Tra i seni della notte
Capitolo
primo
Il marchio oscuro splendeva alto nel cielo nella
sua tetra e sventurata luce, emanando riflessi contorti sulle
mura scure di Hogwarts. La notte sembrava essersi piegata ai
suoi piedi, vendendo a quell’angosciante luminescenza il
balugino delle proprie stelle: la stessa luna si rifiutava in
quel momento di mostrare anche solo un brillio speranzoso, una
candela accesa in quel buio devastante.
Vetri infranti.
Urla.
Panico.
Questo era ciò che riempiva Hogwarts.
Questo era ciò che svuotava Hogwarts.
Questo era ciò che devastava
Hogwarts.
Gli studenti correvano in ogni direzione, come
formiche impazzite. Cuori che battevano ai ritmi di un
tamburo: profondo, dispotico, un secondo troppo lento, l’altro
troppo veloce. I più coraggiosi scagliavano incantesimi nel
tentativo inutile di fermare la loro avanzata, ma quelli
continuavano ad assaltare il palazzo inesorabili: vampiri,
lupi mannari, dissennatori…mangiamorte. Tutti dotati di
un’assurda calma, un’inconcepibile compostezza e precisione,
un insensato sguardo vuoto, ma allo stesso tempo così oscuro e
penetrante…
Una voce urlò in quella bufera sconvolgente: -
Ron!! –
Voce disperata.
Voce femminile.
Hermione.
La ragazza era stesa a terra a fianco di un
ragazzo dalla chioma fulva, esanime sul pavimento freddo della
scuola. Un potente schiantesimo l’aveva colpito per poi
mandarlo a sbattere contro una colonna arzigogolata e una
ferita profonda si apriva ora sulla sua fronte. Il sangue si
diramava sulla pelle del ragazzo in un intreccio vermiglio, e
le lacrime della giovane studentessa cadevano implacabili sul
suo viso, andandosi a confondere con quell’evidente segno
della sua sofferenza.
Hermione estrasse la sua bacchetta con mani
tremanti. – Forza…Ron ti prego…Ron, resisti…- mormorava tra le
lacrime. – Calindo expenia! – proferì verso il viso pallido
del ragazzo.
Nulla. Non un miglioramento, non un battito di
ciglia.
- Ron!! – urlò straziata, stringendo a sé il
corpo immobile del giovane.
Altri rumori, altre urla, altri vetri infranti.
Dietro di lei qualcuno stava correndo in quella direzione, ma
alla ragazza poco importava ormai. Rimase ferma, a soffocare
il suo pianto disperato nell’incavo del collo di Ron, ancora
stretto tra le sue mani tremanti. Le parve quasi di poter
sentire il suo calore, le sue parole scherzose, i suoi
abbracci confortanti… non poteva scomparire tutto così. Non
poteva. Non doveva. Non avrebbero dovuto fargli questo!
Hermione si alzò furiosa, mentre ancora le
stille salate sgorgavano dai suoi occhi. I passi si facevano
più vicini, ma di essi rimaneva solo il rimbombo sulla pietra
fredda, confuso poi in quell’intreccio di suoni strazianti.
Più vicini.
Ancora.
Ancora.
- Granger, scappa!! – urlò una voce confusa
nell’oscurità. Hermione cercò di distinguere la sagoma nel
buio: vedeva una divisa volare alle spalle di un ragazzo,
impegnato in una corsa frenetica, eppure nulla riusciva a
distinguere del suo volto.
- C-chi… ? No, io mai! Non lo lascio qui, io…-
sussurrò la ragazza, come a convincere sé stessa.
L’individuo misterioso borbottò qualcosa, che
Hermione non riuscì ad udire, poi recitò con potenza: -
Decaptio lecitus! –
Una forte luce si scaraventò sul corpo di Ron,
inondandone la fronte. Come per incanto il sangue si dissolse
dalla ferita, e quest’ultima si assottigliò fino a divenire
invisibile.
Hermione guardò stralunata Ron che apriva gli
occhi lentamente, portandosi una mano alla testa.
- Ma…ma cosa…? – chiese guardando Hermione che
piangeva ora dalla felicità sopra di lui. La ragazza lo
abbracciò con forza, seppellendo il suo viso sul petto del
giovane sempre più confuso.
Hermione si girò verso il punto dove poco prima
era comparso il salvatore del suo amico, ma non vide altro che
il buio alle sue spalle.
Chiunque fosse stato ad urlare, aveva salvato la
vita a Ron. Ma…come faceva a conoscere il suo nome? E perché
le aveva detto di scappare? Che cosa…
Uno schiantesimo volò sopra il suo capo.
- Via, Ron, via! – urlò la ragazza trascinando
l’amico in una corsa allo stremo delle forze. Si addentrarono
in decine di corridoi, mentre ancora gli schiantesimi
fischiavano alle loro spalle, facendoli sobbalzare ogni volta.
Il cuore di Hermione martellava nel petto, e la
presa sulla mano di Ron si fece sempre più stretta, chiusa in
una morsa d’acciaio…
- Crucio! – urlò una voce. La voce dello stesso
ragazzo che li aveva già aiutati pochi attimi prima.
Gli schiantesimi smisero di sibilare nell’aria,
per lasciare spazio ad un urlo disumano e roco: un grido di
dolore.
Hermione fermò di scatto la propria corsa,
appoggiandosi alla superficie liscia di un muro, ansante. Ron
era dietro di lei, con le mani al petto nel tentativo di
rallentare il proprio respiro.
Chi era quel ragazzo? Come poteva essere uno
studente di Hogwarts e conoscere una maledizione senza
perdono? Come poteva essere in grado di utilizzarla? Nemmeno
agli studenti del settimo anno era consentito apprendere una
simile fattura.
In
quel momento tutto parve fermarsi: rimaneva solo il cuore
della ragazza a scuotere costantemente il suo petto, solo
quelle urla, solo quei vetri infranti, come tanti suoni
distinti, come tanti strumenti di un’unica orchestra che si
esibivano in beffardi assoli. Rimaneva solo quella voce,
rimaneva solo quel “crucio” pronunciato con tanta decisione,
con tale potenza…
- Hermione, dobbiamo raggiungere gli altri,
dobbiamo trovare Harry! – esclamò Ron, prendendola per le
spalle.
Harry… era da almeno un’ora che lo avevano perso
di vista. Lo scontro li aveva travolti con tale violenza… Gli
incantesimi tagliavano l’aria accompagnati dalle grida
terrorizzate. Un gran numero di studenti li aveva separati, e
quando finalmente erano riusciti a scorgere qualcosa al di là
della mandria Harry era scomparso. Volatilizzato. Erano corsi
a cercarlo per tutta Hogwarts, incuranti degli avvertimenti
dei professori che raramente incontravano per strada. Loro
avevano continuato a correre, mano nella mano, con un unico
pensiero nella testa: trovare Harry. In quel momento erano nei
sotterranei, la tana dei serpeverde.
- Hermione! – la riscosse ancora Ron.
- S-sì... certo…ma quel ragazzo? E’ da solo
contro tutti quei mangiamorte, non può cavarsela, dobbiamo
aiutarlo! – rispose la ragazza, ancora sconvolta.
- Herm, non c’è tempo. Non è uno sprovveduto,
l’hai visto. Dobbiamo andare. –
- Ma…- replicò Hermione, mentre le maledizioni
risuonavano ancora nelle sue orecchie.
- Ora basta! Andiamo! – esclamò Ron prendendola
per un polso e iniziando a correre. Le lacrime ricominciarono
a scorrere sulle guance della ragazza mentre il suo sguardo si
rifiutava di volgersi verso il rosso. Non guardava dove Ron la
stava trascinando, continuava ad osservare il corridoio dietro
di sé, quel corridoio dove ancora il ragazzo combatteva, solo.
Stavano ancora correndo quando un potente
bagliore verde avvolse l’androne. Un “Avada Kedavra” tuonò
alle loro spalle. Era stata la stessa voce a pronunciarlo. La
voce del ragazzo.
Continuarono a correre per quei corridoi bui,
salirono scale, attraversarono
aule…
Fu solo di fronte ad una porta che si fermarono.
Una semplice porta di legno scuro, dal taglio informale e
comune. Vi si erano bloccati davanti solo per istinto, così
come solo per istinto avevano corso fino a quel momento. Fu
Hermione ad aprirla, ancora ansante. Ron avrebbe voluto
passare oltre, dopotutto era improbabile che Voldemort volesse
sfidare Harry in una semplice stanza, ma la ragazza varcò
quella soglia di slancio, trascinandosi dietro il rosso.
Senza che nessuno dei due la toccasse la porta
si richiuse improvvisamente dietro di loro con un tonfo sordo.
Ron vi si fiondò subito alzando e abbassando la maniglia
furiosamente, ma la porta rimaneva chiusa, assolutamente
sigillata.
- Ma cosa diavolo è successo?!? Perchè non si
apre! – urlò il ragazzo, battendo un pugno sulla solida
superficie in legno. Hermione nel frattempo si era lasciata
cadere in ginocchio, le lacrime che ancora solcavano il suo
viso.
La stanza era completamente spoglia: quattro
semplici mura bianche avorio e un tappeto color panna sul
pavimento. Nulla altro la colmava. Al suo interno regnava un
lindo silenzio, così contrastante con il tumulto che invece
aveva accolto l’ambiente esterno tra le sue braccia…
- Hermione aiutami, dobbiamo uscire di qui! –
esclamò con fervore Ron, che intanto aveva iniziato a tirare
spallate alla porta.
La ragazza si alzò in piedi e si avvicinò al
rosso.
- Ron…- mormorò
titubante.
- Avanti Hermione, ce la
faremo…-
- Ron… -
- Un incantesimo… un incantesimo… l’
“impedimenta” forse potrebbe…-
- Ron! – urlò esasperata Hermione. Il ragazzo si
girò verso di lei con un’espressione indecifrabile sul volto,
le sopracciglia arricciate in un cauto stupore.
Il silenzio avvolse di nuovo la stanza.
- Ron, io… - iniziò nuovamente la giovane con
voce flebile.
- Che cosa c’è? – chiese bruscamente il rosso. –
Non è il momento di parlare, dobbiamo uscire di qui, dobbiamo
trovare Harry! –
Hermione si accigliò, stringendosi nelle spalle.
- Dunque?- incalzò Ron.
- Niente…non è importante. –
Il ragazzo si allontanò appena dalla porta e
riprese fiato. - Forza, allora, aiutami. Un “impedimenta” al
tre. – disse concentrato con la bacchetta tesa innanzi a sé.
- Uno…-
Non avrebbe funzionato. Hermione lo sapeva.
Nulla avrebbe potuto aprire quella porta se non… la sua
volontà.
- Due…-
L’aveva riconosciuta:
quella era la stanza delle necessità. E siccome Ron era troppo
agitato per accorgersene la stanza aveva seguito solo le
necessità di Hermione: un luogo sicuro, che nessuno
proveniente dall’esterno sarebbe riuscito a trovare. Solo lei
avrebbe potuto aprire quella porta. Non avrebbe ceduto agli
incantesimi, perchè lei non l’avrebbe voluto. E la cosa più
straziante era…
- Tre! -
che lei non voleva uscire.
Un lampo si abbattè sulla superficie in legno,
ma questa lo respinse. Nemmeno un graffio deturpò la porta,
non un singolo segno che testimoniasse l’incantesimo avvenuto.
Ron iniziò a sbattervi calci e pugni, rabbioso,
ma fu tutto inutile.
- Ma si può sapere che stanza è questa? – urlò,
battendo un ultimo pugno sulla porta.
Hermione lo guardò, le lacrime agli occhi, le
mani tremanti.
Non voleva uscire. Non voleva attraversare
quella soglia. Lei…aveva paura. Come non ne aveva mai avuta.
- Hermione, diavolo, aiutami! – urlò il rosso
all’amica, le mani tra i capelli.
La ragazza non si mosse di un millimetro.
- Hermione! - la richiamò ancora il rosso con
tono rude.
- No! – esplose la ragazza. Ron la guardò
stralunato.
- Io…- aggiunse la giovane con tono leggermente
più flebile. - …è inutile, Ron. Questa deve essere una stanza
creata apposta per sigillarsi una volta entrati… non credo si
possa aprire con un incantesimo. –
Non era riuscita a dirglielo. Non aveva detto a
Ron della vera entità della stanza. Del resto il rosso come
avrebbe potuto accettarlo? Loro erano al sicuro lì dentro
mentre fuori infuriava il caos ed Harry combatteva chissà
dove…solo.
- E quindi noi dovremmo rinunciare senza fare
nulla? - sbottò
Ron appoggiandosi alla porta.
Hermione rimase seduta a terra cingendosi le
gambe con le braccia. Non disse nulla.
Il pugno del rosso si abbattè sulla solida
superficie in legno. – Maledizione! –
Il solo silenzio colmò quelle pareti negli
istanti che seguirono. Un silenzio palpabile, pesante, eppure
instabile.
Passarono diversi istanti prima che una nuova
parola colmasse quell’aria…
- Ron…? – chiese Hermione con voce fievole.
Il ragazzo mugugnò in risposta, il viso tra le
mani.
- Chi pensi che fosse quel ragazzo? Quello che
ti ha salvato…prima… - chiese ancora lei asciugandosi le
lacrime.
Ron si appoggiò con la schiena alla parete e
volse il capo verso l’alto. – Non lo so Hermione…
non lo so… - mormorò appena.
- Hermione…? – chiese poi il ragazzo. – Ti
prego…dimmi che sai come uscire da qui. -
La giovane riportò il volto sulle proprie
ginocchia.
- Non lo so Ron… non lo so. –
Continua…
Il primo capitolo di questa cortissima ff è
terminato… spero davvero che vi sia piaciuto. Posso farvi però
una domanda?
Cosa vi aspettate che accada ora?
Perchè questa storia è una continua sorpresa…
anche per me che la sto scrivendo…
Sarei davvero curiosa di sapere VOI che cosa ne
pensate. Non prendete questa questione come un sondaggio… non
andrà a variare il flusso degli eventi… almeno credo. Le
sorprese sembrano non finire
mai…
Dolceamara.