Ecco, una
piccola fanfiction sperimentale [quanto amo le storie sperimentali *-*], visto
che non sono ancora brava a destreggiarmi fra i dialoghi.
Il grazie
stavolta è per Roal Dahl, che nella sua autobiografia “Boy” ha avuto l’ottima
idea di scrivere la parola Wreckage; e anche alla mia decisamente scarsa
memoria che, non ricordandosi il significato di tale vocabolo, mi ha costretto
a guardare sul vocabolario [dove ho trovato la frase fatta da cui il titolo,
che per inciso vuol dire “I loro matrimoni andati in frantumi”. Letteralmente,
ciò che è rimasto dei loro matrimoni].
Amee correggerà e massacrerà come al
solito. Già lo so. Ahhh u.u
Wreckage of their marriages
Si
incontrarono dopo otto anni, sotto un sole cocente.
« Sembrano secoli
che non ci vediamo. » disse uno.
« Mh. »
rispose l’altro, fedele ai suoi principi.
« Che hai fatto della tua vita, mentre non c’ero? »
« L’ho
buttata via. » la lama della solita, amara verità scorse lungo i pensieri del
primo.
« Io mi sono
sposato, tre anni fa. Sembrava una cosa destinata a durare, poi ho scoperto che
parlava troppo. L’ho dovuta lasciare andare, altrimenti sarei
arrivato all’esaurimento nervoso. » l’uomo che aveva accennato ai secoli
era stato costretto a soccombere dopo soli tre anni. « E
tu che altro? – Rovinarti la vita a parte, intendo »
« Niente,
credo. »
« Ma come…? » borbottò Secoli, « Non ti eri sposato anche tu?
»
« Si. » la
solita risposta che sapeva di troppo per sapere di qualcosa, all’istante.
« E perché non l’hai detto? »
Muto Come
Una Tomba inclinò un sopracciglio. « Avevi detto “ Rovinarti la vita a parte,
intendo”. »
Primo
sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Cielo dentro cielo.
« Non è stato un buon matrimonio, suppongo. »
« Dovresti
saperlo. In fondo, hai avuto tu la mia eredità da cadavere decomposto. »
« Non è divertente quando parli così. Mi fai paura. » strinse i
pugni e chinò lo sguardo, inquieto.
« Oh, e dire che un tempo era così banale, non averne. » Muto sporcò
il discorso d’ironia, beffarda.
« Di cosa? »
« Di paura.
»
« Di cosa
hai paura adesso? Sembri così sereno. » Cielo lo fissò e attese la sua
risposta.
« Del
silenzio. Lei non parlava mai. Regalava sorrisi, ma non sono mai stato capace
di capirli. »
« Tutta
colpa tua, lo sai? » mormorò scontento, muovendo il terreno con i piedi « Non
hai mai parlato tanto. Anzi, a dirla tutta, non parlavi mai.
»
« Avrebbe
dovuto saperlo fin da prima. Ma era muta e cieca, lo è
sempre stata. Fin da quando eravamo piccoli. » I Muti
Non Parlano alzò gli occhi fino al sole e li distolse subito, accecato. Sebbene le iridi fossero scure ed imperscrutabili, la luce
era troppa.
« Ti voleva
bene, lei. »
« Non sapeva
parlare, ma a volte diceva fin troppo. Col corpo, sai. E
i sorrisi. Quei sorrisi, intossicanti direi. »
« Non ci eri abituato? A volte proprio non ti capisco, che senso
ha stare qui a tormentarti, quando sai benissimo che lei ti amava? »
« Cosa? » sospiro.
« Che sono qui per sapere dei suoi sentimenti. E dei
miei. »
Cielo
sogghignò. « Hai sempre fatto la faccia dura con noi, con me, ma alla fine non
vuoi lasciarti indietro nessuno, se puoi. Con noi però l’hai fatto. Lei ti ha
semplicemente seguito. »
Una pausa. «
Ma l’hai abbandonata di nuovo. Alla fine, pare che le buoni intenzioni non bastino. »
Meditazione.
Morti Che Non Parlano Come I Muti non ebbe il coraggio
di tornare a fissarlo. Piantò lo sguardo davanti a lui, e annuì. « Forse.»
« Lei ti
amava. Tu lo sai. »
« Già. Ma non parlava mai. »
Primo
sospirò. « Con me parlava fin troppo. Mi diceva tutto quello che non aveva
avuto occasione di dire a te. Che bastardo sei stato.
È la tua eredità, si. La tua eredità da cadavere ammuffito:
un’assassina che non sapeva più piangere e che parlava troppo. »
Muto non tenne fede al soprannome, e prese a parlare. « Mi ha ucciso
lei, quindi. Dormivo, sai, avevo il viso voltato verso
la parete. Non ho visto la sua faccia. Ma in fondo lo
sapevo. »
« Anche questa è la tua eredità, l’eredità dei tuoi silenzi:
la voglia di uccidere. Lei sapeva che non l’avresti
vista perché quando dormivi con lei, non la guardavi mai. »
L’altro si
lasciò andare ad un sorrisino compromettente. « Già. E
tu invece, l’ascoltavi? »
« Ogni volta che lo desiderava. Io ci sono stato, io c’ero quando
l’ho sposata. »
« Avevo da
fare. »
Cielo attese
un attimo. « Dovevi uccidere un’altra persona? »
« Forse. Non
ricordo. »
« Sai, Sasuke? In fondo l’abbiamo uccisa
entrambi. Tu non l’ascoltavi mai. Io troppo. »
« E chi non è colpevole, in questo mondo? » Sasuke fece una smorfia beffarda. « Mi ha
punito abbastanza, direi. »
« Oh no. Ti ha fatto un favore: ti ha evitato la consapevolezza
del dolore nascosto dietro a quei sorrisi, una volta di più. »
« Troppo
altruista. Ma dimmi, non ricordo, l’ascoltavi, tu? »
« Ogni
volta. L’abbiamo uccisa entrambi. Tu non l’ascoltavi
mai, io troppo. »
« Perché? »
Il sorriso
di Primo si contorse in un’espressione amara. « L’ascoltavo troppo, si. Quando Sakura ha finito di raccontarmi le cose che avrebbe
dovuto dirti, è morta. »
« Bei
matrimoni, i nostri. »
« Già. »
Cielo tornò a guardare Muto. « Ma scusa, Sasuke. Perché sei ancora qui, se
hai avuto la tua risposta? »
Attimo di indecisione. « Volevo sapere dei miei sentimenti,
ricordi? »
« Si. »
« Ora ho
capito. Io ti amo. » lo disse e capì tutto. « Forse avremmo potuto evitarle
tutta quella sofferenza. »
« … »
Muto riprese a parlare « Ma così
almeno ha avuto la possibilità di stare con noi. Avrebbe sofferto lo stesso,
altrimenti. »
« Hai sempre avuto la capacità di lasciarci indietro. Avrei
voluto dirti tanto. »
« Solo una cosa, te ne prego… lasciami
andare. »
Il sole tramontava alle loro spalle. L’ombra di chi ancora
l’aveva si allungò, fino ad essere lunga quanto
« Lo so. Ti prego. »
« Avrei voluto dirti tanto. Io ti amo, Sasuke.
»
« Grazie, Naruto. »
Non ci fu nemmeno il tempo di un prego. Sasuke si dissolse in
pulviscolo.
Naruto rimase lì, a vedere la sua ombra e desiderando di non
averla. « Avrei voluto dirti tanto. »
Poi cominciò a parlare.
Owari.
Ah, un paio
di note di fine storia.
Probabilmente
delle cose non sono chiare. Non lo sono nemmeno a me.
Amen. È la
vita, suppongo.
Bacio!,
L.A.D.L.