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Autore: D_Dya    26/06/2012    0 recensioni
Questa storia parla di me, dei miei sentimenti, del mio cuore, del mio dolore..... di tutto quello che provo tutti i giorni.
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Un amore talmente forte e immenso da lacerare il cuore.
Un lui e una lei.
Simili e diversi.
Cit dal 1° Capitolo
"Quando ti ho conosciuto eri indebolito, impaurito dei sentimenti che poteva provare il tuo cuore, eri diffidente con le persone che ti si cercavano di avvicinare.
Il tuo petto era pieno di dolore e rabbia.
Nei tuoi occhi vedevo riflessa la mia immagine, cosi debole e fragile. Questo mi faceva paura, ma il mio cuore voleva guarire il tuo. Anche se io stessa ero profondamente ferita."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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É una cosa che ho scritto tanto tempo fa, ora ho deciso di pubblicarla. Spero che apprezzate questa storia perché fa parte di me, del mio cuore.

Anzi c'è il mio cuore dentro.

 

Mi scuso per eventuali errori.

 

Buona lettera. 

1 capitolo

Dubbi e ricordi

 

Nella mia camera risuonano le note dei Iron e Wine. Davanti ai occhi mi si presenta la tua immagine, ormai sfocata per troppe lacrime versate o magari perché e passato tropo tempo da quando ho visto il tuo viso.

Quei lineamenti cosi delicati e fragili che non si adicono per niente ad un ragazzo come te.

Ti sei sempre disprezzato. Sul tuo viso riuscivo a leggere l’odio che provavi verso se stesso, un sentimento che ti annientava giorno dopo giorno.

Eri diventato un ombra che cercava di scomparire in tutti i modi, usavi ogni mezzo in tua disposizione per annullarti completamente.

Credevi di essere la causa di tutti i mali, cercavi di prenderti le colpe dei altri, volevi scomparire da questo mondo ridotto in ceneri.

Odiavi questo mondo che giorno dopo giorno si avvicina alla rovina.

Ma non era colpa tua, non avrei mai immaginato che in questo mondo esistessi qualcuno che si odiava più di me. Eri una parte di me, la più umana, la più buona e dolce, anche se non te rendevi conto. Riuscivi a provare dei sentimenti anche con un cuore diventato nero per aver assorbito troppo dolore. Mentre io gli avevo chiusi dietro una porta, un altro dei miei assurdi sbagli.

Io scelgo sempre la porta sbagliata, anche se ho due possibilità, io opto per quella errata. La mia mente funziona in una maniera anormale, nemmeno io riesco a comprendermi del tutto.

Credevi che la tua vita non valesi niente. Pensavi di essere una persona che non doveva esistere, vacillavi nel buio proprio come me. Entrambi eravamo immersi in una nebbia grigia che ci confondeva il cuore e la mente.

Quando ti ho conosciuto eri indebolito, impaurito dei sentimenti che poteva provare il tuo cuore, eri diffidente con le persone che ti si cercavano di avvicinare.

Il tuo petto era pieno di dolore e rabbia.

Nei tuoi occhi vedevo riflessa la mia immagine, cosi debole e fragile. Questo mi faceva paura, ma il mio cuore voleva guarire il tuo. Anche se io stessa ero profondamente ferita.

Io sapevo che dentro di te nascondevi la tua vera personalità, non so come ma percepivo che noi due eravamo la stessa immagine riflessa nello specchio. Almeno in quel momento.

Mi respingevi, cercavi di starmi lontano il più possibile ma dall'altro lato provavi attrazione verso di me, non riuscivi a comprendere ciò che ti stava accadendo.

Eri spaventato proprio come me, non riuscivamo a spiegare l’attrazione, l’energia che ci spingeva uno contro l’altra.

Solamente che in quel istante non sapevamo amare. Avevamo dimenticato che cosa voleva dire desiderare la vicinanza di una persona.

Cercavamo di reprimere quel sentimento, ci aveva feriti talmente tante volte.

Quell'emozione cosi dolce e delicata la avevamo chiusa nel nostro lato più profondo e scuro. Cercavamo di cancellarla, dimenticarla. Eravamo lacerati non sapevamo come reagire.

Lentamente abbiamo ricominciato ad aprire il nostro cuore, a far uscire quel calore che tenevamo nascosto dentro di noi perché non avevamo nessuno a cui donarlo. Ci siamo avvicinati uno al altra, giorno dopo giorno abbiamo cominciato ad abbassare le nostre difese, ci siamo detti le nostre paure più nascoste, le nostre speranze, finché non ci siamo rese conto della semplicità con cui riuscivamo a svelare i veri noi stessi, la profonda amicizia si è trasformata in qualcosa di più forte di cui avevamo paura.

Entrambi sembravamo due gatti randagi che vagavano per la città senza metta.

Eravamo smarriti nel buio e pieni di tristezza.

Credevo che se sarei riuscita a salvarti dalla tua profonda solitudine, sarei riuscita ad alzarmi da terra anche io.

Sbagliavo.

Sono sprofondata nelle tenebre più oscure.

Ogni volta che mi sfioravi riuscivi a scaldare il mio cuore che credevo ormai addormentato da tempo.

Per tutta la vita mi sono arrangiata come potevo, ma in realtà non vivevo veramente.

Ero solamente addormentata.

Ero appassita.

Quando guardavo il sole non riuscivo a percepire il suo calore, era offuscato da una bruma gelida che penetrava nella mia pelle, congelava il mio sangue e le mie vene, mi impediva di vivere.

Ero sprofondata in un sogno invernale dal quale cercavo di uscire ma senza successo, non ne avevo le forze

Il tuo cuore ha ripreso a battere prima del mio. Sei riuscito a cambiare, ti sei salvato con le notte che scrivevi nei tuoi quaderni neri, io non mi sono accolta di niente. Hai miei occhi apparivi come lo stesso ragazzo, ma dentro di me percepivo i tuoi cambiamenti, lo percepivo anche nei tuoi sguardi. Un tempo cosi cupi, erano diventati caldi e vivaci.

Senza renderti conto hai imparato ad amare e mi hai trascinato in un mondo che non credevo di poter raggiungere.

Un mondo personale pieno di luce che cercavi di proteggere.

Mi piaceva quella sensazione che i tuoi raggi luminosi avevano su di me, lentamente cominciavo a respirare, a camminare e riscoprire me stessa.

Eri diventato il mio faro personale, starti lontano era una tortura che non riuscivo a sopportare. Alcune volte questa lontananza da te mi provocava un dolore dentro più grande delle ferite che avevo già subito. Durante la notte soffrivo e pregavo di poterti rivede il giorno dopo ma alcune volte mi rendevo conto di non riuscire a raggiungerti.

Lo sapevo.

Lo sentivo.

Ormai non eri più mio.

Appartenevi a un mondo completamente differente.

In quei momenti mi rendevo conto di non essere perfetta.

Volevo rinascere per te, per ricominciare a vivere, a percepire di nuovo il vento caldo sulla mia pelle che mi sembrava solamente una dolce carezza.

Ho commesso uno sbaglio enorme.

Ho dato retta a quello che vedevo. Mi pento per quello che ho fatto. Ora sto soffrendo ancora di più perché per la mia stupidaggine ho perso la cosa più importante.

La mia aria.

Te

Avevamo un legame che solamente gli angeli potevano distruggere. Quelle magnifiche creature dalle enormi ali candide che brillano ai raggi del sole con una luce divina. Ho sempre creduto che tu fossi uno di loro, con quei occhi neri e profondi, la pelle nivea e delicata. Le tue ali erano invisibili agli occhi altrui, ma io ero in grado di vederli. Due enormi ali diventate nere per il troppo supplizio e solitudine, tenute piegate dietro la schiena.

Sei volato lontano da me, per colpa mia.

Anche oggi io vivo di te, di ogni tuo respiro.

Canticchio “american mouth big pill looming “. Perché ho collegato questa canzone proprio a te? Ormai tutto quello che ascolto mi ricorda te.

Chi sa che cosa stai facendo in questo momento?

Se qualcuno mi chiede se mi sono pentita di essere stata con te, può suonare strano ma la mia risposta sarà, no.

Infondo eri davvero in grado di capirmi e anche se mi hai fatto soffrire, non potrei mai pentirmi per qualcosa di bello che mi ha svegliato dal buio.

In tutti questi anni mi sono sempre chiesta cosa mi mancava, ora lo so. La parte che mancava per completarmi era un sogno, un desiderio da realizzare attraversando mille ostacoli.

Adesso ne ho due.

 

*

Trasferirmi ?” è stato ciò che ho pronunciato nel giorno del mio diciassettesimo compleanno.

In pochi secondi nella mia mente vidi tutto quello che mi vene in mente, tutto quello che mi stavo per lasciare alle spalle, ma anche quello che stavo per perdere.

Fino a quel età ho vissuto praticamente come un gatto randagio. Prima del divorzio dei miei con miei nonni materni, dopo il divorzio con mio nonno paterno, in un periodo successivo con mia nonna paterna. Sono praticamente vissuta senza genitori visto che mio caro paparino si è creato un’altra famiglia, mia madre cercava di sfamarmi per ciò alcune volte lavorava anche fino alle nove di sera e io non la vedevo praticamente mai.

Una parte di me voleva lasciare quel luogo che opprimeva il mio cuore, cancellare tutti i miei tormenti, tutti i ricordi che mi perseguitano come fantasmi.

Dal giorno del abbandono da parte di mio padre ho vagabondato per la città per molto tempo, ogni angolo mi ricordava qualcosa di lui. Alcune volte volevo avere degli ali per alzarmi in cielo e volare via da quella città. Ma ora che ne avevo la possibilità di abbandonare quel posto, senti una fitta profonda nel cuore. Per molto tempo mi sono dovuta arrangiare da sola.

Ho vissuto per quasi tutto il tempo con mia nonna paterna per la quale non andavo proprio matta, la persona che adoravo più in assoluto era mio nonno materno. Sono sua unica nipote femmina quindi sonno sempre stata coccolata, alcune volte anche troppo ma mi piaceva l’idea di poter contare su un adulto quando ero in difficoltà. Adoravo trascorrere del tempo con lui, avevamo la stessa mentalità, le stesse idee. Quando parlavo con lui sapevo che non mi avrebbe mai giudicata, mi avrebbe sempre appoggiata anche se stavo per sbagliare. Naturalmente non lo potevo vedere tutti i giorni perché lui abitava in campagna e io in città, era un po’ complicato incontrarci, per di più nonno aveva una fattoria da mandare aventi e un paio di campi di cui occuparsi. Ma lo adoravo, era l’unica persona di tutta la famiglia ed essere coerente e trovava sempre il tempo di ascoltarti anche durante il periodo del raccolto in cui c‘era molto da fare.

Ma nella vita c’era un’altra persona di cui non potevo fare a meno. La mia “piccola sorellina”, una ragazza dolcissima con un grande cuore. Il tempo che passavo in sua compagnia era oro liquido. Le ore con lei volavano come sabbia al vento, non mi stancavo mai di ascoltarla. Mi sono sempre domandata come mai una ragazza come lei riuscisse ad accettare le mie stranezze.

Kristina appariva in momenti inaspettati, era come un dolce gattino che percepiva quando stavo male che riusciva a guarire ogni male solamente con la sua presenza.

Se in quel periodo non avessi avuto un amica pronta ed ascoltarmi, consolarmi, fare le pazzie insieme a me, sicuramente non avrei sopportato i vari lavori che mi assegnava mia nonna e quella strega di mia zia.

Gli unici momenti in cui potevo sfogarmi erano le ore che trascorrevo con Kristina, la trascinavo con me ad esplorare le case abbandonate, ogni sabato andavo a dormire da lei e ci raccontavamo ultimi pettegolezzi. In verità era lei quella che mi metteva al corrente di ogni cosa. Anche se eravamo di religioni differenti questo non creava nessun contrasto fra di noi, anche i suoi genitori mi trattavano bene, adoravo scappare dai miei problemi per dimenticarli in quella casa in cui non venivo mai giudicata o sgridata.

Kristina era diversissima da me, per prima cosa era più piccola di un anno, era vivace e sapeva farti ridere anche nei momenti in cui volevi piangere al dirotto.

Io in quel epoca ero molto chiusa, anzi mi aprivo raramente con le persone, ogni sgridata provocava in me una reazione al quanto bizzarra, andavo in crisi, scappavo e cominciavo a piangere. Questo succedeva solamente quando ero a casa, che per me era un inferno personale che sorgeva sulla superficie della terra è non sotto.

L’unico posto dove potevo essere me stessa era la scuola. Non mi facevo mettere i piedi in testa da nessuno.

Visto che Kristy era più piccola veniva presa in giro dai ragazzi più grandi, era difficile sopravvivere in un ambiente in cui c’erano i ragazzi di classi superiori, medie e elementari. Era un incubo.

Kristy non si era ancora abituata alla vita scolastica che significava tenere la testa alta tutto il tempo e non far vedere che sei debole, speso “la mia piccola sorellina” veniva presa di mira.

Pero quando i ragazzi più grandi si sono resi conto che eravamo amiche, non osarono più toccarla, chi poteva mettere le mani sulla amica della figlia di un poco di buono come mio padre. Non ero certo una tempista, no per niente, quando in classe si faceva bacano io preferivo rimanere al mio posto andando avanti con il programma o solamente disegnando. Trovavo irritante quei stupidi a rincorressi per l’aula cose fossero in calore, lo trovavo primitivo. Preferivo il silenzio dei libri.

Adoravo fare tre cose, leggere, disegnare e cantare. Nell'ultima sono un disastro quindi cercavo di evitare, ma comunque portavo la musica con me da tutte le parti, era la mia droga del epoca per la quale ho ancora una certa dipendenza.

Per il mio diciassettesimo compleanno mia madre torno, tutta felice dicendo che aveva trovato un lavoro migliore di quello che aveva, certo ma chi voleva lavorare in una fabbrica di mobili, non lei che era dolce, fragile e molto ingenua per la sua età. Ma le volevo bene solamente perché non mi aveva abbandonato come aveva fatto quel bastardo del mio genitore, non so neanche se posso chiamarlo padre, non credo perché ormai per me e morto e sepolto sotto mille ricordi dolorosi.

Tra cui una frase che voglio cancellare ma fino a questo momento non sono riuscita. Allora scegli quella mocciosa è non me che sono tuo figlio. che razza di padre ho non me lo chiedetelo, perché per me è solamente un estraneo che tortura sia me che mia madre. Ci ha tolto tutto quello che avevamo, soldi, ha venduto persino il terreno su cui volevamo costruire una casa, quel “essere” ama solamente i soldi, non sa cosa significhi provare affetto per le persone.

Un tempo desideravo che ritornasse. Volevo ricostruire quella famiglia che era andata in catafascio, non so perché ma mi sentivo responsabile. Credevo di essere la rovina della mia famiglia, volevo rimediare. Ma non sapevo come fare.

Mi resi conto che era impossibile solamente al mio decimo compleanno.

Mio padre doveva venire a trovarmi, non vedevo l’ora forse sarei riuscita a rimediare a tutto quello che era successo con la mamma. Pero stavo commettendo un altro sbaglio. Ormai non c’era niente da fare. Mio padre aveva un’altra famiglia, un’altra moglie e un’altra figlia.

Da quel estate cominciai a vestirmi di nero.

Quando sono entrati in casa mi sembro di sprofondare in un incubo irreale. Ho cercato di fingere. Per tutto l’estate ho ricettato la parte della brava figlia che era felice di avere una sorella minore e di rivedere mio padre. Ero convinta che mio padre avesse voglia di passare del tempo con me, un altra illusione. Trascorreva tutto il tempo con mia sorella.

Io rimanevo in disparte a guardare, mentre il mio cuore moriva lentamente. Ormai dentro di me non c’era neanche un organo senza una cicatrice. La più profonda pulsa ancora, non so come farla smettere. Non riuscivo a percepire i battiti del mio cuore mal ridotto. Stavo soffrendo in silenzio.

Ma la cosa che non riuscivo a capire era come mai mio padre si era fatto fregare da una come Natasha. Era un mistero.

Era una donna veramente odiosa. Si credeva una principessa, ma non aveva niente a che vedere con la raffinatezza. Incarnava la volgarità in persona. Beveva, fumava. Trascorreva tutta la giornata in giardino.

La prima volta in cui l’ho vista cucinare, cercavo di mantenere le risate. Io al epoca ero una bambina ma sapevo molto meglio di lei come si puliva una carota o come si pelava una patata.

Nelle sue mani diventavano qualcosa di disgustoso.

Sembrava che era la prima volta che vedeva dei ortaggi.

Ancora oggi mi domando come mai quel uomo ha sposato quella dona che non è in grado di occuparsi nemmeno della propria casa.

Mentre mia madre parlava del suo lavoro da traduttrice per il quale dovevamo lasciare quella città sperduta in Ucraina per Milano la capitale della moda, nella mia mente stavo ripensando a tutto quello che stavo per dimenticare e perdere.

Kristy la mia migliore amica-sorella. Cosi dolce è ingenua pronta a cacciarsi nei guai. Miei cugini cosi dispettosi e casinisti da far saltare i nervi a chiunque. Mio nonno, un uomo ormai anziano che doveva lavorare i campi.

Potevo andarmene cosi, lasciando tutti i miei affetti e le mie disgrazie?

Da un lato volevo fuggire da miei problemi, dimenticare tutto. Ma ero consapevole che era impossibile. Le mie ombre mi avrebbero perseguitata anche al inferno. Era il mio distino soffrire al infinito. Dal ’altro lato volevo rimanere perché sapevo che solamente in quel modo sarei riuscita a superare tutte le mie paure e le debolezze che crescevano dentro di me giorno dopo giorno. Ogni giorno mi svegliavo e pregavo che fosse migliore di quello precedente, ma era sempre peggio. Ho smesso di credere in Dio da molto tempo, se esisteva veramente come poteva farmi subire delle torture cosi doloranti. Il mio cuore non riusciva più a sopportare niente. Lo avevo chiuso dentro una gabbia con le sbarre di ferro.

Che cosa potevo fare ?

Non potevo certo abbandonare mia madre. Infinitamente tenera e dolce.

Una parte di me, quale di preciso non lo so, voleva partire al più presto e lasciarsi tutto alle spalle, raggiungere un posto dove nessuno mi conosceva e sapeva la mia storia. Ricominciare a sognare, a respirare in una città senza alcun ricordo. Volevo riscrivere la mia storia. Almeno sarei riuscita a essere me stessa senza avere paura del mio passato.

Questi pensieri mi tormentavano.  








   
 
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