Uff…
si direbbe che ce l’ho fatta...
Scusate
se pubblico a quest’ora indegna, ma questo originariamente avrebbe dovuto
essere il capitolo 4, ma poi ho pensato che forse era
più semplice e più corretto pubblicare i capitoli in ordine cronologico e
questa è la prima cosa che succede, la premessa della storia...
Bene,
ora, se siete pronti ad iniziare questa seconda maratona, vi lascio leggere in
pace...
Mi è venuta un po’ triste, ma vi prometto che il prossimo sarà
più allegro.
Buona
lettura!!
Nonna
Minerva
I’ll be home for Christmas
(Missing Moments)
Ad Alektos, che non può betare, anche se sono
certa vorrebbe...
e
a Stateira, che è molto depressa...
1. La notte che cambiò due, anzi tre, vite.
Fin
da bambina aveva sempre adorato
L’atmosfera,
i regali, la sua famiglia, la neve... soprattutto la neve.
Quando
all’improvviso tutto si ricopriva di bianco ed il paesaggio fuori
dalla finestra diventava irriconoscibile ed allo stesso tempo magico.
Passava
giornate all’aperto a giocare con la neve, per poi tornare in casa tutta
intorpidita e sedersi davanti ad un fuoco scoppiettante per scaldarsi,
assaporando una dolce cioccolata calda.
Che
bei tempi erano.
Senza pensieri, preoccupazioni... nessuna maledetta guerra da combattere.
Questa non assomiglia per niente ad una
Vigilia di Natale. Pensò amaramente
Ninfadora. Dove sono le risate, i
sorrisi, dove sono finite l’atmosfera,il vischio, e
tutte le cose che fanno il Natale? Persino la neve si rifiuta di cadere
quest’anno...
La
ragazza guardò con tristezza fuori dalla finestra, per
poi voltarsi verso la stanza, alla ricerca di un solo lontanissimo segno in
quella casa che le indicasse che il giorno dopo era Natale.
Ma
già sapeva che non avrebbe trovato niente di quello che cercava.
Nessuno
aveva molta voglia di festeggiare.
Non
si avevano notizie di Harry, Ron ed Hermione, partiti ormai da mesi alla
ricerca degli Horcrux.
Voldemort
era più forte che mai e la fine della guerra sembrava sempre più lontana.
Insicurezza,
timore e preoccupazione regnavano dappertutto oramai.
Seguì
con lo sguardo tutti gli occupanti della stanza. Meno
della metà di quelli che erano una volta.
Molly
aveva preparato la cena, ma aveva perso la sua solita allegria.
Era
pallida e i suoi occhi erano stanchi per le notte
insonni trascorse a preoccuparsi per i figli.
Arthur
sedeva accanto a lei, altrettanto pallido, perso nei suoi pensieri.
Charlie
parlava con Kingsley.
Minerva
e Moody erano passati velocemente dopo cena dicendo che proprio non si potevano
fermare.
Remus
occupava una poltrona accanto al fuoco, totalmente concentrato nella lettura di
un libro che aveva preso dalla libreria, un bicchiere di Whiskey Incendiario in
mano.
La
ragazza si soffermò ad osservarlo.
L’impassibile
Remus.
Non
aveva battuto ciglio quando il giorno prima aveva
annunciato la sua intenzione di andarsene per un po’ e questo non aveva fatto
altro che rafforzare la sua convinzione.
Nonostante
avesse rinunciato da tempo all’idea di far tornare il mago sulle proprie
decisioni, e all’apparenza potesse sembrare che i suoi sentimenti per lui
fossero esattamente come Remus li aveva chiamati, un’infatuazione passeggera,
lei continuava ad amarlo profondamente ed incondizionatamente.
Non
poteva farne a meno.
Non
si decide di chi innamorarsi.
Avevano
raggiunto uno stato di convivenza civile, non sarebbero mai riusciti a
ricostruire il legame di amicizia che li univa una volta, ma almeno ora
riuscivano a stare nella stessa stanza senza che lui scappasse nel timore che
lei continuasse la sua sfuriata, o che lei si sentisse a disagio per la sua
presenza.
Probabilmente
pensava che lei avesse realizzato quale immenso errore stava per compiere nel
volersi legare a uno come lui ed ora fosse sì,
preoccupata per la guerra e tutto il resto, ma comunque sollevata e serena per
lo scampato pericolo.
Peccato
che i suoi capelli raccontassero tutt’altra storia.
Ancora
si rifiutavano di cambiare. Non volevano diventare verdi, blu, o gialli, né tanto meno rosa.
Solo
quel monotono castano spento.
Ma
lui sembrava non farci caso.
Probabilmente
si era solo immaginata che lui ricambiasse in qualche modo i suoi sentimenti.
Tutte
quelle volte quando affermava che non potevano stare insieme, che lui non provava niente,
quando c’era quella scintilla, nei suoi occhi, che a lei sembrava dicesse
proprio l’esatto contrario.
Lei
non significava niente per lui.
Niente.
Ed
ora più che mai desiderava andarsene.
Per
fortuna la sua valigia era quasi pronta e, tempo un
paio di giorni, si sarebbe lasciata alle spalle quella vita dove ancora fresco
era il ricordo della morte di Sirius, di Silente, e la consapevolezza che Remus
non l’avrebbe mai amata.
Ancora
qualche giorno e per lei sarebbe iniziata una nuova vita, nella speranza di
ritrovare presto i suoi colori, la sua allegria e, col tempo, dimenticare.
***
Remus
voltò un’altra pagina di quel libro che teneva aperto sulle gambe, senza essere
riuscito a leggere una sola parola in tutta la sera.
Non
era concentrato.
L’unica
cosa a cui riusciva a pensare era lei, ed il fatto che in pochi giorni se ne
sarebbe andata.
Bevve
distrattamente un altro sorso dal bicchiere che aveva in mano, la benvenuta
sensazione dell’alcool che gli annebbiava la mente, nella speranza di scacciare
quei tristi pensieri.
Dopo
la sfuriata all’infermeria, la notte in cui Silente era stato assassinato,
Ninfadora non lo aveva più tormentato, non le aveva più chiesto niente, e lui
era felice che alla fine avesse realizzato che era
semplicemente una follia dedicare il resto della sua giovane vita ad uno come
lui.
Poco
importava che lui ricambiasse i suoi sentimenti e che l’amasse più della sua
stessa vita, questo era l’unico modo in cui Remus
Lupin avrebbe mai potuto guardare una donna, da lontano.
Sarebbe
stato difficile non poterla più nemmeno guardare da una debita distanza, ma di
sicuro era meglio per lei.
Si
sarebbe trovata qualcuno di giovane e sano, che l’amasse e avrebbe avuto la
vita che si meritava.
A
poco a poco la stanza iniziò a svuotarsi.
Era
presto per andare a dormire, ma nessuno era dell’umore giusto per scherzare e
chiacchierare.
Ninfadora
e Remus erano gli unici rimasti.
La
ragazza si allontanò dalla finestra, lanciando un’ultima occhiata speranzosa al
giardino, e poi appoggiò il bicchiere vuoto sul tavolino, mentre Remus si
alzava ed andava a riempire di nuovo il suo, tornando al suo posto e portando
la bottiglia con sé.
“Chi
stai aspettando Tonks?” le chiese, sorseggiando il suo drink, “E’ tutta la sera che guardi fuori da quella finestra.”
A
Tonks non era sfuggito l’uso del suo cognome da parte
di lui.
Quando
Sirius ancora non era morto la chiamava ‘Ninfadora’ sempre e comunque,
non importava quanto la cosa la irritasse o lei minacciasse di vendicarsi, lui
lo faceva lo stesso, per il gusto di farla arrabbiare.
Dove sono finiti quei tempi? Si chiese.
“La
neve.” Rispose. “Aspetto la neve. Ma non credo arriverà quest’anno. Guarda.”
Disse, indicando con un gesto la stanza spoglia. “Una volta questa stanza era
piena di decorazioni in questo periodo, guardala adesso. Nessuno avrà voglia di
festeggiare domani. La neve l’avrebbe fatto sembrare un po’ più Natale, invece
sarà un giorno come tutti gli altri.”
Si
allungò sul tavolino e prese la bottiglia e riempì di nuovo il bicchiere.
Remus
sospirò profondamente.
“So
a cosa ti riferisci,” disse, “E’ strano... Molly che ha
smesso di cucinare quantità industriali di cibo e si limita a preparare lo
stretto indispensabile, l’assenza dei ragazzi che fanno baccano, niente albero,
niente decorazioni... hai ragione, non sembra Natale.”
Rimasero
in silenzio per un po’, ognuno perso nei propri pensieri.
Tonks
assaporava per la prima volta dopo tanto tempo la sensazione di riuscire a
stare da soli nella stessa stanza e parlare, senza sentirsi a disagio.
Alla
fine Remus recuperò la bottiglia ed alzò lo sguardo cercando gli occhi di lei.
“Il
bicchiere della staffa?” domandò.
La
ragazza lo guardò per qualche istante, contemplando la sua proposta.
“Perché
no,” rispose infine.
Remus
versò il liquido ambrato nel bicchiere di lei e poi fece lo stesso col suo.
Tonks
scivolò lungo il divano fino al lato più vicino a lui.
Alzarono
i bicchieri e li accostarono per un breve istante.
Nessuno
dei due aveva idea di qualcosa per cui poter brindare,
per cui si limitarono semplicemente a vuotare i bicchieri.
“A
letto adesso,” mormorò Remus, alzandosi dalla
poltrona.
Tonks
lo imitò e represse un sorriso nel vedere che nell’alzarsi Remus era abbastanza
instabile sulle gambe.
Era
alquanto insolito vedere Remus anche solo leggermente brillo.
Cercò
di appoggiarsi alla poltrona, ma la prima volta la sua mano mancò di dieci
centimetri buoni lo schienale, rischiando di mandare all’aria il suo già
precario equilibrio.
La
seconda volta riuscì ad aggrapparvisi, ma ancora faticava a stare in piedi.
In
un secondo Tonks era al suo fianco per sorreggerlo.
Gli
bastò percepire il suo alito per vedersi confermato il sospetto che non era solo
brillo, anzi, era decisamente ubriaco.
“Forza,
andiamo, ti porto a letto,” disse portandosi un
braccio di lui dietro le spalle, arrossendo furiosamente per il doppio senso
che c’era nelle sue parole e di cui si era accorta troppo tardi.
Con
un po’ di fatica riuscirono ad arrivare in cima alle tre rampe di scale che
portavano alla stanza di Remus.
Inaspettatamente,
durante l’ultima rampa Remus si era fatto abbastanza collaborativo, e non ci
avevano messo moltissimo a salire quegli ultimi gradini.
Stavano
vacando la soglia della sua stanza e lei già pregustava
il calduccio del suo letto una volta messo lui a dormire, quando Remus si
bloccò improvvisamente, spostando il braccio con cui si aggrappava a lei.
La
ragazza si voltò, confusa e vide che lui aveva chiuso la porta, e ora si
avvicinava lentamente a lei.
Senza
rendersene conto si ritrovò intrappolata fra lui e la porta.
Remus
alzò la mano e le accarezzò una guancia.
“Remus,
cosa stai fac...?”
Ma
non ebbe il tempo di finire la frase, perché le labbra screpolate di Remus
stavano sfiorando le sue in un tenero, delicato bacio.
Lui
si allontanò quasi subito, ma lei gli passò le dita fra i capelli, riportando
la sua bocca alla propria, mentre lui apriva le labbra, lasciandole
approfondire il bacio.
Baciare
Remus era come lo aveva sempre immaginato, ogni piccolissima parte di lei
fremeva per quella stupenda sensazione alla bocca dello stomaco e sembrava che
le sue ginocchia non l’avrebbero retta ancora per
molto.
Ma forse
quello dipendeva dall’alcool.
E
poi ricordò perché si trovava lì.
Remus
aveva bevuto troppo e lei l’aveva accompagnato su perché sembrava non riuscire
a reggersi in piedi.
Non
poteva approfittare di lui mentre era in quello stato.
Si
separò da lui controvoglia.
“Remus,
non possiamo farlo...” balbettò, mentre le mani di lui
che le accarezzavano i fianchi rischiavano seriamente di distruggere la sua
risoluzione.
“Perché?”
sussurrò Remus, ed un brivido le percorse la schiena alle sue parole. “Non dirmi che non lo desideri anche tu, perché non ti credo.”
Anche
tu.
Lui
desiderava fare quello che aveva fatto.
Non
era possibile, doveva essere stata colpa dell’alcool.
Ma
poi alzò lo sguardo e lesse la verità nei suoi occhi.
Lo
pensava davvero.
Allora
capì.
Capì
che tutte le barriere che lui aveva costruito fra di
loro erano crollate insieme all’ultimo bicchiere di Whiskey Incendiario.
La
sua coscienza non era lì per tormentarlo e stava facendo esattamente quello che
il suo corpo gli chiedeva di fare, tenere fra le braccia la donna che amava.
Ma
per quanto i gesti di questo Remus disinibito e temerario le dicessero
che sarebbe andato tutto bene, lei non era così stupida da non sapere che il
mattino dopo tutte le sue paure sarebbero tornate e lui l’avrebbe respinta di
nuovo, nonostante fosse certa che desiderava davvero stare con lei.
L’alcool
non stava alterando i suoi sentimenti, facendogli fare qualcosa di azzardato,
anzi, aveva dato voce ai suoi desideri più intimi e profondi.
Le
sue mani erano dappertutto nello stesso tempo, accarezzavano,
tormentavano, domandavano silenziosamente il permesso di sfiorarla, e lei non
poteva negare che la cosa le dispiacesse.
In
condizioni normali l’avrebbe fermato e se ne sarebbe andata, ma non questa
volta.
Ne
sapeva abbastanza per prevedere che lui il giorno dopo
si sarebbe svegliato con un mal di testa colossale e nessun ricordo di quello
che era successo.
Gemette quando lui le posò le labbra sul collo, solleticandola alternativamente con
la lingua e i denti.
E
poi, anche lei aveva bevuto un po’ quella sera, nemmeno lei era completamente
in sé, specialmente quando le sue mani... Merlino, fallo di nuovo ti prego...!
Non
si illudeva, quello che stava succedendo quella notte
non si sarebbe ripetuto, non avrebbe cambiato idea riguardo la sua partenza, ma
ci voleva un bel ricordo cui aggrapparsi nei momenti difficili.
E
fare l’amore con Remus sarebbe stato senza dubbio il suo ricordo più bello.
Era
tutto così... perfetto.
Accarezzò
il volto di lui e riportò le sue labbra sulle sue,
impaziente di sfiorarlo di nuovo, impaziente di avere di più.
Affondò
le mani nei capelli morbidi di Remus impedendogli di allontanarsi, scendendo
poi delicatamente lungo il collo.
Lui
rispondeva con passione ad ogni sua mossa, ad ogni suo
bacio.
Improvvisamente
le gambe toccarono il bordo del letto e un secondo dopo Tonks
era distesa sulle coperte di lana e lui sopra di lei.
Remus
infilò lentamente le mani sotto il suo maglione mentre lei tra un bacio e
l’altro iniziava a sbottonargli la camicia.
L’indumento
volò sul pavimento, seguito a ruota dalla sua camicia e poi fu il turno della
maglietta.
Le
sue mani lasciavano scie di fuoco su ogni millimetro di pelle che sfioravano.
Dopo
un po’ sembrò che le dita non fossero abbastanza, perché iniziò a posarle una
serie di baci leggeri sul collo, scendendo lungo la gola, il petto e poi sempre
più giù, mentre lei si muoveva, assecondando ogni suo tocco, decisa a
conservare ogni sensazione nella sua memoria.
***
Quando si
svegliò, fuori era ancora buio, ma una strana luce entrava dalle tendine chiuse
male.
Tonks
guardò il mago addormentato a fianco a lei.
Percorse con lo sguardo le numerose cicatrici che gli
segnavano il petto.
Delicatamente
gli scostò una ciocca di capelli dal viso e gli posò un bacio fugace sulle
labbra.
Era
bellissimo, e così voleva ricordarlo.
Scivolò
fuori dal letto il più silenziosamente e
aggraziatamente, cercando di evitare il minimo rumore, anche se probabilmente
nemmeno una mandria di elefanti in fuga l’avrebbe svegliato, ed iniziò a
rivestirsi.
Infilò
i pantaloni e si mise a cercare a tentoni la sua
maglietta.
Raccolse
il maglione e stava per metterlo, quando la sua attenzione fu catturata da
qualcosa fuori dalla finestra.
Rimase ferma di fronte al vetro gelido per alcuni
lunghissimi istanti, poi una lacrima le rigò il volto.
Aveva
iniziato a nevicare.