Ultimo Atto
I
giardini del San Mungo sono deserti. La
pioggia cade scrosciante tra le fronde degli alberi, creando una
cantilena
lugubre che perfettamente si sposa con il colore del cielo.
Draco
Malfoy è solo e silenzioso, il cielo
gli vomita addosso tutta l’acqua che esiste.
La
sigaretta che ha tra le labbra si spegne
improvvisamente quando un gocciolone cade sulla sua punta.
L’uomo la getta tra
le aiuole tremanti con un gesto scocciato e si decide a entrare nella
struttura.
Draco
ha sempre detestato gli ospedali,
sanno di morte, di disperazione e di angoscia. C’è
già stato troppe volte: il
giorno della morte di sua madre, quello della morte di suo padre e
quello della
morte di Ginny Weasley.
Darebbe
qualsiasi cosa per non doverci
rimettere più piede.
Invece
è inevitabile e, senza passare
dall’accettazione, si dirige al reparto “Malattie
terminali”, cercando di
ignorare il dolore martellante al petto.
Il
suo cuore è una voragine, in fondo. Come
ci si potrebbe aspettare che non faccia male?
Un
uomo anziano gli passa accanto
zoppicando e un bambino piange terrorizzato mentre due infermieri
cercano di
strappargli dal braccio la Mandragola che lo ha avvolto.
Draco
non sente niente, non vede niente, sa
solo che deve arrivare alla stanza numero 317, e che poi
potrà smettere di
sentirsi in colpa.
C’è
un’altra rampa di scale da affrontare.
Non ce la può fare. Ha bisogno di una pausa.
L’uomo
si lascia scivolare lungo il muro
alla sua sinistra e si accovaccia seduto sui gradini. Le lacrime
scendono
veloci sul suo volto, mescolandosi alle stille di pioggia che gli
grondano dai
capelli nivei.
Draco
sente di non avere mai avuto così
tanta paura in vita sua.
Non
sa come comportarsi, ma sa che
qualunque decisione prenderà ci saranno persone che
soffriranno. Sorride mestamente
quando si rende conto che lui soffrirà comunque.
Ma
ha paura, tanta. Ha paura di vedersi
portare via di nuovo la persona che ama, l’unica che gli
è rimasta, e sceglie
la strada più facile. Quella dei codardi.
Si
rialza in piedi a fatica, tremante, e
riprende la sua scalata al terzo piano.
I
corridoi del reparto sette sembrano
abbaglianti e infiniti, quei muri bianchi fanno impressione e le voci
dei
medimaghi e dei pazienti si fondono fino a formare un’unica
canzone lugubre che
si leva fino al soffitto.
Il
rumore della pioggia che sbatte contro i
vetri rende tutto così confuso.
Draco
è davanti alla porta della camera 317
e sente dei sussurri lievi raggiungerlo.
Non
ce la fa. Non subito. Si piega da una
parte e vomita quel poco che il suo stomaco contiene.
Sente
l’ansia roderlo come un acido e
consumarlo fino all’anima.
Un
medimago gli è accanto all’istante e gli
prende la fronte con le dita fredde, raccogliendo i ciuffi biondi della
frangetta con l’altra mano.
La
crisi passa improvvisa come era iniziata.
Il medimago fa evanescere il tutto con un pigro colpo di bacchetta e si
allontana con aria annoiata.
Anche
Draco vorrebbe andare via, ma sa che
se lo farà sarà costretto a tornare quindi
preferisce levarsi subito quel peso.
Come
se la sua anima sarebbe stata più
leggera, poi.
Si
fa coraggio e bussa alla porta. Una voce
femminile e rauca gli risponde immediatamente di entrare.
Sospira.
Fa
scorrere le dita sulla maniglia e spinge
forte.
La
stanza è immersa nella penombra, è calda
e soffocante. Draco quasi si sente mancare e le sue gambe tremano, ma
deve
resistere solo ancora un po’.
Hermione
e Ron sono seduti sul divano in
fondo alla stanza. Si tengono per mano, spaventati e sconvolti, come
sempre da
un mese a questa parte.
Draco
si fissa sul particolare di quelle
mani intrecciate, perché sa quanta sicurezza trasmette una
mano che tiene la
tua in una presa salda e forte, e lui non sperimenta quella sensazione
da un
mucchio di tempo.
Hermione
alza gli occhi su di lui e gli
sorride stancamente. Ron non fa nemmeno quello, si limita a lasciar
ciondolare
la testa sul petto, apparentemente senza niente da dire o da fare.
Entra
silenziosamente e si avvicina alla
figura distesa tra le lenzuola, così piccola da scomparire.
Si
ricorda ancora di quando Harry era più
grosso di lui, di come lo sollevava senza fatica e lo portava in giro
tra le
sue braccia come un bambino.
Ora
riesce a malapena a sollevare la
bacchetta magica.
Harry
si gira verso di lui, e gli sorride
abbagliante, nonostante la stanchezza, nonostante il pallore.
Oh,
Harry. Renderai
tutto solo più doloroso.
-Come
stai?- chiede, girandosi su un fianco
con una smorfia per guardare meglio Draco.
Il
biondo non può fare a meno di sorridere.
È
lui quello con una flebo nel braccio, è
lui quello a nascondere i pochi capelli sotto un berretto di lana, lui
quello
che ha appena subito un’operazione magica di sette ore.
Eppure
chiede a Draco come sta. Così
maledettamente Grifondoro.
E
Draco, che lo conosce meglio di chiunque
altro, sa che deve semplicemente rispondere, perché Harry
detesta avere addosso
tutta l’attenzione.
-Così...
mi sento un po’ triste- dice
infatti con voce piatta, sforzandosi di non lasciar trapelare alcuna
emozione.
Harry
spalanca gli occhi dolcemente, le
labbra secche dischiuse.
-Perché,
piccolo?
Il
cuore di Draco ha
un breve sussulto. Sentirsi dare dei
nomignoli da Harry gli fa sempre quell’effetto.
-Io...io...
-Sshh,
non piangere Draco- mormora Harry.
Draco
non si era nemmeno reso conto di aver
iniziato a piangere. Si porta le mani al volto con sorpresa e le ritrae
bagnate.
Un
singhiozzo gli sfugge dalle labbra, e
ancora le sue mani si muovono a sigillare la bocca, tremanti.
-Ehi,
ehi, ehi- dice Harry, allungando le
dita in direzione del biondo -Draco. Guardami.
-Mi
dispiace, io... non so davvero cosa mi
è preso...
-Non
ti devi scusare. Semmai sono io a
doverti delle scuse... se sei un questo stato è solo per
colpa mia...
-Oh,
Harry, non provare a fare il
Grifondoro con me che tanto non funziona!- sbotta Draco, asciugandosi
le
lacrime.
Lui
sta per fare una
cosa per la quale si sentirà in colpa per la vita. Harry no.
Harry è qualcosa
di sacro e puro.
-Allora
dimmi. Che cos’hai?
Tira
su col naso. Sospira.
-Non
ce la faccio più, Harry.
Harry
abbassa lo sguardo, nascondendo il
verde smeraldo agli occhi di Draco.
-Io...
io mi sveglio tutte le mattine e il
mio primo pensiero è chiamare l’ospedale per
sapere se sei morto durante la
notte e non me lo hanno detto. Non riesco più a mettere
piede in farmacia
perché non sopporto la vista di farmaci, aghi e
antidepressivi da quanti ne ho
visti di recente.
Draco
sente a malapena dei passi leggeri,
tra le lacrime, passi che si allontanano rapidamente in direzione della
porta,
che viene quindi chiusa con delicatezza.
-Non
dormo più di notte, Harry. Ho paura
che arrivi un gufo e che io non lo senta in tempo. Non mangio
praticamente più,
e rimetto subito il poco che mangio. Passo più tempo qui in
ospedale che in
qualunque altra parte del mondo.
Harry
guarda Draco fisso, con dolore e
rassegnazione. Si aspettava certamente un discorso del genere. Forse
non se lo
aspettava in quel momento.
-Devo
smetterla di venire qui. Devo
dormire, devo mangiare. Harry mi dispiace infinitamente ma... non ce la
faccio
più. Non posso più venire.
Harry
annuisce, gli occhi lucidi per la
tensione.
-Non
fraintendermi, Harry, ti prego. Io
continuerò ad amarti più della mia stessa vita.
Penserò sempre e comunque a te
e probabilmente non riuscirò lo stesso a dormire bene,
né a tornare ad essere
quello di prima.
Questo
Harry lo sa, lo ha sempre saputo:
Draco lo ama, e su questo non c’è il minimo
dubbio. Harry lo sa e lo saprà
sempre.
-Ma
non voglio più alzarmi la mattina e
sentirmi obbligato a venire qui. Non voglio più far finta di
essere forte
perché forte non lo sono. Non voglio più tornare
a casa la sera temendo di non
vederti più il mattino dopo.
Harry
sospira, e non riesce a impedire a
una lacrima di scivolare lungo la sua guancia.
-Harry.
Non voglio più essere il tuo
ragazzo. È una scelta che richiede coraggio e resistenza. E
io sono un codardo.
Draco
conclude il suo discorso
singhiozzando, poi tace.
Harry
è debole per la chemio, per
l’intervento, per la paura. Non ha più forze per
fare niente, ma allunga comunque
un braccio verso di Draco, che si spinge automaticamente verso di lui,
facendo
coincidere la sua guancia con la mano del moro.
Rimangono
così per qualche istante, la
consueta scarica elettrica che scaturisce al loro minimo tocco.
-Draco-
sussurra Harry piano -Draco, Draco,
Draco.
Il
suo nome detto da Harry con quel filo di
voce è il colpo di grazia. Draco si spezza, va in frantumi,
sente il cuore in
mille pezzi.
Le
lacrime grondano violentemente dalle sue
guancie, i polmoni sono scossi da singhiozzi incontrollabili, le mani
stringono
convulsamente le braccia di Harry.
-Piccolo.
Va bene. Sfogati.
E
Draco si sfoga eccome. I suoi singhiozzi
sono talmente violenti da fargli mancare il fiato, farlo tremare come
una
foglia.
Da
dietro la porta della camera 317, anche
Hermione inizia a piangere, subito stretta tra le braccia di Ron. Hanno
sentito
Draco piangere, sanno cosa sta per succedere e sanno che
toccherà a loro
aiutare Harry a superare il dispiacere.
Draco
detesta piangere. Questo è un altro
dei motivi per cui ha deciso di lasciare Harry.
Quello
principale è che lo ama troppo.
Talmente tanto da soffrire come lui, forse di più. E Draco
odia anche soffrire.
-Harry...
-Lo
capisco, piccolo. È difficile, lo so.
Io non durerò molto e non c’è bisogno
che tu mi stia accanto fino alla f...
-NO!
Tu non stai per morire, Harry!-
grida Draco -Tu devi lottare! Vivere! Con o senza
un coglione come me al fianco!
Harry
sorride.
-Se
sopravvivo tornerai da me?- chiede
Harry, una punta di speranza nascosta nel tono di voce.
Draco
vorrebbe ridere, vorrebbe piangere,
vorrebbe gridare non sa nemmeno lui cosa vorrebbe.
-Forse
non l’hai capito- dice, una leggera
esasperazione dipinta sul volto -Ma io ti sto lasciando.
Non ti merito, Harry.
-Io
ti vorrò ancora, Draco. Ti
vorrò sempre.
-Non
dirlo, Harry, non dirlo o non riuscirò
più ad andare via.
Gli
occhi verdi di Harry lo scrutano da
dietro il berretto di lana, liquidi e pieni di sentimento.
-Sei
libero di fare quello che vuoi,
piccolo. Non lo dico perché sono uno “stupido
Grifondoro” o perché spero di
andare in Paradiso. Io trovo solo giusto che tu mi lasci adesso. Non
obbligherei nessuno a starmi accanto in un momento come questo. Ti
avrei
lasciato io tra poco, Draco. Non potevo più vederti
così.
-Ma...
-Io
ho il cancro, e le
possibilità sono due. O muoio, e tu mi sarai stato
accanto inutilmente, avrai sofferto come un cane per vedermi degenerare
ogni giorno
e alla fine morire, oppure vivo, e tu mi sarai stato comunque accanto
inutilmente, perché io sarei comunque uscito da questo
ospedale, e avrei potuto
riabbracciarti dopo. Quindi per me va bene, Draco. È giusto
così.
Il
biondo non riesce a credere alle sue
orecchie. Harry gli sta dando il permesso di lasciarlo? Gli sta dicendo
che lo
rivorrà dopo la sua guarigione?
-Sei
uno stramaledetto Grifondoro, Harry-
singhiozza Draco -E io ti amo, ti amo, ti amo come
nessun’altra cosa al mondo.
Si
alza in piedi e si lancia sul letto di
Harry, sedendosi accanto a lui e appoggiando le sue labbra sulle sue.
-Sono
contento che tu abbia capito- mormora
prima di affondare la lingua nella cavità orale.
Il
bacio è lungo, passionale, bagnato di
lacrime. È un bacio che sa di addio.
-Non
avrebbe avuto senso, piccolo- riprende
Harry -Saremmo stati come una di quelle macchine babbane rotte, che
vengono
riparate ma non funzionano più come prima.
Draco
lo guarda, e sorride. Nonostante
tutto, si amano ancora.
E
Harry ha ragione: si ameranno sempre.
-Mi
mancherai Harry- mormora il biondo,
sorridendo tristemente con le labbra fine.
Harry
ha gli occhi stanchissimi, che gli si
chiudono. Ma non permetterebbe mai alle palpebre di abbassarsi in un
momento
del genere. Non sa per quanto tempo non potrà rivedere Draco
e vuole vederlo
bene, quest’ultima volta.
-Anche
tu mi mancherai, furetto- ridacchia
con un filo di voce.
Draco
ride. Ride davvero.
Il
suo cuore è più leggero, ora. Sa che
Harry non lo odia per quello che ha fatto e tutta l’ansia si
è dissolta.
È
una sensazione di benessere momentanea.
Quando uscirà dall’ospedale avrà di
nuovo voglia di buttarsi sotto una di
quelle cose che i babbani chiamano “Camion”. Ma in
quel momento è felice, e
vuole esserlo fino in fondo.
Harry
si limita a sorridere. Ridere fa
troppo male, ma è contento che Draco possa farlo. Lui ne ha
bisogno più di
qualunque altra persona al mondo.
-Ti
amo. Tieni duro per me- sussurra Draco
-E scusami.
Harry
scuote la testa socchiudendo gli
occhi, e sospira piano:
-Ti
amo anche io.
Draco
si alza, gli sfiora la fronte con un
bacio e se ne va.
Non
si gira indietro, nonostante ogni fibra
del suo corpo gli stia gridando di farlo. Non si gira indietro
perché sa che se
lo facesse non potrebbe più andarsene, e cadrebbe di nuovo
in trappola.
Apre
la porta velocemente e sguscia via.
Evita di guardare le facce sconvolte di Ron e Hermione, la prima
accusatrice,
la seconda pietosa.
Non
vuole la pietà di nessuno, lui.
Si
merita ogni sofferenza.
La
sensazione di benessere lo sta
abbandonando in fretta. E non è nemmeno arrivato alla fine
del piano.
Sente
il bisogni di gridare, vomitare,
piangere, strapparsi i capelli...
Invece
accelera. Vuole mettere più distanza
possibile tra se stesso e Harry Potter. Come se potesse smettere di
sentirlo
dentro di sé. Come se realmente servisse a qualcosa.
Oh,
Harry.
Draco
è fuori, finalmente, in un parco poco
distante dal San Mungo. L’aria è fredda e umida e
la panchina sulla quale è
seduto è tutta bagnata.
A
Draco nemmeno questo importa.
Il
suo unico pensiero è che Harry è chiuso
in ospedale da chissà quanto tempo, che non vede la pioggia
da mesi e che non
sente un po’ d’aria sulla pelle da settimane.
Sospira.
Credeva
che sarebbe stato meglio, una volta
troncata la relazione con Harry.
Eppure
gli fa male. Gli fa male come prima.
A
che era servito? A niente.
Draco
spera solo che con il tempo starà un
po’ meglio, che riuscirà ad arginare il dolore.
Si
accende una sigaretta.
Questa
volta non è una goccia di pioggia a
spegnerla.
È
una delle sue lacrime.
SECONDA
CLASSIFICATA AL “NESSUNO SI SALVA DA SOLO”, CONTEST
DI POTION FANG
Che
dire? Per chi già mi conosce sa bene
che io sono un’incredibile amante delle storie tragiche,
ragione per cui appena
letto questo titolo mi sono fiondata sul contest.
La
storia è triste e strappalacrime ma è
così che a me piace! Spero di aver colpito anche voi ;)
Un
bacio a tutti i lettori e le lettrici
che leggeranno questa storia, con la speranza che lasceranno una
traccia del
loro passaggio.
Un
bacio anche alla giudiciA!
Tita