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Autore: Iwuvyoubearymuch    30/06/2012    26 recensioni
Ho provato a mettere nero su bianco ciò che può essere accaduto dopo gli eventi dell'ultimo libro.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Mi scuso per il tempo che ci ho messo. Il fatto è che c'è stato un problemino che non ho ancora capito. Martedì ho postato il capitolo, ma mi hanno fatto notare che non si leggeva niente. Da garn furbacchiona quale sono, ho cancellato la copia che avevo prima di eliminare il capitolo dal sito e quindi ho sovuto riscriverlo completamente dall'inizio. La versione precedente era più lunga e anche fatta meglio. Comunque, anche prima non mi piaceva la storia dell'equivoco che leggerete più avanti. Onestamente avevo pensato di toglierla del tutto, ma poiché il capitolo precedente era impostato per questo continuo, non potuto fare cambiamenti.
Spero che continui a piacere anche dopo il capitolo.
Alla prossima!
-M


Capitolo Decimo - Parte Seconda
PEETA
Le azioni di Katniss hanno il potere di confondermi. Un attimo prima mi sta baciando e quello dopo scappa via. Per un attimo ho avuto la sensazione che tutto fosse tornato al proprio posto. Quel senso di appagamento è stata una cosa mai provata prima. Non è stata la prima volta che ci siamo baciati. Mentre quelli all'interno dell'arena mi appaiono ancora un po' confusi, quello di poche settimane fa lo ricordo perfettamente. Ha cercato di convincermi che non era necessario mettere dello spazio tra di noi, se sognavo di ucciderla. Nulla di romantico era inteso, quindi. Adesso è stato diverso. Ho avuto la sensazione che Katniss volesse qual bacio quanto me, per le ragioni che l'ultima volta non erano sottintese. Non so nemmeno io dove ho trovato il coraggio di chiederle quel bacio. Molte altre volte avrei voluto, ma il timore della sua reazione mi ha sempre bloccato quando le parole erano a un passo dall'essere pronunciate. I pochi secondi che si è concessa per pensarci sono stati terribili. La parte di me che immaginava che Katniss si allontanasse o mi dicesse di no, suggeriva all'altra più ottimista di rassegnarsi. E, pochi istanti prima che il bacio iniziasse, l'ha fatto. Stavo per dirle di lasciar perdere e dimenticare ogni mia parola, quando mi sono accorto che lentamente le sue labbra si stavano avvicinando alle mie. Ho trattenuto il respiro e gli occhi sono rimasti aperti fino all'ultimo instante, per paura che Katniss si tirasse indietro.
Le labbra erano come le ricordavo. Screpolate. Me ne sono dimenticato subito, però. Come potevo mettermi a pensare a un fatto così irrilevante quando finalmente avevo ottenuto ciò che bramavo da tanto tempo? E poi, le labbra screpolate di Katniss mi piacciono perché - mi vergogno di aver bisogno di un tale espediente - mi ricordano che è la Katniss che io, in prima persona, ho conosciuto. Non la versione spietata di Capitol City. Un po' ruvida all'esterno, ma indimenticabile una volta che la conosci.
Ormai posso dire di conoscere Katniss. Lo sapevo che qualcosa l'avrebbe costretta a indietreggiare. La scusa - so che è una scusa perché è una pessima bugiarda - questa volta è stata che doveva andare. "Dove?" le ho chiesto e ho ottenuto solo una risposta incomprensibile mentre scappa via dalla panetteria.
La seguo perché ho intuito che qualcosa la turbava. Qualcosa non andava. Non mi interessa se non vuole baciarmi o se non vorrà più vedermi per averla messa in una situazione a lei scomoda. Tutto ciò che mi serve sapere adesso è che sta bene. Così, chiudo la panetteria e mi metto alla sua ricerca. E' presto, quindi le strade della città non sono ancora affollate, il che dovrebbe rendermi facile trovare Katniss. Invece no. Non è in vista da nessuna parte quando allungo il collo per le strade ricostruite del distretto e fiancheggiate da negozi nuovi. Qualcosa mi dice che è nei boschi. Sai che è lì. Vorrei andare a dare un'occhiata, ma non avrebbe senso. Con la conoscenza che ho di quel posto potrei non uscirne più, mentre Katniss è abituata a spingersi ben oltre. La cosa saggia da fare, quindi, è andare a casa e aspettare che torni. Così faccio.
Il Villaggio dei Vincitori non dista molto dalla città, ma oggi impiego il doppio del tempo che solitamente ci metto per raggiungerlo. Forse, avrei dovuto tacere anche stavolta. Ho aspettato per anni che si accorgesse di me, e adesso non sono riuscito ad controllarmi per altre due o tre settimane. Probabilmente, non sarebbe cambiato nulla, ma almeno adesso non mi sentirei in colpa per aver approfittato della sua confessione su Delly. Ma no! Dovevo baciarla e rovinare tutto, proprio adesso che le cose sembravano aver intrapreso la giusta via.
Furente come sono con me stesso, quasi non mi accorgo che la porta della casa di Katniss è semiaperta. Quando siamo usciti, non l'abbiamo di certo lasciata così. Da quando il Distretto 12 ha visto il ritorno di una buona parte di popolazione, abbiamo ripreso l'abitudine di chiudere le porte a chiave. Eppure, qualcuno deve essersi intrufolato in casa di Katniss, anche se non vedo chi e perché. Haymitch starà approfittando della luce del sole per dormire e Sae... non so dov'è lei, ma non è mai arrivata così presto al mattino. Ciò mi fa pensare che forse Katniss è qui. Di tutti i posti che avevo pensato potesse essere, casa sua non è stato esattamente il primo dei miei pensieri. Comunque, mi avvicino cautamente. Tendo l'orecchio tra lo stipite e la porta, giusto in tempo per sentire la voce di Katniss. "Anche io" dice. Aspetto che la persona a cui è diretta la risposta dica qualcosa, ma sento sempre la stessa voce. "Nell'ultimo periodo non sapevo cosa pensare. Mi mancavi". Deve essere sua madre, mi dico. Forse vuole rimediare alla lite di ieri pomeriggio. Anche se non vedo cosa c'entri sua madre con il nostro bacio? Perché scappare via in quel modo per chiarire con sua madre? "Ma allo stesso tempo mi dicevo che dovevo odiarti perché mi avevi strappato la persona che amavo di più al mondo. Che tutt'ora amo più di qualsiasi altra!" Incolpa sua madre di aver ucciso Prim? E' impossibile. Il Dr. Aurelius mi ha raccontato che Prim è stata uccisa con un esplosione. Mi ha mentito? No, non credo. Dopo tutte le bugie che mi hanno rifilato nei laboratori di Capitol City, non avrebbe potuto continuare l'opera. Deve esserci un'altra spiegazione. Ma sarà Katniss a darmela. Non è giusto origliare una conversazione che dovrebbe essere privata. E se Katniss è scappata via senza dirmi dove stava andando, allora vuole che la telefonata con sua madre rimani tale.
Faccio per andarmene, ma le parole che seguono mi costringono a restare fermo, con l'orecchio teso. "Poi ho capito che non posso sperare di andare avanti senza di te. Altrimenti avrei buttato tutti gli anni in cui siamo stati amici..."
Scosto immediatamente l'orecchio e mi allontano. Non mi serve sentire altro. Un fulmine mi ha colpito in pieno petto e mi ha svuotato di ogni sensazione, bella o brutta. Ecco, mi sento dolorosamente vuoto. E' Gale al telefono, non sua madre. E' senza di lui che non può sperare di andare avanti.
Katniss sceglierà quello che ritiene indispensabile alla sua sopravvivenza, furono una sera le parole di Gale rivolte a me. A quanto pare, Katniss non può sopravvivere senza di lui. Ma perché sono così sorpreso? Io non ci sono mai stato nel disegno. D'altronde ha finto di provare qualcosa per me solo per salvarci. Magari, mentre baciava me si diceva che era necessario perché in quel modo poteva ritornare da Gale. E' sempre stato lui fin dall'inizio, in fondo. I miei fratelli mi dicevano in continuazione che i ragazzi degli scoiattoli sarebbero finiti insieme prima o poi, se non lo erano già. Io mettevo su un sorriso indifferente e davo loro una pacca sulla spalla, sostenendo che erano soltanto amici perché d'altronde anche io avevo amiche tra le ragazze. Tuttavia, ho sempre sospettato che fossero qualcosa di più di semplici amici, ma in qualche modo dovevo pur difendermi dalla battute dei miei fratelli. Suppongo che avrei dovuto dargli più credito quando ne avevo la possibilità, visto che donne Everdeen sanno spezzare perfettamente i cuori di noi Mellark. E' successo a mio padre con la mamma di Katniss, ed è accaduto a me adesso. Anche allora la concorrenza doveva sembrare ineguagliabile. Perché sposare un minatore, quando puoi diventare la moglie di un fornaio? Me lo chiesi tantissime volte, quando ero piccolo e mio padre mi raccontò della sua esperienza prima di mia madre. E' capitato che mio padre mi abbia detto che l'amore segue una logica tutta sua, a volte incomprensibile, che può essere condizionata da una splendida voce, oppure...
Cos'è che Katniss vede in Gale? A scuola sentivo le ragazze lodare la sua bellezza, ma non ho mai pensato a Katniss come una di quelle ragazze che si lasciano influenzare dall'aspetto fisico, per quanto rilevante possa essere. E' coraggioso. Deve c'entrare qualcosa il fatto che sa cacciare. Questa abilità comune deve avvicinarli parecchio. Anzi, è stato il motivo che li ha spinti a conoscersi e poi diventare amici.
Be', anche io ho dato prova di avere un pizzico di coraggio. Penso che non sarei ancora vivo con tutto quello che è successo, se non lo fossi neanche un po'. E di certo, cacciare non può essere tanto difficile, no? La risposta è talmente chiara nella mia testa, che le gambe si muovono senza che io le controlli. Poco dopo mi ritrovo a fissare il filo spinato che separa il Distretto 12 dai boschi. Mi metto alla ricerca di qualche passaggio nella recinzione e quando lo trovo, penso di essere arrivato al punto dove una volta c'era la macelleria di Rooba. Non ne posso essere sicuro, visto che adesso c'è il negozio di un fioraio. Con un po' di difficoltà, passo al di là del filo indenne. O almeno fisicamente sono indenne. I vestiti sono completamente andati. Quando scrollo i pantaloni per far cadere il terreno, restano comunque impresse macchie marroni sullo sfondo blu originale. Mi metto subito in marcia. Per via della gamba artificiale mi stanco quasi subito. Scommetto che Gale ha percorso una distanza milioni di volte maggiore da quando ha iniziato a venire qui. Okay, allora, cosa faccio? Senza armi non potrei prendere nemmeno una farfalla, quindi la caccia è fuori discussione. Però posso raccogliere qualcosa. Nell'arena ho raccolto un particolare tipo di bacche velenose che poi hanno finito con l'uccidere Faccia di Volpe, il tributo femmina del Distretto 5. A Capitol City mi hanno fatto credere che Katniss cercò di farmene cibare a mia volta. Però col tempo sono migliorato, perché ho potuto osservare il libro della famiglia di Katniss per molto tempo, aggiungendone disegni e dettagli. Infatti, riconosco i morsi della notte appena li vedo e mi allontano senza pensarci due volte. Trovo anche molte piante commestibili e frutti che puoi mangiare senza rischiare di morire nel giro di pochi secondi. Ciò mi porta almeno a un pareggio. Ovviamente, so che Gale è in grado quanto me e forse meglio di raccogliere cibo dai boschi, ma il mio obiettivo è dimostrare a me stesso che posso riuscirci anche io. 
Mentre osservo un albero dai rami molto sottili mi vengono in mente due cose. La prima è che potrei piazzare qualche trappola, in modo da catturare qualcosa; la seconda invece fa materializzare nella mia mente una lancia di legno che potrei fabbricarmi da solo. Se cacciare potrebbe essere un serio problema, costruire una trappola non dovrebbe essere difficile. Al Centro di Addestramento ho imparato un bel po' di cose e ho visto Katniss prepararne qualcuna nell'arena, quindi non dovrei incontrare molti problemi. Sto levigando la punta di un ramo dell'albero gironzolando, quando mi accorgo che la zampetta di un coniglio si è impigliata nella rete fatta coi lacci delle scarpe. Due a uno per me. Il pareggio viene ristabilito appena mi rendo conto che cacciare non è altrettanto facile. Anzi, è più complicato di quanto pensassi. E faticoso, anche. Dopo un paio d'ore di tentativi mi arrendo. Così, sono affamato e pervaso da un bruciante senso di sconfitta. Non mi do per vinto, però. Ci sono altre cose che posso fare nel bosco. Come pescare. 
Lungo il cammino mi imbatto in una pozza d'acqua, che in effetti somiglia più a un piccolo lago. Inizialmente le mie sole intenzioni sono quelle di darmi una pulita e rinfrescarmi. Dopo aver lavato i vestiti mi immergo nell'acqua, notando che il fondale non è poi molto in basso. L'idea di poter pescare mi viene in mente quando qualcosa - un pesce - mi sfiora la gamba sana. Faccio per prenderlo, ma quello si sposta velocemente e prima che possa accorgermene sto annaspando alla ricerca d'aria, mentre le braccia si dimenano da sole e i piedi hanno il vuoto sotto di loro. Riesco a uscirne soltanto perché ho avuto il buon senso di non allontanarmi troppo dalla parte dove toccavo. Ne deduco che la pesca non è per me.
Potrei arrampicarmi, mi dico mentre fisso un albero bello alto. I rami sono abbastanza larghi e danno l'impressione di essere resistenti, quindi non dovrebbero spezzarsi sotto il mio peso. Purtroppo, anche questo è un tentativo perso in partenza. Proprio quando riesco a salire qualche metro più in alto delle volte precedenti, ecco che precipito di sotto, perdendo la sensibilità agli arti che mi sono rimasti. I polmoni si svuotano di ogni traccia d'aria e ho la vista annebbiata per un paio di minuti. Osservando la nuvola sopra la mia testa, rimango dove sono. Stanco, dolorante e abbattuto, devo accettare il fatto che non potrei mai essere in grado di fare quello che fa Gale. E, poi, anche se fossi stato bravo come lui, di certo non avrei avuto Katniss tutta per me. Perché è Gale che vuole, che io ne capisca le qualità o meno. Se è lui che la rende felice, allora mi farò da parte. Perché, in fondo, la felicità e la sua salvezza sono sempre stati i miei obiettivi primari.
KATNISS
Katniss sceglierà quello che ritiene indispensabile alla sua sopravvivenza.
Quante volte ho ripensato alle parole di Gale. Nell'ultimo periodo è diventato un pensiero fisso. Ho cercato in quella frase la soluzione al mio problema, dimenticando di proposito che quando le udii per la prima volta mi recarono offesa. Mi ero illusa che non avevo bisogno di nessuno, perché per quello che avevo in mente non mi serviva niente. Desideravo morire per mettere fine al dolore per la morte di Prim, per non vederla più ricoperta di sangue ogni volta che chiudevo gli occhi. Se Haymitch e Sae mi avessero lasciato perdere quando li imploravo di farlo, adesso sarei morta. Una condizione auspicabile allora. Poi, ho pensato che un tetto, del cibo caldo e le mie armi bastassero. Questo fino a quando non è arrivato Peeta. Aiutando lui, ho aiutato me stessa. Insieme ci siamo fatti forza, abbiamo cercato di andare avanti, abituandoci all'idea di dover convivere con gli incubi, i flashback e l'assenza delle nostre famiglie.
L'arrivo di Delly è stato un po' come un campanello d'allarme per me. Mi ha fatto riflettere sul rapporto che mi lega a lui. Sono giunta alla conclusione che è simile a quello che ho - avevo - con Gale. Anche quest'ultimo mi è stato vicino in un momento della mia vita terribile, dopo la morte di mio padre. Entrambi mi sono stati vicini quando ne avevo bisogno e non dovevo nemmeno chiedere. Gale in una maniera meno diretta e spesso bellicosa, Peeta con la dolcezza e la sensibilità che hanno sempre contraddistinto i suoi comportamenti. Eppure, solo uno è riuscito dove l'altro ha fallito. Uno di loro è stato in grado di infondermi il coraggio di rialzarmi quando tutto ormai sembrava perduto, di sperare che c'era ancora una possibilità quando la fine incombeva. Questo insegnamento mi è servito a undici anni, così come mi è stato utile adesso. E a farmelo capire è stato Peeta. Me ne sono resa conto quando, scappando dalla panetteria, ho intravisto un dente di leone. Il fiore che simboleggia la rinascita, la mia rinascita. Lo stesso fiore che vidi quando Peeta mi diede il pane che salvò la mia vita e quella della mia famiglia, beccandosi i maltrattamenti della madre. Da quel momento, le nostre vive si sono irrimediabilmente combinate.
Penso a come tutto è iniziato. Ho cambiato opinione su di lui tantissime volte. L'ho considerato buono e generoso per avermi dato il pane, furbo quando salutava animatamente gli abitanti di Capitol City dal treno, combattivo quando ha riferito a Haymitch quanto ero brava con l'arco, stupido se pensava che gliel'avrei fatta passare liscia dopo aver dichiarato la sua cotta per me di fronte a tutto il modo, incomprensibile la sera prima dell'inizio dei Giochi sul tetto del Centro di Addestramento, e ancora un traditore per essersi alleato con i Favoriti aiutandoli a stanarmi, un abilissimo attore quando credevo che fingesse di amarmi. Tutte azioni, le sue che hanno sempre avuto come scopo la mia salvezza. Ogni suo comportamento, da me frainteso, era per salvarmi la vita. Ha sempre anteposto me a se stesso, anche dopo aver scoperto che nell'arena avevo finto ogni forma di interesse nei suoi confronti, dopo avergli quasi sbattuto in faccia che avevo scelto Gale al posto suo.
Baciarlo è servito a mettere chiarezza nella mia testa. Ed è stato proprio per fare chiarezza definitivamente che sono andata via. Perché voglio essere libera di poter baciare Peeta senza dovermi sentire in colpa per Gale, voglio dormire nel suo stesso letto senza chiedermi se è giusto o sbagliato. E per fare ciò è necessario che mi lasci Gale alle spalle. Non sono mai riuscita a far coesistere entrambi nel mio cervello: se ero con uno, desideravo che fossero le braccia dell'altro a stringermi; se baciavo l'altro, mi sentivo in colpa. In fondo, le scelte esistono per questo. E ora ormai ho scelto.
Uno, due, tre... cinque squilli prima che dall'altro lato della cornetta avverta un "Pronto?" assonnato. Mi sembra strano sentire la voce di Gale al telefono. E' la prima volta sia perché lui non ne possedeva uno (e all'inizio nemmeno io) sia perché non ce n'è mai stato bisogno data la vicinanza tra le nostre case.
"Sono io" dico solamente, sicura che Gale riconoscerà la mia voce. E infatti lo fa, perché per un po' nessuno parla. Riesco quasi immaginarmelo, con la cornetta all'orecchio e l'espressione confusa di chi cerca di capire qualcosa.
Riesco a udire a sospiro. "Come hai avuto il numero?" chiede.
Il numero l'ho trovato per caso all'interno di un cassetto in cucina qualche settimana fa. Non era quello di mia madre o l'avrei riconosciuto e lo stesso valeva per quelli di Peeta e Haymitch. Dal momento che, a parte Peeta, Sae è l'unica che ha accesso libero alla cucina, mi sono detta che è stata sicuramente lei a mettercelo. Ovviamente, glielo chiesi e con tranquillità lei mi rispose che era lì da quando aveva chiesto a Thom di recuperare l'arco e le frecce. "Thom" mi limito a rispondere.
Il silenzio che segue mi mette tremendamente a disagio. Sono stata io a chiamarlo, quindi spetta a me dire qualcosa. E, invece, me ne sto zitta in attesa che lui mi porga qualche altra domanda, in modo da rimandare ciò che ho da dirgli. Per fortuna, Gale giunge in mio aiuto come ha sempre fatto.
"Non pensavo che avrei mai più risentito la tua voce" dice, il tono nostalgico che mi paralizza la lingua anche di più.
E' perché non vuoi dirgli addio, mi suggerisce una vocina nella testa. Forse, è vero. Perché so che una volta chiusa la telefonata, non avrò più il mio migliore amico. Ma, dopotutto, non l'ho perso dal momento in cui l'ho ritenuto colpevole della morte di Prim? "Anche io" rispondo. L'idea di parlargli ancora non mi ha mai sfiorato. Vederlo, forse. Ma probabilmente parlandogli non sarei riuscita a controllare la rabbia che provavo nei suoi confronti.
"Quindi, perché mi hai chiamato?" domanda Gale. Riesco a percepire la preoccupazione del suo tono come se fosse davanti a me e non nel Distretto 2.
Prendo io un bel respiro questa volta, prima di iniziare. "Perché ho bisogno di perdonarti" comincio, la voce non ferma come volevo che fosse. "Nell'ultimo periodo non sapevo cosa pensare. Mi mancavi, ma allo stesso tempo mi dicevo che dovevo odiarti perché mi hai portato via la persona che amavo più al mondo. Che tutt'ora amo più di qualsiasi altra". Gli occhi iniziano a pungere. E' la prima volta che parlo di Prim con qualcuno che non sia mia madre. Farlo con Gale fa sembrare tutto più dolorosamente reale. "Poi, ho capito che non posso sperare di andare avanti senza di te. Altrimenti avrei buttato tutti gli anni cui siamo stati amici, in cui aiutato me, Prim e mia madre insegnandomi quello che sapevi sulla caccia". Ormai sembro un treno in corsa. Stringo i pugni. "Perdonandoti non sono più in debito con te".
La reazione di Gale è immediata. "Cosa stai cercando di dirmi?" chiede.
"Che devo liberami di te" confesso bruscamente. Via il dente, via il dolore. In questo modo forse ne soffriremo entrambi meno. In realtà, no. Non posso parlare per lui, ma io ho la sensazione che qualcosa si sia definitivamente rotto al mio interno. La mia amicizia con Gale è ufficialmente giunta al termine. E' strano perché anche quando non desideravo nessun ragazzo nel modo in cui adesso desidero Peeta, sapevo che Gale in un modo o nell'altro sarebbe sempre stato al mio fianco. Rappresenta l'ennesimo effetto collaterale delle mie azioni.
Il nuovo silenzio è insostenibile. So che dall'altro lato, Gale sta facendo i conti con quello che gli ho appena detto. E so per certo che in questo momento si starà chiedendo: Hai scelto lui? Il fatto che io non aggiunga nulla, sta solo confermando i suoi dubbi. "Avrei dovuto offrirmi volontario quel giorno" sussurra, il tono carico di rimpianto.
Non ho bisogno di chiedergli a cosa si sta riferendo, non ne ho mai sentito la necessità con lui. "Avresti condannato le nostre famiglie" gli dico, severa. Non avrei mai potuto perdonagli un atto del genere. Se la morte di Prim, mesi fa, è stata solo una conseguenza sicuramente non voluta dei suoi gesti, offrendosi volontario per entrare nell'arena con me, avrebbe voluto dire che le nostre famiglie sarebbero morte con il suo consenso. Non ci sarebbe stata altra soluzione perché né mia madre né la sua erano in grado di cacciare, raccogliere frutti o pescare. Lo stesso valeva, ovviamente, per i nostri fratelli e sorelle. Se Gale si fosse offerto al posto di Peeta, avrebbe condotto tutti loro alla morte.
"Quindi, finisce qui?"
E' una domanda. "Addio, Gale"
"Addio, Catnip"
Il saluto di Gale è una pugnalata alle spalle. E' sempre stato un tipo combattivo, che non si da mai per vinto. Quando andavamo a caccia, era dell'idea che non avrebbe lasciato quegli alberi fino a quando non fosse riuscito a catturare un coniglio con cui sfamare la famiglia. Io non potevo fare nulla per distoglierlo da quel pensiero, e nemmeno volevo visto che ero dello stesso parere. Quindi, anche adesso, dopo che gli ho chiaramente detto addio e fatto intendere che ho scelto Peeta, il fatto che abbia usato il nomignolo che mi ha affidato è un ultimo, disperato atto di combattimento. Semplicemente, non può arrendersi prima di aver giocato ogni sua carta. Ma come lui, anche io sono difficile da convincere. Nessuno, meglio di lui, dovrebbe saperlo.
Rimessa a posto la cornetta, la differenza si nota subito. Infatti, isolando il dolore per la fine dell'amicizia con Gale, posso dirmi sollevata. L'enorme macigno che gravava sullo stomaco, si è dissolto e non ha lasciato traccia. Ciò mi fa intuire che ho fatto la cosa giusta. E anche che non avrei mai potuto scegliere Gale. Siamo troppo uguali, troppo animati da quel fuoco che ha totalmente sconvolto le nostre vite. Forse, non è del tutto una brutta cosa e in futuro - sempre, forse - riuscirò a considerare la ribellione una cosa necessaria poiché ha condotto a esiti anche favorevoli. Rimane il fatto che ne ho abbastanza del fuoco. Dovrò farmi bastare quello che possiedo di mio.
La cosa giusta da fare, adesso, è cercare Peeta. Si, voglio parlargli di cosa ho scoperto, voglio che sappia che... Cosa? Che lo amo? Mi sembra così strano anche solo pensarlo. Per molto tempo mi sono detta che non era vero e adesso ho come la sensazione che l'abbia saputo fin dall'inizio. Sono sempre stata io troppo cieca o determinata a non volermene rendere conto. Ma adesso, non c'è più nessun ostacolo. Quindi, devo dirlo anche a lui. Non voglio andare in panetteria, però. Se devo riferirgli le recenti scoperte, devo essere completamente a mio agio. Non mi resta che aspettare e posso sfruttare il tempo per trovare le parole giuste. Dopo un'ora l'unica cosa che mi viene in mente è che potrei semplicemente avvinare il suo viso al mio e poi baciarlo. Non mi convince, però. Ho sempre usato le parole per dirgli che non ricambiavo i suoi sentimenti oppure che erano tutta una farsa per salvare la nostra pelle, che adesso voglio usarle per dirgli anche questo. Magari, non saranno romantiche e adatte come le sue, ma è una cosa che gli devo e voglio farla.
Stuzzico un po' Ranuncolo per impedirmi di guardare sempre in direzione della finestra. Così facendo non permetto alla preoccupazione di assalirmi quando mi accorgo che è ora di pranzo e Peeta non è ancora tornato. Mi concedo di pensare a cosa potrebbe essergli successo ogni cinque minuti, cercando di mantenere la calma. Vedrai che sta bene. Fra poco sentirai bussare alla porta e ti comparirà davanti tutto sporco di glassa. Accenno un sorriso. Quando intravedo la sua sagoma lungo il sentiero per il Villaggio dei Vincitori, è davvero sporco, ma quelle non sembrano macchie di glassa. Il brutto presentimento che mi accompagnato per tutto il tempo, mi fa notare immediatamente che sta zoppicando. Corro fuori e mi fermo a qualche passo da lui e dalla porta.
"Cos'è successo?" gli chiedo, squadrandolo da capo a piedi. Un punto in particolare sui pantaloni attira la mia attenzione. Sulla parte di stoffa dove c'è la tasca, intravedo una macchia più scura. Sul blu di sfondo sembra quasi nera, ma posso dire con estrema sicurezza che è di un rosso scuro. "E' sangue quello?" domando ancora. Prima di parlare avrei giurato di essere calma, mentre tutto quello che è uscito dalla mia bocca sono paura e preoccupazione. Sfilo la mano dalla tasca per guardarla, ma la ritira alla svelta.
"Sono caduto" dice, il tono freddo e distaccato.
Impedisco al mio cervello di pensare al peggio ancora una volta. Ora è qui e, a parte il taglio alla mano, non sembra ferito in altri punti. "Lascia che dia un'occhiata" dico, stringendo nuovamente la mano attorno al suo polso. Lentamente cerco di alzare la mano, ma Peeta oppone una resistenza tale che non mi permette di alzarla neanche di un centimetro. "Dobbiamo disinfettarla" gli faccio notare.
Peeta scuote la testa e mostra un sorriso amareggiato. "Noi - indica prima me e poi lui -  non dobbiamo fare proprio niente". Si allontana.
E' il tono distante che mi fa più male. Vedo la sua schiena allontanarsi in direzione di casa sua, fermarsi per qualche istante sul posto e poi tornare indietro. "Scusa" mormora, lo sguardo dapprima basso, poi rivolto ai miei occhi. "Non volevo essere..."
"Non preoccuparti" dico, prima che possa continuare. "Sono io che dovrei scusarmi con te per come me ne sono andata" Perché il suo problema è questo, no? Si comporta in questo modo anomale con me perché sono scappata dal nostro bacio. L'ho illuso per l'ennesima volta e non gli ho dato nemmeno una spiegazione. Non può neanche immaginare perché sono andata via. E come potrebbe?
Peeta fa spallucce. "Immagino che avevi i tuoi motivi" dice, con l'espressione più triste che gli abbia mai visto.
Va verso casa mia. Lo seguo in silenzio. In effetti, nessuno dei due parla mentre pulisco la ferita. Ancora adesso, che ho tolto gran parte del sangue e dello sporco attorno, il taglio non sembra così profondo come pensavo all'inizio. Mi chiedo come se lo sia procurato, ma non voglio che Peeta si innervosisca di nuovo. I suoi tratti hanno appena iniziato ad addolcirsi e lo sguardo triste sta lentamente dissolvendo, che non sono così ansiosa di vederlo ancora in quello stato. Di tanto in tanto, mi guarda. Riesco a sentire il suo sguardo su di me, ma appena faccio per guardarlo a mia volta, lo distoglie. Ce l'ha con me. Forse, dovrei dirgli adesso tutto. E' innamorato di me da sempre, quindi dovrebbe tirarlo su di morale una cosa così. Credo. Non mi sono mai trovata in una posizione del genere e neanche lo volevo prima. Adesso, nonostante lo stomaco si stia contorcendo dal nervosismo, sento che è la cosa giusta. Prendo un bel respiro profondo. "Peeta, devo dirti una cosa" dico velocemente.
"Non c'è bisogno. So tutto" Aggrotto la fronte. "Non dovevo, ma ho ascoltato la telefonata" spiega, con un misto di vergogna e rassegnazione.
Quindi, ha sentito cosa ho detto a Gale. Sa che l'ho lasciato andare per lui. E allora perché non è contento? Prima che possa arrestare le parole, glielo chiedo. "Pensavo che fossi innamorato di me" aggiungo in un sussurro appena udibile. Le presa sulla sua mano si allenta. Il respiro si è quasi fatto affannoso. Ho fatto tardi? Peeta non prova più niente per me? Solo ipotizzarlo, mi da la nausea. Adesso vorrei aver tenuto la bocca chiusa. E' così che si è sentito quando gli ho detto che nell'arena niente era vero? Anche lui si è sentito il mondo crollargli addosso?
Peeta annuisce. "Proprio per questo ho bisogno di qualche giorno da solo" dice. "E poi fra qualche giorno verrà qui, quindi sarai in buone mani"
"Chi verrà qui?" chiedo, confusa. Di che sta parlando? Forse, sono stordita dalla conversazione o dall'odore pungente del disinfettante, ma non ho capito niente.
"Gale" risponde Peeta come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Crede che Gale verrà qui? Che telefonata ha ascoltato? E poi, un dubbio. "Sei rimasto fino alla fine? Hai ascoltato tutto?"
Sono sollevata quando lo vedo scuotere la testa. "Sono andato via a un certo punto" risponde, evitando il mio sguardo.
Come sospettavo. Questa situazione sembra tanto inverosimile, da sembrare stupida. Scoppio a ridere. La prima vera risata dopo molto tempo. Non sono contenta. O meglio si, lo sono, ma adesso sto scaricando la preoccupazione e il nervosismo accumulato in questi pochi minuti e stamattina. Peeta mi guarda come se fossi impazzita di colpo. "E' un peccato che tu non abbia sentito quando gli ho detto addio" dico, sentendomi leggera.
Adesso è il turno di Peeta di essere confuso. "Perché?" chiede, fissandomi con circospezione.
"Non lo immagini?" domando, guardandolo.
Peeta ci pensa su per un paio di istanti. "Per me?" Annuisco. Un misto di emozioni gli passano sul viso a una velocità impressionate. Molte non le riconosco e altre durano così poco che non ho il tempo di indentificarle. Scrogo con facilità, però, lo stupore e poi il dubbio. Lo sguardo si incupisce e stringe la mia mano con forza. Temo che stia per avere un altro dei suoi episodi. Qui. Adesso. Ed io non avrei via di scampo. Ma quando parla, seppur sospettoso, il tono è dolce. "Hai detto addio a Gale. Vero o falso?"
Sono contenta di rispondergli, cautamente: "Vero".
Gli serve ancora un po' di tempo per assimilare la notizia. E anche a me. Non era in questo modo che avevo pensato di dirglielo, non ancora in relazione a Gale. Ma è successo in questo modo così inaspettato che adesso non so come comportarmi. Anche lui sembra della stessa idea, perché mi chiede: "Cosa facciamo adesso?"
Mi accorgo di avere la risposta a questa domanda da questa mattina. Infatti gli butto le braccia al collo, mi alzo sulle punte e, mentre avvicino in mio viso al suo, abbasso le palpebre. "Posso baciarti?" chiedo, col cuore che mi batte impazzito nel petto.
Le labbra di Peeta si uniscono in una linea dritta. "Non lo so" dice dopo un po'. Nonostante tutto, sento le sue braccia che scivolano sulla mia schiena. "Delly potrebbe essere più brava di te anche in questo" dice, abbastanza serio. Gli rivolgo un'occhiataccia torva che lo fa sorridere. Ancora con questa storia?, penso. Ma poi mi ricordo che non dovrei essere così sorpresa, visto che mi ha promesso di tirarla fuori ogni volta che ne avrà bisogno. "Facciamo così. Potrai convincermi del contrario ogni volta che vuoi"
  
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