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Autore: Sakura Kurotsuki    29/06/2012    3 recensioni
Riguardo i primi episodi di Naruto Shippuden, precisamente quello in cui Sakura e Naruto riescono a prendere i campanelli, non ho potuto fare a meno di provare un moto di nostalgia, ma anche di tristezza nel notare l'assenza del mio personaggio preferito, Sasuke.
In questa One-Shot, ho provato a delineare i pensieri e le emozioni di un maestro che ha perso il suo allievo.
I personaggi purtroppo non mi appartengono (anche se ho già chiesto a Babbo Natale di portarmi Sasuke il prossimo 25 Dicembre), e la storia non è a scopo di lucro.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakashi Hatake, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Con questa Fiction ho avuto non pochi problemi; ho avuto l'ispirazine all'inizio e mi sono messa a scrivere, poi a un certo punto mi sono bloccata perchè non sapevo più come andare avanti, e ho cercato di arrangiarla come potevo. Il fatto, secondo me, è che non conosco bene il personaggio di Kakashi, perchè tutte le volte che me lo immagino lo vedo sempre affiancato a qualcuno (in questo caso Sasuke), e non l'ho mai considerato come un personaggio individuale.

Comunque spero che almeno a voi piacerà, Buona Lettura!

 

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"L'Akatsuki si sta muovendo. Andrò a raccogliere altre informazioni in merito".

Annuisco all'uomo con la lunga coda di capelli bianchi al mio fianco, prima che si dissolva.

"Ci vediamo".

Oggi è stata una giornata intensa: ho di nuovo sottoposto i miei allievi alla prova dei campanelli e devo dire che questa volta sono riusciti nell'impresa; usando dei metodi poco ortodossi – ossia minacciarmi con gli spoiler de "Le Tattiche della pomiciata" – ma devo riconoscere che dopo due anni e mezzo di allenamenti con i rispettivi maestri, sono migliorati parecchio. In teoria il loro maestro sarei io, ma dopo un certo evento, Naruto è partito con Jiraya per diventare più forte e Sakura si è concentrata sui Jutsu medici sotto la guida di Tsunade, ovvero niente popò di meno dell'Hokage del villaggio.

Definizione di un certo evento: Sasuke, il mio terzo e più promettente allievo, ha lasciato il villaggio senza dire una parola. Si è volatilizzato in una notte, silenzioso e discreto come è sempre stato.

Io, come suo maestro, mi sono sempre sentito oppresso dai sensi di colpa per non essere stato in grado di fermarlo, ma non è questo il momento per lasciarsi andare a tristi ricordi; dopotutto, due dei miei allievi sono appena avanzati di grado e dovrei essere felice per loro, invece di crogiolarmi nei miei sensi di colpa.

"Kakashi-Sensei!"

Una voce, quella di Sakura, mi riporta alla realtà.

"Abbiamo deciso che sarai tu ad offrirci il ramen! Sbrigati!" mi urla Naruto dal punto in cui si trova, cioè parecchi passi avanti a me. Lui e Sakura avevano proseguito tutti presi dal pensiero della cena, mentre io ero rimasto qualche passo indietro con Jiraya.

Stavo per raggiungerli, quando mi ricordai di una cosa importante che avevo dimenticato di dover fare.

"Spiacente, devo compilare la lista dei nuovi team e presentarli. Ci si vede, ragazzi".

Detto questo mi volatilizzo in una nuvola di fumo; nel nano secondo in cui svanisco nell'aria, sento distintamente Sakura, rivolta a Naruto: "Tanto lo sappiamo che andrà a leggere quel libro".

Sono o non sono i miei allievi?

 

La compilazione della lista è una gran seccatura e poi per questa sera mi ero già preparato un programmino, cioè: buttarmi sul divano, leggere il nuovo libro di Jiraya,Le Tattiche della Pomiciata, seguito de Il Paradiso della Pomiciata, e poi magari addormentarmi con il libro sul naso e svegliarmi il mattino dopo a testa in giù, come ero solito fare, quindi decido di rimandare le questioni burocratiche, dimenticandomi per una sera dei miei doveri di capitano.

Due minuti dopo essere entrato in casa, tempo di togliermi le scarpe e sono già stravaccato sul divano con il libro a pochi centimentri dal naso: ho letto solo il prologo, ma già mi appassiona, come il volume precedente del resto, se non di più. Le righe scorrono sotto i miei occhi, i quali scrutano febbrilmente le pagine, che vengono voltate così velocemente che sembra quasi che si girino da sole, come colpite da una raffica di vento.

 

 

  • Noi non siamo uno sbaglio – disse tra le lacrime la bella Sayu. - Vieni via con me. Quello che io voglio è il tuo amore -

  • Sayu, lascia stare – risponde Soichiro – questo non ha più importanza ormai -

 

  • Tu non puoi lasciarmi..! Non possiamo separarci! -

 

Ah, la drammaticità dell'amore non corrisposto, la bruciante tragedia...

 

 

  • E correva tra gli alberi Sayu, correva perchè i cocci rimasti del suo cuore la spingevano a farlo, perchè se si fosse fermata, se anche solo per un secondo avesse smesso di cercarlo, allora sarebbe stata davvero la fine...-

  • Cominciò a piovere, ma non sarebbe stata qualche goccia a fermarla... Lei continuò a correre a perdifileto nella foresta chiamando a gran voce il suo grande amore che l'aveva abbandonata... Poi a un tratto, i suoi piedi incontrarono una radice in rilievo e... -

 

 

 

 

 

 

"Basta così"

"Un'ultima volta..." ribatte il ragazzo di fronte a me, annaspando alla ricerca d'aria.

"Lo sai che non puoi fare più di due Chidori in un giorno. Sarebbe rischioso, te l'ho già spiegato, no? E poi" aggiungo rivolgendo un'occhiata allo squarcio che ha sul braccio destro, "è meglio mettere qualcosa su quella ferita, potrebbe infettarsi".

In tutta risposta Sasuke mi lancia uno sguardo carico di risentimento: sono certo che consideri queste mie preoccupazioni come l'essere trattato come un poppante, come dice lui; la verità è che è veramente tardi e con l'allenamento pesante a cui lo sto sottoponendo avrà di certo bisogno di dormire.

Comunque, sarà perchè sta grondando sangue dal taglio profondo che si è fatto durante l'allenamento, sarà perchè, anche se cerca di nasconderlo, è chiaramente esausto, alla fine Sasuke si arrende alle mie parole e insieme ci avviamo alla locanda dove alloggiamo.

"Ti serve una mano o fai da solo?" gli chiedo una volta rientrati nella stanza che condividiamo.

"Faccio da solo" risponde lui dirigendosi in bagno, in cui c'è il tanto agognato armadietto dei medicinali.

Neanche a dirlo.

Non so quanto tempo è passato dall'ultimo scambio di battute, so solo che a un certo punto mi ritrovo a fare un salto mortale sul letto, su cui molto probabilmente mi ero addormentato vestito, svegliato da un tonfo assordante proveniente - indovinate da dove- dal bagno.

Con uno scatto mi alzo e mi accosto alla porta del suddetto.

"Sasuke, va tutto bene? Cos'era quel rumore?"

"Sto bene" mi risponde una voce non molto convinta dall'altra parte, ma ovviamente non mi convince, quindi decido di entrare.

"Posso...?" chiedo, dapprima socchiudendo la porta, poi aprendola del tutto.

Lo spettacolo che mi si para davanti è indescrivibile: sapete una di quelle cose che uno dice "Questo lo racconterò ai miei nipotini!"? Ecco.

La situazione è la seguente:

Sasuke è seduto per terra sommerso di: garze, disinfettanti, antibiotici, cerotti di tutti i tipi e misure, creme varie, bende, fasce, cotton fiocc, siringhe e chi più ne ha più ne metta; a completare il quadro un rotolo di carta igienica che, riposto accuratamente sull'ultimo ripiano dell'armadietto, non si sa come perde l'equilibrio e gli cade sulla testa srotolandosi fino ai miei piedi, mettendo come si suol dire, la ciliegina sulla torta.

Sasuke, dal canto suo, non appena mi vede sgrana gli occhi e si immobilizza con un braccio a mezz'aria: segue un silenzio imbarazzante, ognuno in attesa che sia l'altro a spezzarlo.

"Quindi non va tutto bene" esordisco dopo due minuti buoni, con l'intento di alleggerire l'atmosfera.

Signore e Signori, Capitan Ovvio è tra noi.

"Ho tutto sotto controllo" ribatte il mio allievo, dopo aver sputato un rotolino di garze che teneva in bocca.

"Sì, l'ho notato"

Sasuke mi lancia un'occhiata torva, rialzandosi. Vicino alla sua testa l'armadietto dei medicinali è completamente vuoto, con tutte e due le ante aperte.

"Non sapevo che per far cicatrizzare una ferita, occorresse una Crema Idratante per il corpo al Nettare Naturale di Pesca" commento raccogliendo la suddetta crema da terra, nel tentativo di smorzare la tensione.

Se possibile Sasuke arrossisce ancora di più, ma decide di non ribattere.

"Mettiamo via questa roba, piuttosto" borbotta.

Dopo aver rimesso ogni singola garza e cerotto al suo posto, inclusa la Crema Idratante per il corpo al Nettare Naturale di Pesca che è stata riposta con cura in un angolo remoto dell'armadietto proprio da Sasuke, mi viene in mente che il suo braccio è ancora da medicare.

"Allora, te la fai dare o no un'occhiata?" gli chiedo, senza tante cerimonie.

Lui sta a rimuginarci sopra un attimo.

"Va bene" acconsentisce alla fine, sedendosi sul bordo della vasca.

Prendo le fasciature e un disinfettante, che gli verso subito sulla ferita; essendo stata molto tempo esposta senza nessun tipo di medicazione, al contatto con l'acqua ossigenata produce subito una gran quantità di liquido bianco. È abbastanza profonda e so che deve fargli male, tuttavia Sasuke non emette un gemito; successivamente lo fascio con una benda pulita, facendola girare più volte attorno al suo braccio.

"Ecco fatto. Dai andiamo a dormire, che domani ci aspetta un'altra giornata faticosa"

Lui non commenta e ci avviamo in camera.

Una volta infilato nel mio letto, cerco di rilassarmi in attesa che Morfeo venga a prendermi; piano piano sento i sensi annebbiarsi, la presa sulla realtà si allenta...

Prima che il Dio del Sonno mi prenda definitivamente tra le sue braccia, lo odo, proveniente da un punto imprecisato nell'oscurità, sussurrato nella speranza di non essere udtito, come un lieve fruscio di vento, il suo "Grazie".

 

Spalanco gli occhi nell'oscurità totale. Dopo un attimo di smarrimento, resto stranamente sorpreso appurando di trovarmi nel salotto di casa mia.

Guardo l'ora; sono le quattro del mattino. Il mio libro giace per terra vicino al divano, lo raccolgo e cerco il punto dove mi ero interrotto prima di addormentarmi:

 

  • ... e cadde rovinosamente a terra. -

     

Fuori, il cielo comincia già a schiarirsi, il che significa che è già quasi mattina e devo ancora compilare quelle maledette liste.

Rassegnato, mi alzo dal divano e comincio a mettere mano sulla pila di carte poggiate sul tavolino poco distante. Scorrendo i vari fascicoli, mi ritrovo tra le mani le vecchie carte del Team 7: sopra ci sono le foto dei componenti, quindi la mia, come capitano del Team, e poi quelle di Naruto, Sasuke e Sakura. Riguardandoli in queste foto di quasi tre anni prima, penso che i miei ragazzi – o almeno due di loro – siano veramente cresciuti; erano proprio dei mocciosetti inesperti all'epoca... Che sensazione pensare che solo poche ore fa mi avevano messo con le spalle al muro.

In quello, mi tornano in mente i rimasugli del mio sogno; in realtà non è stato un sogno, bensì un ricordo. Ebbene sì, quella vicenda l'avevo veramente vissuta con Sasuke, in quel mese in cui ci siamo ritirati in montagna affinchè io gli insegnassi il Chidori, la mia tecnica speciale che ho inventato io stesso.

Non l'avevo mai tramandata a nessuno prima, ma quando ho visto Sasuke la prima volta, ho avuto subito la sensazione che dovesse essere colui che avrebbe ereditato il mio jutsu e ho fatto centro: Sasuke aveva rispettato le mie aspettative, ed era riuscito a padroneggiare la tecnica con successo. All'esame Chunin, quando l'ho visto scagliarsi contro il suo avversario a quella velocità, con una mano impregnata di chakra tenuta dall'altra, ho sentito di aver raggiunto il mio scopo come insegnante. È stato come rivedere me stesso, da ragazzo. Ma è passato tanto tempo, da allora...

A un tratto, il campanellino rimasto che tengo ancora in tasca, sembra farsi più pesante.

Non avrei mai pensato un giorno, che sarei diventato un maestro così negligente, proprio io che una volta ero fissato con le regole e i comandamenti degli Shinobi.

Inspiegabilmente, il viso di Obito prende forma nella mia mente.

Nel mondo degli Shinobi, chi non rispetta norme e regole viene classificato come feccia. Però, chi abbandona i propri compagni... è anche peggio della feccia!

Che razza di Shinobi sono se non riesco nemmeno a proteggere le persone a me care? Obito... Non ho imparato nulla dalla nostra amicizia... Cosa pensi di me? Non ce l'ho fatta a salvare ne il mio maestro, ne i miei compagni e non sono nemmeno stato capace di proteggere il mio allievo. Mi sono sempre ritenuto molto simile a Sasuke, se non uguale; eppure, nemmeno io sono riuscito a leggere nella sua anima.

Siamo come due calamite, solo girate dalla parte sbagliata: siamo troppo simili.

E meno male che avevo detto niente pensieri tristi per stasera...

Con un sospiro tiro fuori il campanellino dalla mia tasca; sembra davvero più pesante e anche stranamente caldo.

Alla fine, non ero l'unico ad indossare una maschera.

"Che fai capo?"

Un rumore alle mie spalle interrompe il filo dei miei pensieri: dovevo essere proprio in un altro mondo per non accorgermi che qualcuno è entrato in casa mia.

"Pakkun... Non ti ho chiamato io" rispondo al cane ninja che si è appena materializzato nel mio salotto.

"Lo so, ma avevo voglia di venire a farti visita: è da un po' che non facciamo qualcosa insieme"

"Tsunade non mi ha assegnato missioni in questi giorni, perchè dovevo sottoporre Naruto e Sakura alla prova dei campanelli"

"Giusto, come sono andati?" chiede, interessato.

"Bene. Sono migliorati molto" rispondo, meccanicamente.

"E Sasuke?"

Serro le dita sul campanellino nella mia mano.

"Nessuna novità su dove si trovi?" insiste.

"Nessuna. Niente"

Pakkun comprende che non è il momento e sta in silenzio.

"Cosa stai facendo?" mi chiede il cane ninja, vedendo che mi sono sdraiato di nuovo sul divano.

"Vorrei dormire un'oretta, ti spiace?"

"No, figurati" detto questo il mio amico si acciambella vicino alle mie gambe. In teoria Pakkun non è il mio animaletto da compagnia, noi siamo colleghi e se Asuma una sera venisse a casa mia e si acciambellasse sulle mie gambe, sarebbe la stessa cosa, tuttavia lo lascio fare; non è di certo la prima volta e non sarà l'ultima. Pakkun mi aveva solo fatto promettere di non farne parola con nessuno.

Sto per riaddormentarmi di nuovo, quando mi accorgo di tenere ancora stretto nella mano destra il campanellino di Sasuke: lo appoggio sul tavolino vicino alla pila di scartoffie, cioè le liste che dovevo compilare e che non ho compilato per colpa dei miei viaggi mentali malati. Lo fisso finchè le palpebre non mi si fanno pesanti e io di nuovo comincio a perdere il senso della realtà. La mia visuale si fa più incerta, le immagini tutt'intorno si fanno più sfocate; solo una cosa resta nitida, il campanellino che continuo a guardare come se avesse una storia da raccontarmi.

E poi mi viene in mente un particolare che ancora non avevo registrato: ora che ci penso, questo campanellino è l'unico ad essere stato sfiorato, e proprio da Sasuke, il primo giorno.

Fuori dalla mia finestra, una delle ultime stelle rimaste si stacca dalla volta celeste e precipita nel vuoto, lasciando un scia luminosa dietro di se che dura un attimo e poi sparisce.

 

Sasuke... Vedi di non farmi aspettare troppo.

 

E il buio si chiude su di me.

   
 
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