Con questo scritto l'autrice non
vuole in alcun modo rappresentare la realtà. I Tokio Hotel
non mi appartengono. Ogni è evento descritto è
puramente frutto di fantasia
Die Sturm
Il
sapore dolciastro/ferroso del sangue le invase le papille gustative e
l'olfatto.
La luna
la illuminava fievolmente, e ancora più fievolmente
illuminava il viso del suo
aggressore.
-qu'est-ce
que tu pensait de faire?- le chiese con un francese maccheronico.
rimase
immobile, incassando i colpi e pregando che la smettesse e la lasciasse
morire
in pace.
Qualcuno
la esaudì: sentì le sirene della polizia in
lontananza, e il suo aggressore le
si scostò di dosso e scappò.
Riuscì
quasi a sorridere.
Di
quello che successe dopo non ricorda molto, solo che si
svegliò in una stanza
ben illuminata, bianca e spaziosa.
-ma che
cavolo ...- ma non riuscì a muovere un muscolo, un dolore
lancinante alle
costole le costrinse a distendersi nuvamente.
"diamine"
pensò "dove cazzo sono?" si guardò ancora
intorno, ma oltre a
constatare che quella stanza era davvero spoglia, non notò
nulla che potesse
aiutarla a capire dove fosse.
Non era
un'ospedale. la sua stanza non aveva nessuna sottospecie di finestra
interna
con tendine in pseudo palstica.
Nulla
del nulla più assoluto. Ora che ci faceva caso non era
nemmeno attaccata a
macchinari. Tirò un sospiro di sollievo; almeno non era in
un ospedale dove una
certa persona poteva rintracciarla.
Aveva
appena mandato a puttane la missione più "importante" della
sua vita.
E per importante intendeva l'omicidio.
Era una
sicaria della miglior qualità, il suo "capo" l'aveva scelta
per
questo ruolo così importante ed estremamente difficile.
L'incarico consisteva
nel trovare un uomo, meglio noto come Thomas Kaulitz-Trumper,
insinuarsi nella
sua vita, rubare il prototipo di un programma informatico d'elevato
livello e
poi uccidere il suo creatore.
Nonostante
il dolore atroce doveva alzarsi e continuare la sua missione. Lei era
Chantal
"le squal" Lyon. La chiavano lo squalo perchè non si fermava
davanti
a nulla, era determinata e fiutava l'odore della sua preda a metri di
distanza.
Chantal
non era sempre stata così. Chantal era cresciuta a Lille,
con i proprio
genitori, fino all'età di 12 anni quando il suo futuro capo
sterminò la sua
famiglia.
Successivamente
venne a sapere che suo padre aveva chiesto prestiti a persone poco
raccomandabili e per questo aveva pagato.
Un modo
carino per dire che non aveva rispettato i patti con Sloan.
Sloan
l'aveva risparmiata e l'aveva presa sotto la sua ala protettrice;
chissà cosa
aveva visto in lei, quale potenziale.
Chantal
ora aveva 24 anni, era alta, filiforme, capelli color ebano, pelle
bianca come
la neve e labbra rosso vermiglio.
Una
Biancaneve del XXI secolo, insomma.
Si alzò
da quel letto e raggiunse a fatica l'unica porta in quella stanza;
tirò la
maniglia e senza scricchilare si aprì.
Con
estrema cautela uscì e si ritrovò in un lungo
corridoio costellato da porte.
L'avevano salvata, ma ciò non significava che fosse al
sicuro.
Con il
maggior silenzio possibile, senza gemere per i dolori che si
aggiungevano alle
costole, percorse il corridoio.
Tutto
era avvolto da un silenzio soffocante; Chantal avrebbe voluto urlare
per
spezzarlo, ma era una mossa decisamente stupida.
Si
affrettò, per quanto le fosse possibile,
e si ritrovò difronte ad una scala che
teerminava in un portone molto
grande, in mogano.
Scese
velocemente gli scalini, maledicendo il dolore e uscì da
quella casa.
Percorse
la stradina in ghiaia posta
al centro
del giardino, che in contrasto con la casa, era ben curato e pieno di
fiori.
Non si
voltò indietro, e non si accorse di qualcuno che la guardava
uscire.
Sloan
guardava Chantal allontanarsi dalla casa. Era una delle case sicure di
Sloan.
Aveva
trovato Chantal la
sera prima,
agonizzante a quanche strada di distanza; era stupito, Chantal non si
faceva
mettere facilmente a KO. L'aggressore doveva essere stato veramente
enorme.
L'aveva
presa in braccio e l'aveva portata nella casa; l'aveva medicata e poi
l'aveva
lasciata sola. E ora la guardava andare via.
Chantal
percorse le strade che la separavano da casa sua, cercando di
controllare il
dolore che le faceva venire il sangue al cervello, sentiva un
fastidioso ronzio
ai timpani. Doveva assolutamente arrivare a casa e stendersi; aveva
anche
assolutamente bisogno di un medico, ma l'opzione "ospedale" l'aveva
lasciata perdere a priori.
Viveva
come una clandestina ormai da 6 anni, districandosi tra come cambiare
nome al
presentarsi della necessità e a come fuggire in un modo
veloce.
Dei
problemi che aveva ne aveva risolti la maggior parte, ora doveva
concentrarsi
solamente nella sua missione.
Percorse
l'ultimo isolato correndo, sentendosi il petto perforato da milioni di
spade,
finchè esausta si fermò davanti al portone del
palazzo disabitato dove lei
viveva.
Era un
casermone grigio poco distante dal centro di Montréal, che
doveva essere
abbattuto anni addietro, ma fortunatamente qualche intoppo di
scartoffie ne
aveva ritardato la distruzione e lei ne ricavò una dimora
perfetta.
Spinse
il portone, facendo appello a tutte le sue forze e poi lo richiuse
dietro di sé
una volta entrata.
Salì le
scale fino al 3 piano ed entrò nell'internò 4.
Finalmente
era a casa.
Thomas
(Tom) Kaulitz-Trumper era un ragazzo di 27 anni, che dalla vita aveva
ricevuto
molto.
La
fortuna non gli aveva sorriso fino a quando, nel 2005, venne scoperto,
insieme
al fratello gemello Wilhelm (detto Bill), da un gruppetto di produttori
tedeschi, quali Peter Hoffmann, David Jost, Pat Benzer.
Insieme
al fratello e ai due amici Georg e Gustav avevano formato i Tokio
Hotel, band
di notevole successo, che gli aveva fatto riempire le tasche.
Avevano
sfornato all'incirca 150/200 canzoni, per un complessivo di 6 album
più le
edizioni speciali.
Vi era
sempre qualche attrito, ma nel complesso, la macchina denominata Tokio
Hotel
andava bene.
Ora, a
27 anni suonati, viveva in una bella villa a Holliwood con il fratello. Aveva tutto
ciò che un ragazzo
potesse desiderare: una bella casa con piscina, ragazze, un fratello
che lo
adorava, una famiglia fantastica, amici veri ... l'unica cosa che
mancava era
probabilmente l'amore; ma di questo se ne preoccupava relativamente.
Era
fermamente convinto che sarebbe arrivato ... prima o poi.
E a 27
anni suonati, aveva avuto la bella idea di creare un programma
informatico per
chitarre, dove si poteva mixare ... il tutto completamente free.
Sarebbe
stato un boom, glielo aveva detto il suo manager; Tom Kaulitz non
aspettava
altro.
Il
manager di Tom, e supervisore dell'intera faccenda era Erick Satze, un
uomo
sulla 50, capelli brizzolati e straordinario senso dell'umorismo.
Tom
aveva preferito tenere divisi i due lavori (musicista e giovane
"hacker" come si divertiva a definirsi) e di conseguenza anche i due
manager: Erick per il computer, e David per la musica.
David in
un primo tempo ne era stato deluso, ma poi pensandoci meglio aveva
accettato le
condizioni del ragazzo.
Quest'ultimo
era all'oscuro del suo piano.
Chantal
era stesa nel suo letto, se così può essere
definito un materasso gettato a
terra, con un cartone di succo all'ACE affianco. Doveva immettere
zuccheri
nell'organismo, e visto che per il momento non disponeva di contati,
era
costretta ad adeguarsi a quello che il convento offriva.
prese il
suo computer e controllò i movimenti del suo soggetto.
Era
riuscita ad immettersi nel sistema di sorveglianza di casa Kaulitz con
molta
facilità, e con ancora più facilità
sarebbe riuscità ad entrare nella sua vita.
In quel
preciso momento il ragazzo era appena entrato nello studio dove
registrava;
Chantal lo ascoltò. Era mesi che lo teneva sott'occhio, per
imparare le sue
abitudini, per conoscerlo, e entro poche settimane la missione sarebbe
entrata
nel vivo.
Sarebbe
emigrata a Los Angeles, dove avrebbe risieduto in una villa a
Holliwood,
ovviamente pagata da Sloan.
Chantal,
aveva potuto apprendere che era un ragazzo pragmatico e sincero; aveva
uno
strano modo di stare accanto alle persone: le osservava, cercava di
comprenderle e poi aiutava, aiutava tanto.
Aveva un
cuore grande, e questo rendeva il tutto maledettamente più
difficile, come
Chantal avrebbe scoperto in seguito.
Più che
ascoltarlo, poteva solamente immaginare cosa stesse suonando, infatti
per
motivi di privacy, l'intero sistema di sorveglianza era privo di audio.
Tom
restò più di un'ora dentro lo studio,
strimpellando a volte la chitarre e altre
volte il pianoforte a coda presente.
Quando
uscì, Chantal diede un'ultima occhiata di dove fosse diretto
poi spense il
computer e cadde tra le braccia di morfeo.