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Autore: SparkingJester    27/06/2012    0 recensioni
Imperi in guerra, principi, giullari, draghi maestosi e i loro cavalieri saranno i protagonisti di un avvenimento che metterà a soqquadro le loro menti e sconvolgerà i loro piani. Fiamme, colpi di scena comici e truculenti e una battaglia tra titani percuoteranno la vostra mente!
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All’ombra e su due rami di un albero, i due giullari riposavano placidamente. Avevano confessato di aver visto il Dragone uccidere la Guida dei Falchi. Cikra era stato intercettato, trovato con una mano imbrattata di sangue e cervella e imprigionato. Il cadavere di Algos era stato prelevato e seppellito con sontuosi funerali ed Eito, unico cavaliere rimasto, decise di andare fino in fondo. I due amici furono invitati a restare a palazzo in veste di testimoni e a passare la notte nelle camere private per gli ospiti, ovviamente sotto scorta.
Sambo dondolava una gamba avanti e indietro, con le braccia dietro la testa; Vasher era comodamente seduto, spalle al tronco, intento a rosicchiare una mela. I giardini del chiostro interno del castello erano rigogliosi e verdi e offrivano una finestra di pace dal trambusto politico della vita reale.
<< Per una volta che decido di fare tappa qua per venirti a trovare, guarda che succede: il più famoso tra tutti i cavalieri di drago esistiti sviene, impazzisce e uccide un suo compagno. Siamo diventati testimoni di un delitto e dobbiamo sottoporci a processo. Non era questa la vita che immaginavo quando ho iniziato a fare il buffone per professione. >>
<< Rilassati, Sambo. Siamo nei giardini imperiali, all’ombra di un salice e sotto la protezione delle guardie. Che abbiamo da temere? >>
<< I fantasmi… >>
<< I cosa? >>
<< Guarda! >>
Vasher non si accorse minimamente della spettrale presenza che vagava nei giardini: un fantasma, un uomo dalla forma eterea e dal colorito azzurrognolo, camminava lentamente, senza far rumore. Il passo era quello di un disperato, strascicava i piedi a terra e, con le mani aperte di fronte al viso, sembrava piangesse e gridasse.
<< No… Non ci posso credere. >>
Era Cikra. Il cavaliere dalla pelle nera stava avanzando nell’erba; si fermò e con occhi pieni di lacrime si voltò verso i rami del salice, proprio verso i due giullari. Vasher rischiò di cadere per lo spavento. Sambo si protrasse verso l’amico, gli rubò la mela di mano e la lanciò verso il cavaliere fantasma: l’oggetto attraversò il corpo senza incontrare resistenza e ruzzolò al suolo. Lo spettro non ne risentì e continuò a piangere e a mostrare le mani ai due giullari, muovendo le labbra.
<< Ma ci sta parlando? >>
<< Non lo so, Vasher. Le sue mani, guardale! Sono più scure. >>
<< Forse è sangue. Forse è il sangue di Algos. >>
La figura stava lentamente svanendo ma l’immagine era terribile: lacrime, sangue e lamenti. Le parole di Cikra non avevano alcun suono; per quanto potesse gridare, i due giullari non riuscivano a sentire niente.
<< “Aiutatemi”. >>
<< Cosa? >>
<< Sta chiedendo aiuto. Gli leggo il labiale. Dice: “Aiutatemi”. >>
<< Cosa? Perché dovremmo aiutarlo? In che modo? >>
Il fantasma scomparve e Sambo saltò giù dall’albero. Proprio in quel momento, dietro al fantasma, era apparso Bihares.
<< Oh… Maestà! >>
La maschera di Sambo toccò quasi terra per il poderoso inchino che fece; Vasher lo raggiunse e si chinò a sua volta.
<< Cosa vi prende a tutti e due? >>
<< Mi scusi, Maestà? >>
<< Vi sentivo parlare e vi ho visto fissare un punto. Eravate come… Spaventati. >>
<< Oh, oh! Non si preoccupi Maestà, va tutto bene. >>
Vasher però intervenne:
<< Si, Maestà, va tutto bene ma se non le dispiace vorremmo andare a visitare il Dragone. >>
<< E perché dovreste? >>
<< Ci dispiace un po’ per lui e vorremmo mostrargli compassione. Parlargli o magari semplicemente osservarlo. E’ la prima volta che siamo testimoni di un omicidio ed è… strano. >>
<< Non vi ho capito, ma andate pure. >>
<< Grazie, Signore. >>
I due giullari si alzarono e corsero alle spalle dell’impietrito Bihares: il poveretto era la prima volta che veniva a contatto con tali eventi e soprattutto con tali soggetti. Il vecchio scosse la testa e andò a sedersi all’ombra dello stesso salice.
Alle sue spalle, Sambo sussurrò al compagno in corsa:
<< Ma che razza di scuse ti inventi? >>
<< Non rompere, non sapevo che dire! >>

Le prigioni erano nei sotterranei del palazzo reale: posto scomodo e illogico per una prigione, ma in realtà erano solo le fondamenta di un altro edificio su cui è successivamente sorto il Palazzo Imperiale. I due buffoni attraversarono in fretta e furia i cunicoli labirintici delle prigioni, destando sospetti e curiosità tra le guardie ai lati delle celle e tra i detenuti stessi:
<< Sambo, ma che cavolo era? >>
<< Un fantasma mio caro Vasher. Probabilmente Cikra è morto e vuole essere sepolto. >>
<< Dici? >>
<< Dico. >>
Raggiunsero finalmente un’area sospetta: il corridoio era bloccato da tre guardie armate fino ai denti ed un bancone con un ufficiale. I giullari chiesero di poter passare e, dopo un breve ma approfondito controllo, furono ammanettati e scortati dalle tre guardie verso la cella del detenuto.
Sambo non era ovviamente capace di comprendere la situazione delicata e iniziò a raccontare barzellette alle guardie. Vasher era nervoso e sapeva che qualcosa stava per andare storto.
La cella era finalmente di fronte a loro: due guardie tenevano d’occhio Cikra dall’esterno, mentre altre tre restavano all’interno, vicine al detenuto, per intervenire in caso di disordini.
<< Ma… è vivo? >>
Una guardia si preoccupò di rispondere e chiarire ogni dubbio:
<< Si, il detenuto Cikra Skaolis è vivo. E’ rimasto sveglio dal momento dell’incarcerazione. E’ stato anche sottoposto a visite mediche e, oltre a un po’ di febbre e ad una piccola ferita, è perfettamente in forze. Non si può dire lo stesso della sua salute mentale però. >>
<< Ma.. ma ho visto il suo fantasma! >>
Vasher non poté credere alle sue parole; si era lasciato sfuggire una sciocchezza simile. Tutti risero eccetto Cikra. Anche Sambo rideva dal fondo della sua maschera bianca:
<< Ma che ti ridi, scemo! Da che parte stai? >>
<< Ahahaha! Scusatelo guardie, è un po’ matto il mio amico! >>
<< Senti chi parla. >>
Un boato scosse la terra:
<< Cos’è stato? >>
Si affrettò a dire una guardia dall’interno della cella. I presenti iniziarono a guardarsi attorno mentre in sottofondo un rumore di passi segnava l’avvicinarsi di qualcuno. Difatti una guardia sbucò immediatamente da dietro un angolo. Aveva il fiatone e delle strane bruciature sulla corazza parlavano da sole:
<< Svelti, Vantos sta combattendo con Baton alla piazza d’armi! >>
Le guardie si allarmarono e, eccetto quelle nella cella di Cikra, abbandonarono la posizione e fuggirono insieme alla guardia superstite. Vasher iniziava lentamente ad abbinare i nomi alle immagini finché non capì che si trattava dei draghi; Sambo era invece paralizzato. Tremante, riuscì a sussurrare:
<< L-l’accampamento, i miei amici! >>
Con furia, Sambo fece saltare le manette e Vasher si stupì di tale forza. Il giullare mascherato liberò anche l’amico e, afferrandolo per un braccio, lo trascinò con se.
<< Dobbiamo tornare! Dobbiamo aiutare! Dobbiamo salvare i miei amici! >>
Sembrava spaventato a morte, sembrava che non vi fosse cosa più importante dei suoi compagni. Vasher pensò che fosse strano poiché in due giorni non li aveva nemmeno accennati ma lo seguì senza troppe storie.

Lo spettacolo che gli si presentò quando arrivarono era spaventoso: la piazza d’armi, sede dell’accampamento  del Circo della Luna, era ora dominata da due figure imponenti che lottavano tra loro. Vantos, nero, robusto e visibilmente adirato, era intento a sputare minacciose fiamme nere su Baton, più piccolo di dimensioni, con la testa e il corpo schiacciati e affusolati e con la schiena, la testa e la punta della coda irti di aculei ossei; i resti dell’accampamento erano sparsi ovunque e piccoli fuochi neri stavano ancora bruciando residui di tendaggi, attrezzi da circo accatastati e corpi ormai privi di vita; soldati della guardia imperiale tentavano di legare Vantos con lacci e catene ma l’enorme Drago Nero faceva piazza pulita di quei fastidiosissimi insetti solo con un colpo di coda o un battito d’ali. I due draghi erano spariti dalla fine della battaglia contro i suriaki, si erano nascosti chissà dove e nessuno dei due aveva mai fatto ritorno alla Torre-Nido: un possente edificio terminante con una guglia, al cui interno vi era la dimora dei draghi dei cavalieri.
Vasher non poté credere ai suoi occhi e forse nemmeno Bihares aveva mai visto nulla di simile. Il vecchio infatti arrivò correndo alle spalle dei due giullari e, tutti insieme, rimasero paralizzati ad osservare quello spaventoso scenario.
Vantos azzannò una zampa di Baton, ma il piccolo drago irsuto menò un potente colpo di coda sul fianco scoperto del drago nero. Il colpo abbandonò decine di lance d’osso sulla carne del rivale e suscitò un’imponente fiammata nera scatenata più dal dolore che dal desiderio di colpire. Sfruttando il vantaggio, Baton ruggì, un suono stridulo e logorante, e le spine su schiena e testa si sollevarono e iniziarono a vibrare: un avvertimento. Vantos tornò in sé, spinse con le zampe anteriori verso terra e si impennò ruggendo a sua volta, un urlo di rabbia e furia omicida, un ruggito profondo, pesante e cupo. Il drago nero tornò su quattro zampe e, ignorando l’avviso del rivale, colpì anch’esso con la coda sulla schiena di Baton: la coda di Vantos, anch’essa dotata di protuberanze ossee, presentava due lame gemelle. Il colpo penetrò nella corazza e nella carne dell’animale che ruggì di rimando. Vantos estrasse la coda, seguita da un fiotto di sangue, e, approfittando del momento di dolore, sputò fiamme nella bocca di Baton. Quest’ultimo richiuse immediatamente la bocca e, sconfitto, si appallottolò. Divenne una sfera irta di aculei e impenetrabile, probabilmente per aver il tempo di riprendersi dal danno subito a bocca e gola, ma Vantos non si lasciò scoraggiare e sputò ancora fiamme nere sul dorso del drago ora diventato una palla chiodata. Baton reagì sparando centinaia di lance d’osso in tutte le direzioni: Vantos venne colpito alla gola, al petto e alle ali ma i danni più ingenti vennero assorbiti da tutto ciò che stava intorno ai due draghi: soldati vennero impalati a terra o sulle pareti del palazzo reale che faceva da sfondo, le poche tende rimaste in piedi vennero crivellate e lo stesso vale per i corpi dei compagni caduti di Sambo; lo stesso imperatore, seguito dai due buffoni, fu costretto a gettarsi a terra per evitare di essere decapitato da una di quelle spaventose lance.
La battaglia sembrava non aver fine, i due draghi avevano ancora molti assi nelle loro maniche ma qualcosa attirò l’attenzione di tutti i presenti: un canto.
Uno strano suono, flebile e dolce, risuonò nell’aria. La piazza d’armi fu costretta ad ospitare un’altra imponente figura: Tolus, il drago azzurro. Con straordinaria delicatezza, il possente drago atterrò alle spalle di Baton: Tolus era decisamente più largo e massiccio di Vantos ma questo non significava che fosse più forte. Tolus, come il padrone, era un pacifista e le sue abilità non vertevano certo sulla violenza. Vantos non vide di buon occhio quest’intrusione e iniziò a ruggire contro il nuovo arrivato; quest’ultimo rispose con un altro canto che, da come Vasher poté capire, non era un canto bensì il suo ruggito. Un ruggito morbido, leggero e sinuoso. Non poteva esistere in natura suono più rilassante e piacevole di quello. Tolus spalancò le ali e, curvandole contemporaneamente verso l’alto e verso la sua testa, formò una specie di corona alle sue spalle: visto frontalmente, Tolus avrebbe intimidito chiunque e sembrava avesse una specie di aureola o di disco dietro la testa liscia e priva di fessure. Il drago iniziò a portare il peso all’indietro e, sollevando le zampe anteriori, si poggiò sul terreno con il petto. Le zampe anteriori, libere, iniziarono a muoversi come quelle di un umano ed eseguirono alcune posizioni rituali con inesorabile lentezza. Vantos cercò di interrompere quel rituale sputando fiamme sul nuovo nemico ma Tolus aprì la bocca, più larga di quelle dei compagni, e assorbì, anzi inghiottì, tutte le fiamme.
Le pose vennero eseguite e le ali, insieme alla testa, iniziarono ad illuminarsi: Vantos sembrò calmarsi, le ali si abbassarono, la fronte, prima aggrottata per la rabbia, tornò alla normalità e il drago nero si accasciò a terra come a voler dormire. I soldati e lo stesso Baton, posti tutti frontalmente alle ali di Tolus, subirono gli stessi effetti: tutti si rilassarono, tutti abbandonarono ogni idea aggressiva, tutti lasciarono andare le armi e Baton tornò ad essere un normale drago e non più una sfera; tutti si accasciarono a terra e riposarono.
La scena,indimenticabile, aveva zittito tutti i presenti, o almeno, coloro i quali erano sopravvissuti alla furia dei due draghi. Sambo e Vasher avevano smesso di pensare e di parlare da circa dieci minuti, incantati dalle immense figure dei tre draghi, in lotta tra loro. Ma qualcosa svegliò i loro animi: un grido.
<< Fermati! >>
Una voce decisa e forte. Uno sfrigolare di tegole e un’ombra assalì la piazza d’armi: Cikra era libero. Il Dragone era in qualche modo fuggito dalle prigioni ed ora era saltato dal tetto del palazzo reale, a più di dieci metri d’altezza, e cadeva in direzione di Baton con una lancia d’osso in mano. Alle sue spalle, Eito il Pacifista, non poté che fermarsi e assistere impotente alla scena: Cikra atterrò, a piedi e petto nudi, sulla testa di Baton, ormai in trance. La lancia d’osso penetrò il suo creatore nell’occhio e, quasi per intero, si conficcò nel cervello della creatura. Bihares rimase allibito e sconcertato e la vista del sangue verde dell’animale irsuto, suscitò un conato di vomito.
Eito, in preda alla collera, saltò giù atterrando però sulla testa del suo drago e scese a terra. Con rapidità e professionalità, tra i leggeri movimenti del velo sul volto e delle vesti sotto le gambe, eseguì delle posizioni uniche con entrambe le mani, imitando il drago: delle spire di luce afferrarono le spalle di Cikra, le bloccarono con violenza, seguite dalle ginocchia. Il cavaliere nero era immobilizzato ma con evidente sforzo, con occhi spiritati e a denti stretti, si voltò verso il giullari, verso l’imperatore in particolare e disse:
<< Ridammi… la mia… Anima! >>


  
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