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Autore: EvgeniaPsyche Rox    28/06/2012    6 recensioni
[ Long-fic sull'AkuRoku che descrive momenti quotidiani e il modo in cui si sviluppa il loro rapporto, il tutto diviso nei diversi mesi dell'anno. Ringrazio in anticipo tutti coloro che si soffermeranno a leggere.]
January -Normal-
February -Away-
March -Confused-
April -Hidden-
May -Burning-
June -Protection-
July -Doll-
August -Anger-
September -Together-
October -Sweetness-
November -Emotions-
Dicember -Mine-
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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November -Emotions- 

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Soffocò un lieve singhiozzo, mordendosi con violenza il labbro inferiore per poi sfiorare con l'indice la fredda lapide di marmo; tirò un pugno sul terreno, sibiliando qualche imprecazione a denti stretti.
Sussultò appena quando sentì una mano posarsi sulla propria spalla; si voltò lentamente e si scontrò con il debole sorriso di Roxas.
«Tutto bene?», si sforzò di domandare timidamente e Axel lo vide. Vide la maniera delicata in cui tentava di esprimersi, vide come si sforzava di toccarlo, vide il modo in cui cercava di mostrarsi, vide come non desiderava essere indiscreto, come non voleva disturbare in alcun modo i suoi sentimenti ora pieni di rabbia e dolore.
Nonostante tutto, tornò a guardare la lapide e riuscì comunque a ricambiare il sorriso, afferrando la sua fredda mano per poi strofinarla delicatamente contro la propria guancia; si immaginò che l'altro era arrossito immediatamente a quell'improvviso gesto e, infatti, così fu.
«Non preoccuparti Roxas, sto bene.», bisbigliò con tenerezza, senza smettere di sorridere. «Sapevo benissimo che sarebbe successo prima o poi. E' pur sempre mia nonna e ha una certa età, no?», domandò retoricamente, ottenendo un cenno positivo con il capo da parte del biondo.
«Sì, c'era... C'era da aspettarselo.», borbottò a fior di labbra, facendosi a malapena sentire. Lo sentiva. Sentiva il suo timore; la sua paura di sembrare in qualche modo invadente, la sua paura di essere di troppo, di ferirlo in un momento così delicato. Axel lo sentiva benissimo e per questo lo amò, lo amò più che mai perché nessuno si era mai comportato in tale maniera con lui.
«Già.», sospirò tristemente prima di proseguire. «Quello che mi ha fatto arrabbiare è stato il comportamento dei miei genitori. Diamine, è morta praticamente tre giorni fa e loro si sono degnati di chiamarmi solo oggi?», ringhiò con rabbia, stringendo con più forza la mano del giovane che sussultò appena.
«Forse... Forse non sapevano come dirtelo.», azzardò poi, osservando la schiena curva del ventenne che sospirò per una seconda volta, scuotendo la chioma rossa con aria contrariata. «Sciocchezze. Si erano semplicemente dimenticati della mia esistenza, come al solito. Non è una novità.»
«Axel...»
«Ehi, no, no, no. Non dirmi nulla. Non voglio parole di conforto.», si affrettò ad interromperlo il più grande, osservando la foto che raffigurava il volto rugoso e sorridente della nonna. «Non ne ho alcun bisogno, sul serio.»
Il suo interlocutore annuì lentamente, spostando la mano dall'altro che aveva sistemato accuratamente le rose accanto alla lapide con aria assorta, immergendosi in numerosi ricordi che pensava di aver dimenticato per sempre; Roxas alzò lo sguardo in cielo non appena vide un lampo seguito da un tuono, accorgendosi solo in quel momento delle numerose gocce che gli stavano bagnando la giacca dal colore del limone. Fortunatamente aveva intravisto i nuvoloni già da casa e aveva portato il suo ombrello verde; lo aprì goffamente, chinandosi furtivamente verso il ragazzo dai capelli scarlatti per poi sistemare accuratamente l'oggetto accanto alla lapide, incastrandolo nel terreno per riparare il suo corpo inginocchiato. Successivamente si allontanò silenziosamente di diversi passi, appoggiando impacciatamente le mani sui capelli dorati che si stavano già inzuppando a causa della pioggia, la quale era aumentata improvvisamente.
Al rosso venne in mente che a sua nonna era sempre piaciuto Roxas; con quei capelli arruffati, le labbra sottili perennemente imbronciate, quegli occhi grandi che gli davano un'aria più infantile, il viso tondo, la pelle lattea, le guance morbide e il suo aspetto così minuto che talvolta le aveva fatto pensare che fosse un bambolotto da coccolare e non un ragazzino.
Roxas. Il suo bellissimo Roxas.
Un altro tuono rieccheggiò nell'aria e il ragazzo dalle iridi verdi sobbalzò, guardandosi attorno con aria spaesata, strappato dal lago dei propri ricordi; notò l'ombrello che gli aveva permesso di rimanere perfettamente asciutto e si voltò all'indietro, alla ricerca del biondo.
E lo trovò: guardava timidamente l'ambiente circostante, quasi cercasse di leggere tutti i nomi delle lapidi di marmo e di pietra; Axel si lasciò sfuggire un tenero sorriso con gli occhi splendenti come gli smeraldi. «Ehi, vieni qui.»
Roxas sussultò, sorpreso dal sentire la calda voce dell'altro; si indicò impacciatamente e il fulvo annuì lentamente. «Sì, tu. Vedi per caso qualche altro nanerottolo nei d'intorni?»
Il quindicenne arricciò le labbra in una smorfia contrariata al solito appellattivo dovuto alla propria crescita ad effetto ritardato; mugugnò qualcosa tra sé e sé prima di avvicinarsi al compagno, inginocchiandosi con fare imbarazzato accanto a lui. Il più grande avvolse la sua spalla con un braccio, spingendolo il più possibile contro il proprio corpo per permettergli di rannicchiarsi sotto l'ombrello; sospirò e nascose il volto tra i capelli odoranti di pioggia del biondo, chiudendo istintivamente gli occhi.
Gli fu grato per essere rimasto in silenzio. Gli fu grato per non aver fatto domande inutili e per non aver accompagnato la pioggia con frasi che non avrebbero fatto altro che appesantire l'aria. Gli fu grato per essere rimasto lì, accanto a lui.
Desiderò solamente condividere il dolore in quel modo, sotto quel piccolo ombrello verde, di fronte ad una grigia lapide; sì, grigia, come il colore delle nuvole in quel momento cariche d'acqua.
Si lasciò sfuggire un singhiozzo e pianse.




«Axel, ma si può sapere dove mi stai portando?»
«Hai finito di lamentarti o vuoi andare avanti ancora per molto, mh?», al quarto rimprovero della serata Roxas sbuffò, decidendo di arrendersi di fronte al comportamento ambiguo del fulvo; continuò a tenere le braccia in avanti per evitare di scontrarsi contro qualche albero, com'era appunto successo prima, nonostante Axel lo stava reggendo dolcemente per i fianchi.
«Lo sai che oggi sei più insopportabile del solito?», chiese retoricamente, ottenendo come risposta una calda risata da parte dell'altro che gli baciò flebilmente l'orecchio sinistro, facendolo avvampare immediatamente. «Vedrai che cambierai presto idea, baby.»
Il biondo borbottò qualcosa come 'se lo dici tu...', per poi riprendere a camminare, sentendo il rumore delle proprie scarpe da ginnastica sul terriccio ricoperto da numerose foglie; il contatto dell'aria fredda sul proprio collo lo costrinse a rabbrividire e, a quanto pare, Axel se ne accorse perchè lo strinse con più forza a sé. «Hai freddo?»
«No, tranquil-»
«Roxas, hai freddo?», ripetè lui con più durezza, aspettando che l'altro svuotasse il sacco. «Se sai già la risposta, perché continui a chiedermelo?»
Il ventenne rimase un attimo allibito da quella domanda; successivamente soffocò una risata e scosse la chioma rossa, stampando un umido bacio sulla morbida guancia del giovane. «Questa volta te lo concedo; hai fatto una bella domanda.»
«Modestamente.», ribattè sarcasticamente il più piccolo, sfiorando con il palmo della mano una ruvida corteccia.
«A sinistra.», sentì sussurrare accanto al proprio orecchio; annuì lentamente, spostandosi nella direzione indicata.
«Non manca ancora molto, non preoccuparti.», era tutto il giorno che quella sottospecie di diavolo dai capelli fiammeggianti lo sorprendeva; la mattina si era ritrovato il suo radioso volto con in mano un vassoio, augurandogli il buongiorno con una deliziosa colazione a letto; a pranzo lo aveva portato in un magnifico ristorante; durante il pomeriggio, invece, aveva ricevuto una festa a sorpresa, trovandosi in casa anche gente che non conosceva; e ora questa assurda ricerca notturna.
Oh, giusto. Era il suo compleanno. Sedici anni finalmente. Un'età piuttosto importante, almeno così dicevano.
La verità era che l'unica cosa a cui lui mirava era di crescere almeno un paio di centimetri in più.
Axel fece improvvisamente pressione sulla sua pancia, il che lo costrinse a fermarsi immediatamente. «Siamo arrivati, piccoletto.», annunciò con dolcezza, slegandogli la benda bianca sugli occhi, affrettandosi poi ad aggiungere. «Però continua a tenere gli occhi chiusi.»
Il festeggiato annuì con aria spossata, arrendendosi al fatto che era impossibile cercare di decifrare il cervello del compagno; si limitò così a mantenere le palpebre abbassate, mentre sentì le sue calde mani sfiorargli delicatamente il collo, avvolgendo attorno ad esso qualcosa di lana, sicuramente una sciarpa.
«Stai un po' meglio?», a quella domanda posta in maniera così dolce, con un tono tremendamente premuroso, Roxas non potè fare a meno di arrossire come un pomodoro maturo; annuì meccanicamente per una seconda volta, incastrando il volto tra le spalle.
«Meno male. Adesso puoi aprire gli occhi.», il volto del sedicenne si illuminò e aprì immediatamente i grandi occhi blu cobalto, guardandosi immediatamente attorno; riuscì a riconoscere, nonostante fosse buio inoltrato, il boschetto che si trovava a pochi isolati dalla città. Era un bel luogo, molto amato sia da lui che dal rosso; abbassò poi le iridi verso la sciarpa arancione, sorridendo timidamente.
«Ehi, sciocchino. La sorpresa è di fronte a te.», fece per maledire Axel e quel ridicolo appellativo, quando alzò lo sguardo, spalancando istintivamente la bocca, allibito; un telescopio nero di medie dimensioni sembrava luccicare di fronte agli occhi del giovane, già perfettamente montato, con il binocolo rivolto verso il cielo.
«Sono o non sono il ragazzo più intelligente dell'Universo?», chiese con evidente narcismo il fulvo, appoggiando una mano sulla spalla del sedicenne che sembrava essere caduto in uno stato di trance momentanea; dopo un'altra decina di secondi, si riscosse, voltandosi verso il suo interlocutore con aria ammagliata. «Axel... Io... E-Ecco...»
«Sssh, ho costretto Demyx a portare questo aggeggio fino a qua e adesso voglio soltanto che tu lo provi.»
Roxas tentò in ogni modo di non balbettare o di non gridare dalla gioia; si limitò così ad annuire, avvicinandosi verso l'oggetto; inizialmente lo sfiorò lentamente, quasi impaurito di rimanere folgorato dalla troppa emozione. Dopo una breve titubanza, si decise finalmente ad afferrarlo, avvicinando l'occhio destro la lente; le sue iridi blu si dilatarono immediatamente di fronte al magnifico spettacolo che gli si presentò davanti.
Fu come immergersi per un attimo nel cielo; come nuotare tra le numerose stelle, sfiorarle con un dito talmente esse risultavano vicine. Non sembravano più dei punti luminosi lontani, tremendamente lontani, ma enormi bagliori pronti a donarti la loro splendente luce.
Il biondo ne rimase profondamente affascinato; fu rapito da quel mondo sopra la sua testa, da quell'Universo che per pochi secondi gli era parso più tangibile e non più infinito ed irraggiungibile.
«Allora? Sono riuscito a colpirti, Roxas?», una calda voce lo riportò alla realtà, sulla Terra; sentì un paio di mani cingergli con dolcezza i fianchi e alzò timidamente lo sguardo, incrociando le iridi splendenti del ventenne.
«Io... Sono senza parole, davvero. Non so come ringraziarti.», bisbigliò accennando un candido sorriso; Axel rise teneramente per chissà quale motivo, accarezzando lentamente la guancia del più piccolo prima di stampargli un flebile bacio sulla fronte.
«Mi basta sapere che mi resterai accanto; sarebbe sicuramente il più bel ringraziamento di tutti.», ammise il ragazzo dai capelli scarlatti, sorridendo radiosamente; il compagno gli spostò gentilmente le mani dai fianchi, voltandosi lentamente per poi alzarsi in punta di piedi e schioccare un rumoroso bacio sulle sue calda labbra. «Ti basta come risposta?»
E lui rise di nuovo, annuendo con fare divertito. «Sì, assolutamente.»
Il sedicenne tornò a concentrarsi sul proprio regalo, riprendendo ad osservare l'immensità del cielo. «Rimarrei qui per sempre, sai?»
«Abbiamo tutta la notte.», borbottò il fulvo sedendosi comodamente sul terreno, inclinando il volto all'indietro per poi socchiudere gli occhi, lasciandosi accarezzare dalla gelida brezza notturna.
«Comunque», proseguì improvvisamente Roxas con fare un pò imbarazzato, «ti assicuro che i tuoi occhi sono più luminosi delle stelle.»
E Axel rise ancora, questa volta più forte di quelle precedenti.



Indietreggiò di un paio di passi prima di prendere la rincorsa e calciare con forza il pallone di fronte a sé; esso si sollevò in aria per qualche metro, colpendo poi il palo della rete.
Axel, seduto comodamente davanti a quest'ultima, sbadigliò, stiracchiandosi. «Niente da fare, Roxas. Sei una schiappa nel calcio.»
Il suo interlocutore sbuffò, calciando una vecchia lattina di coca-cola per poi incrociare le braccia. «Ho solo bisogno di un po' di allenamento.»
Il rosso ridacchiò, scuotendo la folta chioma. «Certo, come no. Il fatto è che hai le gambe troppo deboli e una mira da schifo, ecco la verità.»
«Perché, tu saresti un giocatore professionista, non è vero?», domandò retoricamente il più piccolo, sollevando un soppraciglio; l'altro annuì energeticamente, alzandosi. «Assolutamente sì.», confermò andando verso il pallone e facendo cenno al compagno di recarsi di fronte alla rete. «E adesso te lo dimostrerò.»
Roxas lo guardò male, appoggiando le mani sulle ginocchia, pronto a parare; il quattordicenne si strofinò i palmi ghignando, riprendendo a parlare. «Signori e signore: ecco a voi il mitico Axel the best! Giocatore professionista in seire A!»
«Certo, e io sono Babbo Natale.», commentò sarcasticamente il giovane dalle iridi blu. «Ti vuoi muovere o no?»
Il fulvo gesticolò animatamente, facendo strani riti che avrebbero dovuto portargli fortuna; l'altro si irritò ulteriormente e strinse di scatto i pugni. «Axel!»
Il diretto interessato sobbalzò, facendogli la linguaccia. «Dai tempo ai professionisti, bimbo.», Roxas si sforzò in ogni modo di sorvolare sul suo patetico appellativo; il più grande prese la rincorsa e tirò un violento calcio pallone che sfiorò la guancia del biondo alla velocità della luce, colpendo rumorosamente la rete.
Il ragazzino di dieci anni rimase a bocca aperta, chinandosi poi lentamente per raccogliere la palla; Axel si passò una mano tra i lunghi capelli fiammeggianti. «Beh, che cosa ti dicevo?»
Il compagno si riscosse, passando l'oggetto tondo all'altro con aria irritata. «Ero distratto. Questa volta la prenderò.»
«Ah, se lo dici tu.», mormorò con fare canzonatorio il quattordicenne, fermando il pallone con un piede prima di tirare un secondo calcio con altrettanta forza verso la rete; Roxas si spostò velocemente alla propria sinistra, afferrando al volo la palla, strisciando una gamba sul prato per evitare di perdere l'equilibrio.

«Ce l'ho fatta!», trillò allegramente, illuminandosi, stringendo nel frattempo l'oggetto tra le mani. «Hai visto?»
Il rosso si lasciò sfuggire un sorriso divertito, avvicinandosi a passi veloci verso il compagno, prendendogli il pallone tra le mani per poi farlo scivolare a terra, allontanandosi con un balzo. «Vediamo se riesci a scartarmi.»
Roxas sussultò, affrettandosi a rincorrere il fulvo, cercando in ogni modo di allungare la gamba per portargli via la palla. «Aspetta e vedrai!»
Il più grande rise di cuore, infilando il piede tra le caviglie dell'altro, facendolo inciampare e cadere goffamente sul prato.
«Ehi!», tuonò massaggiandosi il sedere dolorante. «Ma è fallo!»
Axel ridacchiò, calciando lontano il pallone per poi sdraiarsi comodamente sul giovane, ghignando appena. «Lo so.»
Quest'ultimo arrossì lievemente e il fulvo inclinò il volto su un lato; lo trovò delizioso con quelle gote tinte dolcemente di rosa.
«Togliti! Sei pesante!», brontolò il biondo, cercando di dimenarsi in ogni modo, senza risultati; l'altro si avvicinò lentamente al suo volto, accennando un radioso sorriso. «Roxas?»
«S-Sì?»
«Ti piacciono i miei occhi?», a quella strana domanda il più piccolo sussultò, del tutto impreparato. «E-Eh?»
«I miei occhi... Ti piacciono?», bisbigliò il rosso soffiandogli tra i capelli dorati con aria divertita.
Roxas si strinse timidamente le spalle, tuffandosi nelle profonde iridi smeraldine dell'altro. «Io... Io non lo so... Perché mi fai questa domanda?»
«Mi piacerebbe molto sapere se ti piacciono o meno i miei occhi, perché a me i tuoi piacciono. Tantissimo.», quella piccola rivelazione fece sentire maggiormente in imbarazzo il giovane dalle iridi blu; abbassò un poco lo sguardo, sbattendo più volte le palpebre. «Anche... Anche a me piacciono tanto i tuoi occhi.»
«Davvero?»
Il biondo annuì timidamente e la squillante risata di Axel eccheggiò nell'ambiente, mentre il vento accarezzava il prato e le nuvole continuavano a rincorrersi.
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*Note di Ev'*
Eh, già, sono ancora viva e vegeta, insieme al mio computer :'3 Il motore, fortunatamente, è ancora qui. Sinceramente, credo di aver cambiato idea; non so se lo manderò ad aggiustare o meno, boh... Comunque, ripeto; nel caso vedete che le storie non andranno avanti, sapete già il perché.
Questo capitolo, come ho già detto parecchie volte, era già pronto; e, ahimè, sì, è il penultimo capitolo di questa raccolta ç____ç' *Cerca di non piangere* Siamo pericolosamente vicini alla fine.
Dopo aver postato il sedicesimo capitolo di Tutor And Boyfriend, qua siamo al mese di Novembre; per una volta sono abbastanza sicura, inoltre, di aver azzeccato il titolo. 'Emozioni', in questo caso, è riferito soprattutto al personaggio di Axel, il quale nella prima parte alla fine scoppia in lacrime, mentre, al contrario, nella seconda e nella terza si ritrova a ridere per i dolci complimenti del biondo sui suoi occhi.
Insomma, mi auguro che questo capitolo sia stato di vostro gradimento e vi prego di recensire, dato che non vi costa nulla; anzi, almeno allenate le dita (?) sulla tastiera, uhm. Ci tengo a sapere i pareri altrui.
Il capitolo successivo non l'ho ancora scritto per questa mia terribile fobia di terminare la fan fiction D: Ma penso che tra qualche minuto inizierò a scriverlo, almeno l'inizio... *Sospira tristemente*
Va beh, gente; questa volta, stranamente, non ho stupidaggini da dire. Forse perché sono particolarmente scazzata per aver avuto un brutto litigio con mia madre; ma non succede solo a me di litigare ogni due minuti con i miei, vero? *Fiss*
Alla prossima, people.
E.P.R.

 

   
 
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