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Autore: phoenix_esmeralda    28/06/2012    1 recensioni
Ailanda è la signora di Piccola Terra Fiorita, vive in pace con il suo popolo e assolve ai suoi doveri lungo il fiume Diamante, così come si addice a un'Ancella Fiorita. Ma la sua pace è turbata dal signore di Geocenda, che da mesi rapisce le sue ancelle mettendola in seria difficoltà. È arrivato quindi il momento di incontrare Shandar di Geocenda e far chiarezza sulla situazione...
Prima classificata al contest "L'uomo dei sogni" di Dark Aeris ; Terza classificata al contest "There must be someway out of here - Cercando una via d'uscita" di WhatHasHappened; Seconda classificata al contest "Together with our feelings" di Mister Eye (giudice sostitutivo: Erika8304). Premio Speciale Miglior Coppia
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Quando mi rendo conto che Shandar si è tranquillizzato, lo lascio a un bagno caldo e mi dedico ai preparativi per ciò che accadrà domani.
Riunisco le ancelle lungo il fiume, già precedentemente informate della mia situazione nei confronti dell’incantesimo, spiego nel dettaglio come intendo agire durante il sacrificio e chiedo il loro appoggio. Me lo danno incondizionatamente.
Poi chiamo gli stessi uomini che il giorno prima avevano divulgato la verità su Shandar e racconto loro cosa accadrà la mattina dopo. So che posso approfittare di quello che è accaduto nel pomeriggio. L’eccesso nel quale la mia gente è caduta e il senso di vergogna suscitato dalla mia sfuriata, cadranno a mio vantaggio.
Gli uomini mi ascoltano, provano a replicare, ma sono proteste deboli. Scuotono la testa desolati, ma stanno già accettando quello che accadrà. Quello che cercherò di far accadere.
Se ne vanno e so che ancora  una volta le voci circoleranno a velocità inaudita, avvisando tutto il popolo di Piccola Terra Fiorita che domattina l’alba sorgerà su qualcosa di inaspettatamente nuovo.
Ceno nel salone comune e ancora una volta ripeto la mia storia ai presenti e sondo le loro reazioni. Nessuna è entusiastica e qualcuno di loro prova a ipotizzare un’alternativa, ma alla fine sono tutti costretti a rassegnarsi. Accetteranno la mia volontà.
Quando torno finalmente nelle mie stanze, sono sfinita. Mi preparo per la notte velocemente, infilando una camicia da notte pulita e leggermente meno scoraggiante della precedente. La camera è buia, illuminata solo dal chiarore della luna piena. Shandar è seduto sul letto con la schiena appoggiata al muro, immerso in una chiazza di luce. Ha lo sguardo fisso oltre i vetri della finestra, il suo viso è rilassato, forse come non l’ho mai visto.
Mi siedo accanto a lui nella pozza di luce e finalmente lascio andare la tensione che da ore mi irrigidisce le spalle.
- “Hai cenato?” – gli bisbiglio.
Lui annuisce senza rompere il silenzio. Una accanto all’altro, immobili, respiriamo un po’ di pace.
Alla fine è lui a parlare.
- “Perché oggi mi hai portato via dalla gogna?” – chiede in un sussurro.
- “Stavano esagerando. Ci sono limiti che non voglio vengano superati.”
- “Avresti potuto semplicemente fermarli e poi lasciarmi lì.”
È vero, ma non mi è neppure passato per la testa. Desideravo solamente proteggerlo, portarlo al sicuro. Sorrido fra me, pensando a quanto Shandar mi spaventasse solamente una settimana fa. Lo ritenevo minaccioso, pericoloso, quando invece è la persona più innocua che io conosca. Non c’è nulla che lo terrorizzi di più del poter far male a qualcuno, perché il suo cuore non potrebbe sopportare il peso aggiuntivo di un’altra colpa, seppur minima.
- “Ero stanca di vederti soffrire” – rispondo alla fine – “Non sono imperturbabile quanto dovrei.”
- “Grazie. Ne sono contento.”
La sua risposta mi scalda al cuore. Fino ad ora, ogni mio tentativo di placare le sue sofferenze era stato preso al pari di una tortura.
Mi piego di lato e appoggio la testa alla sua spalla, in un gesto rilassato. Shandar lo accoglie senza sorpresa, chiude gli occhi come se stesse ascoltando qualcosa di importante.
- “Pensi davvero che la spedizione partita dopo il Disastro abbia sbagliato a non rientrare?” – mi domanda dopo un po’.
Accenno di sì con la testa, anche se non può vedermi.
- “Non ho fatto che pensarci per anni. Ho odiato mio padre per aver scelto di andare fino in fondo. Mia madre e le sue Ancelle hanno trovato l’incantesimo riparatore tre giorni dopo la sua morte e questo è stato... talmente assurdo da mandarmi fuori di testa. Era morto inutilmente e più ci pensavo, più mi rendevo conto di quanto fosse stato presuntuoso nel non volersi arrendere neppure di fronte al fallimento più completo. Ho provato  una rabbia furibonda per anni nei suoi confronti. Non sono sicura che mi sia ancora passata.”
- “Hai pensato di non essere abbastanza importante per lui.”
- “Né io né mia madre. Non valevamo abbastanza da farlo tornare. Non eravamo più importanti del suo orgoglio.”
- “O forse eravate più importanti della sua vita.”
Alzo la testa e cerco i suoi occhi. Illuminati dalla luna sono scuri, di un grigio metallizzato prossimo al nero.
- “Cosa vuoi dire?”
- “Forse tu e tua madre eravate così importanti da fargli rischiare qualunque cosa. Forse non pensava al suo onore, ma solamente alla vostra sopravvivenza. Magari ti voleva così bene, da accettare qualunque prezzo pur di salvarti la vita.”
Non è un’ ipotesi malvagia. Ho trascorso così tanto in tempo a trasformare il dolore in rabbia che ho trascurato qualunque altra supposizione.
- “Forse” – rispondo. Riappoggio la guancia alla sua spalla e ci rifletto su per un po’. In realtà dovrò meditarci molto a lungo, perché per dieci anni ho fatto più o meno sempre gli stessi pensieri e questi  hanno scavato nel mio cervello solchi così profondi da ostacolarmi nel concepire altre strade. Ma pian pianino potrei provare ad ampliare la mia prospettiva.
- “Non avevo intenzione di far veramente danno” – dice Shandar all’improvviso, la voce attutita dal ricordo – “Ero semplicemente tanto superficiale da pensare di poter sfidare le leggi senza che vi fossero conseguenze. Superficiale in modo nauseante.”
- “Tutti sono superficiali a quattordici anni.”- rispondo piano – “E nessuno pensa davvero che tu volessi tutto questo pasticcio. Anche se oggi la mia gente ti ha chiamato assassino... non è stato che uno sfogo contro il dolore. In realtà nessuno crede che il signore di Geocenda volesse far del male alla propria gente e alla propria terra. È stato solo... un incidente. Un brutto incidente.”
- “Molto brutto” – conferma lui, piano.
Sospiro e le palpebre mi diventano pesanti.
- “Sai, mi piacerebbe dormire ancora come ieri.” – dico – “ Abbracciati.”
Potrei imporglielo come le altre volte, ma è finito il tempo dei comandi. Aspetto la sua reazione.
- “Farebbe piacere anche a me.”
Nascondo un sorriso che rischia di tradire il mio sollievo. Le speranze che nutro per ciò che deve accadere domani, non sono poi così campate in aria.
Sono sicura che non sono solo io a sentirmi così vicina al cuore di Shandar.
Aspetto che si corichi e alzi il braccio e mi infilo accanto a lui. Appoggio il capo sul suo petto e ascolto il suo cuore.
- “Domani sera non sarò più qui” – dice lui e una vena della vecchia ironia inclina la sua voce – “Pensa a quanto sentirai la mia mancanza!”
- “Ci speri?” – ribatto, per non dover commentare altrimenti.
Lo sento sorridere al buio e poi mi lascio andare al sonno.
 
All’alba, in riva al Fiume Diamante, tutto è pronto. La riva fiorita ci accoglie con il suo profumo familiare e in esso cerco un po’ della tranquillità che presto mi sarà necessaria. Penso a mia madre e alla sua imperturbabilità, spero che sappiano ispirarmi. Oltre a me e Shandar, non ci sono che le mie ancelle. Ci troviamo a semicerchio attorno a un solco scavato nella terra, dove verrà piantato il Fiore una volta ripristinato l’incantesimo.
Accarezzo l’impugnatura lucente del coltello e la vista mi si confonde sulle lettere che, sotto il sole, spiccano come in rilievo.
“Solo il  giusto sacrificio farà splendere il pugnale come un Fiore”
Saprò fare la cosa giusta?
Gli occhi grigi di Shandar sono inchiodati a me. Lui è tranquillo, come se finalmente fosse arrivato alla fine di un lungo combattimento. Ora deve solo lasciarsi uccidere, niente di impegnativo per una persona che ci ha già provato inutilmente due volte.
Rispondo al suo sguardo con un sorriso, non sa che gli chiederò un sacrificio molto più grosso della sua morte.
- “Siamo pronte Ailanda?”
Lo sguardo di Laila è solenne, ha accettato senza un commento ciò che le ho riferito e sotto il suo esempio tutte le altre ancelle hanno chinato la testa obbedienti.
Faccio un cenno d’assenso e mi avvicino a Shandar. Quando gli metto il pugnale nelle mani, lui mi rimanda un’occhiata interrogativa, ma quando mi inginocchio davanti a lui trasale come per una scossa.
- “Cosa stai facendo?”
- “Il giusto sacrificio non è quello che ti aspettavi, Shandar. Il pugnale non vuole la tua morte e due fallimenti dovrebbero ormai avertelo fatto capire. Sono io, la signora delle Ancelle Fiorite, a dovermi sacrificare e tu sei quello che pianterà il pugnale nel mio cuore.”
Nessuno parla per un tempo che sembra infinito. Le ancelle non hanno cambiato espressione, già preparate a quello che avrei annunciato. Quello che non è preparato è lui, il signore di Geocenda. Arretra di un passo, come se di fronte a lui fosse comparso all’improvviso un essere mostruoso.
- “Non può essere!”
La sua voce è strozzata, come se la gola gli si fosse improvvisamente chiusa.
- “Nessuno ti giudicherà per questo.” – spiego con voce calma – “Le mie ancelle testimonieranno che hai fatto ciò che dovevi e che io stessa ti ho chiesto. L’incantesimo verrà ripristinato come è giusto che sia e gradualmente tutti i popoli lungo la riva del  fiume dimenticheranno il Disastro e ciò che ci è costato.”
- “Deve esserci un altro modo” – ribatte lui, in un soffio di voce – “Sono io che ho causato questo pasticcio, non puoi essere tu a doverti sacrificare!”
- “Questo è l’unico modo. Ma io come vedi sono consenziente, Piccola Terra Fiorita accetterà questo piccolo sacrificio. E tu avrai fatto ogni cosa in tuo potere per riparare all’errore di dieci anni fa, sarai libero dalla promessa fatta a tua madre e potrai ricominciare ogni cosa da capo. Tornerai a governare Geocenda, potrai sposarti e avere tutto ciò che finora ti sei negato.”
Shandar sembra senza fiato. Stringe il pugnale come se, fra le sue lunghe dita, fosse una zavorra che lo inchioda a terra.
- “Se non lo farai invece, non riuscirai mai a chiudere con il passato.” – aggiungo – “Ti sentirai ancorato alle parole di tua madre per tutta la vita, senza tuttavia poter far più nulla per mettere ordine nelle cose. Finirai per soffocare schiacciato dalla colpa e dai tormenti, tenterai di nuovo il suicidio... ma io non ti lascerò morire, mai. Sarà un incubo Shandar, per cui fai la scelta giusta e uccidimi.”
Lui ora è bianco come un cadavere.
- “Dammi un’alternativa, Ailanda. Questa... è inaccettabile.”
- “Capisco la tua sorpresa, ma non c’è un’altra soluzione. Devi solo abituarti all’idea.”
- “Io... non posso farlo!”
- “Shandar...”
- “Non posso!”
Lascia cadere a terra il pugnale quasi che scotti. Vedo sul suo viso il tormento di chi ha perso l’unica ragione di vita.
- “Shandar, se non lo fai vivrai per sempre sotto la tortura del senso di colpa!”
- “Ma non lo farò! Io non posso! Non... posso!”
- “Perché?”
Lui chiude gli occhi e soffoca un singhiozzo. Crolla in ginocchio di fronte a me e mi circonda le spalle con le braccia.
- “Perché sei l’unico appoggio che ho!”
Affonda il viso fra i miei capelli e lo sento tremare contro il mio corpo.
La commozione si mescola al sollievo che provo, il calore del corpo di Shandar raggiunge un punto profondo della mia anima.
Alzo le braccia e lo stringo.
- “Perdonami” – sussurro – “Ti ho mentito.”
- “Come?”
Sorrido alla sua voce smarrita, mi sento un mostro per averlo messo a tal punto in difficoltà. Ma avevo bisogno che i suoi sentimenti venissero alla luce, per me, ma soprattutto per lui. Per ciò che deve ancora venire.
- “Non devi uccidermi, non è questo il giusto sacrificio che vuole l’incantesimo.”
- “Ma...”
- “E non chiede neppure la tua vita. Un incantesimo creato da un’Ancella Fiorita non vuole il male di nessuno Shandar. Forse è difficile crederlo per te o per tua madre, ma per me è stato chiaro fin da subito.”
Lui solleva la testa e mi fissa cauto. Sento che l’incomprensione in cui l’ho gettato lo sta mettendo sulla difensiva.
- “Perché mentirmi allora? E cosa..?”
- “Ho dovuto farlo, fin dal principio. Dovevo creare le premesse per arrivare a questo... Al perdono.”
Non capisce, perché tutto questo per lui è inconcepibile.
- “È questo che vuole il pugnale. Che io, signora di Piccola Terra Fiorita, in rappresentanza di Tamalai, pur avendo subito i danni del tuo gesto, pur avendo subito un lutto a causa della tua superficialità, ti perdoni. A nome di tutti i popoli lungo il Fiume Diamante.”
Shandar sta già iniziando a scuotere la testa.
- “Questa è la prima condizione” – proseguo – “La seconda è che tu perdoni te stesso, signore di Geocenda.”
- “È una follia! Dove sarebbe il sacrificio? Non c’è un senso in quello che dici!”
- “Il perdono è un sacrificio d’amore, Shandar. Un sacrificio che io faccio in nome di tutti i popoli del Fiume Diamante. E che tu dovrai fare verso te stesso. Sacrificare l’orgoglio che ti impedisce di accettare ciò che hai fatto e ciò che sei.”
- “L’orgoglio? Non è questione di orgoglio, ti rendi conto del danno che ho prodotto?”
- “Me ne rendo conto eccome. Ma non c’è niente che tu possa fare per cancellare ciò che è stato, puoi solo accettare il mio perdono e ripristinare questo incantesimo... sposandomi.”
Dopo aver lanciato la bomba, aspetto. Le ancelle osservano la scena in silenzio, ho detto loro che non sarebbe stato semplice ottenere un assenso da Shandar, ma prima di dirgli la verità ho sondato i suoi sentimenti e, considerata la sua reazione, le possibilità non sono del tutto a sfavore del successo.
- “Ailanda, cosa stai dicendo?”
- “Ti sto spiegando come ripristinare l’incantesimo...”
- “Sposarti? Sposarti ritrasformerebbe il pugnale in fiore?”
- “Sì, lo farebbe.”
- “Ma...” – i suoi occhi grigi riflettono smarrimento, paura e qualcos’altro che, se volessi cedere all’ottimismo, potrei chiamare desiderio – “È assurdo. Io.. io non posso sposarti.”
- “Perché non puoi?”
 Se mi risponde che gli faccio schifo, mi tiro una pugnalata da sola.
Lui però sembra riflettere sulla domanda come a comprendere le vere motivazioni che muovono i suoi pensieri. I suoi occhi si oscurano mentre si morde le labbra e risponde in un soffio – “Perché sposarti mi renderebbe felice.”
Trattengo un sorriso di gioia e imbarazzo. Sono a un passo dal farcela, a un solo passo.
- “Shandar, tua madre si ingannava, la tua sofferenza non serve a nulla. Se lei non ti ha perdonato, lo faccio io. Perdonati ciò che hai commesso e concediti di essere sereno.”
Siamo molto vicini, ma i suoi pensieri corrono distanti, percorrono il mondo in lungo e in largo in cerca di scuse, di giustificazioni, di pretesti che lo salvino dalla sua felicità.
- “Ailanda...” – sussurra – “Ieri ero sulla gogna, come credi che reagirà il tuo popolo se ti sposo?”
- “La mia gente è già avvisata” – gli annuncio.
Vedo la notizia dipingergli il volto di shock.
- “Ieri sera ho fatto sì che ogni abitante di Piccola Terra Fiorita sapesse quello che stava per accadere. So che ieri il mio popolo non deve averti fatto una buona impressione, ma la sua stirpe discende interamente dalle ancelle... ciascuno di loro è in grado di discernere il bene dal male e comprendere quando deporre le armi. Siamo un paese pacifico, la mitezza è la nostra principale caratteristica. Se serve a ripristinare l’incantesimo, Piccola Terra Fiorita è disposta a perdonarti e ad averti come suo signore.”
Shandar si guarda intorno, in cerca di un appiglio.
- “È così” – interviene Laila, dando voce per la prima volta al pensiero delle mie ancelle – “Nessuna di noi intende opporsi né esservi ostile. E così come vi accetteremo noi, così farà ogni abitante della nostra terra.”
Shandar scuote piano la testa, ma una luce nuova si è già accesa nel suo sguardo.
- “Fidati di me” – gli dico – “Non volevi ripristinare l’incantesimo? Non era lo scopo della tua esistenza? Vuoi che le acque del Fiume Diamante tornino definitivamente potabili o vuoi soddisfare solo il desiderio di vendetta di tua madre? Fai una scelta Shandar!”
Trattengo il respiro, mentre prego che si arrenda. La purificazione delle acque e la felicità di Shandar non sono in contrapposizione, così come ha creduto lui per anni. Deve solo cedere a questa verità.
E colgo l’esatto momento in cui succede.
- “Va bene” – dice – “Va bene.”
Afferro il pugnale da terra e lo tengo sul palmo della mano in mezzo a noi.
- “Facciamolo per bene” – dico.
Lui esita solo un momento, prima di appoggiare la sua mano sopra al coltello. Le nostre dita sono separate solo dalla lama.
Alzo lo sguardo e lo fisso negli occhi mentre parlo.
- “Io Ailanda, signora di Piccola Terra Fiorita, ti perdono a nome di tutte le terre lungo il Fiume Diamante. Il mio desiderio è di sposarti Shandar e farti signore della mia gente.”
Lui deglutisce e fissa i suoi occhi grigi nei miei. Sotto il sole del mattino i suoi capelli e la sua pelle brillano d’oro scuro.
- “Io Shandar, signore di Geocenda, farò del mio meglio per perdonarmi l’atto che ho compiuto dieci anni fa. Il mio desiderio è di sposarti Ailanda e farti signora della mia gente.”
Immediatamente il pugnale risplende. La mano forte di Shandar trema sopra a quella luce. Vedo nei suoi occhi l’incredulità. Per dieci anni ha cercato quel bagliore e gli sembra impossibile di averlo ottenuto.
Tra le nostre mani, il pugnale torna a essere un fiore. Il fiore che il giovane principe di Geocenda anni fa aveva spezzato. Ora è fra le nostre dita, i suoi petali lunghi cingono le nostre mani di un cangiante colore violetto.
Shandar si scosta cautamente mentre infilo le radici nella buca che è stata predisposta. D’ora in poi il fiore riposerà qui, lungo la riva del fiume, custodito dalle Ancelle Fiorite perché nulla di ciò che è accaduto possa ripetersi.
- “Non riesco a crederci” – sussurra Shandar, inebetito dalla sorpresa.
- “Avrai il tempo di abituarti alla novità. Ora dobbiamo andare.” – lo sprono.
- “Andare dove?”
Gli rivolgo un sorriso raggiante.
- “A sposarci!”
 
  
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