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Autore: roxy_xyz    27/06/2012    4 recensioni
Battaglia finale e Pansy Parkinson non è più una Serpeverde presuntuosa, ma solo una ragazzina di 17 anni, una vittima della Guerra che non merita di morire e Harry Potter lo sa.
[Affetta da Shipping compulsivo, partecipo all'iniziativa del forum « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest.]
Genere: Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Pansy Parkinson | Coppie: Harry/Pansy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie ''Cos I love shipping. Everybody, everything, everywhere!'
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Titolo: I like it stupid
Pairing: Unimaginable Love- Harry Potter/Pansy Parkinson
Rating: Giallo
Genere: Sentimentale
Sommario: La shot è ambientata durante la battaglia finale e ho immaginato che anche Pansy si possa essere sentita impaurita, disorientata, come ogni ragazzina della sua età. La Rowling ci ha descritto uno scenario di paura e confusione generale e la mia Pansy si trova proprio in mezzo. La risata e lo scoppio a cui faccio riferimento all’inizio riguarda Fred e la sua morte.

Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome? GOD SAVE THE SHIP! I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »


I like it stupid




Aveva sentito una risata e poi un’esplosione, un fragore assordante che l’aveva privata per qualche minuto dell’udito. Un ronzio fastidioso e poi nulla, come se stesse guardando la scena dall’alto e fosse una semplice spettatrice. Non una vittima.
Non poteva essere suo il vomito che aveva sporcato le scarpe nere, e nemmeno il sangue che scorreva sul suo viso, impiastricciandole i capelli.
Fu solo quando lo vide correre, dirigersi verso di lei, che capì la gravità della situazione.
Il suo momento era giunto, e lei era completamente indifesa. Per la prima volta si guardò intorno e non vide nessuno dei suoi compagni di Casa accorrere per aiutarla. Era sola, alla mercé di un lupo mannaro che nessuno avrebbe potuto fermare. Poteva scappare, fuggire lontano da lui e, invece aspettava che questo le saltasse addosso. Strinse i denti e chiuse gli occhi, cercando di essere forte, fingendo di esserlo. Non era la prima volta dopotutto, l’aveva sempre fatto e alla fine era diventato qualcosa di naturale per lei.
Chi era Pansy Parkinson? L’aveva dimenticato persino lei.
Uno, due, tre.
Le unghie le avrebbero strappato la divisa.
Quattro, cinque, sei.
Con la lingua le avrebbe leccato il viso, sentendo il sapore del suo sangue.
Sette, otto, nove.
I denti si sarebbero conficcati sulla sua tenera pelle, privandola della vita.
Dieci, undici, dodici.
Nessun dolore.


Le sue orecchie registrarono qualcosa, un rumore, una voce lontana.
Sentì qualcosa cadere al suo fianco e finalmente si decise ad aprire gli occhi.
Fu allora che lo vide: era davanti a lei e la fissava preoccupato.
“Stai bene?”
Harry Potter.
“Stai bene?”, ripeté ancora.
Il Prescelto.
E lei mosse il capo, perché non riusciva a parlare. La polvere delle macerie sembrava avesse prosciugato la sua saliva, privandola dell’uso della parola.
“Sembri disorientata, ce la fai a camminare? Io devo andare…”
E Pansy annuì ancora, incapace di fare altro.
Harry Potter le sorrise di rimando, senza pensare agli anni in cui era stato preso in giro da lei e da tutti i Serpeverde, perché non avevano di meglio da fare che insultarlo.
Vide la mano di Potter allungarsi e poggiarsi sul suo viso. Era ruvida, sporca… calda.
“Devo andare.”
Un addio.
“Grazie.” Era la prima volta che Pansy gli parlava senza la presenza di Draco, e la sua voce le sembrò diversa, delicata.
“Ci vediamo.”
Una speranza.




Tutto si era susseguito in fretta, senza darle la possibilità di assimilare quello che era successo.
Aveva visto Harry Potter in braccio al Guardiacaccia Hagrid, ritornare in vita per combattere con Tu-Sai-Chi, e infine vincere. Un’altalena di sentimenti che non avevano fatto altro che disorientarla e aumentare la sua confusione. Sentiva le gambe tremare, e non era per un qualche pericolo imminente, ma perché stava crollando. Le sue difese stavano cedendo, una ad una. Perché?
“Ehi.” Una voce, la sua.
Vide i suoi occhi verdi e capì perché tutti, tutto il mondo magico si fidasse di lui. Sembravano spogliarti, entrare sotto la tua pelle e lenire ogni preoccupazione.
“Perché l’hai fatto?” Poteva complimentarsi con lui, dirgli quanto fosse contenta della sua vittoria, e invece aveva posto la domanda più strana, ma che per lei necessitava di una risposta.
“Scusa?” aveva domandato lui.
“Perché mi hai salvato la vita?” Istinto? Estrema bontà? Stupidità?
Harry si passò una mano tra i capelli e stirò le labbra prima di rispondere. “Non lo so.”
“Come non lo sai?” Era arrabbiata, furiosa, perché si sarebbe aspettata delle parole del genere da Draco, ma non da lui. Harry Potter aveva sempre una risposta da eroe per smuovere le masse, farle esultare. Lui era l’eroe, lei la stupida di turno.
“Non lo so… cioè, abbiamo diciassette anni e non m’importa se ci siamo sempre odiati. Nessuno merita di morire alla nostra età.”
“Sembri Silente.” Il tono di Pansy era piatto, quasi annoiato.
“Silente era un grande” aveva detto Potter, con un mezzo sorrisino fiero.
“E tu sei uno stupido.” Desiderava dirlo sin dal primo anno e anche se le aveva salvato la vita, non voleva fingere con lui.
“E tu perché parli con uno stupido?” Questa volta era stato il turno di Harry Potter di ridere e di stuzzicarla.
“Non sono poi così male gli stupidi.”


   
 
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