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Autore: Ashbear    10/01/2007    2 recensioni
[Rinoa e Squall, Quistis e Seifer] Si può fare sempre la scelta giusta, se ci viene data la possibilità di realizzare i nostri sogni tramite una semplice risposta: sì o no? Una bugia che cambierà per sempre una nazione, una settimana che cambierà per sempre la storia.
Attenzione: la traduzione è stata completamente rivista e corretta; attualmente, abbiamo aggiornato i primi 22 capitoli con la nuova traduzione, fatta sulla base dell'ultima versione della storia rilasciata dall'autrice originale.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quistis Trepe, Rinoa Heartilly, Seifer Almasy, Squall Leonheart
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Love is an act of endless forgiveness,
a tender look which becomes a habit.

--Peter Ustinov

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XX. VANTAGGIO ~

Correva.

Per due anni, era stata l'unica cosa che avesse fatto... e anche adesso, a rivivere ogni momento di sofferenza. Rinoa correva nel bosco, nel fitto dei cespugli. I rami le graffiavano il viso, lasciandovi striature arrossate e sanguinanti, come graffi di un gatto rabbioso. Avrebbe sentito dolore, se dentro non fosse stata così stordita. E così correva. Era molto brava in questo.

La neve che aveva ripreso a cadere batteva senza freno il versante della montagna. Un bel pezzo cominciò a franare in una piccola valanga. Le sue gambe stremate si arresero, e la ragazza precipitò giù insieme alla neve, abbattendosi infine sul tronco di un albero caduto. Rinoa urtò con molta violenza contro l'albero, e per un momento le si annebbiò la vista di quello che la circondava. Stavolta le lacrime non vennero, lo stato della sua mente era oltre il pianto.

La gelida neve non faceva altro che intorpidire ancor di più la sua pelle scoperta, mentre lei annaspava cercando di riempirsi i polmoni di quell'aria pungente. Non avvertì il suono, ma la sensazione sì: prima che potesse riprendere a correre da qualche altra parte, fu presa alle spalle. Due braccia che l'accerchiavano in una prigione da cui non poteva sfuggire...

"Maledizione, Rinoa... non mi lascerai di nuovo."

Le sue certezze s'indebolirono un poco quando si girò a guardarlo in viso. Le sue braccia ancora la rinchiudevano stretta, ma adesso poteva vedere nei suoi occhi il dolore. Un dolore che lo uccideva.

"Sii forte," sussurrò lui, ma con un tono di voce udibile; non era rivolto a lei, doveva solo servirgli come memento per se stesso. Per una volta nella loro relazione, sarebbe stato lui quello forte... sia a livello fisico che mentale.

"Rinoa, avrei dovuto dirtelo. Ma... così tante... ne avevi passate così tante... volevo solo darti tempo. Non ha mai significato niente... maledizione, tu hai fatto l'unica cosa che nessun altro avrebbe mai potuto fare. Rinoa, io ti amo."

A quelle parole, a lei smise di girare la testa. Magari non l'avrebbe aiutata a non affogare del tutto, ma era pur sempre un'ancora di salvezza. Neanche la notte prima le aveva detto direttamente quelle parole. E anche prima che lei se ne andasse le aveva dette molto raramente... diavolo, poteva contarle sulle dita delle mani. Erano stati insieme tre anni, ma ogni volta in cui aveva udito quelle parole era incisa nella sua mente come fosse stato ieri. La rabbia non era svanita, ma in qualche modo riusciva a gestirla.

"Quistis Leonhart," balbettò. "Come, come hai potuto... lei... sapeva di Ellione. Ha vinto lei, non è così? Ha vinto lei."

"No, Rinoa," la sua voce si alzò di tono nella rabbia. "Non ha vinto nessuno." Le gambe di lei cedettero e cadde a terra, e Squall la seguì, senza allentare la presa sulla ragazza. Rimasero seduti sepolti nella neve profonda, ma non sentivano il freddo... solo il dolore.

"Rinoa, non ha vinto nessuno. Eravamo tutti distrutti... sono morto il giorno che tu te ne sei andata, e non voglio passarlo di nuovo. Qualsiasi cosa accada, io sarò qui. Prometto."

"Prometto," rise maligna. La stessa risata che le era venuta fuori il giorno prima, quando il suo lato di strega aveva preso il sopravvento alla sola idea che lui fosse sposato. Squall se ne accorse quando i suoi occhi cominciarono ad appannarsi; questa volta riconosceva i segni, anzi, li stava aspettando. Adesso, il cavaliere sperava solo di poter bloccare quella rabbia, e impedirle di manifestarsi.

"Rinoa, fermati. Ascoltami... io ti amo. Non permettere che abbia la meglio su di te. Ieri non potevi controllarlo, ma oggi sì. Sono qui, non ti lascio. Non importa cosa accadrà, sarò il tuo cavaliere. Ho distrutto il tuo spirito... ma insieme questo possiamo fermarlo. Provaci, Rinoa, non lasciare che vinca. Non devi perdonarmi adesso... solo, pensa a quello che potremo avere, insieme... pensa al nostro amore."

Rinoa sentiva dentro all'anima una lotta, una battaglia per il prevalere del lato oscuro del suo essere. Ma era proprio questa la differenza... che la sentiva. Per la prima volta, poteva isolarlo, era cosciente di quello che stava accadendo. Anche se prostrato dai colpi, il suo spirito era ancora con lei. Perché c'era lui, perché il cavaliere proteggeva la sua anima. Questa volta, stava facendo il suo dovere.

Squall vide ogni traccia dei poteri della strega tornare a quietarsi dentro di lei. Ora l'unica cosa che restava sul suo viso era il male che le aveva fatto. Era una piccola vittoria, ma se ne rendeva conto. Era in grado di ricacciare indietro il potere oscuro, e questo significava una cosa soltanto... che Rinoa credeva ancora in lui. E questo faceva la differenza.

"Squall, perché? Perché Quistis?" chiese la sua voce tremante.

"Rinoa, tieni presente che volevo continuare a cercarti. Il Consiglio voleva togliermi il comando, vedendo che non combinavo niente e che ero troppo coinvolto a livello personale. Avevo bisogno di qualcuno che mi sposasse... e sapevo cosa provava lei. Dannazione, per dirla in parole povere, era la persona più facile che avessi a disposizione. Non è stato giusto nei confronti di nessuna di voi due. Lo so che non vuoi sentirtelo dire in questo momento... ma lei sta malissimo per quello che è successo, la tormenta ancora adesso. So che le dispiace."

Rinoa si liberò la mano destra, la alzò e gli diede uno schiaffo con tutta la forza che poteva. Squall avvertì il bruciore del palmo di lei quando entrò in contatto con la sua pelle screpolata; ma soprattutto ne sentì il rumore glaciale. Afferrandole le braccia ancora più forte, riguadagnando il controllo, se la strinse tanto vicino al petto da poter udire, e sentire, i suoi singhiozzi senza lacrime.

"Te l'avevo detto," boccheggiò lei. "Non dirmi mai che ti dispiace. Né tu, né lei. Non lo accetterò da nessuno dei due, soprattutto dopo tutte quelle bugie. Lasciami andare... lasciami andare e basta... per favore. Non posso più sopportarlo. Non posso più stare con te... Squall, il mio dolore è sempre qui. C'è sempre stato. Sin dall'inizio, sono sempre stata solo un peso per te. Non devi stare con me per dovere. Tutto quello che ti chiedo è di lasciarmi andare, questa è la mia scelta; questa è la mia vita. Da questo momento in poi non sei più tenuto ad essere il mio cavaliere... non hai più obblighi verso di me. Ti sciolgo dal tuo incarico, e ne pagherò da sola ogni eventuale conseguenza. Lasciami andare e basta. Se davvero mi ami... mi lascerai semplicemente andare."

Con ancora il respiro caldo di lei contro il suo petto, Squall fece la mossa successiva, fece la cosa più difficile che potesse mai fare... la lasciò andare. Le sue braccia si allontanarono da lei, e ancora una volta provò una fitta acuta a sentire il suo calore. Ma l'aveva ferita nel profondo, ed era questa la sua decisione... come quella di stare con lui la notte prima. Come quando aveva fatto di lui il suo cavaliere. Pregò Hyne di stare facendo la cosa giusta. Si mise la mano in tasca e afferrò l'anello di platino con Griever. Con dita tremanti, Squall lo infilò su un piccolo rametto di una fronda caduta a terra.

Seduta nella neve che si faceva sempre più alta, Rinoa lo vide con orrore allontanarsi da lei. L'aveva lasciata andare davvero: non se l'aspettava. Accidenti, era solo una cosa che aveva detto così, perché era in preda al tormento... non una cosa che voleva che lui facesse. La mano guantata di lui scivolò nella tasca della giacca, e la ragazza s'irrigidì alla vista dell'anello. Cosa diavolo stava facendo? E poi i suoi occhi s'immobilizzarono, trafitti dalla visione del gioiello che dolcemente scivolava giù per il ramo.

Squall chiuse gli occhi, chiamando a raccolta tutte le sue forze.

"Rinoa Heartilly... io sarò sempre il tuo cavaliere. Non ho nessuna scusante per le mie colpe, né te ne chiederò mai perdono. L'unica cosa che posso offrirti è il mio amore... è l'unica cosa che mi è rimasta da darti. Se vuoi andartene, segui pure la tua scelta. La mia è quella di attraversare tutto questo insieme... insieme, io, te e Allison. Non posso prometterti un lieto fine; non posso nemmeno prometterti che non succederà nulla a nessuno di noi. Posso solo giurarti che farò del mio meglio... e che ci proverò fino alla morte. Se solo, solo potessi pensare di perdonarmi... magari non subito... ma prima o poi, allora andiamo insieme a Dollet. Le uniche cose che posso darti, le uniche che mi sono rimaste, sono il mio amore e la mia speranza. Se vuoi che questo sia il nostro addio... lo capisco. Lascia qui l'anello, non voglio più vederlo. Se questo è un addio... allora..." La sua voce era soffocata, non riuscì più a parlare.

Si alzò in piedi e cominciò a camminare su per il fianco della montagna, con il terrore di guardarsi alle spalle. Quando raggiunse la cima, fece la cosa più dolorosa di tutta la sua vita. Si voltò, e si scolpì nella memoria la sua figura confusa nella neve. Una volta era il suo angelo, adesso solo un'anima perduta. Non sapeva se quello che stava facendo fosse la cosa giusta, di sicuro sapeva solo che aveva il sapore dell'inferno. Comunque, se le cose fossero andate davvero così, sarebbe stata la sua scelta. Era lei quella che aveva sofferto a causa sua.

"Addio," sussurrò fra sé e sé. "Ti amerò per sempre."

*~*~*~*~*

Non sapeva nemmeno lei come, ma il suo camminare si trasformò in qualcosa di simile ad una corsa disperata; il che non era molto facile, in quelle strade coperte di neve. Ma più di ogni altra cosa, Quistis Trepe voleva andarsene via da quel posto, via da tutti quei giornalisti, e soprattutto dal presidente Mitchell. Le banchine del porto erano piuttosto vicine al luogo dove si era tenuta la conferenza, grazie al cielo. Molti passanti si fermarono stupiti a guardarla mentre passava di corsa, senza mai cambiare espressione.

Adesso, tutta la sua attenzione era concentrata su un unico obiettivo... andarsene via da quella maledetta Trabia. Tutto il resto non aveva importanza. Quel posto le sembrava una tomba, una tomba in cui sentiva che stavano cercando di seppellirla viva. E lei era ancora lì, ad artigliare il terreno, a cercare di uscire fuori per respirare. E appena vide la nave, e l'uomo che stava a prua, fu come riemergere dalla terra. La polvere che le aveva riempito i polmoni si dissolveva, adesso respirava puro, fresco ossigeno.

Non sapeva bene come fosse successo, sembrava uno di quei vecchi film in bianco e nero. Seifer scese dalla nave e le venne incontro dal lato della banchina; e quando lei lo raggiunse, entrambi spalancarono le braccia, e Quistis gli saltò in collo. Lui fece un giro su se stesso, una cosa che nella testa di lei avveniva come una scena di un film al rallentatore. Sì, pensò a quanto sdolcinato doveva apparire quello spettacolo alla gente che stava lì intorno, una cosa da romanzetto rosa da due soldi, ma cavolo, non gliene fregava niente. Era una sensazione splendida avere qualcuno che fosse lì per lei, e soprattutto, qualcuno che fosse così felice di vederla. Seifer la rimise giù sulla banchina coperta di neve, senza però sciogliere l'abbraccio.

"Ce l'hai fatta," le disse con un sorrisetto, inclinando la fronte fino a quella di lei, tanto che i loro visi erano separati solo per qualche centimetro. "Sono fiero di te. Era una cosa che richiedeva davvero un bel coraggio, tener testa a quel bastardo. Ben fatto, professoressa."

Quistis si alzò sulle punte dei piedi per dargli un lieve bacio sulle labbra. Dopo che si furono staccati, gli rispose in tono scherzoso, "continui a dimenticarti che non sono più una professoressa."

"Beh, però mi sembra che lei possa ancora insegnarmi un paio di cosette, signorina Trepe," rispose maliziosamente, con quel sorrisetto che era il suo marchio di fabbrica.

Scuotendo la testa e alzando gli occhi al cielo per quella sbruffonata, la 'professoressa' lo prese per mano e lo condusse alla passerella. Sciolsero gli ormeggi della piccola nave, ed entro pochi minuti stavano già facendo rotta verso l'Impero di Dollet. I capelli biondi di lei ondeggiavano nella brezza marina. Seifer le si avvicinò offrendole il braccio, e la condusse giù nella sua cabina.

Aprì la porta, e con grande sorpresa di lei nella stanza c'era un letto di dimensioni normali, addirittura anche un piccolo divano.

"Ehi, Seifer," disse, fingendosi arrabbiata. "Com'è che hai fatto ad avere questa cabina, mentre a noialtri toccavano i letti a castello? Perché cavolo non abbiamo dormito qui ieri notte? Così magari non avrei avuto tutto questo torcicollo."

Seifer piegò la testa di lato, cercando di fare del suo meglio per recitare la parte dell'innocentino, e le rispose in tono lamentoso. "Mi dispiace... professoressa. L'ho vinta a una scommessa col Comandante Ragazzino, ma beh, credevo che avrebbe preferito stare appeso al soffitto in una caverna come gli altri della sua specie."

"Seifer... questo non è carino," disse, cercando di non ridere.

Si avviò verso il letto, si sfilò il cappotto bagnato e lo lasciò cadere a terra. "Sai, io credo che in realtà Squall ti piaccia, altrimenti non saresti qui. Ragazzi, perché è così difficile per voi due andare d'accordo?"

"Hyne, Quistis... da quant'era che qualcuno non ci chiamava ragazzi? Lo sai, ho ventitré anni ormai, i miei tempi di 'ragazzo' sono finiti da un pezzo. Però, sì, è un tipo che piano piano comincia a piacerti abbastanza, in quel suo modo insopportabile... come il muschio sui sassi, ma comunque comincia a piacerti. Non raccontargli che ti ho detto così, se no mi toccherà negare tutto nella maniera più assoluta."

Si tolse l'impermeabile e lo lasciò per terra, sopra alla giacca dell'uniforme da SeeD di lei. Quistis lo osservò cadere al suolo con un piccolo tonfo; era sicura che quell'affare potesse stare in piedi e camminare da solo.

"Seifer, dovresti davvero comprarti un cappotto nuovo. Direi che questo andrebbe proprio sepolto nell'inceneritore del Garden. Comunque, quand'è stata l'ultima volta che l'hai lavato?"

"Ehi, professoressa, lei è cattiva. Per quanto riguarda il lavarlo... non ha avuto un lavaggio 'ufficiale' da quando ero al Garden di Balamb. Sai com'è, lì cominciano a girare quei pettegolezzi... l'ultima volta nel reparto lavanderia sono stato accusato di aver... oh... non importa. Dopo che me ne sono andato, essere un fuggitivo 'col cappotto pulito' non era proprio in cima alla lista delle mie priorità. E comunque, poi, è l'unica cosa che mi è rimasta di..." l'espressione sul suo viso si fece diversa. Si alzò e camminò verso il finestrino, il suo atteggiamento adesso era completamente differente dalla spavalderia di prima. "Lascia perdere, non è importante. Quindi il discorso è andato bene, credo."

Quistis si alzò dal letto e con gentilezza gli si fece vicino, posandogli dolcemente la mano sulla spalla. "Seifer... per favore, parla con me. Se questa storia funzionerà, non voglio che ci siano segreti fra di noi. Ci sono già passata una volta... e credimi, non funziona. Voglio che tu senta di potermi dire qualsiasi cosa. Per favore, abbi fiducia in me."

Lui annuì a mostrare che era d'accordo, e prendendole la mano sottile la fece sedere sul divanetto.

Quasi vergognandosi della sua ritrosia, riprese, "di sicuro non vorrai saperlo... ma era un regalo di Rinoa. Me l'aveva comprato, ad agosto, quell'anno che uscivamo insieme: era un regalo per la prima volta che tentai l'esame da SeeD. Pensava sul serio che ce l'avrei fatta, anche se non aveva nemmeno la minima idea di cosa fosse la SeeD, a quei tempi. Non le importava, aveva comunque fiducia in me. Probabilmente è per questo che l'ho tenuto. Cioè, certo, Raijin e Fujin hanno sempre avuto fiducia in me, ma Rinoa era l'unica esterna a credere che avrei potuto tirar fuori qualcosa di buono dalla mia patetica vita. La amavo per questo, se non altro."

"Facciamo un patto," disse lei piano, alzandosi e mettendosi a sedere sulle sue ginocchia. Cosa che Quistis era sicura di non aver mai fatto prima, perché era quel genere d'intimità che aveva potuto soltanto sognare. Lui si reclinò un po' giù, sul morbido dei cuscini, circondandola con le braccia, assaporando una sensazione di contatto che non aveva mai provato prima. "Quando saremo fuori da tutto questo casino, te lo porterò io personalmente al lavasecco. Offro io."

"Troppo buona," fece con tono scherzoso, mentre lei gli appoggiava la testa sulla spalla. "Mettici anche due paia di pantaloni e un maglione, ed è affare fatto."

"Eh no, caro... il resto del servizio lavanderia te lo pagherai da solo. Ricordati che per allora sarò un'ex-professoressa disoccupata e divorziata, e quindi dovrò stare attenta al mio portafoglio." S'interruppe per guardarlo negli occhi, profondamente. "Sul serio, Seifer, non me ne importa da dove proviene il tuo cappotto. Sono contenta che allora avessi qualcuno che credeva in te, anche se si trattava di Rinoa. Lei vedeva in te cose che a noi... che a me erano sfuggite, o avevo deciso di ignorare. Ne sono contenta, avrei solo voluto esserci io accanto a te, allora... come avrei dovuto."

"Quistis, devi renderti conto che d'ora in poi le cose saranno difficili. Se hanno recepito il messaggio, e credimi, conosco il Cavaliere dei Ragazzini, ha ricevuto il messaggio, probabilmente domani ti rincontrerai faccia a faccia con lei. Sei pronta per questo?"

"No," rispose bruscamente. "Non credo che nessuno potrebbe esserlo, date le circostanze. Ma è una cosa che devo fare... è il prossimo passo verso il riscatto. E sono contenta di non essere più sola, da sola sarebbe stato molto più difficile. Onestamente, non credo che ce l'avrei fatta."

Lui le diede un bacio sui capelli. "Ce l'avresti fatta, Quistis. Tu ti sminuisci sempre un sacco, e invece sei una persona veramente speciale... oh, Hyne, adesso sembro te. Ma tu guarda cosa mi hai fatto, adesso ci tengo a queste cose... ma guarda che schifo."

"Sì, è così... lo so."

Rimasero entrambi in silenzio, ad ascoltare il borbottio del motore, e la sensazione del morbido rollio della nave. Tutto quello che era successo in quei pochi, ultimi giorni le ritornava in mente, e in particolare una cosa che lui aveva detto sembrava risaltare su tutte le altre. Si sentiva male a ripensare a quell'argomento, ma se doveva rivedere Rinoa il giorno dopo, Quistis voleva essere mentalmente il più preparata possibile. Ma ancora una volta, era impossibile.

"Ehi, ieri hai accennato a qualcosa su delle teorie riguardo ad Allison Bennett e al suo rapimento... che cosa intendevi?"

"Wow... speravo che questa ti fosse sfuggita. È solo che ho dei dubbi sull'intera faccenda della bambina, più che sulla storia del rapimento. Forse è il mio carattere cinico, ma qui c'è qualcosa di più di quel che appare a prima vista. Letteralmente."

"Cos'è, non credi che Rinoa abbia potuto avere una figlia? Magari è stata adottata, o qualcosa del genere... per dare a Bennett l'immagine perfetta dell' 'uomo con la famiglia' di cui aveva bisogno per le elezioni."

"No, Quistis, non dubito che Rinoa abbia avuto una bambina, è molto raro che una strega possa procreare... ma non completamente impossibile. Ho fatto un controllo prima di parlarne con te: ce ne sono stati solo quattro casi, per quanto è documentato dalla storia. E ognuna di queste streghe aveva ricevuto i poteri in giovanissima età, tutte prima dei diciotto anni. Questo spiegherebbe come i loro corpi abbiano potuto reggere la trasformazione e gli effetti fisici dell'incarnazione. Quindi sì, sono sicuro per quanto riguarda Rinoa... solo, dubito che Richard Bennett sia il padre."

Quistis si tirò su a sedere guardandolo negli occhi, confusa in volto. "Cosa? Che vorresti dire?" domandò. E poi, un improvviso terrore le prese il corpo, per un attimo si sentì indifesa nei confronti dei suoi stessi pensieri. "No, no... non può essere Squall, la bambina ha solo quattordici mesi... non avrebbe potuto essere fisicamente possibile... avrebbe dovuto averla concepita due mesi dopo che lei se n'era andata dal Garden."

"Matematicamente, sarebbe stato un mese dopo l'attacco," disse lui, andando a prendere un fascio di fogli appoggiati vicino al divano. Aprì un fascicolo e le porse la foto della bambina che aveva ricevuto tre giorni prima come supporto per l'identificazione. "Guarda questa bambina e dimmi cosa vedi... o meglio, chi vedi."

Per la seconda volta in quel giorno, Quistis Trepe-Leonhart si sentì violentemente nauseata. La piccola nella foto la guardava dritto negli occhi... letteralmente.

"Oh mio Dio... Seifer, questi occhi... io questi occhi li conosco... io..." Non riusciva ad articolare parole coerenti. L'unica cosa su cui riusciva a concentrarsi erano gli occhi di Allison, lo stesso azzurro che aveva passato infinite notti a desiderare, a sognare... e che adesso la fissava con un sorriso innocente. Senza dubbio, il sorriso di Rinoa.

"Sì, Quistis, lo so. Ho passato anni a odiare quegli occhi... li conosco anche troppo bene. L'età non può essere quella giusta... da qualche parte qui c'è qualcuno che mente. Ma da queste parti è la norma, sarebbe strano se qualcuno dicesse la verità. Tu avevi detto che Rinoa si era comportata veramente da stronza prima che se ne andasse... e dopo la gente ha pensato che era perché stava preparando l'attacco. In quegli altri pochissimi casi in cui una strega abbia fatto nascere un figlio, l'hanno tutte avuto dal loro cavaliere. Solo quel legame può essere abbastanza forte da spezzare il ciclo dell'infertilità. Nella storia, soltanto quattro coppie hanno condiviso un amore profondo abbastanza... cinque, adesso."

Quistis non riusciva a smettere di tremare. La comprensione di ogni cosa la trafisse all'improvviso. Tutto. In un istante, tutto quello che era accaduto due anni prima acquistava un senso. Qualche cosa che Ellione aveva detto doveva aver terrorizzato Rinoa... era fuggita non per proteggere se stessa, ma il bambino che aveva in grembo. Maledizione. Ovviamente, quadrava molto di più. Fino a quel momento, Rinoa stava combattendo, difendendo il Garden. Al fianco di Quistis. Ellione era la chiave, e quel segreto era morto con lei. Il comportamento di Rinoa... tornava tutto perfettamente... un altro pezzo del puzzle che ognuno di loro aveva tentato di risolvere per due anni.

"Seifer... io... io... ho lasciato in balia del mondo esterno una donna incinta e indifesa... e poi Squall... io e lui... come potrebbero mai perdonarmi, se neanche io riesco a perdonare me stessa?" Ancora tremante, crollò sul petto di Seifer, nascondendo il viso nell'incavo tra il collo e la spalla di lui, tentando disperatamente di non piangere. Lui cercò di confortarla, ma senza parlare, perché in quel momento non c'erano parole che potessero sollevarla. Doveva superare quel momento da sola. L'unica cosa che potesse fare era semplicemente essere lì, con lei. Farle capire che, per quanto sola si potesse sentire, non lo era.

*~*~*~*~*

Il dolore era troppo da sopportare; si voltò e percorse la distanza che lo separava dal veicolo. Entrò, lentamente. Squall Leonhart era morto. Nessuna sensazione era paragonabile a questa. Forse la sua redenzione era arrivata, anche se non nella forma che avrebbe desiderato. L'aveva trovata, e aveva ricevuto le risposte alle domande che non aveva osato fare. Adesso era come lei, un fuggitivo, senza nessun posto da poter chiamare casa... e totalmente, fottutamente miserabile. Sferrò con rabbia un pugno sul cruscotto, spaccando il plexiglas che proteggeva gli strumenti. Le schegge rimaste, affilate, gli strapparono il guanto di pelle nera. Il sangue scarlatto che gli colava dalla mano gocciolava lentamente sul tappetino dell'auto.

E non gliene importava niente.

Appoggiando la testa sul volante, per la prima volta pensò all'idea di metter fine alla sua vita. Mai prima di allora gli erano venuti in mente pensieri del genere, immagini che gli correvano nel cervello. Sarebbe stato così facile... le strade ghiacciate avrebbero costituito un ottimo mezzo. Lo schianto del veicolo in un burrone non gli avrebbe fatto sentire praticamente niente, se era non provare dolore quello che voleva. Una parte di lui desiderava soffrire come prima, ma adesso...

Perso com'era nel suo personale purgatorio, non si accorse che lo sportello si aprì, non si accorse del fiotto di aria fredda e gelata che entrò nel veicolo. Sentì solo il rumore del richiudersi dello sportello, e allora di colpo rivolse la sua attenzione al sedile del passeggero.

Lei era seduta lì.

I suoi capelli erano coperti di neve, bagnati, arruffati. Tremava da capo a piedi per l'effetto combinato delle emozioni e del freddo. Non lo guardava, aveva solo lo sguardo fisso davanti a sé, senza mai dare alcun segno di aver notato la presenza di lui. Per qualche minuto, rimasero seduti così, nessuno dei due aveva voglia di parlare. Ma lui provava il più immenso sollievo possibile. Adesso, lei era al corrente di tutti i suoi segreti, e dei suoi errori. Ed era disposta, un giorno, a perdonarlo. Era davvero lei quella forte.

"Squall, non dirmi niente... non adesso. Abbiamo due ore prima che il battello merci salpi dal porto... abbiamo una nave da prendere."

Lo disse senza mai guardarlo, tenendo gli occhi fissi unicamente sulla strada. Nessuna parola aveva mai avuto per lui un suono più bello di quelle... abbiamo una nave da prendere.

Chiuse gli occhi, e nella testa gli affiorarono le parole, ti amo.

Per un brevissimo istante, Squall avrebbe potuto giurarlo, dentro la sua mente lei gli rispose con riluttanza, sì... anch'io ti amo.

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto da Alessia Heartilly.
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Citazione di apertura: di Peter Ustinov, di cui non abbiamo però trovato la fonte
L'amore è un atto di perdono infinito,
uno sguardo tenero che diventa abitudine.
- Alessia Heartilly

   
 
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