“Ehi”, dio. Perfino il saluto che le aveva rivolto era così scontato e smielato; un “ehi” mormorato sul collo, con quella maledetta voce roca e sensuale mentre, dopo averla fatta girare, le carezzava una guancia con la mano grande e calda.
“Ehi”, e subito si maledisse per aver imitato il suo tono dolce, “non mi ero accorta che fossi arrivato. La mancanza di urla e svenimenti mi ha tratto in inganno, scusa”, le dita che giocano con l’orlo della sua t-shirt, accarezzandogli leggermente collo e clavicole, e lo sguardo fisso su di esse, mentre lui le avvolgeva le braccia intorno ai fianchi e se la tirava più vicino.
(Rosso. Rosso. Het)