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Autore: Koori_chan    28/06/2012    1 recensioni
Academy of the World, la scuola migliore che possa esistere per i Rappresentanti delle Nazioni.
Marina, genovese, riesce a guadagnarsi l'ammissione tramite una cospicua borsa di studio. Daphne, greca, insegna ormai da anni in una scuola che ritiene più simile a un manicomio.
Fra compiti in classe, gite e feste di fine anno come se la caveranno le nostre eroine e i loro amici in questa scuola di matti?
Ecco cosa succede a voler riunire in uno stesso luogo tutti -o quasi- i personaggi di Hetalia e mischiarli con una buona dose di OC.
Pairing per tutti i gusti, o almeno spero, in quella che si prospetta come la più grande follia a cui l'autrice si sia mai sottoposta.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Antica Grecia, Antica Roma, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II


















Il 1 Ottobre.
Una data, mille significati.
Per i ragazzi dell’Academy of the World voleva dire ricominciare la scuola, incontrare gli amici dopo due lunghi mesi di vacanza e buttarsi a capofitto in una nuova annata di compiti e interrogazioni.
Per Daphne Karpusi, quella data significava tutta un’altra cosa.
Per lei l’Academy of the World era più di una semplice scuola, un posto di lavoro: era la sua casa, l’unico luogo dove si sentisse davvero a suo agio. Ma come in ogni casa non tutto andava sempre liscio e i membri di quell’eterogenea famiglia sembravano divertirsi in modo particolare a farla dannare.
In quanto vicepreside della scuola spettava a lei il compito di fare sì che tutto proseguisse per il meglio, compito nel quale Impero Romano non le era certo d’aiuto: al lavoro d’ufficio, l’uomo preferiva di gran lunga serate in compagnia di belle donne o bevute presso un qualsiasi Pub di bassa lega assieme a Germania.
Germania, già. Forse l’unico in quella scuola che non mettesse a dura prova la già scarsa pazienza di Daphne.
- E così siamo di nuovo qui… - sospirò, osservando con disappunto uno dei test da correggere.
Roma ridacchiò, sorseggiando tranquillo il suo caffè.
- Mi siete mancati, ragazzi… L’estate è sempre così vuota senza di voi… -
- Io mi sono divertita! Ho trascorso delle vacanze di completo relax: sole e mare nonstop a Sharm-El-Sheik! Tu, Daphne? – chiese Aegypt, ricontrollando un test che aveva appena finito di correggere Germania: per regolamento le prove dovevano essere valutate dall’intera commissione d’esame.
Hellas alzò gli occhi dal suo foglio.
- Niente di che. Sono andata in Giordania a vedere le rovine di Petra e poi a Berlino a dare un’occhiata ai musei… -
- Neanche un po’ di mare? – fece la collega con aria sconvolta.
- Ti pare che questa donna possa perdere tempo ad abbronzarsi? Quando è venuta da me mi ha fatto visitare musei per tre giorni di fila! – si lamentò scherzosamente Ulrich. Tutti sapevano che in realtà era dello stesso parere della greca.
- Io invece sono andato ad Atene! – una vocetta acuta e infantile si intromise nel discorso.
I professori si voltarono verso l’ometto che stava trafficando con la macchinetta del caffè. Basso, grassoccio e pelato, Persia non era certo il più brillante fra gli insegnanti dell’Academy of the World.
- Ah, davvero? E ci sei andato da solo? – domandò Roma, con aria un tantino crudele.
- Roma! – esclamò Hellas, che aveva compreso perfettamente i suoi pensieri.
- Eh si… Speravo di incontrare Daphne, ma si vede che era via… - commentò l’interpellato, un po’ deluso.
All’interno della scuola era ormai di dominio pubblico l’informazione a riguardo dell’interesse di Persia nei confronti di Hellas.
La povera donna, che non aveva il cuore di dirgli apertamente che non si sarebbe mai abbassata ad un uomo come lui, era quindi costretta a boicottare tutte le sue avances in maniera piuttosto rocambolesca.
Una fra le tante, la reclusione in casa sua per tutta la permanenza ad Atene del collega.
- E tu, Roma, come hai trascorso l’estate? –
Sul viso dell’uomo si dipinse un sorrisetto malizioso.
- Sono stato a Rimini a spassarmela con delle belle ragazze! –
- A me risultava fossi rimasto tutto il tempo con Romano e Veneziano… - lo smontò immediatamente Germania.
- Hey! Ma tu da che parte stai?! –
La risata si alzò unanime attorno al tavolo di legno in sala professori.
Daphne scosse la testa, fra il divertito e il rassegnato. Ormai erano scene alle quali era abituata.
La correzione dei test rubò loro un abbondante paio d’ore, durante le quali poterono leggere davvero le cose più disparate.
Alcuni studenti erano davvero ben preparati, altri erano un disastro totale.
- Ma questa ragazza ha lasciato tutto in bianco! – esclamò scioccato Germania alla vista del foglio di tale “Evelyn O’Malley”.
- Persia, ce n’è un’altra per te! – lo informò Roma.
- Questa Kaitriona deve essere la sorella… una tipa decisamente più preparata… - commentò la vicepreside.
- Questa ce la giochiamo noi due… - continuò.
- Oh! Laurinatis e Lukasiewicz me li prendo io! – esclamò Aegypt tutta soddisfatta.
- Li conosci? – chiese Roma, incuriosito.
L’egiziana annuì, spiegando che erano stati smistati nella sua classe quella mattina.
- E Marina che ha combinato? – si informò il preside, curioso di spere come se la fosse cavata la sua adorata nipotina.
- Solo due errori… - fece ammirato Persia.
- Ah, perfetto, allora viene in B1 con me! – gioì l’uomo.
- Scherzi? Così si rischiano favoritismi! – Ulrich non sembrava d’accordo.
- Te la prendi tu, Daphne? – si rivolse all’altra come se si trattasse di figurine.
- Ok, allora ti cedo la scozzese… -
E fu così che, fra un test e l’altro, giunse l’ora di cena.
I professori uscirono dalla stanza dirigendosi ognuno verso il proprio alloggio, decisi a farsi una doccia rigeneratrice prima di affrontare la confusione del refettorio.
Hellas schizzò a gran velocità verso la sua casetta a limitare del bosco, ma Germania la raggiunse prima che potesse sparire dietro alla porta.
- Allora si ricomincia? – le chiese, gettando qualche rapida occhiata alle sue spalle per controllare che Roma e gli altri fossero ancora lontani lungo il sentiero ghiaioso.
La donna fece spallucce, girando le chiavi nella toppa.
- Basta che tuo nipote non mi faccia dannare come ogni anno! – sorrise, facendo arrossire il collega.
- La prossima volta che Gilbert ne combina una delle sue lo metteremo in punizione, ecco cosa… magari in questo modo diventerà un po’ più disciplinato! – sentenziò il biondo, serio.
- A dicciassette anni di età? Rassegnati, Ulrich, quel ragazzo ce lo dobbiamo tenere così! – e ridendo sgusciò all’interno del suo piccolo appartamento, si spogliò rapidamente e si infilò sotto la doccia, ben intenzionata a lavarsi di dosso la stanchezza di quella giornata e ad affrontare la cena rigenerata e fresca.
 

*

 
I bagagli dei nuovi studenti erano già stati portati nelle rispettive stanze, così Marina non dovette trascinarsi per tutto il parco l’enorme valigione rosso contenente tutto ciò che le sarebbe servito in quel lungo anno scolastico.
Vagò per il grande parco verdeggiante alla ricerca del Dormitorio Misto per almeno mezz’ora, ma si stufò pesto di cercare e si sedette ai piedi di un albero, decisa a chiedere informazioni al primo studente di passaggio.
Evidentemente aveva scelto l’albero meno frequentato dell’intero istituto perché, un’ora dopo, nessuno era ancora passato di lì, e lei aveva quasi finito il libro che aveva incominciato a leggiucchiare per noia.
La sua attenzione era tutta concentrata su un paragrafo particolarmente intrigante quando sentì una sorta di presenza dietro alla sua spalla destra.
Sussultò nell’accorgersi che, sporto da dietro all’albero, c’era un ragazzo più o meno della sua età.
- Ciao, Gilbert Beilschmidt! Tu sei nuova, vero? – si presentò tendendole una mano.
Marina si ritrovò a specchiarsi negli allegri occhi scarlatti di un albino. Il viso pallido incorniciato dai fini capelli argentei era illuminato da un sorrisetto accattivante, i denti bianchissimi e appuntiti erano dritti e ordinati fra le labbra sottili.
Sorrise timidamente, stringendogli la mano e presentandosi a sua volta.
- Ah, quindi sei la nipote di Roma! – esclamò additandola con la stessa espressione di quando si riconosce un attore in un film.
Marina corrugò la fronte.
- Vedo che le notizie corrono veloci… - borbottò.
Il ragazzo scoppiò in una fragorosa risata, forse leggermente sguaiata, ficcando le mani nelle tasche della felpa blu.
- Tranquilla! Siamo nella stessa barca! Hai presente Germania? Quel tipo silenzioso coi capelli lunghi, quello che sembra Legolas del Signore degli Anelli? –
La ragazza annuì vigorosamente.
- Si, ci ha fatto fare il test di ammissione… Il professor… com’era? Beilschmidt! – e in quel momento si accorse che si trattava dello stesso cognome del suo interlocutore.
- Esatto, il mio caro nonnino… Ma fra i due è lui quello che non tiene particolarmente a far sapere della parentela… - commentò sottovoce, come se si trattasse di un segreto importantissimo.
- E perché? –
- Beh, sai… non sono il massimo come studente… Diciamo che sono un genio incompreso! –
Marina rise, chiudendo il libro e alzandosi in piedi.
- Genio incompreso? – quel ragazzo le stava simpatico, sembrava un po’ matto, ma nel complesso dava l’idea di poter essere un buon amico.
- Certo! Sei al cospetto del Magnifico Gilbert Beilschmidt, mica davanti a uno studentello qualsiasi! Io farò grandi cose, Hellas non capisce il mio talento! – pronunciò con tono pomposo, chiudendo gli occhi e portandosi il pugno chiuso all’altezza del cuore.
- Sei nella classe di Hellas?! –
L’albino annuì con un’aria piuttosto soddisfatta.
- E tu invece? In che classe sei? Ti hanno già smistata? – fece lui, curioso.
Marina scosse la testa, rigirandosi il libro tra le mani.
 - Non ancora, ma oggi sono capitata con Aegypt! – ma vista l’espresisone di Gilbert si pentì immediatamente di averlo detto.
- Con quella? E come ti sei trovata? – le sembrava che avesse preso le distanze, come se il fatto di aver avuto contatti con l’egiziana li avesse portati su due piani diversi.
Ci pensò un po’ su, poi decise che dire la verità non avrebbe potuto nuocerle particolamente.
- Mah, non saprei… Lei mi è sembrata un po’ strana… Piuttosto alcune della classe non sono state molto gentili… -
- Scommetto che stai parlando di Belle e MeiMei… - biascicò Gilbert fra i denti.
- Esatto! Avevano sempre qualcosa da dire su tutti! –
- Vecchie galline! Non le sopporto! Criticano sempre qualunque cosa non vada loro a genio. Fossero in classe con me gliela farei vedere io! Che ti hanno detto?  Ti hanno presa in giro? Beh, non dargli retta, sono due idiote! – poi si interruppe improvvisamente.
- Ma scusa, che ci facevi qui nel bel mezzo del nulla con sto tempo? – domandò, alludendo con un cenno della testa alla nebbia che stava lentamente calando sulla scuola.
La genovese si guardò intorno, grattandosi la nuca leggermente imbarazzata.
- Stavo cercando il Dormitorio Misto, ma non so come arrivarci… - confessò.
Il viso del giovane Beilschmidt parve illuminarsi.
- Al misto? Non è molto distante! Dai, ti ci accompagno io! – si offrì, ampliando sempre di più il suo già grande sorriso.
Marina cercò di rifiutare, dispiaciuta di fargli perdere tempo.
- Ma che dici? Tanto sono di strada, sto al Misto pure io! –
A quel punto non ebbe più modo di replicare, Gilbert la prese per un braccio e la trascinò letteralmente lungo il sentiero, senza interrompere un momento il suo monologo.
Le raccontò diversi aneddoti sulla scuola, le fece una rapida carrellata dei professori e degli studenti, suggerendole con chi fare amicizia e da chi invece era meglio tenersi alla larga e dandole dritte e suggerimenti riguardo a cosa scegliere a mensa fra l’arrosto e la zuppa.
In quei pochi minuti di cammino ricevette così tante informazioni che non sapeva più quale memorizzare per prima.
- E qualunque cosa ti serva chiedi pure a me, il Maginifico Gil sa sempre come uscire dai guai! – terminò, indicandole una costruzione di legno verniciato di bianco alla fine del sentiero.
- Eccoci, siamo arrivati! –
Spinse la porta cigolante introducendola in un piccolo cucinino. Svoltarono a destra, raggiungendo quello che doveva essere una sorta di salotto. Su un muro era affisso un televisore a schermo piatto acceso su un canale regionale, dall’altra parte, contro ad una parete a vetri, vi erano due divani rossi, del medesimo colore della moquette che ricopriva il lungo corridoio di fronte all’ingresso.
Fra i divani vi era un tavolino di legno sovrastato da una piantina e qualche vecchia rivista consunta da tutte le volte che era stata sfogliata.
- Benvenuta a casa! – esclamò il ragazzo, allargando le braccia come per abbracciare tutto il locale.
Casa.
Marina sorrise, facendo scorrere una mano sullo schienale di un divano, mentre lo sguardo saettava rapido a destra e a sinistra desideroso di catturare ogni più insignificante dettaglio.
- R6… - sussurrò, estraendo la chiave dalla tasca dei jeans.
Gilbert si voltò di scatto in sua direzione, spalancando gli occhi.
- Ti hanno messa nella 6? Ehm… ecco, è la seconda porta a sinistra.  Io vado un attimo in camera mia, mi sono appena accorto che devo fare una cosa! Ci vediamo a cena! – e così dicendo sparì dietro a una porta infondo al corridoio.
Marina stette alcuni secondi ad osservare il corridoio ora vuoto chiedendosi cosa potesse esservi di tanto terrorizzante oltre all’uscio dell’R6 da far letteralmente fuggire il povero Gilbert.
Fece spallucce e infilò la chiave nella toppa. Non dovette neppure girarla, la porta era già aperta.
Dall’altro lato della stanza, di fronte a un’armadio in legno chiaro, se ne stava una ragazza dai mossi capelli castani sciolti lungo le spalle. Alle orecchie aveva le cuffiette dell’iPod, e dal modo in cui canticchiava indisturbata sembrava non doversi essere resa conto di trovarsi in mutande e reggiseno di fronte a una perfetta sconosciuta.
Improvvisamente lo sguardo della ragazza si posò sulla porta spalancata.
- Ommioddio! E tu chi sei?! – esclamò, rossa come un pomodoro maturo, per poi nascondersi dietro a un’anta dell’armadio.
Marina non era certo meno imbarazzata di lei.
- Ehm, scusa… credevo che la stanza fosse vuota… Sono Marina Parodi, mi hanno detto che avrei alloggiato qui… - cercò di scusarsi.
L’altra riemerse dal suo nascondiglio, esibendo un sorriso caloroso e tendendole la mano.
- Allora non c’è problema! Mi avevano detto che saresti arrivata! Elizaveta Hedervay, ungherese! –
La genovese le strinse la mano, ancora un po’ imbarazzata, poi chiuse la porta.
- Scusa se ti accolgo in mutande, mi stavo vestendo per la cena… Ti va di sederti al tavolo con me? Così facciamo amicizia! – continuò Elizaveta, che sembrava aver abbandonato tutto l’imbarazzo precedente e che ora si stava infilando un maglioncino della divisa scolastica.
- Sì, d’accordo… non credo che a Gilbert dispiacerà… - rispose, sussurrando la seconda parte. La compagna di stanza le indirizzò un’occhiata indecifrabile al sentir nominare l’albino, ma Marina non ebbe il coraggio di chiederle spiegazioni.
Era meglio non inimicarsi l’ungherese già dai primi minuti di convivenza…
- A proposito, Marina! Non mi hai detto da dove vieni! Sei portoghese? – continuò quella, sbirciando sotto il letto in cerca dei calzini.
La ragazza sorrise, abituata a quell’equivoco per via dell’accento.
- No, sono genovese… - e suo malgrado si lanciò per l’ennesima volta nel racconto di come si era ritrovata lì. Elizaveta ascoltò attentamente ogni singola parola senza aprire bocca, mentre la nuova compagna di stanza tentava di ricordare la combinazione del lucchetto della valigia.
- Ah, si! Avevo sentito parlare di te… Deve essere proprio una bella soddisfazione, eh! – e in quelle parole Marina non colse nemmeno un po’ di malignità, cosa di cui fu immensamente felice.
Annuì e aprì la valigia, iniziando a sistemare le sue cose nell’armadio di fronte a quello dell’ungherese. Avrebbe voluto farle un sacco di domande, ma temeva di sembrare invadente. Eppure quella Elizaveta le aveva fatto una buona impressione. Non sembrava una persona cattiva -o forse semplicemente superficiale- come Belle e MeiMei; dava l’impressione di essere una ragazza buona e disponibile, i suoi modi avevano un nonsoché di materno, nonostante quel velo di infantile eccitazione.
- Vieni! Non vedo l’ora di presentarti alle altre! – esclamò quando, fra un borbottio e l’altro, Marina riuscì finalmente a far scorrere fino in cima la zip della gonna a quadri.
La prese per mano e senza nemmeno aspettare una qualche replica la condusse fuori dall’edificio.
Nemmeno trenta secondi dopo, le gocce che erano rimaste avvinghiate alle nuvole per tutto il pomeriggio cominciarono a precipitare impietose costringendo le due a raggiungere l’edificio centrale di corsa. Entrarono in refettorio ridendo, poi Elizaveta si diresse a passo sicuro verso il primo tavolo, andando a sedersi accanto a una ragazzina minuta dai corti capelli biondi.
- Buonasera! Sesel? – domandò, guardandosi intorno.
- Buon… buonasera… - rispose quella con una vocina sottile, immediatamente sovrastata dall’impeto di una nuova eslamazione.
- Mi stavi cercando, chérie? Ero andata a salutare le sorelle celtiche, sono nella stanza accanto alla mia! – spiegò una terza studentessa, i codini tenuti fermi da due enormi fiocchi rossi, per poi lasciarsi cadere sulla panca dalla parte opposta del tavolo.
- Oh, ma abbiamo una new entry! – commentò, accortasi della presenza di Marina.
- E’ la mia nuova coinquilina! – spiegò Elizaveta, presentandola alle altre due.
- Co… condoglianze… sarà dura sopravvivere… - scherzò la bionda, presentandosi come Lili Zwingli, del Lichtenstein.
La genovese ridacchiò scuotendo la testa.
- Se sopporto mia nonna Liguria posso resistere a qualsiasi cosa! – commentò, subito interrotta da uno strano verso di Sesel, mezza soffocata nell’intento di ingoiare il couscous e parlare allo stesso tempo.
- Liguria? Quella Liguria? Ma allora tu sei la cugina di Fran! –
- Sì, lo conosci? – finalmente qualcuno che non la ricollegava a Roma!
Certo, anche Francis Bonnefoy, rappresentante della Francia, non era una parentela di cui vantarsi eccessivamente, ma gli era troppo affezionata per non provare una punta di orgoglio quando i loro nomi venivano accostati.
Alla sua domanda seguirono un paio di secondi di silenzio, poi Lili ed Eliza scoppiarono a ridere, tirandosi gomitatine decisamente esplicite.
- Eddai, piantatela! – fu l’urletto imbarazzato di Sesel.
- Ah, ora capisco molte cose… E poi fate le condoglianze a me? – e ancora giù a ridere.
- Marina! –
Le quattro si voltarono simultaneamente, ancora le lacrime agli occhi.
Gilbert Belischmidt, bagnato fradicio, se ne stava in piedi di fronte alla panca sulla quale erano sedute, il gesto di accomodarsi come bloccato sul nascere da una ragione che Marina non fu in grado di definire.
- Ciao Gil! – lo salutò, mostrandogli il posto vuoto al suo fianco per incentivarlo a sedersi.
Il ragazzo però non sembrava minimamente interessato alla panca di legno. Si passò una mano fra i capelli gocciolanti senza proferire parola, degnandosi di rispondere dopo un lungo silenzio.
- No grazie. Sarà per un’altra volta. – ma Marina comprese che non era stata altro che il filtro di quella frase fredda e quasi sgarbata. Nonappena l’albino ebbe preso posto accanto a un tipo biondo di cui non riuscì a scorgere il viso, la giovane si voltò verso le altre in cerca di spiegazioni. Lili aveva lo sguardo rivolto ad un altro tavolo, Eliza, a testa bassa, sembrava tutta concentrata nello sfogare chissà quale rabbia repressa sulla sua coscia di pollo. L’unica a considerarla fu la rapresentante delle Seychelles, che roteando lentamente l’indice le fece comprendere che le avrebbe dato spiegazioni in un momento più opportuno.
Imbarazzata da quel silenzio improvviso di cui non riusciva a comprendere la causa, decise di darsi un’occhiata intorno giusto per farsi un’idea degli altri compagni di scuola. Vi erano ancora parecchi posti vuoti, quindi dedusse che gran parte degli studenti doveva ancora cenare. Cercò con gli occhi due visi che sperava e temeva al tempo stesso di scorgere, e proprio quando le parve di riconoscerli sulla soglia del grande salone la vista le venne ostruita dall’enorme sorriso di Feliks.
- Ciao Marina! Tipo, possiamo sederci? –
E fu così che fu il turno di Toris e del polacco di presentarsi alle tre ragazze.
Chiacchierarono un poco scambiandosi le loro opinioni sul test di smistamento, esprimendo la loro speranza di capitare in una classe non particolarmente impegnativa, ossia non nella sezione di Hellas.
- Noi siamo con Germania, è un o-ottimo insegnante! – spiegò Lili.
- E siamo la classe con più donne dell’intero istituto! – si vantò Sesel.
- Ah, non riesco ad aspettare fino a domani mattina! Sono troppo curiosa di sapere in che classi finirete! – aggiunse l’ungherese.
- Speriamo di essere tutti insieme! – fu il commento di Toris, che probabilmnte non avrebbe potuto sopportare il pensiero di essere smistato definitivamente nella casse di Aegypt.
- Cioè, ma quando escono i risultati? Tipo domani prima di colazione o dopo? –
Sesel fece spallucce.
- Dipende. Di solito li comunicano dopo la colazione, ma può anche succedere che vi vengano a pescare uno per uno durante le ore di lezione… -
Toris e Marina si scambiarono un’eloquente occhiata di disperazione: con la fortuna che avevano sarebbero stati costretti a trascorrere tutta la giornata bersagliati dalle frecciatine di quelle due arpie.
Ma la stanchezza di quella giornata così intensa si fece presto sentire, e fra uno sbadiglio e l’altro il gruppo di amici convenne che era giunto il momento di andarsene a dormire. Marina rivolse un’occhiata veloce al tavolo degli insegnanti, ma suo nonno non la stava guardando, intento a discutere con Germania mentre Aegypt osservava schifata Persia tutto contento fra i suoi tre piatti di dolce. Vi era una sola persona in tutta la tavolata che fosse concentrata sugli studenti, e più in particolare sul gruppetto che stava lasciando la sala: Daphne Karpusi.
- Hellas! Diglielo! Diglielo che ho ragione! – il mugolio disperato di Roma la richiamò al suo tavolo.
- Eh? Cosa? Su cosa ha ragione? – fece, caduta dalle nuvole.
- La solita stupida discussione sul calcio. – sospirò Cleo.
- Diglielo che Totti è il calciatore più bravo di tutti! –
- Ma piantala, questo non fa della Roma la migliore squadra del mondo! – lo rimbeccò Germania.
- Chi è stato a qualificarsi per la Champions l’ultima volta? – continuò poi con un sorrisetto sornione.
- La vostra è stata solo fortuna! –
- Noi sono anni che non ci qualifichiamo nemmeno per i mondiali… - piagnucolò Persia, affogando il dispiacere nell’ennesima fetta di torta al cioccolato.
- Perché, voi avete una Nazionale di calcio? – Aegypt sembrava, più che stupita, quasi scandalizzata.
- Certo. Tutti hanno una Nazionale di calcio… - spiegò Hellas, sempre intenta ad osservare i grandi tavoli di fronte al loro. Non avrebbero potuto andarsene a dormire finchè la sala non fosse stata completamente vuota.
- Oddio, Serse, pietà! – sbottò improvvisamente l’egiziana, Persia bloccato a metà nel gesto di servirsi ancora una porzione di dolce.
- Tutto questo cibo non fa affatto bene alla tua… linea… - tentò di spiegargli, il labbro superiore arricciato in una smorfia di puro disgusto.
- Ma se mangio sempre almeno quattro porzioni! –
- Appunto. – fu il commento di Roma, che suscitò una risata generale.
Dopo un’altra mezzora di puro delirio anche per il corpo insegnanti giunse il momento di andarsene a dormire. Cleo, disperata perché con quell’umidità i suoi capelli sarebbero diventati peggio di una pecora delle Highlands scozzesi, fu costretta a farsi dare un passaggio sotto l’ombrello di Hellas, che ebbe l’involontaria premura di inclinarlo più dalla sua parte, rendendo vani i tentativi della collega di ripararsi dalla pioggia.
- Dannazione, Daphne! Ho tutti i piedi bagnati! – si lamentò.
- Certo che se avessi messo un paio di scarpe chiuse al posto dei sandali… -  fu il suo velato rimprovero.
- Scherzi? Io mica mi vesto da suora come te! – ribatté accennando al suo tailleur con un gesto della mano.
- Suora?! Io non mi vesto da suora! Sei tu che non sei adatta al contesto scolastico! – esclamò, appropriandosi definitivamente del cono d’ombra dell’ombrello con un gesto brusco e impettito.
- Ma che contesto e cont… Hey! Rimetti subito l’ombrello! Così mi scolo! –
- Dai ragazze, per favore… almeno il primo giorno sforzatevi di fingere di andare d’accordo! - esalò Ulrich, a cui, come agli altri due, non importava un granché di essere già bagnato fino al midollo.
Eh sì, un nuovo anno era incominciato in quella che per Hellas altro non era che una scuola di matti.
A quel punto non restava che decidere chi fosse più sano fra insegnanti e studenti…





Note


Buonsalve a tutti!
Eccoci qui con il secondo capitolo... Mi scuso subito se troverete degli errori di battitura, ma per motivi ancora ignoti non mi funge più la correzione automatica. Ho fatto del mio meglio, ma temo che ci siano ancora errori ovunque... ^^"
Ebbene, abbiamo avuto modo di conoscere un po' meglio la nostra Daphne e il resto di quegli schizzati del corpo insegnanti...
Per quanto riguarda le ragazze è la prima volta in assoluto che mi ritrovo a scrivere su di loro, quindi chiedo scusa se le ho un po' snaturate, ma prometto che migliorerò col tempo! XD
Grazie mille a chi ha recensito, messo la storia tra le seguite/preferite e chi ha anche solo letto.
Kisses,
Koori-chan
  
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