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Autore: Liz Earnshaw    29/06/2012    5 recensioni
La storia si concentra principalmente su Klaus e Caroline. Ci sono comunque tutti i personaggi ed Elena è ormai un vampiro. L'inizio vede Klaus infuriato per questo motivo, poi Caroline farà finalmente la sua comparsa!
Dalla seconda parte dell'8 capitolo:
-L’ho fatto perché… -Prima di continuare, scrutai ancora i suoi occhi, immersi nei miei. Erano celesti, limpidi come l’acqua e bellissimi come il cielo primaverile. Sorridevano sempre. Volevo, desideravo, speravo di vederli un giorno sorridere per me, nei cui confronti pareva riserbassero solo rancore. –Perché credo di provare qualcosa per te, Caroline. L’ho fatto perché volevo vederti felice. L’ho fatto in quel modo perché –sorrisi nervosamente, alzando lo sguardo prima di rincrociarlo al suo, spaesato-, perché io sono Klaus. –Mi fermai, ripensando improvvisamente alla mia stramba vita le cui immagini si ripresentavano, come sempre, nella mia folle testa. -Non ho conosciuto nessuno che mi abbia. –Ancora un’altra pausa, tesa a riprendere il tono della mia voce ormai troppo smozzato. Pensai a mia madre, se così potevo definirla. Accarezzai le labbra e il mento e ripresi, con calma - insegnato ad amare, ad offrirmi, a sorprendere. Non sapevo come dirti dove stessimo andando perché vedevo nei tuoi occhi l’ebrezza e l’eccitazione. Ma non avrei mai potuto colmarla, volevo vederti sorridere col cuore. Volevo vedere i tuoi occhi… brillare come le stelle, quelle che ti ho mostrato l’altra sera. Tutto ciò nonostante non lo facessero con me. Nonostante non lo facciano con me. Non mi importava, seppure non ti ignoro che me ne doleva e duole tutt’ora. Me ne sono convinto sempre più andando lì, ho capito che non avrei mai potuto organizzare qualcosa che rimpiazzasse il tuo bisogno di avere accanto qualcuno che ti ami, qualcuno che tu inspiegabilmente ami. L’ho fatto con rabbia perché… non volevo. Io non volevo farti andare lì, sapendo cosa poi sarebbe successo. –Digrignai i denti e scossi il capo, tentando di non pensarla fra le sue mani. - A cosa sarebbe servito mostrarti Los Angeles? A cosa sarebbe servito parlarti di come l’ho vissuta io, di cosa ho vissuto in tutto questo tempo. Tu pensavi continuamente a lui e questo mi ha fatto render conto della completa inutilità che rappresentavo, in quel momento. –Mollai la presa sulla porta, sedendomi sul letto. –Non potevo farlo con dolcezza, Caroline. Non potevo correre da te e dirti che mi dispiaceva vederti piangere in quel modo. Tyler stava arrivando, avrei rovinato tutto. L’ho fatto per te! –Battei i pugni sul letto. –Lo capisci? –Mi avvicinai, accarezzandole il viso troppo pallido. –Per te. –Terminai, aprendo la porta e fuggendo via da quella dannatissima stanza, evitando così la sua risposta.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note dell’autrice: ascoltate questa canzone BELLISSIMA http://www.youtube.com/watch?v=ANWRhyp-RcM&feature=share

POV KLAUS

Ignorai comunque la cosa e ripresi a salire le scale.

-Dove vai, Klaus? –Domandò, con quella voce così strana seppur famigliare. Con quella voce oramai rimossa dalla mia mente, dove non era più accettata.

-Lasciami in pace. –Raggiunsi la camera e chiusi la porta in faccia a quella figura che, noncurante del mio atteggiamento, continuò a seguirmi.

Il rombo della gip mi fece intuire che eravamo soli in casa e che Rebekah se ne era appena andata. Quell’arpia aveva progettato tutto.

Sbuffai, estasiato dalla situazione. Era troppo difficile da capire? Volevo. Stare. Solo.

-Se non vai via con quelle gambe, te le spezzo io! –Esclamai, evitando di incrociare quegli occhi.

Probabilmente, allora, non assimilai la sua presenza, non assimilai il fatto che quello fosse un momento più delicato del normale. Ero preso da altri pensieri.

Andai in bagno e, dopo essermi sciacquato il viso, mi spogliai restando in pantaloncini.

Feci per stendermi nel letto, già occupato per metà.

-Io mi addormenterò e al mio risveglio tu non ci sarai. Sarà stato un incubo e niente di più. –Enunciai, a tono freddo.

-Oppure un sogno. I sogni appagano i desideri, lo sai! –Affermò, ancor prima che io finissi il mio discorso, sfiorando le spalle nude.

Scrollai di dosso quelle mani, cercando di non viverle come un tempo. Cercando di ricordare quanto fosse difficile perdonare.

-Vattene. Va’ via seriamente, Tatia! –Ordinai, spingendola e alzandomi.

-Cosa c’è che non va con te? –Domandò, imperterrita.

-Niente! Niente! Io sono…

-Perfetto! –Continuò, sarcastica.

Alzai le mani al cielo, tentando di occuparle e impedir loro di fare qualcosa –ma cosa?- di sbagliato.

-Sono cambiate molte cose. –Affermai, tenendo stretti i denti e preservando un’occhiataccia di ghiaccio.

-Sentiamo! –Incrociò le gambe e le braccia, in una posizione comoda e disposta a sorbire ore e ore di discorsi. Anche futili, purchè uscissero dalle mie labbra.

-Senti, se sei venuta qui per fare l’amica, per fare le tue stramaledette scuse, beh, puoi andartene così come sei arrivata. Le accetterò, ma svapora! –Incrociai quegli occhi da cerbiatta intimorita. Ricordai, in un lampo, quanto fossero fondamentali per me. Quanto fossero puro ossigeno, aria per le mie vene, fonte di energia. Mi bastava un momento solo per colmare le fatiche di un’intera giornata. Anche quando non erano rivolti a me, quegli occhi da cerbiatta. Si trattava di puro sangue.

La somiglianza con Elena e Katherine era stupefacente. Avevano gli stessi lineamenti, le stesse labbra morbide, soffici, la stessa pelle olivastra. Qualcosa, però, le distingueva: la personalità.

Conoscevo benissimo quella della Pierce e di Tatia. Elena era una smorfiosetta che, appena diventata vampira, voleva dimostrare al mondo la sua grande determinazione nel proteggere le persone amate. Una scocciatura, insomma.

Di scatto fu in piedi, a pochi centimetri da me, sorprendendomi.

-Klaus! –Bisbigliò, accarezzando i capelli rossicci che contornavano il mio volto esterrefatto. –Non sono qui per le scuse. –Asserì, poggiando la sua fronte sulla mia. Quasi ci credetti.

Avvicinò quelle labbra, inchiodandole alle mie che, dopo un attimo di esitazione, si ritrassero in un’espressione contorta.

-Non… -Mi pulii le labbra, enfatizzando quella manifestazione di disprezzo.

Scocciata, si affacciò alla finestra.

-Dunque è qui che vivi, adesso? Scommetto che hai deciso tu il posto. Ti è sempre piaciuto fonderti con la natura. –Si toccava i capelli, perdendosi nei più lontani ricordi.

-Non parlare di me come se mi conoscessi.

-Ma io ti conosco. E meglio di chiunque altro, Nik. Lo sai. –Utilizzò ancora quel tono caldo, rassicurante e protettivo. Un surrogato del grembo materno era il suo timbro vocale. Così coinvolgente. Così amorevole. Così ingannevole.

-Oh, certo! Avevo dimenticato le tue grandi capacità. Eri così brava ad ammaliare gli uomini, a conoscerli. Tu pensi di comprendere tutti, ma in realtà non è così. La tua è mera illusione.

Ingannai me stesso, consapevole del fatto che, probabilmente, Tatia mi conoscesse davvero più di chiunque altro.

-Menti a te stesso. E’ sciocco, non credi? –Allontanò via la tenda, ricoprendo la finestra.

Si avvicinò, con fare lento e mansueto. Sembrava un gatto, elegante e affamato.

-Io ti voglio, come un tempo. Non pretendo nulla. Una notte, sii te stesso e guardami come allora. Ne ho bisogno. Ho bisogno di sentire la tua voce, il tuo corpo sul mio, il tuo odore, i tuoi denti affondare nella mia carne, il tuo sangue consumarsi, confondersi, mescolarsi al mio. Essere una cosa sola, ricordi? –Accarezzò il mio viso, stesa accanto a me, come fosse la cosa più naturale e saltuaria del mondo. Come se lo facesse ogni sera, prima di addormentarsi serenamente tra le mie braccia.

Poi scese più giù, sul petto scoperto, e ancora più giù, sempre più a fondo.

Riconobbi il calore di quella persona che mi aveva trasmesso un nuovo senso della pioggia, del sole, della luna, del mare, della vita.

-Tatia… -Cercai di fermarla, stringendo quella mano.

-Shh! E' okay. E' okay. Sono io. Va tutto bene. –Continuò, ignorando la mia debole opposizione.

L’istinto prevalse sulla ragione e le forze sembrarono svanire.

Succhiò la mia anima, quella sera. Un’anima stranamente delicata, intorpidita e fin troppo delusa.

Avevo bisogno di energia vitale.

Forse avevo proprio bisogno di lei.

POV REBEKAH

Salii le scale, per capire ciò che stava succedendo.

Aprendo la porta, senza farmi sentire,  fui felice di notare che due corpi si muovevano all’unisono sotto le coperte del letto di mio fratello.

Ero soddisfatta ma pensai che mancasse un’ultima cosa da fare per completare l’opera: avvisare qualcuno.

Note dell’autrice:

Saaaalve! Qualcuno aveva già capito e aveva sperato di non vedere questa persona… ma cosa ci riserberà? Quanto starà e quanto sarà influente? Non pensate in maniera scontata, sapete che in questa storia ciò che è più ovvio, in realtà, è molto lontano dalla verità.

Vedremo!

Un bacio!

   
 
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