G r a f f i t o

Una ragazza di fronte al muro bianco.
Di fianco a lei giacciono quattro bombolette ammaccate. Lei ne afferra una, lo sguardo sempre fisso sul vuoto davanti a lei.
Il bianco la spaventa, guardandolo si ha l’ impressione di venire avvolti dal nulla assoluto, come nel peggiore dei suoi incubi infantili.
Sembra quasi che i mostri siano tornati a farle visita.
Ma i suoi occhi non hanno paura. In essi la determinazione maschera lo smarrimento.
Cosa potrebbe rappresentare un graffito?
Domanda che l’ assilla.
Non sa cosa vuole disegnare su quel muro, ma sente il bisogno disperato di farlo. Nemmeno lei sa perché questa necessità le punge il cuore.
Punta la bomboletta contro il muro.
Sta per sparare al nemico, il bianco assoluto, quel vuoto che la innervosisce.
Deve riempirlo.
Il verde dei suoi occhi cela mille tormenti che devono assolutamente trovare una via di fuga. Nella sua testa sono d’impiccio, la incastrano in eterne riflessioni inutili.
Uno spruzzo nero si fionda sull’ accecante candore, umido di tutte le tempeste delle quali è stato testimone.
Le dita si stringono spasmodiche attorno alla bomboletta.
La macchia nera prende forma, fino a somigliare ad un viso straziato dalle lacrime. Ma gli occhi nascondono una speranza remota, ancora troppo immatura per emergere.
Come per tutte le cose migliori, bisogna aspettare.
Pochi tratti sono bastati a rappresentare ciò che ha dentro, una fragile radiografia dell’ anima.
La tensione che aleggiava da qualche parte tra il cuore e l’ addome si allenta, come dopo uno spavento inutile.
Un sospiro di sollievo è il suo addio al muro che l’ ha ascoltata, immobile.