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Autore: Sigyn    30/06/2012    4 recensioni
"- Ho qualcosa di strano sulla faccia? -".
Scorpius è carino, Albus è complessato e James coglie gli indizi giusti per arrivare alle conclusioni sbagliate - ma, forse, può dare una mano comunque.
Seconda one-shot di una serie inziata con "Just A Simple Question", ma può essere letta indipendentemente da essa.
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Scorpius Malfoy | Coppie: Albus Severus Potter/Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
- Questa storia fa parte della serie 'Just, for God's sake, kiss the boy!'
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It’s okay to be Slytherin and gay!

(Lets rejoice with the bros in the Potter way?)

 




Albus Severus Potter era sempre stato un ragazzo timido, schivo, insicuro.


Sua madre, una luce divertita nei caldi occhi marroni, diceva sempre che somigliava fin troppo a suo padre quando aveva la sua età per il suo bene. Suo padre amava ribattere  che quando si trattava di lui sua madre non era mai stata molto meglio, ma solo quando lei era abbastanza lontana e lui non aveva troppe probabilità di venire assalito con una scopa o una penna dalla punta particolarmente affilata.

Gran parte della decisamente troppo vasta famiglia Potter-Weasley, proprio per questo, era rimasta sconcertata quando Albus era stato Smistato in Slytherin.

Gran parte, ma non suo padre, che aveva detto di non dare peso a certe cose e aveva mantenuto la parola, e nemmeno zia Hermione, che dopotutto capiva sempre tutto prima di chiunque altro. Ma il resto dei suoi parenti semplicemente non poteva crederci, perché lui era così sensibile, lui era così innocente.

In quei quattro anni ad Hogwarts, Albus ci aveva accuratamente riflettuto sopra, e si era spesso chiesto perché aggettivi come “sensibile” e “timido” e “ambizioso” e “astuto” facessero tanta fatica a coesistere nelle menti di alcune persone. Benché talvolta arrivasse ad odiare il proprio carattere chiuso ed insicuro, era abbastanza certo di sapere cosa voleva dalla vita e di non essere un idiota.

Quest’ultima convinzione, però, vacillò un po’ quando si accorse di essersi bloccato a fissare il viso di Scorpius Malfoy invece del suo tema di Trasfigurazioni.

- Ho qualcosa di strano sulla faccia? – domandò l’altro ragazzo, lanciandogli un’occhiata incuriosita da sopra il suo libro.

In realtà, la sua faccia non aveva proprio niente di bizzarro. Anzi, in un antico castello scozzese provvisto di un certo numero di fantasmi e di una foresta abitata da centauri e ragni giganti e altre creature magiche, era una delle facce più normali in cui si potesse avere il piacere di imbattersi.

Eppure, Albus da un po’ di tempo aveva preso ad osservarla con un’attenzione che, lo riconosceva lui stesso, aveva un qualcosa di morboso e stupido allo stesso tempo.

Si perdeva troppo spesso ad ammirare quei corti e ordinati capelli castani dall’aria così morbida, la forma leggermente allungata del viso, il naso forse un po’ troppo lungo, gli occhi grigi intelligenti e gentili ed espressivi, le labbra rosee e sottili – quelle stesse labbra che, un primo Settembre di quattro anni prima, lo avevano salutato in modo un po’ timido ma amichevole e gli avevano parlato con l’entusiasmo ingenuo e convinto di un bambino di undici anni di quanto sarebbe stato fiero di finire in Slytherin come i suoi genitori e di quanto volesse fare del suo meglio per riscattare il nome della sua famiglia e della sua futura Casa. Albus, da pessimista per natura qual era, gli aveva chiesto cosa avrebbe fatto se fosse finito in un’altra Casa, ma l’altro era già pronto a discutere per ore con il Cappello Parlante se ce ne fosse stato bisogno.

Scorpius aveva molte più possibilità di finire in Gryffindor di quante Albus ne avesse mai avute: quando era finalmente arrivato il suo turno di venire Smistato, lui aveva cercato lo sguardo del suo nuovo amico tra i nuovi arrivati al tavolo di Slytherin, e quando l’aveva finalmente trovato aveva semplicemente smesso per qualche breve istante di avere paura che le sue previsioni si avverassero e aveva lasciato fare al Cappello Parlante.

Albus trattenne un sorriso malinconico che minacciava di increspargli le labbra a quel ricordo e si riscosse da quelle riflessioni. Si strinse nelle spalle. – Oh, nulla. La tua faccia stessa è strana – si limitò a dire, con fare casuale.

Se avesse detto una frase simile a  James, suo fratello forse non avrebbe nemmeno capito l’insulto. Lily, invece, gli avrebbe subito tirato il libro in testa. E poi un intero set di penne, calamai e fragilissime boccette d’inchiostro.

Ma Scorpius rise, e la sua risata aveva davvero un bel suono – Albus dovette tenere a bada l’impulso di prendersi a schiaffi, subito dopo averlo pensato. – Beh, deve essere stranamente affascinante, per essere riuscita a distoglierti da quella roba. Pensavo volessi finirla in fretta, e invece ci stai lavorando da un’ora – scherzò l’altro ragazzo.

Beh, non era certo colpa di Albus se Scorpius aveva insistito per studiare insieme e darsi una mano a vicenda con i compiti. Non era colpa sua nemmeno se lo stava costringendo a comportarsi e a pensare come una ragazzina alla sua prima cotta, con quella bella risata e quei begli occhi e quella maledetta bella faccia.

Il fatto che quella fosse veramente la prima cotta di Albus non contava nulla. Sarebbe dovuto riuscire a mantenere un po’ di autocontrollo, per Merlino!

- Magari riuscirei a finirla, se qualcuno la smettesse di fare domande stupide – borbottò, chinando il capo e rivolgendo nuovamente lo sguardo alla sua pergamena. Allungò una mano verso la boccetta d’inchiostro in un gesto goffo e frettoloso, ma riuscì solo a rovesciare metà del suo contenuto sul tavolo della biblioteca.

Scorpius rise di nuovo, per poi afferrare la sua bacchetta e bisbigliare un rapido Gratta e Netta prima che lo sguardo arcigno e severo di Madama Pince potesse raggiungere il loro tavolo e notare il danno, e Albus si sentì come le sue guance avessero preso fuoco. E tremendamente stupido.

E capì di avere un problema decisamente più serio di quanto avesse mai pensato prima.

 

Albus non aveva mai avuto la forza di fronteggiare gli ostacoli e il coraggio necessari per essere un Gryffindor: non aveva l’irruenza ancora vagamente ragionevole di Rose, né la totale incoscienza di sua sorella, e nemmeno la semplice quanto sorprendente capacità di attirare guai che rendeva la vita del suo quasi-fratellastro Teddy molto meno calma di quanto lui desiderasse. Lui era un ragazzo tranquillo, abbastanza insignificante, più propenso ad aggirare i problemi che a corrervi incontro e sbattervi la testa il più violentemente possibile.

Eppure, eccolo lì, in un’aula vuota, con suo fratello di fronte, lo sguardo fisso sulle punte delle scarpe, il poco coraggio che era riuscito a racimolare che sembrava sfuggirgli pian piano come sabbia tra le dita, e così tante parole che avrebbe voluto soltanto potersi rimangiare immediatamente. Ma ormai le aveva pronunciate, e non aveva più possibilità di tornare indietro.

Tutto sommato, James era la scelta migliore. Poteva essere pigro, appassionato di Quidditch e segretamente delle canzoni di Celestina Warbeck a livello patologico e pronto a scherzare su tutto, ma ogni volta che uno dei suoi parenti aveva un problema lui era sempre comprensivo e disposto a dare una mano – e spesso iperprotettivo, soprattutto quando si trattava di Albus e Lily, ma Albus aveva davvero bisogno di confidarsi con qualcuno, anche se nessuno poteva veramente aiutarlo in quella situazione.

Aspettò ancora per qualche istante, anche se non sapeva esattamente cosa. La sua parte più emotiva ed insicura puntava su un rimprovero o una battuta, quella più razionale su uno di quegli ansiosi interrogatori che James sentiva il bisogno di allestire quando qualcosa lo preoccupava. Ma suo fratello continuò a rimanere in silenzio.

Poi, James disse: - Ah -. Senza intonazione, senza disprezzo o preoccupazione o persino sorpresa.

Albus alzò lo sguardo, sentendosi opprimere e soffocare da un contorto miscuglio di irritazione, sdegno, paura e – era piccola e tenue, ma era lì - speranza. – Ah? Cosa vorrebbe dire ah? -.

James scrollò le spalle. – Ah significa ah  – rispose noncurante, un piccolo sorriso sulle labbra, passandosi una mano tra i corti capelli rossi.

Albus provò l’improvviso bisogno di gridare, o di strangolare suo fratello, o di fare semplicemente qualcosa, qualsiasi cosa. Ma rimase lì in piedi, un’espressione scettica dipinta in volto. – Grazie mille, James, non ci sarei mai e poi mai arrivato, se solo tu non avessi condiviso con me i segreti della tua mente superiore – sibilò quando riuscì a ritrovare la forza di parlare: - Ma, nel caso il tuo brillante intelletto non l’avesse ancora notato, tu mi hai risposto ah quando io ti ho detto di essere ... di essere ... -. Non riuscì a terminare la frase, e fece un profondo respiro per calmarsi. Non funzionò.

Lui ammetteva di essere gay ad un’altra persona per la prima volta – e non era passato molto tempo dalla prima volta in cui lo aveva ammesso a se stesso – e suo fratello era in grado di pronunciare unicamente un’insulsa sillaba di due lettere. E osava addirittura farci dell’ironia sopra. James, che una volta aveva guardato male un ragazzino del Primo Anno per una settimana perché secondo lui lanciava dei supposti sguardi equivoci a Lily!

James si accigliò, un misto di fastidio e preoccupazione splendente nei grandi occhi marroni. – Non c’è bisogno di prendersela tanto e di essere sarcastici. È solo che non è esattamente una sorpresa, tutto qui -.

Albus sbatté le palpebre una paio di volte, e aprì la bocca per dire qualcosa. La richiuse. – Come ... come facevi a ... ? – balbettò infine, sbiancando.

James sorrise in un modo che molto probabilmente secondo lui doveva essere incoraggiante: - Oh, andiamo! Tu e Malfoy state sempre insieme, pensare a voi due come a due entità separate diventa ogni giorno più difficile! E poi, il modo in cui vi guardate ... ma non ti aspettavi che lo capissi, vero? Certo che hai una gran bella opinione di tuo fratello! -. Rise, ma poi il suo viso si fece improvvisamente serio. - In effetti, stavo aspettando da un po’ di tempo che me lo dicessi. Almeno per avere una buona ragione per fargli sapere che nel caso ti spezzasse il cuore lo aspetta una Maledizione Senza Perdono ... – disse, con aria pensierosa.

Albus avvampò. – Io e Scorpius non stiamo insieme – chiarì, in tono deciso.

Purtroppo, aggiunse nella sua mente.

James sembrò genuinamente confuso. – No? – domandò, come se non avesse mai considerato quell’eventualità.

- No – confermò Albus. Ci fu un attimo di silenzio, poi aggiunse: - E tu non gli scaglierai contro alcuna maledizione, in nessun caso -. James lo fissò: non sembrava per niente convinto. Albus tentò di sostenere il suo sguardo.

- È etero – ammise infine. Sperò ardentemente che suo fratello non fosse riuscito a sentire la delusione nella sua voce.

James, inaspettatamente, sorrise, come se trovasse la situazione divertente. – Te l’ha detto lui? – chiese, alzando un sopracciglio. Albus gli scoccò un’occhiata infastidita.

- Non mi ha mai detto di essere gay – sbuffò infine: - E anche se lo fosse, continuerebbe a pensare a me solo come ad un amico -.

Il sorriso di James si allargò ancora di più. – Quindi, non ti ha mai dettò né che è etero né che non gli piaci – disse, visibilmente soddisfatto, una luce divertita negli occhi. Gli batté una leggera pacca su una spalla e gli scompiglio i capelli – come se non fossero già abbastanza in disordine – prima di avviarsi verso la porta, considerando evidentemente la questione risolta.

Si voltò un’ultima volta prima di uscire, per esclamare: - Buona fortuna per quando ti dichiarerai, fratellino! -.

Poi, Albus rimase da solo in quella stanza vuota, con una gran confusione in testa e le guance imporporate.  

 
  
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