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Autore: ciulia    15/01/2007    5 recensioni
Ma dimmi come passi le notti, tu dimmi come passi le notti…
Ora……
No, ora non vi deve interessare come passa le notti.
Come sempre.
Ma ora di più.
Tanto non ve lo dirà.
La felicità e la sua. E basta.
Genere: Romantico, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dimmi come passi le notti

Dimmi come passi le notti


Quando ripenso al tempo che tu, mi chiedevi se eravamo il vento
Penso e ripenso ai giorni che tu, mi sapevi regalare il meglio
Dare, dire, ore, parlare di segreti e di ambiti tesori,

-Sai cos’ho fatto oggi?- Ogni volta era una scoperta.

-No. Che hai fatto?- E lui voleva scoprirlo. Era curioso di sapere cosa nascondeva quel sorriso che donava solo a lui.

-Ho chiesto il mio primo permesso!- Rideva. Come una bambina sull’altalena.

-Davvero?- Non era incredulo. Voleva farla divertire.

-Si!- Lo abbracciava. Felice. Lontana dai divieti. E continuava a raccontargli come aveva passato la giornata. Come una bambina che torna dal parco giochi.

-Perché stai con me?- Era alla ricerca di una certezza, lei. Voleva perdere quell’insicurezza che a volte le si cuciva addosso.

-Perché mi piaci.- Ma quello non bastava.

-E perché ti piaccio?-

-Non posso fare un elenco di tutte le cose per cui mi piaci. Sono troppe!- La baciava. E lei sorrideva serena.


Sereno era sempre sereno il cielo che copriva l’odore di grano..Ma dimmi come passi le notti,

tu dimmi come passi le notti…Ora…che sento anch'io il bisogno di guardarti e di stringerti ancora
Che sono diventato un uomo fragile anch’io da allora..
Amico non lasciare questa voce tremare nell’aria….Piove ogni tanto anche dentro di te..?

Lei odiava l’odore del fango dopo la pioggia. Eppure con lui vicino sentiva profumo di fiori di campo.


Ogni tanto, quando non si incontravano, sentiva il bisogno di averlo accanto.

Quando aveva gli incubi voleva stringerlo a sé, per tranquillizzarsi. Come una bimba che vuole il suo orsacchiotto.

Solo che lui non era un orsacchiotto. E lei gli voleva veramente bene.


Aveva paura di perderlo. Che qualcosa li allontanasse. Che lui la odiasse. Che lei si perdesse.

Fragile, come l’ala di una farfalla. Fragile, come una ragazza.

Perché lei sentiva il bisogno di essere considerata una ragazza.


-Che hai fatto ieri sera?- Domanda impertinente da una persona impertinente. Domanda fastidiosa da una persona fastidiosa. Domanda ripetitiva da una persona ripetitiva.

-Non t’importa. Fatti i fatti tuoi.- La stessa risposta dura. Perché doveva condividere la sua felicità con qualcuno? Con qualcuno che non avrebbe capito.


La notte era solo loro. Non di qualcun altro. La notte era l’unico momento in cui potevano sorridersi senza essere richiamati all’ordine. Un ordine ingiusto. Sbagliato, forse. Meglio il disordine. Sempre. Se li faceva felici, meglio il disordine.

-Non lasciarmi.- Gli diceva ogni tanto. Una piccola bambina con la paura di perdere il suo orsacchiotto.

-Mai. Mai. Mai ti lascerò. Te lo giuro.- Ecco quello che voleva sentirsi dire. E che lui le diceva ogni volta. –Non voglio lasciarti. Perché altrimenti sarei solo.-

-Come me?-

-Tu non sei sola.-

-Invece sì.- Parola amare. Parole dure come un pugno. Parole tristi.

-No, perché ci sono io.- Un sorriso che la illuminava. Un sorriso che le faceva riacquistare la sicurezza.

Prendere a calci quell’insicurezza che la faceva tremare come una foglia in autunno.

A volte si chiedeva se l’insicurezza attanagliasse anche lui. Ma poi si diceva di no.

Lui era forte. Lui aveva già sofferto.

Perché darsi altri dispiaceri?

Perché non essere felice?

No, lui non era insicuro.


O cammini sorridendo a un figlio?..Ti è capitato di pensare a me?
O sei ancora chiuso nel tuo sbaglio?


La strada affollata. Bambini che corrono.

Un bimbo con gli occhi verdi che la salutava.

Lei insicura se sorridere.

Dagli questa soddisfazione. Magari è lui.

Sorrideva. E sinceramente.

Una bimba con i capelli neri le andava a sbattere contro e lei le chiedeva scusa, con una voce che forse non era la sua.

Sperava di sorridere a lui. Sperava di chiedere scusa a lui.

Perché tutti possono sbagliare. E lei aveva sbagliato.

Lei che gli aveva detto di non lasciarla. Lei.

Lei lo aveva abbandonato. Lei lo aveva fatto soffrire. Lei. Lei che si chiedeva se i suoi sentimenti erano sinceri.

Forse era lei a non essere sincera.

E se n’era resa conto. Troppo tardi. Quando ormai tutto è perduto, lei se ne rendeva conto.


-Mi dispiace, ma devo…- Doveva cosa? Mentire?

-Avevi detto che non volevi. Mi avevi detto che saresti venuta con me.- Doveva farlo soffrire.

-Lo vorrei, ma…- Bugiarda. Lei non lo voleva. Lei si era conto che forse era meglio fare come la sua famiglia aveva scelto.

-No. Tu non lo vuoi.- Lui aveva ragione.

-Come puoi pensare una cosa del genere?!- Aveva una mente fatta apposta per pensare.

-No, io non posso pensare una cosa del genere. Io devo pensare una cosa del genere. Vorrei non farlo, ma non posso.-


Il fidanzamento. Le imminenti nozze.

La morte del consorte.

Aveva pianto, si. Perché era triste.

Doveva piangere anche prima, quando avrebbe potuto evitare tutto questo.


Vivo, bene, ora, ho mille desideri da scrivere ancora..
La vita, rubiamo la vita, mettiti la giacca che usciamo stasera…


Oggi è felice. Oggi l’ha ritrovato.

Lui è stato forte. Lui non è morto. Lui l’ha cercata per tanto tempo, l’ha perdonata.


-Grazie.- Parole sincere pronunciate tra le lacrime. Lacrime di gioia.

-E di cosa? Io dovevo.- Era così confortante sentirlo pronunciare quelle parole.


-Stasera dove si va?- Esiste una strada per la felicità? Davvero?

-Alle giostre!- Ogni luogo può rendere felici. Le giostre. Tante luci. E tanto orsacchiotti.

-Dai, mettiti il giubbotto. Fuori fa freddo!- Avvertimenti.

-Ma come? Non posso stare dentro il tuo giubbotto?- Occhi da cucciolo scherzosi. Occhi neri sdrammatizzati dalla felicità.

-Ci sono già io.- Non lo capisce? Vuole un po’ di innocente contatto.

-Ma così abbiamo più caldo.- Spiritosa.

-E meno spazio.- Pignolo.

-Non fa niente.- Semplice.

-Voglio lo zucchero filato!- Come una bimba.

-Non sei un po’ cresciuta?- Non si cresce mai per certe cose.

-No!- Sorride. E’ bella. E’ una bimba.

-Va bene! Dai, vieni!-

Vuole essere come una bimba, lei.

Vuole rubare scherzosamente la vita di una bimba.


Ma dimmi come passi le notti, tu dimmi come passi le notti…

Ora…che sento anch'io il bisogno di guardarti e si stringerti ancora
Che sono diventato un uomo fragile anch’io da allora..
Amico non lasciare questa voce tremare nell’aria……

-Cosa facevi quando eri sola?- Domanda impertinente da una persona non impertinente.

-Niente.- Perché rovinarsi la vita? Lei ha capito che ha sbagliato.

E ci ha sofferto.

Perché continuare a soffrire?

-Scusa.- Gli altri mica le chiedevano scusa.

-Non fa niente.- Gli sorride. Lo abbraccia. Lo bacia.


Aspettiamo un tempo nuovo per riprenderci la nostra dignità…(ora…..)

Lei è felice.

Ha riacquistato la sua dignità.

Perché essere dignitosi non vuol dire esserlo agli occhi degli altri. Vuol dire esserlo con sé stessi.

Lei è felice e dignitosa. Con sé stessa.

Aspettiamo un tempo nuovo per riprenderci la nostra libertà….(ora…..)

Ci ha messo del tempo, per staccarsi dalla famiglia.

Non li sente più. Non sa come stanno.

E neanche loro.

Ma forse è meglio così.

Che vita trasandata!, direbbero.

E lei ne è fiera.

Meglio il disordine, se fa felici. Meglio il disordine.


Ora………..ora……….ora…….ora……

Ma dimmi come passi le notti, tu dimmi come passi le notti….

Ora……


No, ora non vi deve interessare come passa le notti.

Come sempre.

Ma ora di più.

Tanto non ve lo dirà.

La felicità e la sua. E basta.







Siete cortesemente pregati di recensire.
M@by
   
 
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