Lo specchio Erised, dimenticato da anni nella stanza delle
necessità, era sporco e annoiato. Niente sarebbe cambiato se quel giorno
Severus Piton non ci fosse inciampato uscendo.
Piton si fermò,
indeciso se guardare o no.
Passò una mano sulla superficie impolverata e rimase immobile.
Questa volta era qualcosa di nuovo… un campo, la nebbia, alberi qua
e là, un cimitero. Un’infinità di monumenti di marmo, fiori
appassiti vicino alle lapidi. Ed ecco ne una, la
più desiderata, una lapide nera con la scritta cupa “Severus
Piton”.
Il professore sorrise appena
e si diresse verso l’uscita. E verso il suo sogno.