Al mattino mi svegliai, un po’ intorpidita. La stanza era illuminata, anche se pochissimo, dalla luce solare, così naturale e fresca. Stiracchiai le braccia e notai di essere coperta fino al collo e, soprattutto, di essere tutta sola in un letto enorme.
Sfiorai la parte destra del materasso, che nascondeva una forma umana a me conosciuta. La sua perfezione, ieri sperimentata, era impregnata fra le coperte. Le odorai, sentendomi felice e per niente imbarazzata all’idea di ieri. Okay, un po’ di vergogna c’era e non sapevo come reagire alla sua presenza perciò a una parte fui felice di non averlo lì, dall’altra temevo che fosse successo qualcosa: con Klaus bisogna sempre stare attenti.
Avvitando la coperta sul mio corpo, scappai in bagno dove mi feci una doccia. Quella volta scelsi accuratamente l’asciugamano, ampio abbastanza per coprire il mio corpo.
Indossai la solita maglietta fin troppo grande e mi diressi in cucina, dove non c’era nessuno.
Così decisi di affacciarmi fuori, dove trovai un tavolo apparecchiato per due: era già ora di pranzo?
Sorrisi e mi sedetti, attenta ad osservare ogni minimo particolare: al centro c’era un boccale pieno d’acqua e contenente tre rose rosse. I piatti erano tre, uno largo e piano, l’altro più piccolo e più alto e, infine, quello per il dolce.
Un rumore catturò la mia attenzione, mi voltai e Klaus uscì da dietro la casa, pieno di sporcizia sui capelli e con la legna sulle braccia.
Lo guardai e scoppiai a ridere, così lui mi seguì, fuggendo imbarazzato in casa.
Ci mise molto più tempo a sistemare quella legna, perciò decisi di fare il primo passo e raggiungerlo, accarezzandogli le spalle irrigidite al mio tocco.
-Da quanto sei sveglio? –Domandai, cercando di sciogliere il ghiaccio.
-Oh, da un bel po’. Tu hai dormito abbastanza, invece. Che hai fatto ieri notte di così stancante?
Lo spinsi, facendolo cadere per terra. Lui, però, si attaccò a me, trascinandomi giù.
I nostri corpi erano talmente vicini, che dovetti moderare ancora il respiro troppo affannoso. Avvicinai la mia fronte alla sua, per condividere la stessa aria, inspirata ad occhi chiusi. Poi le nostre labbra si unirono, ancora. Quella passione non si era affievolita, pensai non sarebbe mai potuto succedere. Il desiderio era tanto e sembrava incolmabile.
-Mangiamo? –Interruppe quell’esagerata voglia che spiccava da tutti i pori della nostra pelle.
Mugugnai qualcosa, intenta a mantenere salda la mia posizione sul suo corpo marmoreo sul quale premevo col bacino. Così mi prese in braccio, portandomi fuori.
-Faceva troppo caldo vicino al fuoco! –Si giustificò, sorridendo sotto i baffi.
-Sì, certo! –Sbuffai, ingoiando avidamente una fetta di pane.
-Spero tu abbia preparato qualcosa di buono! –Sorrisi, maliziosamente.
-Oh, no… non credo proprio. –Si allontanò e, l’attimo dopo, fu ancora seduto davanti a me, con due sacche di sangue strette fra le mani. Era tutta una messa in scena, il cibo vero e quello di cui avevo più bisogno l’aveva nascosto. Non chiedevo niente di meglio.
Tutte quelle distrazioni mi avevano fatto dimenticare quale, oramai, fosse la mia natura. Alla vista di quel liquido rosso, desiderato, la gola iniziò a bruciarmi. Portai una mano al collo, desiderosa di servirmene. Capii, allora, perché avevo dormito così tanto e perché mi sentivo piuttosto debole. Non mangiavo almeno da tre giorni e non me ne ero neppure accorta.
-Ne vuoi? –Chiese, stuzzicandomi.
Sentii le vene pulsare e gli occhi ardere.
-Sì! –Affermai, decisa.
Così me lo passò e, bramosamente, staccai coi denti quel tappo e finii di deglutire quella sostanza color amarena, dolce come nessuna.
Mi leccai le labbra, estasiata.
-Grazie! –Sussurrai, sentendomi improvvisamente forte e rinata.
-Non c’è di che! –Rispose, finendo con calma ciò che era rimasto.
-Bene, puoi vestirti. Ce ne andiamo. –Asserì.
-Come? –Chiesi, piuttosto confusa.
La mia reazione sorprese la vecchia Caroline, quella che avrebbe voluto fuggire da lì. Adesso i miei sentimenti colmi di rancore, lasciavano spazio al dispiacere. Quella casa era diventata così famigliare in poco più di un giorno. Avrei voluto passare altro tempo lì, chiusa nei pensieri trasportati dal vento, l’unico con cui li avrei condivisi.
-Sì, possiamo andarcene. Tyler è stato allontanato dalla zona, è riuscito a liberarsi nuovamente dal mio asservimento. E per la cronaca, non c’era nessun incantesimo. –Ammise, accarezzandomi la guancia.
-L’avevo capito! –Ribattetti, facendo una linguaccia.
Andai in camera e indossai il mio vestito, le mie scarpe in cui mi sentivo un po’ persa. Non era la comodità di una maglia vecchia e troppo larga, mi sentivo chiusa in un barattolo. Diversa.
-Pronta? –Chiese, mentre si avvicinava in camera.
Mi diedi un’ultima occhiata allo specchio.
-Sì! –Entrò in camera, sorpreso.
-Sei…
-Strana? –Domandai, leggendo il suo pensiero.
-Esatto! –Sorrise, tendendo la mano.
Inizialmente fui incerta: afferrarla o non afferrarla? Poi l’istinto prevalse sulla ragione e unii le sue dita alle mie, ancora.
Una volta in macchina, non passò molto tempo che arrivammo a Mystic Falls, specificamente davanti a casa dello sceriffo Forbes, nonché mia madre.
-Grazie per il passaggio e…
-Ci sentiamo. –Ribattè, prima che potessi farlo.
-Sì, ci sentiamo. –Aprii la portiera, insicura di ciò che avrei dovuto fare.
Klaus afferrò la mia mano e la baciò, con una delicatezza ineffabile.
-‘Sta attenta, anche se non ce ne sarà bisogno. –Rassicurò, garantendo la sua protezione.
Sorrisi e andai via. Entrai, spaesata, chiudendo la porta alle mie spalle.
Assaporai l’odore di quel bacio, portando la mano alla bocca.
-Care! –Una voce a me conosciuta, echeggiò nell’ingresso.
Dietro l’arcata c’erano Bonnie e Elena, sorprese.
-E… ehi! –Cercai di mostrarmi entusiasta, strofinandomi la mano per camuffare ciò che, in realtà, stavo facendo. Mi sentii una psicopatica.
-Che stavi facendo? –Domandò la strega, insospettita.
-Già! –Esclamò l’altra, incrociando le braccia.
-Niente! P…penso che un uccello mi abbia fatto la cacca sulla mano! Sì, mentre entravo. Così stavo strofinando le nocche! –Sorrisi, nervosamente. Che cavolo di scusa è questa, Caroline Forbes? Pensai, in preda al panico.
Elena mi riserbò un’occhiataccia, seguita da Bonnie.
-Certo! –Strepitarono, all’unisono.
Come avrei potuto comunicar loro quello che stavo iniziando a sentire? Sarebbero diventate mie nemiche, niente di più. E poi io stessa non sapevo cosa volevo, passare la notte con un ibrido non implica certamente sposarlo! E diamine! Eppure continuavo a farmi film mentali nella testa, pensando a quanto fosse difficile anche pensarlo. “Ehi, Elena! Me la sono fatta con Klaus, sai, quel ragazzo che ti voleva uccidere! Quel meschino ibrido. Bonnie, ti ricordi? Quello che ti ha minacciata per fare l’incantesimo? Ma, sapete, con me non è stato così sciagurato perciò non ci ho pensato due volte e…!”
-Care? –Domandò la ragazza di colore, mostrandosi piuttosto preoccupata.
Pensai che lei avrebbe potuto reggere l’idea, nonostante ne uscisse sempre ferita… da qualsiasi situazione. Forse proprio questa cosa l’aveva resa così forte e decisa. L’altra, invece, mi avrebbe ammazzata. Sì, Elena non mi avrebbe più rivolto la parola. Non potevo dire nulla.
-Ho lasciato Tyler! –Affermai, per sviare il discorso.
Mi avvicinai, salendo le scale con le mie amiche alle spalle.
Ci sedemmo sul letto dove raccontai loro dell’accaduto, senza specificare l’eroismo di Klaus che continuai a descrivere meschinamente.
-Quell’idiota non ha fatto niente? –Domandò Elena, ancora più arrabbiata di prima.
-Già, ha ignorato la cosa facendo sì che Tyler mi venisse addosso. Fortunatamente sono riuscita a difendermi e a farlo andare via. Poi ho obbligato quell’insulso ibrido a portarmi a casa ed eccomi qui! –Sorrisi e le abbracciai, sentendo una lacrima scivolarmi sul viso. Mi sentii una feccia umana, una nullità.
POV KLAUS
Arrivai a casa, felice come una Pasqua. Entrai ballando e muovendomi come un razzo.
Afferrai il bourbon e lo ingoiai avidamente, sentendomi sulle stelle. Accesi la radio, impostandola sul canale Jazz.
Davanti a Caroline ho cercato di contenere tutta quella carica di adrenalina, ma fra le mura di casa mia ero libero di fare ciò che volevo.
-Cos’è tutta questa felicità, Niklaus? Quella biondina te l’ha data, finalmente? –Esordì Rebekah, che aveva visto tutto nascosta dietro le colonne del soggiorno.
La afferrai per il collo, infastidito da quella situazione.
-Come osi infliggere la mia serenità? E non permetterti più a parlare di Caroline in quel modo! –Proferii, sicuro di aver trasmesso il messaggio.
Lei riuscì a liberarsi, tossendo.
-Tu non sai cosa ti riserberà quella sciocca, Nik! Non ti merita! –Disse, prima di uscire di scena definitivamente.
Note dell'autrice: Allooora, come state? Io ho ripetuto la tesina, quindi ho avuto tempo di scrivere questo capitolo che è la premessa di ciò che potrà presto succedere. Ditemi che ne pensate, eee *vi imploro!* recensiteeee! Me lo merito un po', o no? *_*Ahaha baciii