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Autore: Squash    09/01/2007    0 recensioni
Una serie di songfic che stò scrivendo...
Genere: Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come on, step inside, and you will realize.
Tell me what you need, tell me what to be.
What's your vision?

Che silenzio... E se fosse tutto vero? Tanti, piccoli omuncoli che si agitano frenetici, inutilmente. Agiscono per non ricordare che sono in realtà fermi, immobili. Aspettano... Per quale motivo? Chi è che gli ha mai promesso qualcosa?

You'll see, what do you expect of me?
I cant live that lie.
Hate!

Ancora una volta... Non ho intenzione di ammazzare nessuno. Anche perchè sarebbe inutile. Sono tutti corpi morti mossi da riflessi post-mortem. Perchè è questo che fanno... Nulla di più. Aspettano la morte. Tutti indifferenti... Pregano, però, pregando di poter pregare. Di tanto in tanto, sono capaci di elogiare il loro Dio senza chiedergli qualcosa?
Forse no. Cos'è la fede, per questi cadaveri? Una speranza verso il futuro che non verrà? Perchè non riescono a capire... Che cosa significa... Vivere...

I sing my words
I'm fucked at dealing,
with your life
dead bodies everywhere.

Una risata cupa nell'osservarli. In fondo, cos'è che mi preme tanto? Uno di loro farebbe per me la stessa cosa? Dicono che sono cieco, che sono muto, che sono sordo, che sono immobile, che non servo a nulla, alla società, a me stesso, agli altri. Ed allora rimembro un vecchio proverbio: l'erba del vicino è sempre più verde.
Forse allora una speranza di ritornare, ce l'hanno. Perchè sono invidiosi di me, che sono Libero. Un uomo libero. Perchè libertà significa saper accettare col sorriso le conseguenze delle proprie azioni, pagando, e ricevendo. Saper perdonare se stessi.

You!
Really want me to be a good son. Why?
You make me feel like no one.

Mi ricordo mio padre. Ricordo quando l'ho ammazzato. Non è stato molto bello... Ma una muta soddisfazione nascosta dal senso di colpa. Ha provato ad uccidere me, ha ucciso mio fratello e mia madre. La gente ama chiamarla leggittima difesa, ottenebrando quella che non è altro vendetta e sete di sangue. A volte me ne pento. Forse dovevo morire, quel giorno. Così poi, lui, sarebbe morto lentamente. Patendo. Soffrendo la solitudine.
Che amica volubile... Ti martella, ti disturba, ti rende infelice. Ma io, ormai, l'ho sedotta e stuprata nel buio immemore.

Let me strip the plain, let me not give in.
Free me of your life, inside my heart dies.
Your dreams never achieved, don't lay that shit on me.

Ed è così che mi distunguo. Senza interessarmi al mondo. Crogiolandomi nell'apatia che dona la pace dei sensi. Non c'è bisogno di agitarsi tanto... Io sono vivo. Aspetto la morte da un momento all'altro. Perchè la derido tanto. E lei si arrabbia. Ma ho arreso al mio volere anche un'altra sua cara amica: la Malinconia. Quando mi serve, mi basta frustarla. Così che si faccia male. Così che io possa godere del suo dolore. Ma manca qualcosa ancora... Qualche pezzo.

Let me live my... life.

Mh... Che succede? E' giorno? Non ho voglia di alzarmi. Il letto è così caldo... Ma cos'era che stavo sognando? Oh, Dio, non lo ricordo. Perchè? Stupido acchiappa-sogni. Ti brucerò un giorno.
Forse era importante... Ma no. Era solo un sogno, infine. E' ora di andare a scuola...




"Esser cieco non è triste; esser cieco ma non essere capace di sopportare la cecità, questo è triste."
John Milton

  
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