12 CAPITOLO
Meglio regnare all’inferno, che servire in paradiso
J. Milton
Orleans, 1769
La statua equestre che ritraeva re Luigi XV, dopo 6
anni dalla sua costruzione, fu ritrovata bendata nella Place de
la Concorde, come a dimostrare che il re non vedeva più i reali bisogni del
suo popolo. Il Mal-Aimè (Così ribattezzato dal popolo) si disinteressava della
vita politica del suo paese, incontrava di rado i suoi ministri, e la sua
smania di farsi continuamente delle nuove amanti fece crollare la sua popolarità
arrivando persino a uno stadio di sfiducia.
Per non parlare delle nuove tasse imposte al suo
popolo create apposta per far straripare le casse dello stato, al fin di
finanziare le enormi feste lussuose che Luigi dava a Versailles.
I continui capricci e disinteresse del re indebolirono
il potere della Francia e contribuì a gettare persino le basi per lo scoppio
della rivoluzione francese.
Chi arrivava in Francia a quell'epoca poteva esalare
soltanto rabbia, paura, e odio.
Ylenia Lefèvre stava
tornando nella sua piccola dimora a Orleans, trasportando un cesto che
conteneva delle mele già mature. Era appena stata al mercato in città per
comprare il minimo indispensabile, notando con stupore che i prezzi degli
alimenti erano arrivati alle stelle, perfino il pane costava come l’oro da
quando Luigi aveva imposto nuove tasse per poter soddisfare i capricci della
sua nuova amante: Madame du Barry.
Se i nobili si trovavano in difficoltà col nuovo
sistema finanziario di Luigi, figuriamoci i poveri e i medio borghesi,
come Ylenia, che si domandavano ogni giorno come
potevano trovare la forza per andare avanti.
Durante le compere Ylenia aveva
visto una ragazzina sui 13 anni che piangeva disperata perché non sapeva come
fare per dare da mangiare alla madre malata, e supplicava il paniere di farle
credito finchè non avrebbe trovato un
lavoro.
Ylenia aveva guardato sconsolata e piena di
compassione quella povera ragazza in ginocchio e in lacrime, ma non poteva fare
niente per aiutarla. Possedeva poco più i soldi per se stessa e per la tenuta,
e la magia non avrebbe potuto fare nulla. Le streghe dovevano servire
esclusivamente la natura, non i propri bisogni personali.
Mentre si dirigeva a casa, Ylenia si
fermò ad ammirare la cattedrale di Sainte Croix,
un’antica chiesa abbaziale distrutta e ristrutturata più volte: era una delle
maggiori attrazioni per i turisti e lo
stile architettonico era sicuramente di impatto estetico, tanto che ogni volta
che Ylenia si avvicinava al monumento ne rimaneva stupefatta per l’imponenza delle
due torri.
Quando si trovò ai piedi della
cattedrale, Ylenia notò che qualcun
altro stava ammirando il monumento con un sguardo più affascinato del suo.
Era un uomo, difficile stabilirne
l’età visto che era di profilo, ma Ylenia fu subito convinta che fosse un nobile di alto rango a
basarsi sul suo elegante e raffinato portamento. Il modo in cui teneva dritta
la schiena lo ritraeva quasi una statua della cattedrale.
Una leggera folata di vento
scompigliò i ricci dei capelli scuri dell’uomo, che alzò elegantemente un mano,
come se stesse scacciando via il vento perché gli occhi potessero ammirare la
chiesa senza dover essere annebbiati.
Ylenia inclinò
la testa da un lato, fissando incuriosita quella figura non molto lontano da
lei, quando questi si girò all’improvviso dalla sua parte. Ylenia se ne accorse
soltanto quando i suoi occhi neri si incatenarono con una strana forza a quelli
dello sconosciuto, fino ad immobilizzare il resto del suo corpo.
Ylenia deglutì
appena quando i suoi occhi visualizzarono il viso dell’uomo che aveva i
ritratti di un nobile d’altri tempi, la pelle bianchissima come se non
conoscesse il sole, gli occhi e capelli scuri come la quercia di un albero.
Notò anche con sommo piacere che
l’uomo era molto alto, cosa rara da vedere in Francia e lei spesso si
rammaricava per la sua alta statura, visto che quasi mai riusciva a trovare un
cavaliere alla sua altezza.
La mente della donna smise di
analizzare l’uomo di fronte a sè perché fu catturata
dal curvare delle sue labbra fino al formare di un sorriso gentile e cordiale.
L’uomo fece poi un leggero inchino con la testa come per sincerarle i suoi
omaggi e per dimostrarle cordialità, sebbene dovesse essere lei a inchinarsi
visto l’evidente differenza dei loro ceti sociali. Ma l’uomo sembrò non
curarsene, infatti il sorriso non svanì dal suo viso.
Le guance di Ylenia si arrossarono lievemente mentre ricambiava l’inchino
con tutta l’eleganza che possedeva, anche se si sentiva a disagio. Sebbene non
ne sapesse nemmeno il motivo e ciò la disturbava.
L’uomo le sorrise a sua volta poi
tornò a rimirare la cattedrale di fronte a lui, come se fosse un esperto d’arte
oppure amasse i monumenti religiosi dove chiunque, buoni o cattivi, erano
ammessi.
Le porte delle chiese sono sempre
aperte, ma Ylenia e quello strano
cavaliere restarono fuori.
Come se avessero paura di sentire un
giudizio che i loro cuori non volevano ascoltare.
Sentendosi fuori posto, Ylenia fece alcuni passi indietro sempre tenendo uno sguardo
titubante fisso sull’uomo, il quale però non ricambiava. La strega ebbe l’impulso di dire qualcosa,
semplicemente un “buongiorno”, ma non riusciva a trovare le parole come se la
lingua si fosse ammutolita.
Allora indietreggiò e
tornò in silenzio sui suoi passi verso la via di casa. Stranamente quell’insolito
incontro la inquietò parecchio, come se un campanello d’allarme avesse suonato
dentro di lei, senza alcun preavviso.
Girò il viso e in lontananza vide
ancora quello strano uomo fermo davanti alla porta della chiesa, come se
tentennasse nell’entrare. Ylenia scrollò le spalle e ritornò a casa.
Quella era stata una giornata come
un’altra, soleggiata come i giorni precedenti, le strada piene di povertà e
disperazione come sempre, ma Ylenia non avrebbe mai
dimenticato la prima volta in cui vide Finn Mikaelson.
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Agnes scese in strada lungo le vie
d’Orleans con un blocco da disegno incastrato sotto il braccio. Era notte e già
i negozi erano chiusi, le strada erano stracolme di gente povera che chiedeva
la carità ai nobili che passavano di lì e pregavano loro di aiutarli. In cambio
quei poveretti ricevevano un sonoro calcio in viso per aver osato interrompere
la camminata o insudiciato i vestiti di un nobile.
Agnes si strinse nelle braccia,
chiedendosi con angoscia in quale mondo fosse nata e se magari ce n’era un
altro che offriva qualunque altra cosa al di fuori della paura, e dell’angoscia
nel sapere che non avevi i soldi per mangiare il giorno dopo.
Guardò piena di compassione i poveri
che suonavano l’armonica in un angolo della strada per racimolare qualche
soldo, e se lei davvero li avesse avuti li avrebbe donati
ben volentieri per offrire loro qualcosa da mettere nello stomaco o per sfamare
i loro piccoli.
Ma in quel momento aveva tra le mani
solo il suo album da disegno e dubitava che a dei poveri come loro servisse,
visto che il 95% della popolazione era analfabeta.
Agnes si sedette sul suo angolo
preferito della strada che era totalmente isolato e quindi poche volte aveva avuto
le occasioni sgradite di incontrare qualche brutto ceffo. La ragazza strappò un
foglio dal suo album e con la matita incominciò a disegnare ciò che la sua
mente ritraeva.
A volte quando la candela di camera
sua si consumava e non c’erano soldi per comprarne un’altra, Agnes usciva in
strada e sedeva sotto un lampione servendosi di quella luce per disegnare
l’ispirazione che veniva a scatti nella sua mente; e quindi per non lasciarsela
scappare, dopo le prime luci del tramonto, si affidava alla luce folta che le
donava quel lampione in quell’angolo di strada isolato e buio.
Non voleva sprecare la magia per
quelle cose futili, e anche se era una strega Agnes non usava mai i suoi poteri
e le poche volte che lo faceva del sangue le colava dal naso, come se il suo
piccolo e fragile corpo non sopportasse l’avvento di quel potere. E col passare
del tempo i suoi poteri si erano fatti sempre più deboli, fino a scemare.
Credeva fosse una fortuna dopo tutto,
visto che voleva essere normale, vivere una vita normale, senza la magia che la
facesse sentire diversa e con la costante paura di finire sul rogo come tante
sue antenate nei secoli scorsi.
La ragazza scacciò quei brutti
pensieri e la sua mano cominciò a tracciare il profilo di un viso fino a
disegnarne l’intero corpo. L’opera era quasi giunta al termine quando
all’improvviso sentì dei passi fermarsi proprio di fronte a lei, e Agnes alzò
incuriosita lo sguardo per vedere chi fosse lo sconosciuto, visto che raramente
della gente passava in quel lato del marciapiede.
Sotto la luce del lampione, gli occhi
azzurri di Agnes osservarono le sembianze di colui che doveva essere un
aristocratico di alto lignaggio visto i suoi vestiti eleganti e puliti. Il
bastone da aristocratico gli dava l’aria da gentiluomo, anche se stonava con
quegli occhi cupi e gelidi che osservavano con una leggera superiorità la
ragazza seduta di fronte a lui.
Agnes notò degli strani giochi di
luce davanti a lei, come se la luce del lampione cercasse di illuminare la
figura dell’uomo, ma il viso di lui rimaneva in un orribile penombra come se
tutto il suo corpo e la sua anima fossero calate nelle tenebre; e l’oscurità
che si portava dietro pareva disegnare delle inquietanti ali nere sulla sua
schiena.
Agnes dischiuse le labbra impaurita,
la matita immobile sulla mano.
L’uomo alzò ad un tratto il bastone
in una mossa lenta ma comunque talmente improvvisa che Agnes sobbalzò impaurita
per quel gesto, ma non si mosse dalla sua posizione. Il bastone comunque finì
sul foglio sopra cui Agnes stava disegnando, e lo rigirò dalla parte dell’uomo
affinché lui lo osservasse.
Il nobile fissò accuratamente quel
disegno come se se ne intendesse, anche se lo sguardo faceva trasparire
soltanto una fredda indifferenza e null’altro.
Dopo qualche secondo il bastone
rigirò il foglio, che ritornò fra le mani della ragazza, la quale guardava
l’uomo con occhi impauriti ma anche curiosi visto che poche persone avevano
dato dei giudizi sui suoi disegni e sperava in un qualche complimento… da un nobile poi ne sarebbe stata ben lieta.
Ma la voce che risuonò dalle labbra
di quell’uomo risuonò gelida e alquanto sprezzante:
“Ragazzina, non ti ha mai detto
nessuno che disegnare degli stupidi angioletti è antiquato e per di più
futile?”
Agnes trasalì per la sorpresa e per
il tono arrogante con cui quell’uomo le si rivolgeva. Avrebbe voluto ficcargli
in bocca il foglio e lasciarlo lì da solo come un baccalà, ma per fortuna sua
madre nella sua breve vita le aveva insegnato un po’ di educazione.
“Monsieur, non è ancora finito.” rispose
lei solamente con finta cortesia e continuando a disegnare come se lui non
esistesse. Sebbene cercasse di concentrarsi nel disegno, Agnes fu interrotta
dal suono di un sorriso sprezzante e superbo.
“Spreca le tue energie per qualcosa
di più fruttifero, ragazzina.” Lui alzò nuovamente il bastone per sfiorarle le
mani; fu un gesto delicato ma Agnes sobbalzò come se l’avesse appena frustata.
“Queste belle mani sottili sarebbero
adatte a suonare un pianoforte nei palazzi reali, non per un passatempo stupido
e inservibile come questo.”
Il tono di voce risuonò così odioso e
altezzoso che lei dovette mordersi la lingua per far tacere i suoi pensieri che
insultavano a gran voce quel signore arrogante, ma per non dargliela vinta
continuò a disegnare senza dargli la benché minima attenzione.
Sentì di nuovo il sorriso altezzoso
dell’uomo come se lui glielo stesse soffiando gelido nell’orecchio, poi di
sottecchi vide l’uomo iniziare a camminare lungo il marciapiede incurante della
ragazza, come se nulla fosse successo.
Fece però solo pochi passi perché
Agnes gli lanciò per terra il disegno appena concluso, e il signore sembrò
stupirsi di quel gesto infatti si bloccò. Il viso si abbassò verso il disegno
con una smorfia di fastidio.
Agnes si alzò issandosi con le gambe,
lo sguardo rivolto all’uomo di fronte, il quale aveva però gli occhi puntati
sul disegno per terra e lo fissavano con estrema attenzione. Il fastidio di
poco prima era svanito.
Anche se riusciva a vederlo solo di
profilo, la ragazza intuì che ne era incuriosito, quasi sorpreso, e magari
sotto sotto gli piaceva anche se quello sguardo duro non trapelava certo dei bei
pensieri.
“E’ di vostro gradimento?” domandò
lei interessata.
L’uomo di fronte a lei teneva
comunque lo sguardo basso ignorando la domanda. Gli occhi si fecero ad un
tratto gelidi, pieni del nulla, e l’espressione ritornò altezzosa come prima.
“Dovreste tornare a casa. Di notte
girano persone senza scrupoli, non si può mai sapere quale pericolo potreste
incontrare.” bisbigliò lui con voce sommessa e un pizzico di ironia superba.
Agnes questa volta riuscì a vederlo
bene in viso perché lui alzò il volto, e subito quel sorriso le provocò un
brivido di terrore dal gran che era inquietante.
Non poteva negare che quell’uomo
possedesse anche una bellezza magnetica che avrebbe attratto chiunque in un
nano secondo, ma c’era qualcosa di insolito in lui. Di sbagliato.
Come se appartenesse alla tenebra che
lo circondava, e a nessun’altra.
Agnes deglutì intimorita e inchinò la
testa, ricordandosi ad un tratto le buone maniere, e subito dopo sentì l’uomo
allontanarsi via nell’oscurità che bramava la sua presenza.
La ragazza alzò lo sguardo solo dopo
che lui se ne fu andato, come se fosse intimorita dal paesaggio di fronte a lei
o di veder ancora quel sorriso inquietante.
Inarcò sbalordita il sopracciglio a
causa di quello strano incontro avvenuto quella notte che in principio l’aveva
sia irritata che spaventata.
Agnes raccolse il suo disegno da
terra, rimirandolo in tutta la sua bellezza di cui forse quel nobile non
riusciva ad apprezzare a prima vista, dato il suo atteggiamento gelido e
superiore.
Poi tornò a casa. Incurante del
pericolo mortale che un attimo prima aveva avuto di fronte.
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Neanche tra mille anni Finn avrebbe potuto scordare il momento preciso in cui Ylenia Lefévre entrò nella sua vita, come un angelo che passando gli
rubò l'anima.
La prima volta che la vide era nelle
strade di Orleans e camminava con un portamento da far invidia alla regina.
Indossava un abito rosso ricamato in superficie ma poteva anche avere addosso
degli stracci tanto lui avrebbe potuto solo guardare il suo volto.
Normalmente Finn non dava molto caso alla bellezza esteriore, dato che
in molti secoli aveva visto molte donne, ma quella che incrociò il suo cammino
aveva un fascino tutto suo, diverso da chiunque altro avesse conosciuto.
Gli provocò un tumulto tale da
doverla per forza seguire come se ne fosse rimasto abbagliato dal primo
istante, e non fu il solo. Molti uomini si giravano a guardarla al suo
passaggio ma nessuno aveva il coraggio di rivolgerle la parola, come se la sua
bellezza avesse una qualità perturbante, più simile a un essere mitologico che
a un normale essere umano.
I capelli neri come il petrolio
appena sbucato dalla terra rigogliosa, occhi scuri come due perle nere, la
pelle ambrata e non pallida come quelle delle aristocratiche, e le gambe lunghe
che la slanciavano fino a farla apparire una dea.
Il suo incedere da fata e quella
maniera di muoversi come se stesse volteggiando la rendevano sublime, ma il suo
sguardo vacuo, distaccato e indifferente a tutto quel chiacchiericcio sembrò
non accorgersi di ciò che le stava accadendo intorno. La donna teneva lo
sguardo dritto davanti a sé, immersa in pensieri tutti suoi, finché non era
entrata in una pasticceria. Finn si era fermato sul
marciapiede rimirandola attraverso la vetrina, e sentì la sua risata squillante
come un sonaglio che sembrò ravvivargli l'anima.
Quando lei uscì dalla bottega, Finn le era andato dietro cercando di non farsi vedere e
incurante delle conseguenze che avrebbe comportato un’azione simile.
Non riusciva a distogliere lo sguardo
dalla sua nuca perfetta, dalla linea delicata del suo collo, da alcuni ciuffi
dei capelli che le sfuggivano dall'acconciatura.
La donna però all'improvviso si era
voltata come se si fosse accorta di essere seguita, ma appena girò il viso vide
davanti a sé soltanto il solito via vai cittadino. Finn si era accuratamente nascosto per non farsi notare e
la seguì fino a casa pur non sapendone il motivo.
Non aveva intenzione di farle del
male e di far prevalere la sua orrenda natura, ma voleva soltanto non perderla
di vista, come se i suoi occhi avessero bisogno di guardarla altrimenti
sarebbero rimasti ciechi.
Appena la donna si era richiusa la
porta di casa alle sue spalle, Finn si era sentito uno
stupido chiedendosi di continuo cosa gli stesse succedendo e perché ad un
tratto si fosse ritrovato a seguire una donna che non conosceva affatto.
Se ne era andato da quel quartiere
con la testa più confusa che mai, quando la vera sorpresa avvenne pochi giorni
dopo non appena vide la stessa donna all'entrata di una cattedrale. Ne fu così
stupefatto che si domandò se quello non fosse un segno del destino, visto che é
raro che il cammino di un vampiro e un'umana si incrocino più volte in così
poco tempo.
Di nuovo era stato abbagliato dalla
sua bellezza e di nuovo non era riuscito a dire nulla, come se avesse paura che
le parole spezzassero quell'incantesimo che l'aveva imprigionato dal primo
istante senza che lui potesse fare alcunché in proposito.
Non appena la donna se ne era andata, Finn aveva capito che non poteva lasciarsela scappare
un'altra volta. Non gli importava che non la conoscesse o che non sapeva
neppure il suo nome. Si era fissato nella sua decisione e non avrebbe
desistito.
Gli sembrava di essere tornato di
nuovo un ragazzino che perde la testa per una ragazza bellissima e piena di
fascino: gli piaceva tornare a vivere quel poco di umanità che gli rimaneva e
che non era ancora stata danneggiata senza punto di non ritorno. Magari poteva
godersi qualche attimo di pura felicità senza preoccuparsi di ciò che era
veramente.
Quindi passò giorni interi a seguire
quella donna, a imparare ogni sua distrazione fuori di casa, e ad adorare ogni
singola volta che lei rideva o faceva un gesto distratto.
Finché non decise di farsi avanti.
Era un giorno soleggiato di maggio e Finn si appostò davanti al giardino di casa della donna, a
rimirarla mentre lei piantava dei fiori con cura.
I capelli neri erano scompigliati, la
donna si asciugò una goccia di sudore con la manica del vestito e sporcandosi
così la guancia di terra.
Finn sorrise vedendo
quella scena e non resistette più:
"Piantare le gardenie in questa
stagione non é una mossa saggia... Finireste per rovinare gli altri bei fuori
che rinvigoriscono il giardino"
La donna alzò la testa di scatto come
se non si fosse accorta di essere spiata, tanto presa nella sua arte del
giardinaggio. Quando capì che si trattava dell’uomo che aveva incontrato
davanti alla cattedrale sgranò gli occhi sorpresa, ma si ricompose subito dal
suo stato di incredulità.
“Forse sottovalutate il mio
incredibile pollice verde.” replicò lei con un sorrisino, alzandosi da terra e
cercando di darsi una ripulita visto che le mani erano tutte sporche di terra.
Ma Finn come la prima volta sembrò guardare solo il suo viso,
non gli importava se fosse impresentabile o se indossasse degli abiti poco
adatti alla sua bellezza.
Anche lui ricambiò il sorriso con
entusiasmo, mentre l’udito si appagava del suono armonioso della voce di quella
donna che lo ammaliava ad ogni istante pur non facendo niente di eclatante.
La donna intanto appoggiò le mani in
grembo scrutando attentamente il nobile che aveva di fronte, senza risultare
troppo fastidiosa, ma riuscì soltanto a sorridere educatamente.
Finn abbassò il viso
come se si fosse ad un tratto imbarazzato e agli angoli della bocca apparve un
debole sorriso: “E’ da un po’ di giorni che vi ho notata qui ad Orleans… perdonate la
mia sfrontatezza ma siete incredibilmente bella e non ho potuto resistere nel
rivolgervi la parola, almeno una volta… spero che questo non vi crei disagio.” mormorò con una
punta di imbarazzo nella voce, ma quel suono delicato e morbido stranamente
colpì Ylenia come se non avesse mai sentito una voce più bella.
La donna gli sorrise di rimando e
abbassò il viso, forse per mascherare il suo imbarazzo anche se gli occhi
brillavano divertiti: “Non mi create alcun disturbo, affatto, una semplice
voglia di conoscenza non mi reca timore.”
Finn sembrò felice
come non lo era da tempo dopo aver sentito la sua risposta; forse perché temeva
che quella donna, bella com’era, fosse già promessa a qualcun altro ma vedendo
che lei non aveva aborrito il suo tentativo di avvicinarsi, forse c’era qualche
speranza che quell’angelo potesse far parte della sua vita. Almeno per un po’.
“Spero che non declinerete il mio
invito di portarvi fuori a pranzo. Mi piacerebbe conoscervi meglio.” mormorò Finn guardandola negli occhi ma pentendosene subito dopo.
Gli sembrò di essere stato troppo sfacciato e di aver trasgredito le buone
maniere visto che quella donna non lo conosceva affatto. E dire che era stato
educato adeguatamente in passato e l’educazione non gli mancava di certo nelle
proprie virtù.
Ma a dispetto delle sue aspettative,
la donna sorrise come se aspettasse quell’invito. “Mi farebbe molto piacere.”
Finn sbattè le palpebre sorpreso ma poi si ricompose in maniera
elegante: “Spero che non ve ne pentirete, signorina…” disse lasciando in sospeso le presentazioni.
“Ylenia. Semplicemente così.” rispose lei prontamente senza un minimo di imbarazzo
o incertezza. Il vampiro notò con stupore che quella donna era parecchio sicura
di sé e non incline alle false cerimonie come le altre aristocratiche di
quell’epoca.
“Finn Mikaelson. Sono onorato di conoscervi, Ylenia.” mormorò lui con
voce vellutata che fece rabbrividire la donna inconsapevolmente.
Le porse inoltre la mano per
invitarla ad offrirgli la sua per il bacio a mano, ma Ylenia dopo qualche passo si bloccò subito, come se si fosse
accorta all’improvviso che tutte le dita erano rovinate e i palmi delle mani
sporchi di terra.
Questa volta abbassò il viso
imbarazzata, con le guance colorate di rosso, convinta che un uomo di quel
calibro non volesse baciare la mano di una che aveva appena scavato la terra.
Fece dunque solo un leggero inchino di cortesia ma Finn non disse nulla, per niente offeso
dall’impresentabilità della donna. Infatti non gli importava nulla se lei non
indossasse dei gioielli costosi o che non avesse la servitù a fare i lavori in
casa, per lui quelle cose non contavano.
Stava per dirle qualcos’altro quando
fu interrotto da un altro suono squillante, molto simile e ammaliante come
quello di Ylenia, ma ingigantito da un
velo di infantilità e divertimento.
“Ylenia!”
Entrambi si girarono verso la porta
di casa dove era appena uscita una ragazza, che si stava dirigendo verso Ylenia con un sorriso che poteva far risplendere Parigi
intera.
Finn notò che era
molto più giovane di Ylenia e anche più bassa, ma questo non diminuiva la sua
bellezza infatti sembrava come un angelo armonioso appena sceso in terra. Aveva
dei capelli biondissimi come il sole, e occhi azzurri come un cielo senza
nuvole.
La ragazza si avvicinò a Ylenia ma appena vide che di fronte a lei c’era un uomo,
subito si bloccò evidentemente imbarazzata nell’averli interrotti.
“Oh, scusate… non volevo disturbare...” mormorò lei con la guance
arrossate e abbassando lo sguardo in modo colpevole.
Ylenia le
sorrise gentilmente e le mise una mano sulla spalla: “Non preoccuparti… puoi
restare se vuoi.”
Finn rise in positivo
per la scena che aveva davanti: Ylenia lo guardava negli occhi mentre la mano era appoggiata
sulla spalla della ragazza, la quale teneva sempre lo sguardo basso per poi
alzarlo quando Ylenia prese la parola.
"Finn, questa é mia sorella… Agnes."
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Ylenia si
stese sopra al letto appoggiando le mani sotto la testa, ripensando a ciò che
era successo quella strana mattina: ritrovarsi Finn di fronte a casa l'aveva colta di sorpresa, e ancor
più piacevole scoprire che fosse galante e gentile, non snob e cinico come gli
altri aristocratici.
Il fatto che non gli avesse stretto
la mano, visto che questa era sporca di terra, non lo aveva disturbato anzi. Si
era comportato il più elegantemente possibile anche con Agnes, e non peccava in nulla… sempre gentile e mai sgarbato.
Un sorriso sereno si formò sulle labbra
di Ylenia ripensando al volto di Finn e al suo portamento elegante: ovviamente aveva subito
pensato che fosse un uomo molto bello, spiccava in mezzo a quei francesi snob e
per nulla statuari.
I suoi pensieri furono interrotti non
appena Agnes irruppe nella sua stanza e fece un bel capitombolo nel letto.
"Allora…
Qualcuno ha fatto colpo oggi?" domandò la biondina stuzzicando la sorella
maggiore con un'occhiata divertita.
Ylenia sviò
lo sguardo per nascondere l'imbarazzo. “Non so cosa intendi. Di quale colpo
parli?"
“Incontro galante nel giardino di
casa nostra..” mormorò Agnes alzando il viso con un gesto teatrale.
Ylenia rise
di gusto e si avvicinò di più alla sorella, mettendole un braccio attorno alla
spalla e la biondina si accomodò vicino a lei: “Sembra un uomo molto gentile...
e dai portamenti molto galanti... e poi ti guardava in un modo che fa subito
presagire le sue intenzioni. Ma
lo sai che non è la classe sociale che conta no? Voglio solo che tu sia felice,
sorella. Con un nobile o con un povero non conta” mormorò Agnes alzando lo
sguardo verso Ylenia, che subito si rabbuiò sentendo quelle parole.
Aveva imparato a sue spese che
l’amore a quei tempi non bastava, se non si aveva un minimo di potere andavi
dritta giù nel baratro e bastava così poco per cadere sempre più in basso.
Inavvertitamente la sua mente andò dritta alla madre, morta suicida qualche
anno prima, perché non sopportava più di vivere con un marito violento che
l’aveva rovinata facendola cadere in miseria, dopo essersi giocato tutti i
soldi in qualche bordello o bisca clandestina.
Il suo più grande errore era stato
quello di essersi innamorata della persona sbagliata e credendosi ricambiata
gli aveva donato tutta se stessa.
E in cambio tuttavia aveva ricevuto
solo violenza, abusi e dolore.
Era così che andavano le cose a quei
tempi.
Ylenia aveva
imparato da sua madre che non esisteva il principe azzurro che correva a
salvarti sopra un destriero bianco. Bisognava cavarsela da soli con le proprie
forze. E sua madre, Isabelle, era stato il perfetto esempio che la troppa
fragilità non può farti portare avanti in quella vita dura e sopportare
ulteriori angherie.
Così aveva deciso di darsi alle
spalle tutto il dolore di quella malaugurata vita terrena, ma lasciando da sole
anche le figlie…
“Che cos’hai? Stai ripensando a
nostro padre?” domandò Agnes con occhi tristi, puntellandosi su un gomito.
Ylenia scacciò
via una lacrima furtiva e subito si ricompose, diventando seria. Ricambiò lo
sguardo della sorella minore, quegli occhi così limpidi e puri che erano stavi
rovinati dopo aver visto il cadavere della madre impiccata nella sua stanza.
Oppure macchiati dalle violenza di un padre ignobile.
Lo sguardo della mora si affilò,
ricolmo d’odio, ripensando al padre che non aveva più diritto di ritenersi
tale. Non era raro che in una famiglia borghese ci fossero dei padri violenti
che alzavano le mani soprattutto sulle figlie femmine, ma il padre che si era
sfortunatamente ritrovata era il peggiore di tutti.
Non solo aveva mandato la loro
famiglia in rovina, disperdendo tutto il denaro, ma aveva rovinato sua moglie e
le sue figlie in ogni maniera.
Non bastavano le botte ogni sera
quando tornava a casa ubriaco, o gli schiaffi che Ylenia si prendeva sempre per proteggere la sorella più
piccola, ma la cosa che la feriva di più al cuore erano le offese e le ingiurie
che il padre le urlava ogni santo giorno: definiva le figlie delle piantagrane,
delle buone a nulla, capaci solo di accendere le candeline su una torta
attraverso una magia che poteva mandare tutti sulla forca, e per di più la
moglie lo aveva disonorato dandogli solo delle stupide figlie femmine e non un
erede maschio.
Il giorno in cui Isabelle si suicidò,
il padre diede di matto più del solito e picchiò la figlia più grande con una
violenza inaudita fino a farla sanguinare. Ylenia gli aveva rinfacciato di essere la causa della morte
della madre e che era tutta colpa sua se ora si trovavano in quella situazione
disastrosa. Il padre non prese affatto bene quell’affronto e così l’aveva
punita.
Quella fu la prima volta che Agnes
affrontò il padre a viso aperto, cercando di difendere la sorella e
allontanando il padre da lei. Per tutta risposta il padre le aveva dato un bel
ceffone e rimandata in camera sua con un bel spintone.
Alla fine Agnes aveva trovato Ylenia da sola per terra con il volto insanguinato e si era
accasciata vicino a lei, disperandosi nel vederla in quello stato e di non aver
potuto fare niente per difenderla. Le aveva preso la mano tra le sue e lavato
le ferite con le lacrime. Letteralmente.
Ylenia ad un
tratto si riscosse dai suoi pensieri mentre un'ombra si era formata nei suoi
occhi, incupendoli fino a non scorgere la pupilla, ricordando l'odio smisurato
verso il padre e per quella vita.
Mentre incrociò gli occhi chiari e
dolci di Agnes, ricordò anche il momento in cui l'angoscia più tremenda di
tutte aveva fatto il suo corso: il giorno in cui era rientrata a casa in
ritardo dopo aver fatto delle commissioni in paese e aveva trovato Agnes stesa
per terra con il viso pieno di lividi e delle ferite profonde sulla schiena,
segno che il padre l’aveva frustata con la cinta della cintura.
Le ferite in viso erano così profonde
che Agnes aveva quasi rischiato di rimanere cieca.
Vedendo la persona che amava di più
al mondo in quello stato, Ylenia aveva deciso di
prendere sua sorella e di andarsene da quella casa maledetta.
Per fortuna avevano trovato riparo
presso dei parenti della madre a Orleans e finora erano riuscite a cavarsela.
"Ylenia non
devi pensarci più... Ormai siamo lontane da lui." mormorò Agnes
convincendo più se stessa che la sorella.
Subito il senso di colpa montò in Ylenia sentendo la paura nella voce di Agnes: quel dannato
giorno l'aveva lasciata sola e non aveva pensato che suo padre potesse farle
del male in quel modo. Si promise ancora un volta di vegliare sempre su di lei
e di non abbandonarla mai.
Agnes vedendo il turbamento nella
sorella cercò di cambiare discorso:
"Quando devi andare al
Circolo?"
Ylenia sussultò
all'istante. Ecco un altro argomento spinoso.
“Domani credo... per le solite cose.”
Ylenia odiava
fortemente quel posto e se avesse potuto avrebbe mandato tutti quanti al
diavolo: gli stregoni che ne facevano parte si davano un sacco di arie, si
credevano superiori a tutti e guardavano storto chiunque non passasse delle
prove.
Ylenia ci
era entrata per diritto di nascita: sua madre era una strega molto caparbia e promettente,
e la sua discendenza se voleva poteva far parte a priori del Circolo.
Ma quando Isabelle si autodistrusse a causa del marito cambiò tutto; la donna era
così debole nei confronti del marito che mise in secondo piano i suoi doveri
nei confronti del Circolo. Si lasciò ridicolizzare a causa della sua codardia,
e ciò finì per portare dei pregiudizi da parte del Circolo che la considerava
una nullità visto come si lasciava sottomettere da un umano senza combattere.
Anche dopo la sua morte, Ylenia dovette sorbirsi gli sguardi ghignosi e altezzosi da
parte di alcuni stregoni mentre passava per i corridoi. La voce che Isabelle si
fosse suicidata circolò velocemente e i suoi cari colleghi la consideravano una
blasfemia.
Col tempo Ylenia si abituò alle frecciatine che gli stregoni le
lanciavano, giudicandola immeritevole come quella stolta della madre, e alle
risatine che si facevano etichettandola come la figlia di una suicida.
Ylenia si
sorbiva tutto questo in silenzio solo perché aveva bisogno di loro visto che ad
ogni stregone del Circolo veniva passata una rendita, sebbene la sua fosse
minima visto che era malvista dagli altri stregoni e non era così potente come
avrebbe voluto.
Ma aspettava con ansia e trepidazione
il giorno in cui gliela avrebbe fatta pagare a quegli altezzosi saputelli, e
avrebbe dimostrato chi fosse veramente e di cosa era capace. Che non era una
nullità come Isabelle.
Non avrebbe sopportato ulteriori
umiliazioni, ma finora non era andata come previsto. Si sentiva ancora
inferiore a loro purtroppo.
“Mi dispiace Ylenia che tutto debba pesare sulle tue spalle... Se fossi
più forte magari potrei prendere il tuo posto e tenere testa a quel branco di
pecore che si credono Merlino in persona solo con un look più sobrio."
Ylenia scosse
subito la testa: "Non pensarci nemmeno. Non voglio che tu sia coinvolta in
un brutto giro... E poi sono io la sorella maggiore, per cui devo prendermi
cura di te."
Agnes scosse di rimando la testa:
"Non devi sacrificare tutta la tua vita per chissà quale dovere... Io non
lo desidero per te… E poi é ora che ti
faccia una vita tutta tua. Stai diventando vecchia, sorella!" affermò
l’ultima frase dandole un pizzicotto per scherzo.
Ylenia sbuffò
e alzò gli occhi al cielo. A quell'epoca una donna di 22 anni era già considerata
vecchia e tutte le sue coetanee erano già belle sposate con figli al seguito.
Ma per Ylenia era diverso... Non sognava di stare alla servitù di un
uomo, di farsi sottomettere e di passare la vita in campagna in mezzo a dei
marmocchi.
Voleva essere dipendente, assaporare
un’esistenza che nessun’altra donna avrebbe potuto fare, avere il potere di
decidere da sola come impiegare la sua vita e raggiungere i suoi desideri più
nascosti.
Ma prendersi cura di Agnes non era un
obbligo o una forzatura, tutt’altro. Rappresentava la sua gioia massima,
l’unico vero contatto umano della sua vita e dalla quale non si sarebbe mai
allontanata.
Soltanto lei era la depositaria dei
suoi desideri più intimi, e avevano condiviso ogni tassello della loro
esistenza come se fossero legate da molto più che un semplice legame di sangue.
Ylenia quindi
non si sentiva privata di nulla sebbene non fosse come le donne della sua età.
E sotto il profilo personale le andava bene così, non si sentiva per nulla
vuota. O desiderosa di qualcos’altro.
All’improvviso però il volto di quel
nobile gentile e dai modi raffinati apparve nella sua mente, come un lampo a
ciel sereno e ne rimase subito stupefatta, visto che si conoscevano così da
poco, ma non riusciva non pensarci... come se con un solo sguardo l’avesse attirata
a sé e nella sua vita.
Ylenia scosse
la testa cercando di non pensarci; non era da lei sognare a occhi aperti come
una ragazzina sciocca o aspettare il grande amore. Non erano robe per lei e non
ne sentiva affatto la mancanza.
Magari a Finn lei poteva piacere ma questo non voleva dire nulla… forse lui voleva
solo divertirsi… in fondo cosa sapeva lei di lui? E lui di lei?
Per collaudare un rapporto con una
persona bisogna prima conoscerla, sia gli aspetti positivi, che negativi
soprattutto perché solo così saprai se la ami veramente o no. Forse è per
questo che si sentiva solo legata ad Agnes visto che la conosceva più di
chiunque altro.
Ylenia sospirò
rumorosamente e diede un leggero bacio sulla fronte alla sorella: “Ma io devo
tenerti d’occhio, è questo il mio compito sorellina.”
E diminuire così la solitudine
schiacciante della sua vita.
Agnes sorrise dolcemente e appoggiò
la testa sulla spalla della sorella maggiore, sicura che l’avrebbe protetta da
ogni pericolo. E anche lei si sentì meno sola in quel mondo estraneo per lei.
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I corridoi del Circolo apparivano
sempre così lugubri che se qualcuno avesse potuto vederli realmente, sarebbe
scappato a gambe levate lontano dal paese. Ovviamente agli occhi umani quel
posto appariva un’antica villa di campagna, risiedente non molto lontano da
Orleans.
Ma in verità un incantesimo
proteggeva la sua vera forma e ciò che accadeva al suo interno. La segretezza
era d’obbligo a quell’epoca visto che era passato solo un secolo dall’ultima
caccia alla streghe e una di queste, la più violenta, era avvenuta in Francia
dopo che si era scoperto che l’amante prediletta di re Luigi XIV, madame de Montespan, era una strega la quale drogava il re con dei filtri
per farlo acconsentire al suo volere finchè avrebbe campato. Fu accusata perfino di celebrare
delle messe nere.
Ovviamente accuse del tutto false ma
in Europa si dava la caccia a chiunque lo si riteneva diverso, e ciò aveva
indotto il Circolo a decretare regole più dure e severe per mantenere la
segretezza.
Delle candele illuminavano il lungo
corridoio formando delle ombre inquietanti in lontananza; dei quadri e molti
specchi erano appesi nelle pareti; Ylenia salutò il gatto nero che aveva preso domicilio lì
ormai da tempo e gli accarezzò dolcemente la testolina finchè non se ne andò
agitando la coda.
Lei camminò fino ad un tratto in cui
scorse il quadro più grande del corridoio, sebbene l’originale fosse un
affresco, ed era ridimensionato apposta per la sua importanza e bellezza.
Il giudizio universale.
Ylenia amava
quel quadro più di ogni altro e non era la sola. Dovette ammettere tra sé e sé
che Michelangelo era un genio e non ci sarebbe mai stato nessun altro come lui
capace di compiere dei simili capolavori. Un colpo duro visto che i francesi
amavano ritenersi superiori a tutti, soprattutto agli italiani, ma quando ci si
trovava di fronte a una simile opera d’arte l’unica cosa che bisognava fare
erano abbassare il capo in segno di rispetto.
Come sempre la parte che più la
incuriosiva ma che la inquietava soprattutto, era la caduta dei dannati
all’inferno. Per lei era il punto più violento e dinamico dell’intera
rappresentazione: il modo in cui i dannati lottavano contro la loro condanna
cercando di fuggire via, ma spinti inesorabilmente verso l’inferno.
Gli angeli addirittura picchiavano e
spingevano i dannati, mentre i demoni li trascinavano in ogni maniera brutale
verso l’abisso.
Il dettaglio che più la incuriosiva e
la intristiva allo stesso tempo era un dannato seduto su una pietra e che si
copriva il volto, come in preda alla disperazione e rendendosi conto
all’improvviso della propria colpa. Ma nonostante il
suo pentimento, i diavoli lo trascinavano in basso senza alcuna pietà.
Certe volte Ylenia si chiedeva se non fosse già tutto scritto, che il
destino sceglieva per noi e non c’era alcun modo di impedire il suo corso…
Se un uomo era condannato ad una vita
infelice tale restava, e vano sarebbe valso il suo tentativo di essere felice.
La donna si ritrovò a compiangere
quel povero dannato costretto all’oblio pur pentendosi delle sue azioni, e
sottomesso al giudizio di un Dio talvolta troppo rigoroso e severo.
I suoi pensieri vennero però
interrotti dall’arrivo di un’altra persona in corridoio che si affiancò vicino
a lei.
“Non ti sei ancora stancata di
rimembrare il nostro Michelangelo?”
Ylenia alzò
gli occhi al cielo: “Un uomo rozzo non può capire certe cose, che ne vuoi
sapere tu di arte?” domandò tagliente rivolgendosi al suo interlocutore.
Gli occhi di Ylenia scrutarono un ragazzo alto quanto lei, capelli e occhi
scuri, viso regolare e delicato ma un sorriso così da canaglia da far venire
voglia di dargli un bel gancio destro.
“Vuoi che ti dia un assaggio della
mia cultura? Se lo vuoi proprio sapere il mio dettaglio preferito è questo..”
mormorò il giovane volgendo il dito verso un punto focale del quadro senza però
toccarlo “Hai notato che l’inferno ha sempre come sfondo un cielo rosso di
fiamme? Un tocco davvero inquietante… accade lo
stesso quando nascono i nostri cari amici cacciatori super forzuti… compare sempre
una palla di fuoco che squarcia in due il cielo, come se preannunciasse una
chissà quale catastrofe…” mormorò in tono teatrale, dimostrando che quasi
avveniva l’inferno in terra.
“Ma smettila! Credi ancora a questa
fiaba, André?” domandò Ylenia esasperata
alzando gli occhi al cielo.
“Fai parte del Circolo, Ylenia. Se non credi a questa presunta fiaba, mi domando che
ci fai ancora qui.”
“Dico solo che mi pare una
baggianata. E comunque lo sai perché vengo qui... devo farlo...” rispose
incupendosi.
Il ragazzo sospirò benevolmente e la
guardò con un’occhiata scherzosa. “Sai ho imparato alla grande come spostare
gli oggetti di grandi dimensioni... perfino l’acqua, cherie. Dì quanto sono bravo!”
Ylenia scosse
la testa cercando di non sorridere e di non far intravedere soprattutto il suo
turbamento. Non aveva tempo per certi giochetti, ma non poté non constatare che
era molto debole come strega, persino Andrè era più forte di lei.
Forse l’impegno che stava dando non
era il massimo o forse era al di fuori delle sue capacità… forse quello che dicevano alle sue spalle era vero…
“Ehi, Connor ci ha rifilato un altro libro da leggere. Cultura
sai?” mormorò Andrè all’improvviso.
“E perché dovremmo farlo scusa?”
domandò Ylenia con un ghigno spregevole sentendo quel nome che
odiava.
“Che vuoi che ti dica? E’ lui il capo
qui e si fa come dice lui, altrimenti aria… ma comunque ho letto velocemente la trama e non deve
essere male: è il “Paradiso Perduto” di John Milton, è uscito un secolo fa ed
era già considerato disdicevole visto che Milton sembra provare simpatia per il
diavolo.”
Ylenia storse
il naso:
“Che razza di libro ci ha rifilato?
Compassione per il diavolo? Questa non l’ho mai sentita.” Affermò sicura ma
dentro di sé a disagio.
“Non so dirti perché non l’ho ancora
iniziato, ma considera Lucifero come un eroe che esalta la sua indipendenza e
che si ribella a un padre assente e troppo severo. Non vuole essere secondo a
nessuno ma all’inizio si nota che era solo un figlio che amava, forse in modo
sbagliato, il padre. Il mondo non è tutto bianco e nero, Ylenia... ci vuole sempre qualche sfumatura di grigio perché
nessuno nasce cattivo.” mormorò Andrè con tono magistrale come se fosse un
maestro.
Ylenia scosse
però la testa pensando che Connor aveva degli strani gusti in fatto di libri… tutto questo
parlare di paradiso, inferno, di un giudizio divino, dei dannati che sono
destinati sempre e comunque all’abisso… le faceva sempre pensare alla morte in un’idea che non
aveva mai considerato prima d’ora… in certi casi come una liberazione visto che
ti districa da una vita che odi e che porta solo dolore… dall’altro la
temi perché pensi che ti porterà verso un luogo peggiore, buttandoti in un
oblio sempre più profondo e intollerabile da viverci…
Certe volte si chiedeva dove l’avrebbe
dipinta Michelangelo nel Giudizio Universale. Dalla parte dei beati o dei
dannati?
Eppure entrambe le parti avevano
un’espressione sofferente e incerta, quasi temessero il loro destino e il
giudizio divino.. come se la loro vita fosse solo un fardello, e nulla di più.
La donna si sentì la gola secca.
“Mi raccomando leggilo ok? So che è
troppo dire a una donna di leggere un libro, infatti non penso che lo farai.”
sghignazzò Andrè in tono superiore.
Ylenia gli
diede una gomitata come risposta e andarono nella sala del consiglio.
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Perché mai era accaduta una cosa del
genere? Perché la vita l’aveva anteposta a un tale rischio?
Quando Ylenia si era resa conto che Finn era un vampiro, aveva sgranato gli occhi dal senso di
repellenza e dall’incredulità. Non appena aveva toccato la mano di Finn, subito i suoi sensi da
strega avevano reagito avvertendola del pericolo che lui rappresentava.
Tuttavia aveva cercato di far finta
di niente, di apparire normale per non destare sospetti. Se lui avesse capito
tutto, probabilmente l’avrebbe uccisa all’istante.
Era stata una serata così piacevole: Finn era stato gentilissimo, aveva dimostrato di possedere
una saggia intelligenza oltre che a un bell’aspetto, e non l’aveva toccata
neanche con dito dimostrando una fervida cavalleria, fino a quando non ci fu il
bacio a mano a fine serata.
Da lì era cambiato tutto. Tutte le
idee che Ylenia si era fatta su Finn andarono in fumo, come se qualcuno la stesse punendo
per aver osato vivere un attimo di gioia.
Da quel momento lo considerò soltanto
come un’unica cosa: un vampiro. Un lurido succhiasangue, un abominio della natura.
E lei in quanto serva della natura
doveva agire. Non era la prima volta che si trovava di fronte a un vampiro e lo
uccideva, di certo non avrebbe avuto problemi anche con Finn. Non doveva dimostrarsi debole solo perché con lei
era risultato carino e gentile… probabilmente la sua era tutta una farsa, una menzogna
così come lo era la loro esistenza oscura.
Aveva sentito parlare di vampiri che
giocavano con le sue vittime e Finn forse stava
facendo così… giocava con lei fino a quando non l’avrebbe rammollita
del tutto e avrebbe infine succhiato tutta la sua linfa vitale.
Ma non aveva di fronte una
sprovveduta e non gli avrebbe reso vita facile… non sarebbe stata debole questa volta, niente
sentimenti da donnette. Non avrebbe permesso che lui facesse del male a lei o a
chiunque altro in città.
Decise quindi di ucciderlo.
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Purtroppo la cosa si rivelò piuttosto
difficile, se non impossibile.
Qualche sera dopo non appena Finn le aveva voltato le spalle, in pieno stato di
vulnerabilità, Ylenia sferrò il suo attacco e cercò di ucciderlo.
Gli infilò fulmineamente un paletto
nel cuore e il vampiro si accasciò a terra senza neanche un grido.
Mentre Ylenia vedeva il suo viso raggrinzire, un po’ del senso di
colpa arrivò in lei per averlo ingannato in quel modo e aver fatto finta che le
piacesse. Forse all’inizio era così… le piacevano i suoi modi gentili e il modo penetrante
in cui la guardava come se la stessa accarezzando con gli occhi, ma era tutta
una farsa. Per i vampiri gli umani erano solo cibo.
E uccidendolo aveva salvato molte
vite. E forse anche la sua.
Ma quando Finn tornò alla vita, boccheggiando in cerca d’aria, ad Ylenia venne quasi un
colpo: inciampò sui suoi stessi piedi finendo a terra; aveva gli occhi sbarrati
dallo shock ed era diventata improvvisamente pallida.
I suoi occhi neri incrociarono quelli
interrogativi e sorpresi di Finn, che sicuramente
si stava chiedendo cosa era successo e perché lei lo avesse pugnalato alle
spalle.
Si portò una mano al cuore. “Ma… perché l’hai
fatto?” domandò lui esitante, cercando di respirare.
Ylenia sgranò
gli occhi terrorizzata e il suo cervello le ordinava di scappare, di mettersi in
salvo finchè era in tempo.
“Sei una strega?” domandò lui
allibito per non essersene accorto.
Ylenia deglutì
e il cervello le ordinò subito di alzare le gambe e fuggire, cosa che fece.
Capendo le sue intenzioni, Finn si alzò velocemente e la prese per le spalle cercando
però di non farle del male.
Tra urla, scalpitii e mani portate in
avanti, Finn cercò di spiegarle che non era un vampiro come gli
altri, che cercava di non fare del male a degli innocenti perché aborriva la
sua natura. E soprattutto non lo si poteva uccidere visto che era un
Originario.
A quelle parole Ylenia si bloccò all’istante come se fosse stata fulminata.
Originario? Ne aveva sentito parlare,
era una leggenda: la prima famiglia di vampiri. I più pericolosi di tutti.
E lei ne aveva incontrato proprio uno
nel suo cammino.
Ylenia gli
rivolse poi un sorrise di sfida dicendo che non poteva fidarsi di lui, e che
non gli credeva quando diceva che non era pericoloso e che non faceva del male
a nessuno. Lei si stava soltanto difendendo.
Diamine conosceva i vampiri, era il
suo compito portare equilibrio nella natura e non esistevano affatto vampiri
buoni. Non era nella loro natura, erano solo dei mostri.
Non si sarebbe fatta abbindolare
questa volta.
Cercò di divincolarsi dalla sua presa
ma le mani ferme di Finn la tenevano ben
stretta.
“Ti prego ascoltami... io non voglio
farti del male, credimi. Non faccio male a nessuno da molto tempo... come posso
dimostrartelo?” domandò in tono quasi supplichevole e dispiaciuto.
Ylenia ci
sarebbe forse cascata sentendo quella voce ammaliante ma una vocina della sua
mente la metteva in guardia. “E perché dovrei farlo? La differenza delle nostre
razze parla chiaro e tondo. Tu sei un vampiro. Non hai diritto di vivere,
proprio come coloro che hai creato.” mormorò spregevole sottolineando quanto
odiasse la sua razza, mentre il buio della notte solitaria li avvolgeva per
strada.
Finn assentì con la
testa, ma i suoi occhi divennero ad un tratto neri come le tenebre:
“Non ti ho fatto del male e potevo
farlo benissimo. Non mi sarebbe costato niente. Senza contare che tu non puoi
farmi niente, tanto meno uccidermi… per cui
penso che dovrai darmi ascolto.” mormorò infine come se credesse che le minacce
e il tono duro potessero farla desistere.
Ylenia per
tutta risposta gli lanciò uno sguardo di sfida, per fargli capire che non si
lasciava intimorire. “Che cosa vuoi allora tanto da me? Ah ma è una domanda
retorica, voi volete solo sangue… esclusivamente sangue e morte.”
Finn però scosse la
testa. “Non io.”
Dopo aver detto ciò, lasciò la presa
sulle braccia di Ylenia per liberarla e
indietreggiò di qualche passo per garantirle sicurezza, tenendo comunque lo
sguardo fisso su di lei.
“Mi dispiace averti spaventata prima… capisco e comprendo quello che puoi pensare di me… non ti importunerò più se è questo ciò che vuoi.”
Il suo tono era freddo ma faceva
trasparire in realtà un dolore a stento trattenuto, come se avesse un nodo in
gola da troppo tempo e che solo adesso aveva liberato.
Ylenia aprì
la bocca cercando di respirare normalmente. L’aria della notte le fece bene e
la testa divenne meno confusa.
“Dovrei ucciderti.” mormorò in tono
fermo, sebbene la voce vibrasse da una leggera indecisione dopo come lui le
aveva parlato.
Finn sorrise, ma era
un sorriso nostalgico, e involontariamente le fece male vederlo nel suo viso
bellissimo.
“Non puoi farlo, Ylenia. E credimi sono un esperto perché ho provato tante
volte a farlo io stesso senza mai riuscirci.”
La donna sgranò gli occhi
imperterrita da quella confessione, e stentò a crederci. Ma gli occhi scuri di Finn trapelavano soltanto sincerità, la menzogna non
albergava nel suo animo. Almeno non in quel momento.
Si sentì una stupida nel voler
credere alle sue belle parole, ma i suoi pensieri vennero interrotti da Finn.
“Se tu dovessi cambiare idea, sai
come trovarmi immagino.” mormorò lui con un debole sorriso, e scomparendo poi
nella tenebra che lo stava reclamando. Da sempre.
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La testa di Ylenia impazzì tra mille pensieri contrastanti e non finì a
capo di nulla.
Uccidere Finn? E come? Era un Originario e per quel che ne sapeva
non si potevano uccidere se non con un potere illimitato che lei ovviamente non
possedeva.
Far finta di nulla? Come avrebbe
potuto? Lasciar libero un vampiro senza neppure combatterlo, comportava avere
il sangue delle sue vittime nelle proprie mani. Per di più si trovava a
Orleans, ed era un’occasione rara quindi non poteva lasciarsela scappare.
Stranamente si sentì estasiata e
importante all’idea di aver conosciuto un Originario… e per di più essere uscita incolume da un incontro con lui…
Non credeva pienamente alle parole di Finn sul fatto che non faceva del male a degli innocenti,
ma qualcosa nei suoi occhi l’aveva incuriosita molto, più del dovuto, come se
una forza dentro di lei le stesse ordinando di non lasciarlo andare, nel bene e
nel male.
Ma cosa avrebbe fatto poi?
Nella sua idea più folle, si confidò
con Andrè. Era uno dei pochi amici che aveva, e dentro il Circolo si fidava
solo di lui. Non aveva voglia di spiattellare questa cosa al resto degli stregoni… era una cosa sua personale e voleva che rimanesse
tale. Per una volta aveva lei in mano qualcosa di scottante, e stranamente ne
fu esaltata.
“UN ORIGINARIO?? Ylenia ti si è forse rovesciato il cervello??” tuonò Andrè
alzando di colpo la voce.
“Sssh zitto! Vuoi che
ci sentano tutti?? Deve rimanere un segreto per ora e mi sono confidata con te
visto che le idee folli a te non mancano. E io non so proprio cosa fare.
Non so come mi devo comportare dopo ciò che è
successo...”
Andrè ci pensò un po’ su, mugugnò fra
sé e sé e all’improvviso gli occhi brillarono di una luce spaventosa: “Idea!
Assecondalo!”
“Come?” domandò lei allibita.
“Certo! Non
ti ha fatto del male vero? Per di più questo Originario sembra avere una cotta
per te dal modo in cui me ne hai parlato! Ne rimarrai scandalizzata ma alcuni
vampiri rimangono pateticamente aggrappati alla loro natura umana come se non
volessero distaccarsene… alcuni sono pure vegetariani lo sai?”
Ylenia storse
il naso:
“Non mi stai prendendo in giro?
Considerati già stecchito nel caso.” affermò non riuscendo a crederci.
“Se tu fossi più preparata lo
sapresti sai? Ma comunque io dico di assecondarlo… conoscilo… cerca di
capire un po’ com’è la sua vita… insomma è un Originario, a chi capita una fortuna del
genere!” rispose lui estasiato e palpitante come un bambino che ha appena
ricevuto un nuovo gioco.
“Sei pazzo? Gli Originari sono
pericolosissimi e non ho voglia di morire così su due piedi!”
“Bah! Dico che è elettrizzante
incontrare una figura mitologica come la sua, e addirittura farci amicizia. E’
esaltante!” disse sfoderando il suo solito sorriso da canaglia.
“Se mi uccide, hai la mia vita sulla
coscienza.”
“Suvvia, sai cavartela! E se capisci
che ti stai mettendo nei guai, fai dietro front… ma non dire che non ti elettrizza conoscere un
Originario e i suoi punti deboli… pensa un po’… se riesci a ucciderlo andrai dritta ai
piani alti del Circolo, e io con te perché l’idea è stata mia!” esclamò lui
estasiato e con gli occhi luccicanti per la possibile gloria.
“Cosa?? Ucciderlo?? Avrei dovuto
tenere la bocca chiusa, tu sei matto da legare!” sbottò Ylenia sbigottita.
“Ma quale matto da legare?? Sono
furbo! Nessuno ha mai ucciso un Originario prima d’ora e se tu ci riuscissi… erediteresti lo scettro da regina e spodesteresti quel
sapientone di Connor… ma ci pensi?”
Ylenia per
un attimo si lasciò incantare dalle sue parole e dalla prospettiva di una vita
migliore, ottenere quello che desiderava da sempre…
Potere.
“Ma è impossibile… non ho la forza di uccidere un Originario, e se lui se
ne accorgesse? Se non ci riuscissi?” domandò incerta.
Andrè le mise una mano sulla spalla
per rassicurarla:
“Tutti hanno un punto debole, cherie. Basta solo scoprirlo… abbi fede.”
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Una volta che ti ci abitui, non puoi
più farne a meno.
Una volta che inizi a mentire, lo fai
sempre di più come se ti piacesse il suono delle bugie sulle tue labbra, per
rendere più accomodante una verità che ovviamente ti avrebbe soltanto nuociuto.
Ylenia rimase
alquanto sbalordita quando comprese la facilità nel stare accanto a Finn, apprezzare i suoi
gesti, ascoltarlo mentre parlava e guardarlo negli occhi ogni volta che
mostrava l’odio per se stesso e per una vita che rinnegava ogni secondo, ogni
minuto della sua esistenza.
Sarebbe stato così bello e semplice
se solo non fosse così tutto falso. Che il legame che si stava creando tra loro
partiva da una menzogna.
Quando lei gli sfiorava il braccio,
non era per soddisfare il desiderio di toccarlo ma per collaudare la sua
fiducia. Quando lei ascoltava e assentiva mentre lui parlava lo faceva per
assecondarlo, non perché le importasse veramente qualcosa.
Un vampiro che odiava la sua natura?
Che non faceva del male agli umani per non sentirsi un mostro?
Le bugie che provenivano dalla bocca
di Finn risuonavano talvolta così convincenti, come il dolce
suono di una melodia da cui ti lasceresti trasportare.
Ma Ylenia era come una roccia e i sentimenti con le persone dure
non vanno di pari passo. Si ripeteva a se stessa che era un bugiardo, che non
era possibile che un vampiro provasse dei sentimenti e che fosse... buono.
Era soltanto un gioco perverso del
vampiro, un modo per accalappiare la vittima nella sua rete.
Questa era la spiegazione che Ylenia si dava sempre quando incontrava Finn; il cervello fece
tacere il cuore e lo mise in silenzio pur di non farlo parlare.
Razionalmente sentì di dover seguire
il piano di Andrè, conoscerlo meglio, individuare il suo punto debole per poi
ucciderlo così avrebbe liberato il mondo da un mostro assassino e lei avrebbe
ricevuto la dovuta medaglia.
Ma neanche i più forti sanno far
tacere il proprio cuore per sempre.
Talvolta Ylenia gli concedeva un sorriso sincero, e gli occhi neri
brillavano per una strana felicità inspiegabile quando lui le sistemava i
capelli neri dietro l’orecchio, o come la sua pelle formicolava per
l’eccitazione ogni volta che lui le sfiorava la pelle della mano con un bacio.
Ma in fondo pensava che era solo una
ragazza, e Finn poteva anche
essere un vampiro ma era affascinante soprattutto nel modo di corteggiarla e di
farla sentire veramente una donna. Non faceva niente di male se si concedeva il lusso di far battere qualche volta il suo cuore mentre stava con lui
o nei momenti in cui la sfiorava con una mano gentile.
Ylenia però
non era stupida, sapeva che era tutto sbagliato, che non doveva lasciarsi
andare con Finn.
Diamine era un vampiro... non aveva
imparato niente da sua madre? Offrire tutta se stessa a un uomo che non merita
il tuo amore e che può solo offrirti soltanto paura e dolore, è il peggiore
sbaglio che una donna possa fare.
E lei non voleva essere come
Isabelle.
Non voleva essere debole, non poteva
permettersi di sentire qualcosa per lui. Non con ciò che c’era in ballo.
Ma nonostante tutto, qualche sera si
concedeva un attimo di tregua… dimenticava di
essere una strega del Circolo, del suo piano, e finalmente riusciva ad essere
soltanto se stessa.
Qualche minuto di
felicità. Cosa chiedo poi in fondo? Domani ritornerà tutto come prima,
ritornerò a odiarlo e a mentirgli… ma almeno
una sera, concedete al mio cuore di sopraffare il cervello.
Andò avanti così per molto tempo,
ormai Ylenia si era talmente immedesimata nella parte che non
sapeva più chi fosse in realtà… non sapeva se stava più fingendo o meno… se ciò che stava
facendo a Finn era giusto…. Se quello che provava per lui si stava tramutando in
qualcosa di più profondo contro la sua volontà.
Poteva solamente sbattere la testa
contro un muro finchè non se la
sarebbe rotta. E il cuore avrebbe fatto lo stesso?
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Ylenia fece
però l’errore di raccontare tutto alla sorella e subito se ne pentì. Non voleva
coinvolgerla in tutto questo, voleva tenerla lontano dai pericoli.
Ma Agnes era sua sorella e ormai
aveva intuito che qualcosa non andava, che il rapporto con Finn non era una semplice amicizia visto che si vedevano
quasi tutti i giorni. La bionda aveva notato oltretutto le sfumature del viso
di Ylenia che cambiavano repentinamente. Dall’odio alla felicità, dal dolore
all’indifferenza. E non riusciva a capirne il senso.
Finchè non
scoprì la verità.
“Lo vuoi davvero uccidere, Ylenia? Nonostante sia una brava persona.” commentò Agnes
con rammarico.
Ylenia saltò
su tutte le furie come se Agnes avesse appena interpellato la sua coscienza,
ormai spenta ma non del tutto:
“Persona?? Agnes è un vampiro! Non è
un umano da parecchi secoli! Non credere alla favola che i vampiri possiedono
ancora un briciolo di umanità all’interno della loro anima insanguinata! Sei
una strega anche tu ricordatelo.”
“Appunto perché sono una strega che
non posso permettermi di giudicare. Non pensi che anche noi non siamo del tutto
umani? Gli esseri normali non possiedono dei poteri come i nostri… non hanno il dono di sopraffare la natura… e non dimenticare
che è stata la magia a creare i vampiri… noi quindi meritiamo di vivere proprio quanto loro”
“Stai sbagliando con queste paturnie.
Per colpa di una stupida strega, non ci può rimettere un’intera razza. Ci sono
anche stregoni buoni…”
“E ci possono essere anche vampiri
buoni se è questo il punto” mormorò Agnes con convinzione.
“Loro vivono a discapito degli innocenti… ti prego il tuo buonismo non può giustificare tutto il
male che i vampiri si portano dietro.”
“Io non giustifico niente Ylenia, riporto solo la realtà dei fatti. Finn non ti ha fatto
del male anzi. Sembra che ci tenga a te e non negare il contrario… ho visto il
modo in cui ti guarda... e anche tu te ne sei accorta.”
Ylenia controvoglia
avvampò e così sviò lo sguardo:
“Lo assecondo solo per i miei piani.
E andrò fino in fondo, te lo giuro.”
Agnes sospirò rassegnata e non disse
più niente, tanto quando la sorella si intestardiva su una cosa era difficile
farle cambiare idea.
Ylenia infatti
sviò il discorso cominciando a girovagare per la stanza quando il suo sguardo incrociò
un disegno riposto sopra il tavolo.
“Questo è un tuo nuovo disegno?”
“Sì l’ho fatto qualche sera fa”
rispose Agnes mettendosi un capello dietro l'orecchio.
“Sera? Sei andata di nuovo in strada
a disegnare? Ti ho detto di non farlo più Agnes!” esclamò Ylenia esasperata e spazientita.
“Io sono sempre prudente, non c’è
bisogno che ti preoccupi.”
La mora scosse la testa e iniziò ad
analizzare il disegno che teneva in mano.
Era magnifico, diverso da tutti gli
altri.
C'era un uomo, anche se poteva
benissimo apparire come un demonio visto gli occhi scavati in profonde nere
occhiaie e gli affilati canini sporgenti dalle labbra rosso sangue.
Ma accanto a lui c'era una ragazza,
un angelo precisamente, con lunghi capelli chiari e lo sguardo dolcissimo.
Una sua mano toccava con una lieve
carezza la guancia del demone, e i suoi occhi erano pieni di compassione verso
lo stato in cui lui si era ridotto.
Mentre un braccio del demone cingeva
con forza la schiena dell'angelo per attirarla dalla sua parte, nell'oscurità.
Invece la ragazza faceva l'esatto opposto ma con più dolcezza. Entrambi con
occhi ardenti cercavano di scavare nella loro anima, attirati da qualcosa che
consideravano ignoto.
Infatti era come se ci fosse una
linea sottile e invisibile tra loro, ma che stavano oltrepassando per conoscere
i pensieri insidiosi l’uno dell’altro, come affascinati magicamente a vicenda.
E magari tra
loro stava nascendo una nuova sfida, cioè che l’angelo trovasse una parte buona
del demone, una luce; mentre il demone voleva trovare il lato oscuro
dell’angelo per attirarlo, insieme a lui, nel suo mondo fatto di peccati e
ombra.
Chissà chi avrebbe vinto quella
sfida? Se l’ombra o la luce.
Improvvisamente il cuore di Ylenia venne pervaso da una profonda tristezza.
“E’ bellissimo. Come sempre” disse
posando il disegno sul tavolo.
Agnes le sorrise con gratitudine e
capendo poi l'origine del turbamento della sorella disse convinta:
“Attenta sorella, l’amore è la magia
più pericolosa di tutte.”
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Ma non doveva spingersi così oltre,
non avrebbe mai dovuto.
Ylenia sentiva
di essere sul punto di cadere sempre più in basso ma non riusciva a trovare
alcun appiglio per risalire. Avrebbe dovuto anteporre dei freni al suo legame
con Finn,
invece di assecondarlo e di permettere a se stessa di provare qualcosa… invece era successo ciò che temeva.
Il giorno prima Finn l’aveva baciata. Per davvero questa volta.
Non era stato il classico bacio a
mano o sulla fronte, ed era successo tutto all’improvviso. Era alla villa di Finn, stavano parlando del più e del meno, quando lei si
era soffermata ad osservare un quadro. Aveva poi sentito un respiro gelido
solleticarle l’orecchio e si era girata in maniera sorpresa non appena si
accorse che Finn si era parecchio avvicinato, e non aveva mai osato
farlo così tanto.
Ylenia era
rimasta ferma, immobile come in trance e gli aveva permesso di baciarla. Non
aveva opposto resistenza, tutt’altro; non appena aveva sentito le labbra gelide
di Finn sfiorarle delicatamente le sue, una sensazione di dolcezza l’aveva
pervasa fino ad incendiarle il cuore che cominciò a battere impazzito e non
riusciva ad impedirlo.
Per colpa della sorpresa e delle
emozioni che si stavano espandendo in lei, Ylenia aveva dovuto appoggiarsi ad una mensola con la mano
pur di non cadere.
Sembrava che il cervello si fosse
disconnesso e stesse assecondando i suoi desideri che aveva tenuto nascosti da
troppi giorni.
Le sue guance era avvampate quando Finn l’aveva stretta di più a sé vedendo che lei non lo
respingeva, e aveva approfondito il contatto del bacio mentre il pollice
seguiva con lentezza la linea dello zigomo della donna.
Ylenia sapeva
che avrebbe dovuto scansarlo, per lo meno fermarlo inventando qualche scusa
sulle buone maniere ecc ecc, ma non
le era venuto in mente nulla di sensato mentre Finn continuava a baciarla facendole ribollire il sangue in
tutto il corpo e imprimendole un’insolita eccitazione.
Il cuore lo pregava di non smettere
mentre il respiro gelido del vampiro si frantumava in quello caldo di Ylenia, ma il cervello lo aveva pregato di farlo per mettere
fine a quel supplizio.
Quando finalmente Finn si era staccato da lei come per permetterle di
respirare, gli occhi di Ylenia erano roteati verso il lato opposto della stanza come
se non riuscisse e non potesse a guardare Finn negli occhi, temendo che il cuore le galoppasse di
nuovo nel petto disobbedendo alle sue volontà.
Aveva deglutito rumorosamente
cercando di apparire calma anche se fu tutto inutile. Quando la voce vellutata
di Finn aveva rotto il silenzio:
“Credo di essermi innamorato di voi, Ylenia.”
La donna aveva alzato stupita lo
sguardo con gli occhi sgranati, non era riuscita a controllarsi questa volta o
a rimanere fredda. Quella confessione l’aveva colta così alla sprovvista che
temette di aver sentito male.
Ma non appena aveva incrociato gli
occhi di Finn e il modo in cui le sfiorava delicatamente i capelli,
le dimostravano che era sincero, così sincero da farle paura.
Qualcosa si era mosso dentro di lei e Ylenia intuì che era il rumore del suo cuore che aveva
ricominciato a battere impazzito. Aveva cercato allora di respirare
normalmente, di riprendere il controllo di se stessa, e si era concessa solo 5
secondi, soltanto 5, per assaporare quel momento, per permettere a se stessa di
farsi avvolgere dalla dolcezza delle sue parole e dal suo sguardo che la
invitava a sfiorarlo per sentire il tepore della sua pelle fredda.
Quando i secondi passarono però le
cose non andarono meglio; si sentiva la testa in confusione ed non sapeva più
cosa fare. Se credere o meno alle parole di Finn, a tentare in qualche modo di capirlo, per davvero
questa volta… ma aveva troppa paura di azzardare e di perdere tutto.
Di mandare a monte ogni cosa.
Ylenia smise
di pensarci e si sedette in quel momento in una panchina vicino ai giardini
splendidi di Orleans, dove l’acqua fluttuava dalla bocca delle fontane a forma
di sirena, e cercò di prendere un po’ d’aria.
Ma la testa girava più forte di
prima, se possibile, dopo aver sentito il consiglio di Andrè. Non l’avesse mai
fatto.
Il ragazzo aveva riso a crepapelle
quando aveva sentito che Finn l’aveva baciata, e
aveva detto che l’aveva rammollito per bene e che bisognava approfittarne visto
che la donna aveva una forte ascendente su di lui.
“Se tu glielo chiedessi, lui si
suiciderebbe per te vedrai se non mi sbaglio.” aveva sghignazzato Andrè come se
si trattasse di una barzelletta.
Comunque l’aveva incitata ad andare
avanti, a non farsi inutili scrupoli di coscienza visto che Finn era pur sempre un Originario.
Ma Ylenia non sapeva più quale fosse la cosa più giusta da fare… però di cose
giuste da un certo periodo non ne compiva molte… aveva sbagliato a cercare di conoscere Finn, aveva sbagliato ad
assecondarlo durante il bacio, e sbagliava oltretutto a mentirgli in quel modo.
Tuttavia pur rendendosi conto delle
sue colpe, non sapeva come fare ammenda senza correre dei rischi.
Ma su un punto Andrè aveva ragione… Finn era pur sempre un
Originario e se avesse scoperto che lei lo stava in qualche modo prendendo in
giro si sarebbe sicuramente vendicato.
Pensò allora di correre ai ripari, e
la soluzione più plausibile era smettere di vederlo, di dimenticare tutto.
Magari i suoi piani di gloria sarebbero andati in fumo, ma anche la
trepidazione che aveva quando stava con lui e finalmente avrebbe smesso di
sentirsi debole al suo fianco, cosa che odiava.
Ylenia sospirò
rumorosamente per il guaio in cui si era cacciata, quando avvertì che qualcun
altro si era seduto accanto a lei nella panchina. Si girò per vedere chi fosse
e notò che era un uomo, un nobile a giudicare dai vestiti e dalla capigliatura.
Aveva i capelli castani molto chiari e un po’ lunghi, e perfino da seduto
dimostrava un portamento molto elegante.
Ylenia tornò
a rimirare il panorama senza proferir parola, quando udì la voce dell’uomo:
“Adoro i paesaggi francesi. Hanno un
tocco di classe sofisticata, fuori dall’ordinario... ma ancor di più la
compagnia che questo paese offre.”
Il tono di voce leggermente malizioso
e suadente la costrinse quasi a voltarsi per vedere a chi appartenesse un
simile timbro di voce. Solo una volta aveva sentito una voce così profonda da
ammaliarla al primo istante.
L’uomo comunque continuava a guardare
dritto davanti a sé e Ylenia si scurì la
voce:
“Siete straniero? Inglese?” Sostenne
con sicurezza visto che aveva intuito che quel nobile non parlasse francese in
modo esemplare.
"No, vengo da un paese
dell'Europa dell'est."
Ylenia mise
le mani in grembo, aspettando che lui continuasse ma entrambi passarono
parecchi minuti in silenzio, rivolgendo lo sguardo altrove.
Ad un tratto l’uomo si voltò verso di
lei e il macigno del suo sguardo la costrinse a voltarsi a sua volta.
Lui le rivolse poi un sorriso
alquanto inquietante.
"Vedo che sei riuscita a
rammollire il tuo amato vampiro attraverso qualche filtro d'amore, i miei complimenti."
Fu come se Ylenia avesse ricevuto un pugno allo stomaco e spalancò la
bocca in preda allo shock, incapace di respirare.
Ma l’uomo non notò – o non volle - neppure
il suo nervosismo, e il suo sorrisetto non svanì dalle labbra.
"Ma constatando quanto malato
d’amore sia Finn, non credo sia stata
un'impresa così ardua!"
Ylenia deglutì
agitata, sbiancando: "Voi... Come fate a sapere questo?"
"So molte cose, mia cara. Ad
esempio ho intuito che stai menando per il naso il tuo bel vampiro fingendo di
ricambiare i suoi sentimenti. Ma non preoccuparti, non ho intenzione di
divulgare il tuo piccolo segreto… a meno
che.."
Ylenia lo
fissò con occhi sospettosi: "A meno che?"
L’uomo fece un sorriso sghembo e si
avvicinò ancor di più a lei. Ylenia fu quasi tentata
nell'indietreggiare visto che quell'uomo si stava prendendo troppe libertà.
Ma chi diavolo era?
"Tu sei una strega del
Circolo, non é vero?"
Ylenia sussultò
per l’ennesima volta e si guardò attorno terrorizzata, temendo che qualcuno
avesse sentito.
L’uomo rise sotto i baffi per
l’evidente terrore della donna, come se questo lo divertisse, anche se gli
occhi rimanevano gelidi.
"Non c'è bisogno di agitarsi
tanto visto che non ti ho ancora detto cosa voglio in realtà... infatti tu
dovresti fare una cosa per me." Rispose poi, lanciandole uno sguardo
strano; quella frase suonò come un ordine e lui non si sarebbe aspettato un no.
Ylenia però
questa volta strinse gli occhi e sibilò dura: "E perché dovrei
farlo?"
"Perché anche tu riceverai
qualcosa in cambio per questo lavoretto… non sono
così avido."
Le rivolse di nuovo un sorriso
audace, ma subito si spense nella sua maschera di durezza. "E’ da un pò di tempo che mi sto interessando a un certo caso che
mi riguarda molto da vicino, e la stessa cosa vale per voi stregoni anche se in
maniera differente.”
All’improvviso l’uomo si avvicinò di
più a lei e Ylenia si ritrovò suo
malgrado ad essere intrappolata nei suoi occhi chiari, come se la stessero
trapassando. In quegli occhi però non c’era un barlume di luce, non c’era
nulla. Erano spenti.
Ma la voce che fuoriuscì in quel
momento dalla bocca dell’uomo era piena di emozioni negative, di dominio e
glacialità, e scandiva bene le parole come per fargliele capire una volta
soltanto.
“Quegli abomini che proteggete...
quei mostri in grado di uccidere qualunque vampiro... devo sapere come riuscire
a identificarli, e il modo per ucciderli."
Ylenia allora
sgranò gli occhi completamente in preda al terrore, e per poco non saltò sù dalla panchina. Gli occhi dell’uomo però non avevano ancora smesso di
incatenarla a sé.
“Come diavolo fate a sapere queste
cose? E’ impossibile che voi lo sappiate…” sussurrò
esterrefatta.
“Perché alla fine io finisco sempre
col sapere tutto e pare che le maledizioni mi perseguitino.” rispose con quel
che doveva essere un tono ironico sebbene lo sguardo rimaneva perlopiù gelido.
“Io so che voi li proteggete e che sapete ogni cosa di loro perché è stata una
strega a crearli… ho provato a ricavare altre informazioni ma voi
streghe siete piuttosto ostinate. Neanche la minaccia di strapparvi il fegato è servito… il segreto su
quei mostri sembra essere ben custodito.” Fece un sorrisetto da canaglia; Ylenia si sentì agitata nel sentire quell’uomo così vicino e
di sentirsi aumentare dentro di sé la paura costante per le sue parole
minacciose.
Intuiva che quell’uomo era pericoloso,
e non stava affatto scherzando.
“Ma ancora per poco, visto che tu mi
aiuterai.” disse poi, mettendo una mano sopra i capelli castani scompigliandoli
un po’.
Ylenia cercò
di tornare a respirare normalmente e di trovare una via di fuga a quel pasticcio.
“Sentite, questa storia è
completamente una fiaba raccontata da delle streghe… è completamente fasulla e non c’è niente di reale!
Senza contare che io nella piramide del Circolo sto ai bassi fondi e non di
certo ai piani alti, e solo chi occupa una certa posizione conosce tutta la
storia su quei cacciatori e come annientarli… io non lo so, e non posso saperlo.”
“Ci riuscirai invece… con le giuste motivazioni ci riuscirai. Te lo sto
chiedendo con le buone ma se non farai come ti dico dovrò passare alla dimostrazione
di forza.” mormorò lui diventando a un certo punto ancora più crudele. E addirittura arrogante visto che continuava a
darle del “tu”
“E cosa vi fa pensare che non farò
come gli altri? Che piuttosto mi farei ammazzare pur di non aiutarvi?”
L’uomo restò un attimo a fissarla
come se ci stesse pensando sù, poi l’ennesimo sorriso
da canaglia spuntò sulle sue labbra.
“Perché tu hai un punto debole su cui
io posso marciare con facilità, e usarlo ogni qualvolta tu possa fare capricci… con le altre streghe non ha funzionato perché loro in
primis mettono in primo piano la loro crociata nel distruggere i vampiri...”
Fece una leggera pausa come per
soppesare le sue parole, che risuonarono disumane. “Mentre tu no... c’è
qualcos’altro di più importante e lo userò per raggiungere il mio scopo”
Ylenia continuava
ad ascoltare quell’uomo senza fiatare, col cuore che batteva a mille per la paura… ma solo alla
fine capì il senso delle sue parole inquietanti e cos’era quel punto debole che
lui avrebbe usato contro di lei se non avesse fatto ciò che voleva.
Sua sorella.
Quel mascalzone aveva dunque preso
informazioni su di lei ed era giunto alla conclusione che per lei veniva la
sorella al di sopra di tutto, perfino della magia.
Gli altri stregoni del Circolo non
avevano punti deboli del genere e quell’uomo inquietante di fronte a lei lo
stava utilizzando a proprio vantaggio. Come se non avesse alcuna pietà per il
suo stato d’animo o di far del male ad un’innocente.
Ylenia avrebbe
voluto cavargli gli occhi per aver osato minacciare la sorella, ma saggiamente
decise di rimanere immobile:
“Perché… perché
volete sapere la storia di quei cacciatori?”
“Perché mi urta il pensiero che delle
creature possano contrastarmi o che siano più forti di me… ho già mandato a monte il piano della mia vita, ma
questa volta filerà tutto liscio e ti conviene che succeda.” La freddezza della
sua voce non lasciava scampo e Ylenia deglutì rendendosi conto del pericolo che correva.
Intuì che quell’uomo era un vampiro e lei doveva fare per forza qualcosa.
“Ma io non posso aiutarvi comunque!
Ve lo ripeto, soltanto gli stregoni più potenti sanno come neutralizzare quei
cacciatori e come identificarli...”
Lui sbuffò come se stesse perdendo la
pazienza ma riprese il controllo di sé dopo qualche secondo, come se ci fosse
abituato ai propri scatti d’ira.
“Ti do un piccolo aiuto giusto per
dimostrare la mia buona fede: dalle poche informazioni che ho racimolato,
quegli esseri non nascono il giorno di Natale ogni anno ma in un intervello tra secoli… ne sono già comparsi due... ma non so niente di più purtroppo… ed ecco che
entri in ballo tu.” Mormorò puntandole un dito contro.
“Oh sì certo. Tra qualche secolo vi
aiuterò a mettere k.o quei cacciatori.
Non so se l’avete notato ma io non sono immortale, non potrei aiutarvi neanche
volendo qualora questa creatura venisse fuori per darvi la caccia.”
“Ti ho detto all’inizio che ti avrei
offerto qualcosa in cambio… qualcosa a cui
tu ambisci profondamente… tutto lo vogliono naturalmente ma tu con una tenacia
maggiore degli altri: il potere." Si avvicinò incatenandola con occhi
ammaliatori e con un sorrisetto furbo, convinto di averla in pugno.
"Io ne ho assorbito fin troppo
in questi secoli e te ne posso offrire quanto vuoi, posso donarti potere o
confessarti magie che neanche nei tuoi sogni esistono. E col potere che
otterrai grazie a me potrai benissimo scavalcare i tuoi cari colleghi e
scoprire tutto su quelle creature. Come vedi, c’è del beneficio sia per te che
per me.”
Il nobile alla fine approfondì di più
il tono della voce, come se volesse tenerla in pugno e ottenere il suo consenso
attraverso qualche sotterfugio.
Ylenia si
lasciò ammaliare da lui, dalla sua voce ammaliante e dalle sue parole solo per
qualche secondo. Tra sé e sé ammise che quella prospettiva era molto
allettante, ma doveva essere prudente:
“Come posso fidarmi di voi? Che non
mi ucciderete alla prima occasione?”
“Non posso perché innanzitutto mi
servi. Questa nostra collaborazione potrebbe risultare molto interessante… E spero davvero che faremo grandi cose
insieme, io e te.”
Ylenia ricambiò
lo sguardo senza preferir parola: si sentiva la testa confusa a causa della
presenza magnetica di quell'uomo che l'attraeva a sé in maniera inspiegabile, e
a causa anche della paura che sentiva suo malgrado.
Fu lui a parlare:
“C’è un’altra cosa…
il tuo amato vampiro... ti aiuterò perfino a sbarazzarti di lui senza tanti
problemi per dimostrare che non sto mentendo sulla mia buona fede”
Ylenia lo
guardò allibita, chiedendosi da dove fosse arrivato un tipo del genere
“Cosa? Perché volete ucciderlo?”
domandò turbata.
Di nuovo un sorriso inquietante
apparve sul viso dell’uomo:
“Abbiamo un conto in sospeso da molto tempo… e ho l’arma per ucciderlo... non del tutto ma
abbastanza per metterlo fuorigioco. Ma anche qui ho bisogno del tuo aiuto, mia
cara. Finn potrà sembrare uno stolto a prima vista, ma è furbo... si è accorto che
io gli do la caccia e sparisce nel nulla proprio quando sono a un passo dall’ucciderlo… ma su di te non ha alcun dubbio, non potrà di certo
credere che vuoi aiutarmi nel mio piano nell’ucciderlo, non se lo aspetterà
mai.”
Ylenia si
allontanò di scatto da lui:
“Questa cosa non riguarda Finn… io avevo deciso di lasciar perdere tutto.”
“Dovrai far marcia indietro allora.
Perché con te si sente al sicuro, di conseguenza debole… quindi è una facile
esca, potrò colpirlo quando meno se lo aspetta… potrai avere un posto in prima fila se è questo che
vuoi.”
Ylenia trasalì
per l'orrore delle sue parole.
Aveva avuto dei sensi di colpa la
prima volta che aveva tentato di uccidere Finn e all'epoca lo considerava solo e unicamente un
abominio della natura. Che cosa avrebbe provato allora nell'ucciderlo di nuovo
dopo aver scoperto che non era il mostro che credeva che fosse, e che lui
provava dei sentimenti reali nei suoi confronti e lei pure anche se
irrazionalmente?
L’uomo intuendo il suo tentennamento,
perse quasi le staffe:
“E non iniziare con i soliti discorsi
suoi sentimentalismi tipici delle donne perché mi stufano. So che tu lo vuoi
morto e che stai cercando il metodo migliore per ucciderlo, non puoi negare
questi istinti di fronte a uno come me.”
I suoi occhi chiari incatenarono di
nuovo quelli di Ylenia in una stretta
letale; la sua voce ammaliante sembrò condurla all’interno del suo mondo fatto
di morte, sangue e onnipotenza e lei stranamente ne fu affascinata. Conosceva
il male e aveva imparato a non aborrirlo, anzi ci aveva convissuto per poi
usarlo.
E non poteva negarlo, non di fronte a
colui che aveva creato il male più crudo e effimero. E che col suo sguardo
perfido la stava portando verso un’ennesima strada rischiosa e tortuosa, ma lei
per prima ci aveva messo piede quando aveva deciso di farsi valere nel Circolo
con ogni mezzo.
Si ritrovò suo malgrado a sorridere a
quel demonio. Come se lo avesse appena riconosciuto e avesse appena capito
quanto osceno e inutile fosse il bene.
Il demonio in questione continuò a
parlare incitando la sua vittima, quasi avesse in mano la mela tentatrice.
“Allora, tu mi aiuti a trovare questi
cacciatori, ad identificarli, e il modo per ucciderli e annientarli per sempre.
E mi aiuterai anche a sbarazzarmi di Finn. In cambio ti offrirò quello che hai sempre desiderato… e lascerò
in pace te e la tua adorabile sorellina.”
Ylenia sbatté
le palpebre, cercando di fuoriuscire da quella magia oscura dentro la quale
quell’uomo misterioso l’aveva incatenata fino a stritolarle l’anima.
“Abbiamo un accordo?” domandò lui
allungando la mano.
La strega ci pensò per qualche secondo… sporcarsi le mani, aiutare quell’uomo ad uccidere quei
cacciatori, quelle creature di cui lei era in dovere di proteggere… e aiutarlo
a sbarazzarsi di Finn… lo stesso Finn che le aveva proclamato il suo amore per lei…
I pro e i contro…
“Sì, abbiamo un accordo.” decise alla
fine, stringendogli la mano come a suggellare quella promessa. Le scappò uno
strano sorriso involontariamente per aver stretto un patto con un demonio del
genere.
Sarebbe andata avanti col suo piano,
sperando di non portarsi dietro un rimorso enorme da vanificare tutto.
L’uomo a sua volta sorrise estasiato
e si alzò dalla panchina.
“Perfetto. Mi farò vivo io.” Rispose
abbottonandosi elegantemente la giacca.
Non appena lo vide avviarsi verso la
strada, una voce dentro la testa di Ylenia la intimò di fermarlo, di rimangiarsi tutto… che non si
sarebbe fatta immischiare dentro quel vortice di male.
“Signore…” pronunciò titubante,
non sapendo bene cosa dire.
L’uomo sorrise mentre si voltò verso
di lei: “Puoi chiamarmi Klaus.”
E se ne andò portandosi dietro una
folta nebbia... e anche le parole di Ylenia che avrebbero potuto riportarla verso la salvezza. E
invece andava sempre più dritta verso la sua condanna.
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E’ terribile fingere spudoratamente,
anche per una giusta causa, ma è ancora più subdolo farlo sapendo che stai
sbagliando e lo fai ancora e ancora.
Ylenia aveva
imparato a dire bugie come se fosse nata per farlo, come se non avesse detto
neanche una sola volta la verità da quando era nata.
Con Finn andava tutto bene, non si era accorto di nulla e
cercava di compiacerla in ogni singolo gesto. E Ylenia continuava a fingere. A fingere che non le importasse
nulla, a fingere che l’urlo che proveniva dal suo cuore non esistesse e fosse
muto.
In fondo stare in compagnia di Finn era piacevole e poteva godere quel poco di normalità
che le rimaneva fino a quando non sarebbe saltato tutto in aria.
Il problema era Agnes.
Aveva intuito che qualcosa non
andava, che la sorella si era cacciata in un pasticcio ma Ylenia le rispondeva in malo modo cercando così di tenerla
fuori, e una sera addirittura era arrivata ad alzare la voce. Non l’aveva mai
fatto prima d’ora con lei.
Ma il problema ancora più grosso era
quel dannato di Klaus, che aveva deciso all’improvviso di cambiare le carte in
tavola.
Un giorno Ylenia se lo era ritrovato in casa e per poco non le era
venuto un colpo. Lui era un vampiro, soltanto se invitato poteva entrare in
casa.
Lo trovò bello comodo seduto sulla
sedia vicino al tavolo e le aveva rivolto un sorriso soddisfatto non appena la
vide. Ylenia non ebbe tempo di aprire bocca che Agnes arrivò in
salone come nulla fosse e le aveva spiegato che il signore lì presente era
straniero e aveva bussato alla sua porta per chiederle delle informazioni.
E visto le buone maniere che Agnes
aveva ricevuto in passato, l’aveva invitato ad entrare.
Il cervello di Ylenia venne attraversato da mille fumini non appena
incrociò il sorriso beffardo di Klaus, e diede tra sé a sé dell’ingenua ad
Agnes per averlo fatto entrare come se nulla fosse.
Ma in fondo come poteva sapere che
era un vampiro... se non lo toccava non poteva immaginarselo… almeno questo voleva dire che lui non l’aveva toccata
neanche con un dito.
Ylenia rivolse
uno sguardo pieno d’odio a Klaus mentre lei si sedeva accanto ad Agnes, la
quale si era ammutolita di colpo quando vide l’espressione della sorella. La
biondina si morse il labbro quando si girò verso Klaus, il quale guardava un
punto indefinito di fronte a sé per poi girarsi verso di lei e rivolgerle un
sorriso gentile, ma diabolicamente glaciale fra le righe.
Agnes rigirò lo sguardo fulmineamente
perché sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene.
Temette di aver fatto un errore visto
la tensione che albergava nella stanza... non appena aveva visto l’uomo che
aveva incrociato sere prima mentre disegnava sotto la luce del lampione,
credeva si fosse trattata di una coincidenza, una strana coincidenza...
Ma quel nobile si era comportato in
maniera gentile e normale, non come la prima volta che l’aveva visto con quel
modo arrogante e sfrontato con cui si era rivolto a lei.
Quando se l’era ritrovato sull’uscio
di casa non ci aveva trovato nulla di male in lui, ma forse ora cominciava a
capire di essersi sbagliata alla grande quando guardava di sottecchi il viso
gelido e inquietante di quell’uomo strano.
Intanto Ylenia lanciava battutine punzecchianti rivolte a Klaus e lui
rispondeva a tono, ma sempre con riguardo come se non si volesse far scappare
nulla circa alla sua vera identità o il perché Ylenia lo conoscesse.
Alla fine Klaus si congedò e rivolse
un sorriso ad ambedue le ragazze, un sorriso inquietante, sicuro che le avrebbe
certamente riviste.
"Vi ringrazio per la gentile
chiacchierata e per l'ospitalità. Mi piace molto questa città e credo ci
resterò per un bel po’ di tempo" mormorò sull'uscio della porta rivolgendo
uno sguardo di sfida a Ylenia, la quale si
imbestialì tra se é sé, chiedendosi che cosa diamine il vampiro avesse in mente
e perché si era insediato in casa sua.
"E vi porgo un'ulteriore
raccomandazione, fate attenzione a chi fate entrare in casa. In giro ci sono
persone che possono essere pericolose e mi dispiacerebbe molto che succedesse
qualcosa a due signorine graziose come voi." Questa volta il sorriso
ironico, e anche diabolico, di Klaus venne rivolto principalmente ad Agnes che
subito si sentì raggelare.
Di nuovo la sensazione che ci fosse
qualcosa di sbagliato in quell’uomo prevalse, come se nascondesse la sua vera
natura ma le sfidava a viso aperto con un sorriso da demonio, quasi fosse tutto
un gioco di cui era lui a tenere le redini in mano.
La bionda restò immobile e ammutolita
a fissarlo, e non rispose a quella sua strana affermazione perché il suo
cervello era impegnato a capire la vera origine di quelle frasi agghiaccianti,
e ad un passo nel farlo ne fu terrorizzata.
Ebbe infatti la sensazione che aveva
appena invitato in casa un demonio che avrebbe avvelenato la loro vita,
inghiottendole nella sua ombra che lui si portava appresso. Come se il suo
disegno avesse preso vita.
Come sarebbe andata a finire allora
quella sfida?
Fine prima parte!!
Allora ci tengo innanzitutto a
scusarmi per il ritardo mostruoso con cui ho aggiornato il capitolo.. anzi metà capitolo… avevo intenzione di fare un capitolo unico ma mi sono
venuti degli attacchi d’ansia e non riusciva a scrivere. Così ho deciso di
pubblicare almeno una parte per soddisfare un pochino la vostra curiosità.
Non so quando pubblicherò la 2 parte
perché tra mare, ulteriori problemi ecc ecc il tempo
per scrivere è poco quindi scusatemi ancora!!
Spero che questi flashback vi siano
piaciuti.. ho voluto scrivere un po’ la situazione della Francia a quell’epoca,
e dietro la facciata della bella Versailles quel paese era davvero così.
E finalmente questo famoso accordo
tra Ylenia e Klaus è venuto fuori… come andrà a finire??
Questa immagine l’ha creata la mia
adorata Ariel Winchester! L’attrice che fa Ylenia è cambiata proprio perché nei flashback lei ha 22
anni, mentre nel presente ne ha una trentina… L’attrice qui sotto è Sophia Bush! Spero vi piaccia!