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Autore: Artemys    26/06/2012    2 recensioni
Fare i genitori è difficile, soprattutto quando ci si trova ad affrontare le paure di un piccolo mago. Draco e Hermione non capiscono perchè, da qualche giorno, il loro piccolo Altair viene a dormire nel loro letto terrorizzato da mostri immaginari. O forse, non tanto immaginari. Che cosa può spaventare un Malfoy col sangue di Hermione Granger?
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Piccolo momento di vita famigliare per Draco e Hermione alle prese con un'esperienza piuttosto comune tra i genitori. Ma la loro è una famiglia di maghi, ed anche l'esperienza più comune può trasformarsi in una piccola avventura. Spero vi piaccia.


Un raggio di sole filtrava tra le tende.
La stanza era immersa in un’ombra densa, avvolgente, interrotta solo da quel fascio di luce, che timidamente era entrato a portare il mattino.
Entrai lentamente, muovendo con attenzione i piedi nel timore di inciampare in qualche giocattolo abbandonato. L’ultima volta mi ero fatta un bel volo.
Mi avvicinai silenziosamente alla finestra e scostai i tendaggi pesanti in modo da far entrare più luce.
Il cono luminoso si allargò, rivelando il profilo di un letto dalle coltri aggrovigliate intorno al corpicino che vi si era raggomitolato dentro, e quello dell’uomo che dormiva sulla sedia a dondolo lì accanto.
Un moto di tenerezza ed emozione mi crebbe dentro, come ogni volta, e sorrisi.
Mi avvicinai con passo felpato all’ uomo dormiente.
Gli posai delicatamente la mano sul braccio, con una carezza risalii fino alla spalla, poi mi chinai su di lui e gli sfiorai la guancia con un bacio leggero, sentendo la barba ispida pungermi le labbra.
Lui si mosse, riscuotendosi dal suo sonno leggero, che non doveva essere stato molto appagante vista la scomodità alla quale si era dovuto adattare. Nonostante questo, quando aprì gli occhi e mi vide, mi accolse con un sorriso. Adoravo vederlo sorridere.
“Buongiorno” gli sussurrai.
Lui si stiracchiò, allungò braccia e gambe in avanti ed inarcò la schiena, in quel modo indolente ed elegante che mi ricordava tanto un gatto.
Mi accarezzò la guancia e mi trasse a sé per un bacio dolcissimo.
“Buongiorno” mi disse, staccandosi da me senza smettere di sorridere.
Rimanemmo per qualche secondo in silenzio, guardandoci negli occhi.
Amavo quei momenti, quei minuti strappati alla routine, tra la notte e il giorno, in cui eravamo solo noi due. Quei momenti in cui potevo perdermi ad ammirare le sfumature di grigio dei suoi occhi nella luce soffocata dalle ombre della camera da letto, cullata dalle note del silenzio che vibravano nell’ aria intorno a noi. E non importava che la stanza fosse o meno la nostra, che fossimo o meno nel nostro letto, o che stessimo in silenzio per non svegliare il bambino o per godere semplicemente della pace di quei momenti preziosi.
Poi l’incanto cambiò, arricchendosi del canto di un uccellino, e portando la mia attenzione verso il fagotto che si nascondeva tra le coperte del letto.
“Come è andata?” chiesi con un sospiro, rivolgendo un’occhiata compassionevole a lui che, di nuovo, si era dovuto sorbire una notte su quella sedia.
Draco si riavviò i capelli biondi e scomposti all’indietro e si prese il volto tra le mani, strofinandosi gli occhi.
“Almeno è rimasto qui “ esalò con una scrollata di spalle. “Non ne ha voluto sapere di dormire finché non gli ho giurato che sarei rimasto qui a fare la guardia”.
“È già qualcosa” sospirai scuotendo la testa mestamente.
“Oh si!” soffiò sarcastico Draco alzandosi dalla sedia a dondolo, che cigolò sinistramente, facendoci sobbalzare. La bloccai e scrutai preoccupata la figurina nel letto, temendo che il suo sonno fosse già finito. Nulla si mosse, tutto era silenzio.
Lanciai un’occhiata polemica a Draco che, da brava serpe, alzò il mento con fare snob e mi rivolse uno sguardo ferito.
Oh, pover’anima! Disgraziato padre che ha sofferto tutta la notte vegliando il proprio pargolo seduto su una sedia vecchia e scomoda! Come ho potuto anche solo pensare di guardarti male!?
Alzai gli occhi al cielo e tolsi lentamente la mano dal bracciolo, facendo attenzione a che la sedia a dondolo ritrovasse il proprio equilibrio statico senza cigolare. Con altrettanta lentezza raddrizzai la schiena e, prendendo per mano mio marito, uscii dalla stanza di mio figlio, augurandomi che continuasse a dormire ancora per un po’.
Scendemmo al piano di sotto, dove Draco salutò il nostro divano buttandocisi sopra a peso morto.
Lo guardai allibita e mi avvicinai al divano scrutandolo dall’ alto in basso.
Mi venne da ridere.
Lui aprì pigramente un occhio ed allungò una mano cingendomi il polso, per poi trascinarmi accanto a lui.
“Siamo allegre Mezzosangue?” mormorò con il solito ghigno stampato sulle labbra.
“Stavo solo pensando a cosa direbbe tuo padre di questo sfoggio di grazia e compostezza” replicai trattenendo a stendo l’istinto di fargli una linguaccia.
“Hn. Capirai! Quello che il vecchio Lucius non vede, non può criticare. E non hai mai visto come vivevamo nel mio dormitorio ad Hogwarts” sospirò lui alzando gli occhi al cielo, sul viso un’espressione beata mentre ricordava i bei tempi andati, quando lui e i suoi amici organizzavano festini sfrenati nei sotterranei di Serpeverde.
“Forse è meglio così. E comunque credo di averne una vaga idea, se penso solo al casino che c’era in camera da Harry e Ron…” sbuffai, leggermente irritata al pensiero delle voci che circolavano all’ epoca su Draco e sulla vita underground di Hogwarts alla quale, troppo occupata a salvare il mondo e a far rispettare regole di cui non fregava niente a nessuno, non avevo mai partecipato. Non che ai tempi ne avessi mai provato il desiderio, ma il pensiero di Draco in mezzo a tutte quelle ragazzine che gli si strusciavano contro adoranti a quelle feste mi fece rodere dalla gelosia.
“Perché? Passavi molto tempo nella stanza di Donnola e Sfregiato?” domandò gelido lui, guardandomi di traverso. Geloso. Io, tutta ringalluzzita per quella sua reazione, alzai gli occhi al cielo e presi a fare la splendida. “Oh, solo lo stretto necessario. Sai com’è, la Sala Comune non era sempre il luogo più indicato per discutere di piani segreti e complotti oscuri. E poi loro non potevano salire in camera da me, sai, la magia dei Fondatori” terminai con un gesto della mano, come a sottolineare l’ovvietà della cosa.
“Sia benedetta la bigotteria e l’ingenuità di Godric” masticò sarcastico Draco. Intenerita e sorpresa dalle reazioni che mi provocava mio marito, gli diedi un bacio sulla guancia. Lui si voltò a fissarmi per qualche secondo, poi esordì con fare perplesso “A proposito di padri… si può sapere che ha fatto il tuo a nostro figlio?”. Io sgranai gli occhi e dissi confusa “Che vuoi dire?”.
“Voglio dire che stanotte, mentre cercavo di convincere Altair a dormire nel suo letto, gli ho ricordato che oggi dovevamo andare dai tuoi e che quindi doveva fare il bravo. Ma ha detto che non ci vuole andare dal nonno Flank” disse imitando la voce di nostro figlio, ancora in difficoltà con la “r”, “e poi si è rimesso a parlare di mostri, che a quanto pare sarebbero anche a casa dei tuoi”.
Io sospirai. Quella storia stava diventando davvero assurda.
“Sembrerebbe un’invasione. Altair è sicuramente figlio tuo, ecco da chi ha preso il gusto per il dramma” replicai e stavolta, davanti alla sua espressione fintamente offesa, gli mostrai davvero un palmo di lingua.
“Hn. Sono insicuro invece a chi attribuire il merito per il suo gusto per scherzi e capricci” ironizzò Draco dandomi un pizzicotto al fianco.
“Sempre da te, tesoro” ghignai io soddisfatta. “Comunque non ne ho idea. Mia madre ha detto che l’ultima volta è andato tutto benissimo. Avevano anche fatto pace per la storia del naso” riflettei pensando a quando ero andata a prendere Altair a casa dei miei la settimana scorsa, dopo che aveva passato con loro tutto il pomeriggio, mentre io e Draco eravamo impegnati per una riunione al Ministero. Quella volta Altair aveva fatto un sacco di capricci per non andare dai nonni, o meglio, dal nonno, perché adorava mia madre esattamente come adorava nonna Cissa, ma ce l’aveva con mio padre da una settimana, da quando lui gli aveva fatto lo scherzo del “ti ho preso il naso” con le dita. Altair ci aveva creduto e si era spaventato, poi si era offeso a morte, sia per lo scherzo sia per averci creduto, e aveva messo su un broncio da manuale. Se nell’ aspetto era tutto suo padre, fatta eccezione per i ricci che gli rimbalzavano in testa, nel carattere era un miscuglio pericoloso di entrambi, il che voleva dire che era permaloso da morire.
“Si, beh, se tuo padre si improvvisa a fare finte magie e combina solo danni, non c’è da sorprendersi che Altair metta il muso” disse convinto Draco, proseguendo nella difesa del broncio di suo figlio che mi aveva fatto penare non poco, la settimana scorsa, per convincere Altair a fare la pace col nonno. Stavolta, invece di rispondergli, gli diedi semplicemente un pizzicotto sul fianco.
“Ed ecco da chi ha preso la cocciutaggine” commentai, come rivolta al soffitto.
“Ah, certo, quella è proprio colpa mia, vero?! Mia saccente e testarda mezzosangue?” ghignò sarcastico.
“Ad ogni modo” riprese, prima che potessi ribattere, “vorrei che almeno avesse preso da te un po’ di coraggio Grifondoro. Ah no, non ci sperare, lui andrà a Serpeverde! Dico solo che è abbastanza assurdo che il figlio tuo e mio abbia paura di mostri immaginari e cerchi di infilarsi ogni notte nel nostro letto. Insomma, è un mago, e soprattutto è un Malfoy!”
Io sbuffai. “Ah certo. Il nome dei Malfoy è simulacro e garanzia di stoico coraggio davanti al pericolo… Oh andiamo Draco, di te, adesso, sono d’accordo, ma non facciamo riferimenti al passato, eh!” dissi scoccando un bacio sulla guancia a mio marito, offeso nel suo onore di Auror, più che di Malfoy.
“Comunque è normale alla sua età avere gli incubi e immaginarsi le cose. Io poi, quando vedevo le ombre degli oggetti che facevo volare di notte, mi prendevo certi spaventi… Ammetto di non essere mai andata a dormire nel letto dei miei, più per orgoglio che altro, ma non c’è niente di male dopotutto. Non l’ha mai fatto prima di qualche giorno fa, e poi stanotte sei riuscito a farlo dormire nel suo letto. È già un progresso!” esclamai cercando di tranquillizzarlo.
“A parte il fatto che stanotte e la notte precedente sono stato io a non dormire nel mio letto, e ti assicuro che non s’è mosso niente in camera sua, quindi non si tratta di magia involontaria. Ti rendi conto dello spavento che ho preso quando lunedì è entrato in camera nostra piangendo terrorizzato?” sbottò Draco passandosi nervosamente una mano tra i capelli biondi.
“Hai pensato che qualcuno si stesse vendicando e che, per pareggiare i conti, avesse cercato di attaccare Altair” dissi atona, traducendo in parole quello che sapevo essere stato il suo primo pensiero, quella notte. Perché era stato anche il mio. Le ombre del passato continuavano a farci paura.
Lui non rispose, assorto nei suoi pensieri.
Lentamente mi mossi verso di lui e facendo pressione con due dita sulla linea della mascella avvicinai il suo volto al mio e lo baciai con dolcezza.
“Mezzosangue…” sospirò quando ci staccammo.
Non seppi mai cosa avesse voluto dirmi, posso solo immaginarlo.
In quel momento un urlo terrorizzato squarciò il silenzio che aveva avvolto la casa e ci gelò il sangue.
“Altair” urlammo entrambi terrorizzati, scattando in piedi e correndo verso le scale. Con un groppo in gola seguii Draco, che era corso velocemente avanti a me, e fui rincuorata nel vedere che entrambi avevamo la bacchetta in mano. Gli strepiti di Altair continuavano e il mio cuore batteva come se volesse volarmi fuori dal petto e raggiungerlo in un istante.
Arrivammo davanti alla stanza di nostro figlio affiancati e Draco spalancò la porta con un calcio, le bacchette spianate davanti a noi.
Il mio cuore si fermò per un istante ed entrambi rimanemmo sulla soglia come due statue di sale.
Un esserino strano, alto poco più di un metro e completamente rosso, fatta eccezione per la faccia e un quadrato grigio sulla pancia, saltellava ridendo intorno al letto del mio bambino terrorizzato. Non aveva dita nelle mani e nei piedi, enormi orecchie leggermente appuntite spuntavano ai lati della testa, sormontata da un’antennina che culminava in un cerchio. Nel complesso aveva un aspetto innocuo e morbido. Ma la cosa più strana e inquietante di quella creatura, ed evidentemente ciò che terrorizzava Altair, era quel viso rosa, simile a quello di un topolino, con enormi occhi marroni ed un’espressione eternamente, stolidamente, orrendamente fissa in un sorriso estatico. E quella risata fastidiosa. E quel modo idiota di saltellare da una parte all’ altra mentre, con voce acuta, chiedeva insistentemente ad Altair di giocare con lui.
Io mi portai una mano alla bocca per nascondere la risata che mi stava salendo alle labbra.
Draco urlò “Stupeficium” e un lampo rosso raggiunse l’essere saltellante, senza sortire nessun effetto. Il mostriciattolo si volse verso di noi e mosse qualche passo. Draco fece per scagliarglisi contro, ma lo bloccai, colta da un’illuminazione.
Avanzai e mi posi di fronte all’essere che, in un secondo, prese le sembianze inquietanti di Bellatrix Lestrange. Deglutii ed urlai “Riddikulus”. Bellatrix divenne un pagliaccio. Spinsi il molliccio verso il fondo della stanza, costringendolo a trasformarsi di nuovo, prima in Piton vestito da nonna di Neville e poi in mio padre con indosso la sua “fascia da scemo”, come la chiamava mia madre, che usava per fare jogging. Alla fine si rintanò nel baule dei giochi, che era stato di Draco, che Narcissa mi aveva portato una settimana fa.
Con un sospiro di sollievo mi voltai e vidi Draco lasciarsi cadere seduto accanto ad Altair. Entrambi avevano la stessa espressione sconvolta sui visi pallidi, e mi fissavano con identici occhi grigi increduli. Allora, incapace di trattenermi, feci una cosa per la quale non mi avrebbero perdonata per giorni, ma fu più forte di me. Esplosi in una grassa risata al pensiero che due Malfoy erano stati terrorizzati da un Teletubbies.

   
 
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