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Autore: Kyoya Ootori    26/06/2012    0 recensioni
AGGIUNTI DUE CAPITOLI, IL III E IL IV.
Tamaki chiuse la porta dietro di sé, incrociando le braccia ed appoggiandosi quindi ad essa, mentre percorreva con gli occhi tersi come il cielo la stanza non troppo grande, arredata semplicemente, al centro della quale si trovava una scrivania in mogano e di fronte a questa una sedia barocca di legno, sopra la quale era seduto un uomo di circa ventisette anni, dai lineamenti affilati e dalla carnagione chiara, che nemmeno considerò Tamaki, preso com’era dai conti che svolgeva quotidianamente. Tamaki, in silenzio, aspettò che finisse invano: l’uomo alla scrivania non avrebbe mai sollevato lo sguardo su di lui, benché fosse più che conscio della sua presenza in quella stanza, a meno che la situazione non l’avesse esplicitamente richiesto. E non importa cosa intendesse l’uomo alla scrivania con esplicitamente, fatto sta che Tamaki raggiunse il tavolo a grandi falcate e chiuse di scatto il portatile dell’uomo, sporgendosi verso di lui finché i loro sguardi, entrambi duri, non furono allo stesso livello. Non una parola, non un sorriso, solo un pesantissimo silenzio.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kyoya Ohtori, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Lo chiamavano "Il mani di forbice"
Questo capitolo per Roberto, che non lo saprà mai. 

Non lo sentii più per molto tempo, fino a quando non tornai in Giappone dieci anni dopo, curiosa di scoprire una cultura che non mi apparteneva più. In qualche modo, adesso me ne rendo conto, siamo cresciuti insieme.

"Caro Robert,

scrivere in inglese non è molto facile per me sai? Ho sempre parlato scorrevolmente il francese e il giapponese, mentre con l’inglese ho un po’ di difficoltà, anche se sono contenta di potermi esercitare.

Ti ho inviato una mia foto, alla fine sono riuscita a convincere mio padre, ma non mi è arrivato nulla di tuo. Mi piacerebbe sapere che aspetto hai, come sei fatto, ma se non vuoi non fa niente. Papà però dice che se non hai intenzione di inviare nulla di tuo devi restituirci la foto. Per me puoi tenerla, è di quando avevo cinque anni e in casa ce ne sono a milioni.

Ieri ho visto i miei nonni, sono venuti in Francia dal Giappone appositamente per me, e li vedrò anche oggi, non appena finisco di scrivere. Mi chiedo sempre se tu, quando ti arrivano le mie lettere, sei anche solo vagamente emozionato come lo sono io quando mi arrivano le tue.  Riempi sempre un sacco di fogli sai? E mi offri sempre tanti spunti di riflessione, e mi fai tantissime domande! Non tengo più il conto, credo che tu sia diventato qualcosa come il mio miglior amico, anche se credo che Clarisse ci resterebbe un po’ male se lo venisse a sapere.  Le mie lettere, al contrario delle tue, sono più corte, anche se conto di allungarle nel tempo.

Ultimamente a scuola ci fanno studiare cose noiose, così, anche se di nascosto, mi sono ricavata il tempo di studiare i kanjii giapponesi da un libro che mi ha portato il nonno, e che papà non deve assolutamente vedere. Non so perché, ma mio padre detesta il Giappone e tutto ciò che è collegato ad esso. Figurati che ha rinunciato a scrivere persino il suo cognome in kanji, e parla solo francese, anche se ogni tanto se ne esce con espressioni come “kawai desu?”, che significherebbe “carino vero?”, se ci si riferisce ad un’altra persona; però poi si rabbuia subito. La nonna mi ha raccontato che lui è molto frustrato, perché non riesce ad accettare che la mamma l’abbia abbandonato; dice che il loro è un “odio et amo”, almeno per lui, perché le vuole molto bene ma allo stesso tempo la detesta perché l’ha lasciato solo. La nonna mi racconta spesso di quando sono nata, e dice che papà le confessò che quello era il giorno più felice delle sua vita. Dice anche che c’erano molti suoi amici, tra i quali un certo Mitsukuni, un ometto bassino ma vivacissimo, e un tale Takashi, silenzioso e timido, due gemelli completamente identici e un uomo con gli occhiali, che stava leggermente in disparte. I nomi dei gemelli, che ogni tanto ci inviano cartoline dalla Spagna e dall’Italia, sono Hikaru e Kaoru, ma non ricordo proprio il nome del signore con gli occhiali, anche se ho un’immagine ben definita di lui nella mia testa. Si tratta della prima volta che lo vidi, in un centro per parrucchieri: ero molto piccola. Era un uomo alto, dalla pelle bianca e dai tratti affilati. Gli occhi grigio scuro,  i capelli ordinati e di un nero in cui, ne sono sicura ancora oggi, sarei potuta annegare. Mi rivolse uno sguardo frammentato dalla frangia forse un po’ troppo lunga, prima di dedicarsi ad una cliente. Forse l’ho sognato un paio di volte e quindi lo sto idealizzando, mi sembra di essere solo una sciocca ragazzina che immagina il suo Cavaliere.

Invece, raccontami di te: come sta tua sorella April? E a casa tua, che aria si respira? Scrivi, scrivi tanto Robert, io adesso ti saluto, sé è fatto tardi.

Attendendo risposta

Ochiya Haruhi

P.S. Scusa l’inglese forse un po'  incerto."


Buonasera, che credo che ormai abbiate dimenticato questa fanfic. L'ho riletta, mi è piaciuta e ho deciso che sono troppe quelle che ho lasciato a marcire nel fandom o fra i documenti del mio computer, e che le opere si portano a termine. Ho scoperto di avere questo capitolo pronto, salvato, e ho deciso di postarlo così com'è, apportando solo un paio di modifiche. 
Grazie a tutti, di cuore
Kyoya

   
 
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