto a mio vantaggio che tu ti perdessi...paradossale, non trovi?” Si sentiva forse umiliata? Imbarazzata? Semplicemente stupida?
“Io. Non. Ho. Poteri!” fu l'unica cosa che replicò sibilando: avrebbe voluto dirgli, con strafottenza, che lei, Hoggle, l'aveva perdonato perché era stato sincero. Avrebbe anche voluto chiedergli spiegazioni della pesca, del ballo che, quindi, non era stato un sogno...tante domande le affollavano la mente mentre i tasselli del suo puzzle assumevano forme nuove e andavano a incastrarsi in modi e in posti inaspettati.
“Oh, sì, mia cara...tu ne hai, ne hai sempre avuti...Te l'ho già detto...Il re dei Goblin si era innamorato della ragazza...” le ricordò fissandola serio “...e le aveva dato certi poteri...Inoltre...non avrai dimenticato cosa dicesti, quel pomeriggio, al parco...? Fu l'unica volta che lo dicesti in mia presenza....” suggerì freddo. Rabbia, frustrazione, speranza, desiderio gli ballarono negli occhi
“Tu non ci sei mai stato al par... il barbagianni! Tu eri quel barbagianni? Mi seguivi ovunque?” domandò confusa. L'unica volta che aveva intuito la possibilità di un collegamento tra loro era stato al termine della loro sfida, quando l'uccello era volato fuori dalla finestra del pianterreno della sua vecchia casa, ma era stata troppo presa dall'ansia per suo fratello. Da allora il suo fastidio nei confronti di quell'animale era andata crescendo e la sua testa aveva solo ipotizzato un legame col mago, facendo leva sul fatto che il rapace avesse picchiettato alla finestra della camera dei suoi genitori, prima che lui vi facesse irruzione, sotto la pioggia torrenziale, la sera del rapimento del fratello. Jareth taceva, in attesa, e lei abbassò lo sguardo, cercando dentro di sé la risposta che lui le stava chiedendo in quel momento. Era la frase che le sfuggiva sempre! “Non hai alcun....” ma lui alzò la mano per farla tacere e lei tacque, ubbidiente.
“Proprio così...dopo che me l'hai detto in quell'occasione, io non ho potuto più farti nulla. Non direttamente. Potevo solo tentarti. O convincerti con la forza...ricordi il serpente? Gli spazzini? Ho presto capito che la forza non faceva che aumentare la tua determinazione mentre io volevo solo che tu ti arrendessi per rimanere, con Toby, nell'Underground... Cercare di sedurti è stato del tutto inutile...non ricordo nemmeno quanti tentativi...”
“Avevo quindici o sedici anni!” protestò lei, quasi a giustificarsi, intervenendo nel suo monologo
Lui fece un gesto stizzito con la mano e cominciò a camminarle intorno come un avvoltoio, come faceva sempre quando era nervoso, le mani incrociate dietro la schiena “L'unica cosa che potevo fare era cercare di confonderti con le parole e sperare che tu sbagliassi da sola. E poi...non contenta di aver vinto, hai dovuto distruggere tutto, tutto...” disse scuotendo la chioma dorata “...replicando quanto io ti fossi indifferente...” a quelle parole Schroedinger gracchiò, triste e offeso e lui si fermò, guardandola con amarezza “Sì, fu senza cuore...”
“Menti!” sibilò lei
“Te lo ripeto, perché sei dura di comprendonio...Posso averti detto mezze verità. Non ho mai mentito...” Il tono era perentorio e calmo, quasi esausto: l'ultima disperata offerta di chi non viene creduto, ormai rassegnato all'inutile tentativo estremo. “Ma per tornare a noi...ti informo che hai cominciato a essere in pericolo da quando hai dato il tuo braccialetto di insulsa plastica al nano...Inutile ma sempre di amuleto si trattava...Per questo ero così alterato, nei corridoi sotterranei...per non parlare di quando hai gettato il tuo anello al vecchio...ero furibondo: chiunque, da quel momento, sarebbe stato tentato di farti del male... e se tu ora ti spogliassi di quell'anello saresti in grave pericolo perché hai nelle tue mani il potere di entrambi e non sai cosa fartene... per fare un esempio che tu possa comprendere, sarebbe come dare a un bambino, che a stento sa andare sul triciclo, una Ferrari...Quindi...” disse tagliando di netto la loro discussione “Schroedinger ci offre un passaggio. Il presuntuoso dice che Rajeth non potrà dirgli assolutamente nulla, vista la disparità di dimensioni tra noi e lui, né fargli alcunché, vista la sua natura di saltatore...”
Sarah ingoiò la rabbia e la frustrazione ancora una volta: voleva solo tornare in un luogo che fosse riconoscibile. Per litigare avevano tempo “Saltatore?” domandò, vinta dalla curiosità
“Le balene come lui, viaggiano nello spazio e attraverso le dimensioni, rendendo indeterminata la probabilità della loro esistenza”3 spiegò il biondo “Rajeth non ha i mezzi per trovarlo, visto che, loro stessi, hanno problemi a rintracciarsi. Al punto da rischiare l'estinzione...” Vedendo che lei non capiva, precisò “Quelli della sua razza possono rimanere al massimo due giorni nello stesso spazio, altrimenti la probabilità della propria esistenza diventerebbe fissa... Fu proprio questa la causa della loro estinzione: hanno ottenuto il potere di viaggiare ma la probabilità di incontrare i propri simili si è abbassata infinitamente”4
Sarah spostò lo sguardo sul cetaceo. Vi leggeva, ora, una profonda rassegnazione. E riusciva a capire il sibilo accusatorio che aveva emesso durante il resoconto di Jareth: lei (cioè, lui, come l'aveva definita il mago) era praticamente sola al mondo e l'accusava di insensibilità nei loro confronti. Esattamente, pensò mentre una morsa le attanagliava la bocca dello stomaco, come lei aveva fatto in passato nei confronti degli adulti. Ricordò il fervore e la rabbia con cui accusava il mondo di non capire il disagio che le provocavano certi atteggiamenti. Ora, la stessa accusa era rivolta a lei e ancora una volta si sentì colpevole per esser stata tanto cieca quella volta, dieci anni prima.
“Ma...” balbettò nel tentativo di cacciare il disagio che provava difronte ai suoi due taciti accusatori “Come abbiamo fatto, allora, a rintracciarlo noi?”
“Che domanda sciocca...” sbuffò Jareth esasperato “Noi non siamo della sua specie...se lo chiamiamo ci sente...e può decidere se risponderci o meno...”
“Ma io non sapevo chi stessi chiamando...” protestò la mora lasciando che il tentacolo bianco le scivolasse sulle spalle, amorevole.
“Ma Shrody è un esemplare particolarmente curioso...molto sensibile al fascino che l'essere umano rappresenta. Avvertirne la presenza in una dimensione normalmente inusuale costituisce una potente attrattiva. Ora, mia preziosa...vogliamo andare o hai bisogno di altre spiegazioni?” chiese Jareth con un ghigno canzonatorio.



Go down go down
to the Queen of Chinatown
she'll pick you up when you're feeling down
Go down go down
to the Queen of Chinatown
and she'll soon blow your blues away5

[Va giù, va giù/ dalla regina di Chinatown/ lei ti rimetterà in sesto quando sarai giù/ Va giù, va giù/ dalla regina di Chinatown/ e subito lei soffierà via ogni tua tristezza]


Cuffie nelle orecchie, Toby scendeva veloce la stretta scalinata tortuosa, scavata nella pietra scura, che si era srotolata sotto i suoi piedi, al di là della botola. Sembrava una discesa infinita dato che, ormai, Iutrepi gli aveva proposto già tre canzoni diverse. E cominciava anche a fare freschino. Saltellando sui gradini a ritmo di musica, si slacciò la giacca, se la infilò nuovamente e cacciò le mani in tasca. Trovò il suo portafortuna e cominciò a giochicchiarci in un tic nervoso che aveva da...non ricordava nemmeno quando aveva cominciato a manipolare a quel modo l'oggetto per calmarsi. Non aveva null'altro con sé e cominciava a sentire un po' di fame. Forse era quasi ora dello spuntino. Per una volta avrebbe saltato: mica sarebbe morto. Inoltre, prima si sarebbe allontanato dalla sua prigione, prima avrebbe potuto pensare lucidamente al cibo. Volse lo sguardo dietro di sé, per fare un calcolo approssimativo di quanto fosse sceso in profondità e notò che, alle sue spalle non c'era alcun gradino. Sembravano essersi dissolti nel nulla. Anzi, sembrava che una parete divisoria fosse calata a tagliargli la via d'andata. Tornò a guardare il muro della scala a chiocciola davanti a sé e notò che era sparito. Era sicuro di essere entro cinte murarie eppure... ora vedeva solo una strana distesa boscosa sfiorargli la punta delle scarpe da ginnastica. Le sagome leggere si stagliavano nere contro il cielo purpureo.
Mentre raggiungeva il suolo, si accorse della presenza, tra le fronde, di tante piccole lanterne rosse, simili a tanti ciclamini carminio, che prima sicuramente non c'erano. Si avvicinò a una di esse e la guardò dal basso all'alto con curiosità: quelle luci gli ricordavano le insegne dei ristoranti etnici dove, qualche volta, era andato con sua sorella. “Ma d'altronde, la canzone me l'aveva detto...” pensò, dandosi dello stupido. Spense il lettore e se lo infilò nella tasca interna della giacca, per evitare che il freddo gli consumasse inutilmente la batteria. Quando alzò nuovamente lo sguardo, pensò di essere soggetto ad allucinazioni acustiche, dato che continuava a sentire musica. Anche se di tipo diverso. Tese l'orecchio e si accorse che il tintinnio ritmico a cinque tempi che sentiva non era altro che la corsa leggera, sincronica, di un piccolo drappello di strane creature: sembravano grovigli di altre già esistenti riassemblate assieme secondo un gusto raffinato e delicato che dava continuità e unità all'insieme. Il dottor Frankenstein, al confronto era un dilettante. La memoria gli suggerì un nome, visto tra i testi scolastici: Chimera. Ma non era proprio come le aveva sempre immaginate. I graziosi musini da serpentello6 erano coronati da una peluria lanuginosa, appuntita e spettinata come tante antenne, che digradava sui corpi bianchi come il latte fino alle lunghe code da lucertola che frustavano l'aria. Le zampe, lunghe ed esili terminavano con zoccoli dorati, avvolti da morbide fiammelle rossicce7.
Dietro di loro, una piccola portantina, un piccolo scrigno impreziosito da fitti decori fitomorfi, avanzava fluttuando nell'aria, priva di conducente o di sostegno.
Toby osservò incantato il piccolo drappello sfilargli sotto il naso e quasi non si accorse che la cabina si era fermata, senza produrre alcun rumore, davanti a lui.


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Eccoci arrivati in fondo.
Chiedo ancora scusa per la questione delle note...
E chiedo scusa anche per il ritardo con cui aggiorno...sono presa dai progetti finali e ho perso la concezione del tempo, non avendo più lezioni che mi scandiscano la settimana... pietà!
Che dire? spero si sia capito il discorso dei poteri magici di Sarah e anche del barbagianni...sì, ok, noi lo sappiamo che barbagianni=Jareth. Però per la piccola adolescente (anche un pò di coccio) che lo vede na volta sola in vita sua, ci sta che non abbia veramente colto il collegamento. Anche perché, ripeto, il pennuto compare solo in 3 occasioni: al parco, alla finestra, a labirinto risolto e, lei non lo vede,  a fine film. Ora...dubito seriamente che chicchessia tenga conto di tutti i dettagli che possono essersi ripetuti prima dopo o durante un dato evento e li colleghi per forza... figuriamoci in un evento come quello che fu l'avventura nell'Undergroung che di carne al fuoco ne mise molta...per il tempo che le era concesso...Voglio dire...interroghiamoci pure sul perchè gli orologi cambiassero ogni volta che comparissero in scena...lì per lì io non ci avevo fatto caso...).
Vabbè...forse sono l'unica... ma non credo sia così strano...
Per ora non ho altro da aggiungere.
Spero vi sia piaciuto anche questo
e a presto!







1     Schrody front Schrody back
2    Riprendo, pari pari la nota del cap. 5 di Il labirinto visto dal castello “E' chiamata Isola dei sogni la discarica pubblica di Tokyo, costituita solo di rifiuti.”
3    Quest'ultimo dialogo, come l'immagine della precedente nota, è presa pari pari dal 18° volume di Oh, mia Dea! di Hosuke Fujishima (pag.93). Volevo avvalermi di uno dei paradossi logici che non fosse, ancora, quello del mentitore (usato per le due porte del film). Stavo ragionando su come cercare di manipolare alcuni di essi per inserirli in una fic, quando mi sono ricordata che già in questo manga (a sfondo scientifico, in cui si fa largo uso di mitologia norrena) si parlava proprio del Paradosso del gatto di Schrödinger. Il concetto, ostico (almeno per me che non vado oltre alle equazioni matematiche di X che può essere sia un numero che un altro) era già stato elaborato e reso più accessibile. Ho deciso, quindi, di usare il loro gatto, rivisitato in balena, come personaggio e anche la situazione: lo spazio infinito in cui si muove questa balena e la natura dei suoi spostamenti. Inoltre, l'idea di usare un cetaceo era un vecchio pallino che mi è sempre rimasto da quando vidi Il mistero della pietra azzurra (Fushigi no Umi no Nadia) dove una balena bianca Ilion, che comunica in modo telepatico con la protagonista, è l’ultimo esemplare (di ventimila anni di età) rimasto in vita delle balene che gli antichi Atlantidi sfruttarono in numerosi esperimenti, atti a creare la razza perfetta da schiavizzare
4    Stesso volume, pag. 137-138
5    Amanda Lear, I'm a Photograph, 6. Queen of China-Town
6    Dato che non tutti i serpenti sono brutti e dall'aspetto aggressivo, il tipo che intendo io è questo
7    In realtà ho fatto un po' un miscuglio di speci: la chimera classica, uccisa da Bellerofonte, aveva corpo di capra, testa di leone e coda di serpente/drago. In Cina c'è la variante Long Ma (il leone drago) spesso accomunato al Bixie o al Qilin (il nipponico Kirin, il drago cavallo): sono tutte creature ibride e spesso si confondono tra loro. Quest'ultimo, cmq, tornerà più avanti (piccolo spoiler) quando si parlerà di unicorni, dato che il Kirin è considerato tale.

   
 
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