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Autore: SweetNemy    29/06/2012    3 recensioni
Sapete quando si dice che la vita riserva sempre delle sorprese? Beh, a volte esse sono davvero strane, così questa ragazza che odiava la sua vita monotona in un inutile quartiere della California, si ritrovò ad affrontare un viaggio tra lo spazio e il tempo su un isola che in realtà non esiste!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciaooo a tuttiii :D ed ecco il 13! Non fatevi ingannare dal titolo, non gli è successo nulla di grave! Buona lettura :D
Capitolo 13. Il destino di Thomas

-Thomas? Thomas? – continuava a ripetere Hermos preoccupato, il suo amico non si svegliava e lui sperava non gli fosse successo niente.
Il ragazzo si alzò e si guardò attorno, non c’era un’anima viva, eccetto il piccolo chiosco che gli aveva indicato prima Thomas. Era a circa dieci metri da lui, molto vicino, ma allo stesso tempo lo divideva da quel chiosco una scalata di pietre piccole e insidiose.
Hermos si decise, sarebbe andato in quel bar per chiedere aiuto. Iniziò a scalare le piccole pietre con facilità, stando molto attento a non scivolare, fino ad arrivare in cima. Entrò nel locale e chiese aiuto a un gentile signore.
-Mi scusi. Il mio amico è scivolato sulle pietre, sta male. Non so cosa devo fare!
-Dov’è? È ferito? – disse il proprietario del bar preoccupato.
-È in fondo a quelle rocce. Non so se è ferito. È caduto, poi si è subito rialzato di corsa e poi è ricaduto a terra dopo nemmeno cinque secondi! – rispose preoccupato.
-Giovanotto, stai calmo. Ora ci penso io a recuperarlo.
-Lei? Se vuole ci vado io.
-No. Non ho detto che vado io laggiù a prenderlo. Ci andrà mio figlio. – disse sicuro il vecchietto, poi si rivolse al chiosco e chiamò suo figlio con quel po’ di voce che aveva – Luca?
“Luca?”– pensò Hermos – “ma è un nome italiano. Allora è vero che molti europei sono emigrati in America!”
-Giovanotto sei tra noi?
-Eh? Sì. Sono qui, mi scusi. Posso chiederle una cosa?
-Mio figlio è andato a recuperare il tuo amico. Cosa vuoi chiedermi?
-Lei è italiano?
-Cosa? Sì, sono italiano. L’hai riconosciuto dal nome di mio figlio, vero? Beh, complimenti, nessun americano ci avrebbe mai fatto caso.
-Beh, io non sono americano.
-Dicevo io che avevi troppo uno sguardo mediterraneo per essere americano. Pensavo fossi emigrato.
-Beh, in effetti lo sono. Ma io sono nato in Grecia e non ho ancora la cittadinanza americana. – disse Hermos, sperando che si dicesse cittadinanza.
-Bella la Grecia. Beh, che dire. Sono contento che in America ci siano più europei. Sai, ha detto mio figlio che alle americane piacciono un sacco.
-A me interessa piacere a una sola persona. – disse Hermos, mentre quel ragazzo, Luca aveva portato sopra Thomas.
-Papà sono arrivato.
-Ah, finalmente. Appoggialo qui che controllo. Ehm, non so da dove iniziare.
-Papà non sei un medico. Lascia che controlli io.
Il giovane fece un rapido controllo a Thomas senza trovare nulla, poi togliendo la mano dalla testa del ragazzo, si accorsa che essa era ricoperta di sangue. Ci mise poco a capire che il ragazzo sdraiato a terra aveva una ferita in testa.
-Papà ha una ferita in testa e mi sembra piuttosto profonda. Dobbiamo portarlo in ospedale.
-Figliolo, sai che l’ospedale più vicino si trova a San Diego!
-E tu sai che hanno fatto direttamente una strada che collega questa montagna al quartiere in cui si trova l’ospedale? Chiamo l’ambulanza!
Il giovane prese il telefono e subito chiamò l’ambulanza. Dopo qualche minuto arrivò e i medici lo portarono dentro con la barella. Hermos andò con lui, ma il cortese signore mandò lì dentro anche suo figlio.
-Ti ringrazio per essere venuto. Per averlo salvato. Grazie davvero.
-Figurati. Ci tengo molto, sai?
-A cosa?
-A salvare la vita alle persone. Sai, è come sdebitarsi di un gesto eroico di un coraggioso uomo che non ho più rivisto.
-Qualcuno ti ha salvato la vita in passato?
-Beh, sì. Lo ricordo come se fosse oggi. Avevo tredici anni ed ero stato scelto con altri quattro ragazzi per una gara di trekking. Il mio migliore amico arrivò primo e io ne ero felicissimo, ma mentre mi fermavo per vedere il suo successo un ragazzo mi superò. Io volevo arrivare secondo a tutti i costi, quindi invece di prendere il percorso normale presi una pendenza che portava direttamente a valle. Saltai e appena misi piede sulla roccia scivolai. Scesi roteando per qualche metro e persi i sensi, andando a finire nel fiume. Per fortuna un uomo sulla trentina che faceva canoa mi trovò e mi rianimò presto portandomi a valle. Beh, quando mi svegliai ero insieme ai miei amici e a mio padre e quell’uomo era sparito. Lo sto cercando da tanto tempo per ringraziarlo, ma non l’ho mai trovato.
-Beh, se c’è una cosa che ho capito dalla vita è: “non bisogna cercare risposte lontano. La risposta è davanti ai tuoi occhi, solo che non la vedi”.
-Beh, l’unica persona che ho tutti i giorni davanti agli occhi è mio padre. Ma non può essere lui, io ricordo la faccia di quell’uomo. Era possente, sicuro di sé, muscoloso. Mio padre era più rincitrullito di oggi!
Mentre i due discutevano animatamente, il dottore dell’ambulanza dissero che erano arrivati.
Thomas entrò in una stanza, poi dopo alcuni minuti uscì e con un camice sulla barella si diresse con quattro o cinque medici in una stanza, chiamata “Sala operatoria”
Si erano fatte ormai le due del pomeriggio e Thomas non era ancora uscito. L’attesa è la cosa peggiore che possa esistere, soprattutto in certi casi.
-Thomas è un tuo amico?
-No, lui è.. ecco non so come definirlo. I miei veri genitori non ci sono più, e vivo con una famiglia che mi ha adottato. Lui è mio... fratello. Beh, sì. In fin dei conti è mio fratello. Sai dirmi a cosa serve la stanza dove l’hanno portato? Sai, non ne capisco molto.
-Lì è dove le persone subiscono degli interventi.
-Non capisco lo stesso.
-Quando le persone hanno brutte ferite, nel caso di tuo fratello, vengono portate lì per essere ricucite in modo che possano tornare a fare quello che facevano prima.
-Ah, ora ho capito. Almeno credo.
-Ehi, ma cos’hai al braccio sinistro? Sembra una brutta cicatrice.
-È solo il resto di una piccola ferita. Niente di che, tranquillo.
-Se lo dici tu. A proposito, non mi hai ancora detto come ti chiami.
-Mi chiamo Hermos.
-Che bel nome. Uh, guarda! Thomas è uscito.
-Vado! Allora, come sta?
-È tutto a posto per il momento. Entro qualche ora dovrebbe svegliarsi. Ora lasciatelo riposare.
-D’accordo.
Mentre il giovane tornava a sedersi squillò il cellulare di Thomas.
-Perché quest’aggeggio suona.
-Perché qualcuno sta chiamando Thomas. Basta cliccare qui per rispondere. Ora portalo all’orecchio e parla.
-Ok. – disse a Luca, poi continuò a telefono. – ehm, chi è?
-Hermos, ciao. C’è Thomas lì con te. Sai, è un po’ tardi. Cominciavo ad essere preoccupata.
-In realtà è a pochi passi da me, ma un uomo con un vestito bianco ha detto che deve riposare.
-Non capisco. Dove siete?
-Siamo in un posto strano, ci sono tante stanze e le pareti sono tutte bianche. Si chiama “ospedale”.
-In ospedale? Arrivo subito.
Qualche minuto dopo arrivò la madre del ragazzo e dopo cinque ore Thomas si svegliò.
-Combina guai, adesso che hai combinato?
-Boh. Hermos che è successo?
-Sei scivolato e sei svenuto e poi un ragazzo gentile ti ha aiutato e ti ha portato qui.
-Chi è questo ragazzo? Vorrei ringraziarlo. – disse sua madre.
-È seduto lì. –indicò Hermos, ma il ragazzo era andato via. Aveva però lasciato un biglietto. Hermos lo prese e lo lesse – Hermos, scusa se vado via così, ma ho capito chi è l’uomo che mi ha salvato la vita. Ti lascio il mio numero. Ciao!                                                                             Luca.
-Hai detto Luca? Forse ho capito chi è. Abita sulla montagna?
-Sì. Abita lì.
-So chi gli ha salvato la vita. Non lo troverà mai...

Chi avrà salvato la vita a Luca? Alla prossima! Ciaooo :P
  
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