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Autore: minteyer    28/06/2012    8 recensioni
Odiare un qualcosa e dipendere da esso, è quello che succede la maggior parte delle volte nella vita.
Ma non sempre è un male dipendere da qualcosa di piacevole, non sempre è un male venire attratti dal dolce richiamo di ciò che, anche per un semplice ed inutile motivo, ci ostiniamo ad odiare.
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Tratto dal terzo capitolo.
“Voi ragazzi siete tutti così, pensate solo con quel coso in mezzo alle gambe e mai con la testa”
Sussurrai stringendo i denti e rialzando lo sguardo verso di lui.
Ammazzarlo, ecco cosa volevo.
“Voi ragazze mi sembrate accettare con estremo piacere quel coso che abbiamo in mezzo alle gambe
“Porco”
“Zitella”
“Maniaco”
“Verginella”
“Ti piglio a schiaffi”
“Interessante”
Si alzò alla mia minaccia e mi si avvicinò pericolosamente.
“Provaci”
Continuò in un sussurro, ed io alzai il braccio intenta a colpirlo.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Capitolo 1: Tutto ebbe inizio




Impossibile.
L’aggettivo adatto per iniziare il nuovo anno scolastico, oltre ad altri che avevo palesemente inventato non appena vidi una professoressa bassina, magrolina e bionda entrare in classe e presentarsi come se niente fosse dicendo di essere la cordinatrice nonché la tanto amata professoressa di matematica.
In un primo momento pensai fosse simpatica per via di quegli occhietti castani che si ritrovava ma mi rimangiai tutto non appena sentii la parola matematica.
Io e quella bellissima materia piena di numeri, segni e leggi non andavamo molto d’accordo da quando ero ufficialmente entrata alle superiori.
Nonostante le mie mille preghiere e i soldi spesi per le ripetizioni, non ero mai riuscita a non prendere quel maledettissimo debito in quell’insulsa materia. 
  Sbuffai massaggiandomi il polso con una mano.
Mancava soltanto la prima ora con la professoressa di algebra a guastare quella giornata così com’era iniziata, già per il fatto che avevo perso il passaggio da parte di mio padre che andava di fretta e per il fatto che mi doleva ancora il polso dopo la rovinosa caduta su uno degli scatoloni pieni di cianfrusaglie, che nonostante mio fratello fosse arrivato da tre lunghissimi giorni, mia madre ancora doveva finire di svuotare.
L’unica cosa buona della giornata era il fatto di essermi riuscita a sedere ad uno degli ultimi banchi, anche se non poteva ritenersi davvero una fortuna visto che ero rimasta sola in un banco a due abbastanza sgangherato.
E soltanto Dio sapeva quanto odiassi stare sola.
“Abbamonte”
Guardai una mia amica alzare la mano e sussurrare un quasi inesistenze ‘presente’ abbastanza scocciata.
“Cositore”
“Presente”
Alzai la mano fulminea senza pensarci e finii quasi per sentirmi staccare via il polso, feci una leggere smorfia di dolore guardandolo abbastanza gonfio.
Ma perché quel cretino di Fioravante non era rimasto nell’appartamento che nonna gli aveva prestato e starsene lì finchè non sarebbe diventato vecchio e decrepito?
Soltanto perché era un cretino patentato e nonna lo aveva rimproverato duramente e ricacciato indietro dopo averlo scoperto a fare sesso con una, sul divano del soggiorno.
Intanto i cognomi scorrevano dalla bocca della prof, come i miei pensieri sconnessi nella mia testa, e ognuno alzava la mano o rispondeva contro voglia.
“Montaleni”
Alzai lo sguardo dal mio polso sentendo un cognome nuovo in classe ma non vidi nessuno rispondere, né alzare stancamente una mano.
Dopo forse la quinta volta che la professoressa richiamò lo stesso cognome, la porta si aprì di colpo facendo entrare un ragazzo.
Un'entrata poco scenica, direi tra l'altro.
“E’ questa la 4G?”
“Si, e tu sei?”
“Montaleni”
“Siediti lì dietro, a quell’ultimo banco”
Il ragazzo, decisamente carino, annuì all’insegnate e poi lo vidi dirigersi verso di me sotto gli occhi curiosi dei ragazzi e gli sguardi famelici delle ragazze.
Non capendo decisamente quegli sguardi colmi di malizia che lanciavano le mie compagne verso il nuovo arrivato.
Ma quando lo vidi da vicino, spalancai gli occhi iniziando a boccheggiare.
Non era solamente carino, anzi era un bel pezzo di ragazzo.
Era alto e slanciato, con un fisico asciutto e decisamente attraente essendo né troppo muscoloso e né troppo snello e piatto, quello che era sicuro e che per il 90% dei casi tutte le ragazze che lo avrebbero visto, avrebbero voluto strappargli quella camicia a quadri blu e quella t-shirt aderente e grigia di dosso.
“Ciao”
Sussurrai contenta di avere qualcuno come compagno di banco e per cercare di fare un po’ di conversazione.
Lui mi scrutò con quei suoi strani occhi verde smeraldo per poi rigirarsi e guardare davanti a sé scocciato senza neanche ricambiare il saluto.
Abbassai lo sguardo delusa.
Ma cosa diamine avevo pensato?
Di certo uno così non mi avrebbe mai risposto, ma c'era da dire che però era davvero un maleducato.
Rialzai il volto soffermandomi a guardare i suoi capelli di un colore castano chiaro non so per quanto tempo, ma mi sembrò davvero troppo poco.
“Che hai da fissarmi?”
Richiamò la mia attenzione guardandomi con un sorriso malizioso.
“Nulla”
“Scommetto che ti piace quel che vedi”
Sussurrò lui sempre con quel sorrisetto stampato in volto.
Arrossii colta in flagrante voltandomi di scatto per cercare di ascoltare la professoressa parlare delle sue vacanze.
Lo sentii ridacchiare.
Già da come si era presentato era subito entrato nel gruppo di quelli che avrei volentieri scritto sul Death-note ed ora era diventato ufficialmente il primo della lista.
Stupido idiota che si credeva figo facendo il cretino, sicuramente era uno di quelli senza cervello, che appena vedevano una che gliela sbatteva in faccia andavano in fibrillazione.
Sbuffai per l’ennesima volta in quella giornata e con la coda dell’occhio per tutte e due le ore iniziali, lo notai disegnare distrattamente su un foglietto.
Era davvero un frana e scoppiai a ridere guardando una specie di scarabocchio che sembrava un aereo o qualcosa di simile, e come risposta mi beccai un suo sguardo di fuoco mentre distintamente sentii il suono della campanella coprire la mia risata.
Non appena iniziarono quei pochi minuti di ricreazione che ci concedevano, una folla di ragazzi si parò davanti al mio banco fissando il nuovo studente.
“Ciao”
Sorrise quest’ultimo facendo tutto il simpatico e ricambiando i sorrisi di tutte le ragazze, presentandosi amabilmente con tutti tranne che con la sottoscritta..
Mi alzai infastidita da tutti i miei compagni e prendendo una mia amica per un braccio la trascinai fuori verso i bagni.
 
 


                                                                                 *********  



“La stai facendo troppo esagerata ora”
Guardai la ragazza davanti a me.
Ero infastidita e scocciata dal comportamento arrogante e presuntuoso del mio nuovo compagno di banco.
“E’ insopportabile!”
Sbuffai contro Dolores, storcendo il naso e pagando una piccolissima busta di patatine rustiche alla gentile signora dietro il bancone del piccolo forno nei pressi del liceo.
Finalmente, quel primo giorno di scuola era terminato e finalmente ero sola senza l’assiduo tormento vivente, rappresentato da quel ragazzo nuovo.
“Si, ma è carino”
Squadrai la mia amica da capo a piedi storcendo il naso e uscendo dal piccolo locale mentre aprivo la busta di patatine, Dolores era una ragazza bassa, mora e abbastanza formosa, no nel senso che avesse chissà che fianchi o altro, nel senso che era abbastanza robusta.
“Può essere carino quanto vuole ma dovrebbe imparare un po’ di buone manie..”
“Grazie”
Stavo per terminare la frase quando sentii improvvisamente le mani alleggerirsi, fissai prima le mie mani vuote e poi di fronte a me trattenendomi dal proporre un atto di violenza inaudita in pubblico, come sarebbe stato quello di prenderlo a pugni e sfigurargli quel bel visetto che si ritrovava.
Come si usava dire, parlavi del diavolo e spuntavano le corna, no?
“TU.. Lascia la busta”
Ordinai abbassando lo sguardo furiosa, se non mi avrebbe ridato indietro quelle fottute patatine sarebbe morto dopo pochi minuti.
“Su, fai un po’ di carità ad un povero affamato”
“Ma chi ti conosce”
“Che maleducata”
Lo guardai ridere e sgranocchiare le MIE patatine incurante dei miei palesi pensieri omicida.
Mi lanciai su di lui cercando di prendere quella dannata busta dalle sue mani, ma lui portò una mano in alto reggendole e costringendomi a saltellare come una cogliona mentre cercavo inutilmente di riprenderle.
“Tu non parlarmi di educazione”
“Sei bassa”
Scoppiò a ridere lui guardandomi divertito e poggiandomi una mano in testa quasi per controllare la mia altezza, finendo così per scompigliarmi tutti i capelli.
“Una ragazza di un metro e settantaquattro non è affatto bassa
Sillabai la parola bassa calcando sulle lettere quasi stessi mimando un serpente, e giuro che ero vicinissima dal diventare un boa e stritolarlo fino a sentire lo scricchiolio delle sue ossa.
Sarebbe stato un piacevole suono, ma fui come risvegliata dal mio stato di trance quando vidi la piccola bustina di patatine vuota.
“Sei odioso!”
Sputai acida come la mia ex professoressa d'italiano delle medie, una povera donna che non veniva mai appagata decentemente dal marito, secondo me.
“Te sei poco gentile”
“Io non sono gentile con i ragazzi cretini, altezzosi e rompi coglioni”
“… dotati di un gran fascino e di un gran bel fisico”
Sembrò quasi finire la mia frase lanciandomi addosso una pallina fatta con la carta bianca delle patatine.
“E comunque neanche io sono gentile con le zitelle inacidite”
Continuò sicuro di sé guardandomi con uno di quei soliti ghigni che mi aveva rivolto per tutta la mattinata.
E no, quello era troppo.
Zitella inacidita a me?!
Gli pestai un piede e senza dire altro mi incamminai verso casa a testa alta.
Senza Dolores che se ne era già andata da un pezzo, sentii una specie di sibilo dietro di me.
E capendo cosa fosse, camminai vittoriosa, lasciandomi sfuggire un sorrisetto divertito quando allontanandomi lo sentii sbraitare qualcosa per via del dolore al piede.
 


 
                                                                               *********  



Appena tornata a casa, trovai sotto il condominio, dove abitavo, un motorino nero mai visto prima ed una panda blu parcheggiata vicino alla meriva nera di mio padre.
Salì le scale di corsa notando che degli scatoloni mi bloccavano il passaggio, ed ero proprio di fronte alla porta di casa mia.
La porta dell’appartamento vicino era aperta lasciando intravedere un corridoio bianco con pochi mobili.
Dovevano essere arrivati i nuovi vicini, ipotizzai secondo le informazioni che mia madre mi aveva dato la mattina precedente.
Mi affacciai lievemente facendo leva su un piede mentre con l'altro mantenevo l'equilibrio per non finire rovinosamente a terra.
Sbriciai l’interno dell'appartamento per quanto possibile e mi ritrassi arrossendo quando una signora dai capelli biondo scuro e due occhi verdi come due smeraldi, arrivò tutta sorridente guardandomi allegra.
“Buongiorno”
Salutai educatamente per poi riprendere a fissare le enormi scatole che mi bloccavano il passaggio, non che avessi tanta fretta.
“Buongiorno, devi passare? Aspetta, chiamo mio figlio per aiutarmi così hai il via libera”
Davvero una signora gentile ed educata, ma quegli occhi mi sembrava di averli già visti prima, avevano una luce penetrante molto particolare.
Non mi prolungai a pensarci su e scavalcai goffamente gli scatoloni.
“Non si preoccupi, ecco”
Dissi aggirando l’ultimo scatolone per poi bussare al campanello di casa, per lo meno essere stata trattata gentilmente da qualcuno mi aveva migliorato, anche se di poco, la giornata.
Mi madre aprì la porta e la vidi sorpresa nel trovare tutte quelle scatole, non mi degnò neanche di uno sguardo che subito si mise a fare conoscenza con la nuova vicina e per questo, scocciata, la lasciai sulla porta andando di filato in camera mia.
Una stanzetta rosa con il soffitto blu, non eccessivamente grande ma nella norma direi, anche se odiavo dannatamente quelle mura dal colore rosa confetto.
Sbuffai.
Riposo, avevo bisogno di assoluto riposo, dopo una giornata stancante come quella.
Mi buttai sul letto lasciando lo zaino a terra e afferai le cuffiette e l'I-pod dal comodino facendo così partire le canzoni del mio cantante preferito, chiusi gli occhi e liberando la mente mi rilassai.
Solo una voce aveva quel potere, e soltanto lui mi aveva rapita totalmente, sin da quando avevo sei anni.
Avrebbero potuto criticarlo in tutte le lingue del mondo, dire che essere omosessuale era sbagliato, ma non potevano rovinare quell’angelo dal sorriso paradisiaco.
Tiziano Ferro era l’unico uomo al mondo, dopo mio padre, che era riuscito ad entrare nel mio cuore.
Forse ero troppo romantica, ma le canzoni di Tiziano erano le uniche a farmi battere quell'insulso muscolo cardiaco, che molte volte mi portava solo danni, e a donarmi quella speranza di essere amata nel modo giusto un giorno o l’altro.
Sospirai sognante quando sentii le note di Ed ero contentissimo farsi spazio nella mia testa.
Finalmente, un qualcosa di bello: dormire accompagnata dalla voce di un angelo. 
 
   
 
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