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Autore: Oneipo_    26/06/2012    8 recensioni
"...spero mi perdonerai se non mi ricordo di te. Se non mi ricordo della maggior parte delle persone che mi circondano. Se non mi ricordo neanche di me stesso e di chi ero."
Louis, finalmente, sorrise.
"Eri una bella persona."
"Puoi raccontarmi?"
One-shot.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Nobody said it was easy,
No-one ever said it would be this hard,
Oh take me back to the start."

Coldplay - The Scientist

 





 
Scese le scale velocemente, sistemando la sciarpa di lana intorno al collo e stingendosi nel lungo cappotto nero.
Faceva particolarmente freddo e si preparava ad affrontare la bufera di neve che stava tormentando Londra, in quei giorni.
Si passò una mano sul viso e si rese conto che aveva la barba troppo folta, erano giorni che non la tagliava, troppo impegnato a portare avanti la sua vita.
I corti capelli, che ormai contavano più capelli grigi di quanti ne volesse, e gli occhi, seppur sempre azzurri, stanchi e non più spensierati, mettevano in risalto i suoi quarant'anni.
O meglio, i quarant'anni che avrebbe compiuto di lì a qualche giorno, la vigilia di Natale.
Eppure era convinto che non sarebbe mai cresciuto, che sarebbe rimasto sempre un vent'enne arzillo con tanti sogni da realizzare, senza impegnarsi realmente in qualcosa.
Eppure quella che era la sua vita venti anni fa, quando girava il mondo inseguendo i suoi obiettivi, quando regalava emozioni e speranze alle persone che lo ascoltavano, quando quei quattro ragazzi che lo accompagnavano erano la ragione della sua vita, sembrava essere solo un ricordo lontano.
Sorrise malinconicamente, pensando che avrebbe dovuto chiamare Liam almeno per augurargli buon Natale.
L'unico con cui ancora aveva contatti, che aveva avuto la decenza di non sparire dopo l'ultima volta. L'unico che lo chiamava ogni giorno, anche solo per sapere come si sentisse, nonostante vivesse al di là dell'oceano e avesse ritmi di vita completamente diversi dai suoi.
Scosse la testa, domandandosi cosa, effettivamente, li aveva portati a dividersi così. Non solo a smettere di cantare, ma anche a smettere di volersi bene.
Alzò le spalle, ignaro. In realtà non lo sapeva neanche lui.
 
Aprì la porta del bar e si riparò al suo interno, aspettando che la bufera si calmasse per poi raggiungere il suo ufficio.
Per lo meno lui era rimasto nel campo della musica e essere un produttore non gli dispiaceva. Era fiero dei talenti che lui stesso aveva scoperto, e che lui stesso aveva portato al successo.
Si avvicinò al bancone e ordinò un cappuccino caldo, accompagnato con un cornetto al cioccolato.
Poi si sedette al solito tavolo.
Guardò fuori la finestra e si sentì tranquillo per un secondo.
Londra ricoperta di bianco era meravigliosa. Trasmetteva pace e serenità, quella che lui cercava insistentemente in ogni cosa che viveva.
La morte di sua madre, pochi mesi prima, lo aveva completamente distrutto.
Per non parlare della separazione con sua moglie, che non aveva di certo giovato alla cosa.
Si ritrovava solo. Ricco, ma solo. E cercava di essere felice, nonostante tutto.
Louis Tomlinson, il buffone della band, non poteva non essere felice. Anche se ormai la band non esisteva neanche più.
Ma lui aveva un ruolo, e forse gli serviva per andare avanti. Si ripeteva che doveva andare avanti. In qualsiasi modo.
 
Addentò il suo cornetto, girando svogliatamente con l'altra mano il cappuccino.
E fu allora che la sentì. Quella voce calda e bassa che avrebbe riconosciuto anche in mezzo a milioni di persone.
Quella voce che non aveva dimenticato.
"Un caffè in tazza piccola, grazie." Lo ascoltò pronunciare, mentre si passava una mano sui capelli, in quel gesto solito.
Osservava le sue spalle grandi e quel corpo cresciuto eppure sempre uguale.
Alto, in forma, non eccessivamente muscoloso.
I suoi capelli, seppur da dietro, sembravano non essere cambiati minimamente.
Sempre ricci, sempre in disordine. Solo un pò più corti.
Era quasi del tutto sicuro che fosse lui e senza pensarci due volte si alzò velocemente dal tavolo, non preoccupandosi di finire la sua colazione.
Si avvicinò all'uomo e esitò qualche minuto, dandosi del codardo.
Respirò rumorosamente, poi si fece coraggio.
"Harry?" Si rese conto che la sua voce non era venuta fuori come si aspettava. Era piuttosto incerta e tremolante, ma si riscosse cercando di non farci caso.
Lo vide voltarsi. E il suo sorriso allegro, le sue fossette sempre evidenti e i suoi occhi incredibilmente verdi gli diedero la certezza che stava cercando.
Era lui, doveva essere lui.
La sua espressione cambiò velocemente nel giro di pochi secondi. Il sorriso si spense, la sua fronte si corrucciò, le sue labbra si aprirono e schiusero più di una volta.
"Ciao..." parlò lentamente, con una strana faccia confusa.
"Sei tu, sapevo eri tu."
"Ci conosciamo?"
Quella frase colpì Louis direttamente allo stomaco, al cuore, alla testa. A ogni organo avesse e fosse capace di provare un sentimento.
Respirò a fatica, evidentemente deluso.
Possibile che avesse sbagliato persona? Che sperava così tanto di rivederlo da essersi illuso fosse lui?
Deglutì, prima di continuare.
"Sono Louis, Louis Tomlinson." Spiegò poi all'uomo di fronte a lui, che non cambiò il suo viso di una virgola. Segno che quel nome non gli sembrava nulla di già risentito.
"Mi dispiace, forse hai sbagliato persona."
Gli sorrise gentilmente, tornando a concentrarsi sulla sua tazzina di caffè. Mise lo zucchero e afferrò il cucchiaino, girò lentamente, poi portò la tazza alla bocca. Un'espressione serena si disegnò sul suo viso.
Lo aveva visto mille volte bere il caffè in quel modo, non aveva dubbi fosse lui.
"No, non ho sbagliato. Harry, davvero non mi riconosci?"
La sua voce attirò di nuovo l'attenzione del ragazzo, che si voltò leggermente scocciato verso di lui. Lo studiò attentamente, prima di scuotere di nuovo la testa.
"No, spiacente."
 
In un attimo ricordò e sentì un dolore attorcigliargli le viscere.
 
Un pomeriggio di Agosto di tanti anni fa. Il sole. Il caldo. Una telefonata.
Niall. Aveva perso il conto dei giorni da quando non l'aveva più rivisto e subito la preoccupazione si fece evidente sul suo viso.
"Niall, ciao. Tutto bene?"
Lo sentì sospirare, senza dargli una risposta.
"Harry è in ospedale, Louis. In coma."
Le gambe gli cedettero, le orecchie iniziarono a fischiare.
Il suo migliore amico, o quello che una volta lo era, in coma.
Mille domande gli riempirono la testa, ma a nessuna riusciva a dare risposta.
Sarebbe dovuto andare a trovarlo? Sarebbero bastati un mazzo di fiori? Avrebbe trovato il coraggio di presentarsi in ospedale, dopo tutto il tempo passato?
 
No. La risposta a tutte quelle domande. Perchè lui non era abbastanza coraggioso per affrontare tante cose. Perchè lui amava scappare dalla realtà.
"Ti sei svegliato..." disse con la voce spezzata, facendo voltare di nuovo l'uomo.
Finalmente nella sua espressione c'era la consapevolezza, non più la confusione. La consapevolezza di aver passato un periodo difficile e di averlo superato.
"Come fai a..." si interruppe, scuotendo la testa "...si, mi sono risvegliato. Ma il coma e l'incidente mi hanno regalato una bella perdita di memoria. Per cui spero mi perdonerai se non mi ricordo di te. Se non mi ricordo della maggior parte delle persone che mi circondano. Se non mi ricordo neanche di me stesso e di chi ero."
Louis, finalmente, sorrise.
"Eri una bella persona."
"Puoi raccontarmi?"
Gli occhi azzurri dell'uomo improvvisamente si illuminarono a quella richiesta. Lo avrebbe aiutato a ricordare il suo passato, a ricordare quanto speciale fosse per lui, e per gli altri.
E raccontò.
Di come si erano conosciuti, di cosa erano diventati, di quanto potessero essere legati. Di come, senza una buona ragione, si erano separati.
Gli raccontò delle avventure passate insieme e si sentì maledettamente completo quando lo sguardo allegro del suo amico lo scrutava incuriosito, annuendo e ridendo a ciò che diceva.
E rideva anche lui, come doveva fare da tempo.
Gli canticchiò una loro canzone, scoprendo che dentro di lui, nel più profondo, la ricordava. Gli anticipava le parole, intonava la musica allegramente.
Si muoveva in passi che non sapeva di conoscere.
E non si accorsero neanche che era passata la mattinata, che ognuno sarebbe dovuto correre ai propri impegni e probabilmente non si sarebbero più rivisti.
Al solo pensiero Louis sentì una strana sensazione dentro di sè. La voglia di poter rivivere quei momenti con il suo migliore amico per il resto dei suoi giorni.
La possibilità di riaverlo accanto per tutta la sua vita, così come si erano promessi venti anni fa.
 
Scorse l'uomo alzarsi velocemente dal tavolo e indossare il suo cappotto, mentre teneva lo sguardo basso sulle sue gambe, incapace di dirgli nuovamente addio.
"Grazie."
Quella parola così piccola eppure così importante, lo costrinse però a guardarlo negli occhi.
"Per cosa?"
"Per quello che siamo stati. Sono sicuro che se mi ricordassi di te ti dovrei di certo un grazie. Sono stato fortunato ad averti come amico."
Louis scosse la testa, trattenendo le lacrime.
"No, io lo sono stato. Mi hai dato tanto, Harry. E spero che un giorno ricorderai."
Si sorrisero e per un attimo sentì la loro complicità rinascere. Per un solo attimo, pensò che ricordava, che aveva sempre ricordato chi erano stati.
Gli lanciò un'ultima occhiata, prima di vederlo aprire la porta del bar e imbattersi nel freddo dell'esterno.
Lo vide voltarsi un'ultima volta verso di lui e sorridergli.
"E' stato bello incontrarti, Boo."
Aggiunse, prima di sparire nella bufera di neve che ancora tormentava Londra.
 
E per la prima volta dopo anni, per la prima volta dopo tutto quello che aveva passato, Louis Tomlinson tornò a sorridere come faceva.
Per la prima volta si sentì nuovamente bene.
Perchè era certo di non aver ricordato a Harry di quel soprannome.
 
Quell'incontro aveva ridonato a Louis la felicità.
 

  
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