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Autore: Hon_yaku    26/06/2012    5 recensioni
"Quattro cose corrompono la giustizia: timore, amore, odio e denaro."
Smoker aveva sempre pensato che quella frase, per quanto saggia e tristemente veritiera, non si sarebbe mai potuta applicare a lui.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Smoker | Coppie: Ace/Smoker
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Corrupted Justice
"Quattro cose corrompono la giustizia: timore, amore, odio e denaro."
~Proverbio italiano


I Marines, Smoker rifletté, erano tutti uguali. Tanti piccoli, deboli soldatini nelle loro belle uniformi bianche che si sottomettevano a qualcuno di ben più forte di loro per paura o nella speranza di guadagnare qualcosa — fama, denaro o potere, non lo aveva mai capito e francamente non gli interessava. Erano tutti troppo deboli ed inetti, senza alcuna abilità particolare, e nessuno di loro aveva la minima possibilità contro uno qualsiasi dei pirati che solcavano i mari in quel periodo, non con semplici fucili e fragili spade come uniche armi. Obbedivano ciecamente agli ordini provenienti dall'alto, da coloro che perseguivano la cosiddetta Giustizia Assoluta, e si rendevano protagonisti e complici di inutili violenze ed efferati delitti.

C'erano delle eccezioni naturalmente, e delle gran belle eccezioni a dirla tutta. Aokiji, per esempio, o Garp, l'Eroe, o ancora un certo Jaguar D. Saul di cui aveva sentito parlare da giovane e di cui nessuno si ricordava più. Tutti alti ufficiali, figure degne di rispetto, modelli di giustizia, umanità e coraggio da ammirare e seguire, chi più, chi meno.

Ogni tanto, però, in mezzo a quella distesa infinita fatta di divise bianche e armi scintillanti e omertà e codardia e interessi personali, qualcuno — un Marine sconosciuto, relegato su un'isola dai suoi superiori e con un grado piuttosto basso — si ribellava, ma lo faceva in sordina, di nascosto, senza sollevare inutili polveroni.

I giovani sono il futuro del mondo, dicono, e il Marine che lo aveva addestrato all'Accademia Militare di Loguetown aveva preso particolarmente a cuore quella frase.

Aveva capito che i pochi uomini che non erano disposti a sottomettere la Giustizia Morale a quella Assoluta non sarebbero mai riusciti a cambiare il mondo né tanto meno la Marina, non da soli, non se rimanevano così pochi.

Così aveva deciso di formare le nuove generazioni di Marines, cercando di aiutarli a crescere e di far sviluppare a ciascuno di loro un proprio concetto di giustizia, un ideale personale che andasse al di là di quelli imposti dall'organizzazione di cui facevano parte.

Smoker non se lo ricordava. Non ricordava né il suo nome né il suo volto, perché i Marines erano tutti uguali e raramente qualcuno si distingueva. Una cosa però gli era rimasta impressa, marchiata a fuoco nel suo cervello e ancora di più nel suo cuore, un insegnamento che non era un insegnamento, perché certe cose non possono essere né insegnate né apprese, ma solo trasmesse da un animo all'altro silenziosamente, inconsciamente.

Di quell'uomo di cui non ricordava né il nome né il volto, quel vecchio che non era né forte né ambizioso né aveva niente di speciale, a Smoker era rimasta forse la cosa più importante della sua vita: l'amore per la giustizia. Una giustizia incontrastata ed incontrastabile, uguale per tutti, in grado di lasciare libero un pirata se questi non aveva fatto niente, e per questo totalmente utopica.

E poi c'era una frase, una frase che il vecchio Marine ripeteva ogni tanto, quasi soprappensiero, come a ricordare a tutti i suoi allievi che chiunque poteva sbagliare, che anche all'uomo più giusto un giorno si sarebbe potuta presentare una tentazione a cui non avrebbe saputo resistere.

Quattro cose corrompono la giustizia: denaro, timore, odio e amore.

Smoker aveva sempre pensato che quella frase, per quanto saggia e tristemente veritiera, non si sarebbe mai potuta applicare a lui. Se avesse voluto i soldi, si sarebbe comportato da bravo burattino e si sarebbe lasciato manipolare, e, in men che non si dica, si sarebbe ritrovato tra gli alti gradi della Marina. Se avesse avuto paura, non avrebbe mandato i suoi superiori a quel paese e avrebbe fatto il bravo soldatino, non il Marine ribelle. Se si fosse lasciato sopraffare dal disprezzo per i pirati, non avrebbe permesso a Cappello di Paglia e alla sua ciurma di fuggire, ma li avrebbe arrestati semplicemente perché erano pirati, perché questo era ciò che esigeva la Giustizia Assoluta.

Poi all'improvviso le sue convinzioni — quelle stesse, apparentemente solide convinzioni su cui aveva fondato la sua vita e la sua carriera — erano state spazzate via come un banale castello di carte, inghiottite da un vortice di fuoco e fumo che le aveva brutalmente carbonizzate.

Scopare un pirata, per quanto buono e giusto questi potesse essere, era sbagliato per infiniti motivi, e certamente non trovava spazio in alcun modo all'interno della sua idea di giustizia.

Ogni tanto, tra spinte e sudore e gemiti, gli capitava di ripensare a quella frase e di chiedersi perché, tra tutte le tentazioni che avrebbero potuto sviarlo dal suo cammino, lui avesse ceduto proprio a quella.

Ma era difficile formulare pensieri coerenti quando Portgas si aggrappava con forza alla sua schiena, quando gli avvolgeva le gambe attorno ai fianchi e lo spingeva più in profondità dentro di sé, quando gemeva incontrollatamente nell'incavo del suo collo o quando affondava il viso nella sua spalla nel vano tentativo di soffocare un urlo di piacere.

L'unica cosa da cui poteva trarre un po' di conforto era il fatto — o l'illusione — che non lo faceva per amore. Che ciò che lo legava a Portgas non aveva niente a che fare con i sentimenti e tutto a che vedere con i suoi istinti più bassi, con il desiderio e la voglia di sentire quel corpo stretto al suo e di possederlo con forza, con il bisogno di ribellarsi ad una giustizia sbagliata, con l'eccitazione e il calore bruciante di un inferno di fuoco e fumo che gli offuscava i sensi e la ragione.

Ogni volta Smoker tentava di mandarlo via, di costringerlo ad andarsene, e ogni volta, immancabilmente, commetteva uno sbaglio — una carezza involontaria, un goffo tentativo di conforto, un bacio un po' più dolce del dovuto — e Portgas continuava a ritornare.

Smoker avrebbe potuto fare molte cose per allontanarlo da sé, in primis mettere finalmente in pratica le sue minacce, ma alla fine non lo faceva mai, non ci riusciva — e questo era ciò che lo faceva infuriare più di ogni altra cosa.

Poi, senza preavviso, il moccioso faceva qualcosa di buono, di onesto, di giusto — salvare un innocente, punire un colpevole, risparmiare un nemico —, e Smoker vedeva in lui la giustizia, quella stessa giustizia che lui desiderava e perseguiva da una vita.

E allora forse scopare un pirata non era più totalmente sbagliato e a Smoker non sembrava più di stare tradendo gli insegnamenti di quel vecchio Marine di cui non ricordava né il nome né il volto.


A/n:

...Io quel proverbio non l'ho mai sentito. Stavo spulciando Wikiquote per trovare qualche bella frase sulla giustizia e mi saltano fuori un sacco di proverbi mai sentiti prima, mah. Però è stato ispiratore, dai, quindi va bene U.U

Originariamente, doveva essere Garp colui che aveva trasmesso a Smoker il suo particolare concetto di giustizia (perchè io mi faccio sempre influenzare dalle fic che ho letto, e in alcune di queste il mentore di Smoker è Garp), poi ho pensato a questo Marine Non Meglio Identificato, anche se, conoscendo il personaggio, probabilmente Smoker le sue idee se le è sviluppate da solo, vivendo e facendo esperienza del mondo.

...Io continuo a chiedermi perché devo infilare SmoAce a destra e a manca. Seriamente, questa fic era partita con l'intento di parlare di Smoker, del suo passato e del suo concetto di giustizia, e guardate come è andata a finire... Bah, io proprio non mi capisco.

  
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