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Autore: Lady Antares Degona Lienan    09/01/2007    11 recensioni
« Bei matrimoni, i nostri. »
« Già. »
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco, una piccola fanfiction sperimentale [quanto amo le storie sperimentali *-*], visto che non sono ancora brava a destreggiarmi fra i dialoghi

Ecco, una piccola fanfiction sperimentale [quanto amo le storie sperimentali *-*], visto che non sono ancora brava a destreggiarmi fra i dialoghi.

 

Il grazie stavolta è per Roal Dahl, che nella sua autobiografia “Boy” ha avuto l’ottima idea di scrivere la parola Wreckage; e anche alla mia decisamente scarsa memoria che, non ricordandosi il significato di tale vocabolo, mi ha costretto a guardare sul vocabolario [dove ho trovato la frase fatta da cui il titolo, che per inciso vuol dire “I loro matrimoni andati in frantumi”. Letteralmente, ciò che è rimasto dei loro matrimoni].

 

Amee correggerà e massacrerà come al solito. Già lo so. Ahhh u.u

 

 

 

 

 

 

Wreckage of their marriages

 

 

 

 

 

Si incontrarono dopo otto anni, sotto un sole cocente.

 

« Sembrano secoli che non ci vediamo. » disse uno.

 

« Mh. » rispose l’altro, fedele ai suoi principi.

 

« Che hai fatto della tua vita, mentre non c’ero? »

 

« L’ho buttata via. » la lama della solita, amara verità scorse lungo i pensieri del primo.

 

« Io mi sono sposato, tre anni fa. Sembrava una cosa destinata a durare, poi ho scoperto che parlava troppo. L’ho dovuta lasciare andare, altrimenti sarei arrivato all’esaurimento nervoso. » l’uomo che aveva accennato ai secoli era stato costretto a soccombere dopo soli tre anni. « E tu che altro? – Rovinarti la vita a parte, intendo »

 

« Niente, credo. »

 

« Ma come…? » borbottò Secoli, « Non ti eri sposato anche tu? »

 

« Si. » la solita risposta che sapeva di troppo per sapere di qualcosa, all’istante.

 

« E perché non l’hai detto? »

 

Muto Come Una Tomba inclinò un sopracciglio. « Avevi detto “ Rovinarti la vita a parte, intendo”. »

 

Primo sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Cielo dentro cielo. « Non è stato un buon matrimonio, suppongo. »

 

« Dovresti saperlo. In fondo, hai avuto tu la mia eredità da cadavere decomposto. »

 

« Non è divertente quando parli così. Mi fai paura. » strinse i pugni e chinò lo sguardo, inquieto.

 

« Oh, e dire che un tempo era così banale, non averne. » Muto sporcò il discorso d’ironia, beffarda.

 

« Di cosa? »

 

« Di paura. »

 

« Di cosa hai paura adesso? Sembri così sereno. » Cielo lo fissò e attese la sua risposta.

 

« Del silenzio. Lei non parlava mai. Regalava sorrisi, ma non sono mai stato capace di capirli. »

 

« Tutta colpa tua, lo sai? » mormorò scontento, muovendo il terreno con i piedi « Non hai mai parlato tanto. Anzi, a dirla tutta, non parlavi mai. »

 

« Avrebbe dovuto saperlo fin da prima. Ma era muta e cieca, lo è sempre stata. Fin da quando eravamo piccoli. » I Muti Non Parlano alzò gli occhi fino al sole e li distolse subito, accecato. Sebbene le iridi fossero scure ed imperscrutabili, la luce era troppa.

 

« Ti voleva bene, lei. »

 

« Non sapeva parlare, ma a volte diceva fin troppo. Col corpo, sai. E i sorrisi. Quei sorrisi, intossicanti direi. »

 

« Non ci eri abituato? A volte proprio non ti capisco, che senso ha stare qui a tormentarti, quando sai benissimo che lei ti amava? »

 

La Tomba fece un’impressione sorpresa, e fissò Primo di sfuggita, quasi come si vergognasse. « Come lo sai? »

 

« Cosa? » sospiro.

 

« Che sono qui per sapere dei suoi sentimenti. E dei miei. »

 

Cielo sogghignò. « Hai sempre fatto la faccia dura con noi, con me, ma alla fine non vuoi lasciarti indietro nessuno, se puoi. Con noi però l’hai fatto. Lei ti ha semplicemente seguito. »

 

Una pausa. « Ma l’hai abbandonata di nuovo. Alla fine, pare che le buoni intenzioni non bastino. »

 

Meditazione. Morti Che Non Parlano Come I Muti non ebbe il coraggio di tornare a fissarlo. Piantò lo sguardo davanti a lui, e annuì. « Forse.»

 

« Lei ti amava. Tu lo sai. »

 

« Già. Ma non parlava mai. »

 

Primo sospirò. « Con me parlava fin troppo. Mi diceva tutto quello che non aveva avuto occasione di dire a te. Che bastardo sei stato. È la tua eredità, si. La tua eredità da cadavere ammuffito: un’assassina che non sapeva più piangere e che parlava troppo. »

 

Muto non tenne fede al soprannome, e prese a parlare. « Mi ha ucciso lei, quindi. Dormivo, sai, avevo il viso voltato verso la parete. Non ho visto la sua faccia. Ma in fondo lo sapevo. »

 

« Anche questa è la tua eredità, l’eredità dei tuoi silenzi: la voglia di uccidere. Lei sapeva che non l’avresti vista perché quando dormivi con lei, non la guardavi mai. »

 

L’altro si lasciò andare ad un sorrisino compromettente. « Già. E tu invece, l’ascoltavi? »

 

« Ogni volta che lo desiderava. Io ci sono stato, io c’ero quando l’ho sposata. »

 

« Avevo da fare. »

 

Cielo attese un attimo. « Dovevi uccidere un’altra persona? »

 

« Forse. Non ricordo. »

 

« Sai, Sasuke? In fondo l’abbiamo uccisa entrambi. Tu non l’ascoltavi mai. Io troppo. »

 

« E chi non è colpevole, in questo mondo? » Sasuke fece una smorfia beffarda. « Mi ha punito abbastanza, direi. »

 

« Oh no. Ti ha fatto un favore: ti ha evitato la consapevolezza del dolore nascosto dietro a quei sorrisi, una volta di più. »

 

« Troppo altruista. Ma dimmi, non ricordo, l’ascoltavi, tu? »

 

« Ogni volta. L’abbiamo uccisa entrambi. Tu non l’ascoltavi mai, io troppo. »

 

« Perché? »

 

Il sorriso di Primo si contorse in un’espressione amara. « L’ascoltavo troppo, si. Quando Sakura ha finito di raccontarmi le cose che avrebbe dovuto dirti, è morta. »

 

« Bei matrimoni, i nostri. »

 

« Già. » Cielo tornò a guardare Muto. « Ma scusa, Sasuke. Perché sei ancora qui, se hai avuto la tua risposta? »

 

Attimo di indecisione. « Volevo sapere dei miei sentimenti, ricordi? »

 

« Si. »

 

« Ora ho capito. Io ti amo. » lo disse e capì tutto. « Forse avremmo potuto evitarle tutta quella sofferenza. »

 

« … »

 

Muto riprese a parlare « Ma così almeno ha avuto la possibilità di stare con noi. Avrebbe sofferto lo stesso, altrimenti. »

 

« Hai sempre avuto la capacità di lasciarci indietro. Avrei voluto dirti tanto. »

 

« Solo una cosa, te ne prego… lasciami andare. »

 

Il sole tramontava alle loro spalle. L’ombra di chi ancora l’aveva si allungò, fino ad essere lunga quanto la Terra stessa. « Così mi lascerai di nuovo indietro. Io non volevo seguirti come lei. Volevo che soffrissi. »

 

« Lo so. Ti prego. »

 

« Avrei voluto dirti tanto. Io ti amo, Sasuke. »

 

« Grazie, Naruto. »

 

Non ci fu nemmeno il tempo di un prego. Sasuke si dissolse in pulviscolo.

 

Naruto rimase lì, a vedere la sua ombra e desiderando di non averla. « Avrei voluto dirti tanto. »

 

Poi cominciò a parlare.

 

 

 

 

 

 

 

Owari.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ah, un paio di note di fine storia.

Probabilmente delle cose non sono chiare. Non lo sono nemmeno a me.

Amen. È la vita, suppongo.

Bacio!,

L.A.D.L.

   
 
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