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Autore: Light Rain    30/06/2012    4 recensioni
"Cercavo con tutta me stessa si rimanere aggrappata a quelle realtà che mi sembrava ancora di possedere. Ma non mi ero ancora resa conto che erano già diventate irraggiungibili". Questa è la storia di Annie Cresta, prima, durante e dopo i suoi Hunger Games
_SOSPESA_
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Annie Cresta, Finnick Odair, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi rigiro tra le coperte, mio padre deve essere già andato a lavoro perchè la casa è silenziosa. Non che di solito sia particolarmente caotica, non lo è più da tempo, è solo che lui al mattino tende ad essere un po’ goffo: i suoi frenetici movimenti sono ben udibili e tende a far cadere le cose mentre armeggia in cucina. 
Nonostante ci metta tutto il suo impegno non acquisterà mai la scioltezza nei movimenti.
Mi stiracchio e mi costringo ad alzarmi, oggi devo lavorare anche io.
Mi dirigo in cucina e apro la dispensa dove trovo una pagnotta solitaria, ne taglio metà ed esco velocemente. Accanto alla nostra casa c’è un piccolo magazzino malmesso che mio padre cerca di mantenere in sesto, entro e raccologo il mio lavoro della settimana: tre reti abilmente intrecciate nei pomeriggi dopo scuola che nei giorni festivi tento di vendere a qualche pescatore sfaticato che non ha voglia di farsene una da solo. 
Infatti per la mia giovane età sono una ragazzina molto abile ma non più di altri, nel mio distretto tutti sono capaci ad intrecciare reti perchè tutti, ma proprio tutti devono pescare, è l’unico modo per sopravvivere, l’unica cosa che noi possiamo fare nel distretto 4; non vi sono altre risorse e la sola cosa che possiamo fare è sfuttarla.
Mi lascio alle spalle il magazzino e mi dirigo in paese, la mia casa non è molto vicino alla spiaggia, si trova più in profondità vicino al margine con la boscaglia, l’unica cosa che ci divide è un fitto canniccio che circonda una palude.
La parte del distretto 4 dove abito è quella più appartata e nascosta e anche quella più vicina al villaggio dei vincitori.
Dopo un quarto d’ora di camminata arrivo in paese che è quasi completamente deserto, gli uomini sono tutti già in mare, per le donne è ancora presto per uscire: attendono la fine della mattinata per andare in porto ad occogliere i mariti, faceva così anche mia madre.
Mi dirigo velocemente in spiaggia, forse farò in tempo a trovare qualche pescatore, supero le ultime case e affondo i piedi nella sabbia ancora fresca.
Il sole sta per sorgere.
Con mia grande gioia vedo che c’è ancora del fermento lungo la riva, mi dirigo a grandi passi verso i pescatori e tocco con i piedi l’acqua ancora gelata.
Nonostante io veda il mare tutti i giorni non mi stanco mai della sua bellezza, è meraviglioso e non saprei come fare senza di esso. 
Finalmente capisco chi sono i ritardatari: si tratta del vecchio MItch e dei suoi due figli, riuscirò di sicuro a ricavare qualcosa.
Cammino verso di loro, la spiaggia è pulita e continua per svariati chilometri ma non mi sono mai allontanata più di tanto, non che non sia permesso ma diciamo che non è consigliato: la spiaggia è divisa in settori e per quel tratto di mare vi possono pescare solo coloro che abitano in quel pezzo; siamo molto territoriali non sopportiamo che gli venga fregato il pesce.
Il settore dove stiamo noi è chiamata la “ Scogliera” perchè essendo l’ultima parte del distretto è ricca di scogli. E questo è un piccolo vantaggio che abbiamo noi, infatti ci sono molti molluschi, rendono molto bene se venduti  al mercato, basta sapere dove trovarli. 
—Mitch!— urlo io per farmi notare.
—Annie!— mi risponde lui alzando la mano per salutarmi.
Lo conosco praticamente da sempre, nonostante io tenda ad essere una abbastanza solitaria mi è sempre piaciuto come persona, è molto solare e cordiale con tutti e soprattutto molto generoso, con lui non sono mai tornata a casa a mani vuote.
—Rick è già in mare?— mi chide lui in tono gentile.
—Sì, è partito con mio zio quando era ancora buio— rispondo.
Mio padre cerca di non partire mai troppo tardi, altrimenti perdi i pesci migliori.
—Voi perchè siete ancora qui?— chiedo incuriosita, anche il vecchio Mitch non è tipo che parte tardi. 
—Bhè quest’oggi qualcuno si è svegliato tardi...— dice voltando il capo verso il più piccolo dei suoi figli, avrà un paio di anni in più di me ed è da poco esce a pesca con loro.
—Ma nessun problema, vorrà dire che torneremo prima a casa— proseguì il vecchio.
Solo allora posa gli occhi sulle reti che mi trascino a fatica sulla sabbia. 
—Ci siamo date da fare signorinella— mi dice con un sorriso.
—Faccio quel che posso, ultimamente la pesca non rende molto e cerco di aiutare in qualche modo— farfuglio io.
Annuisce pensieroso, sa bene cosa voglio dire. 
Capitol City ci costringe a pescare sempre più spesso, ma non capiscono che ci vuole tempo perchè la fauna acquatica si ricrei, ma questo non gli interessa, gli importa solo di avere piatti stracolmi e pance piene, ma questo  non cambia il fatto che gli uomini vengono pagati per quanto pesce portano a casa e in questo periodo non siamo messi molto bene.
—Penso proprio che mi serva una rete nuova— mi dice Mitch osservando la sua attrezzatura nella barca.
So bene che sta mentendo, le sue reti sono nuove e sicuramente fatte meglio delle mie.
Ma non mi interessa, non mi posso permettere sentimentalismi. 
Gli porgo una rete e lui mi mette qualche moneta nella mano, scrutati dallo sguardo di disapprovazione di suo figlio: nessuno può sprecare denaro così, per una cosa totalmente inutile, mi dispice approfittare della gentilezza del vecchio Mitch, non è lui che dovrebbe pagare, dovrei tornarmene a casa e basta, ma non posso, ne ho bisogno e come ho detto non mi permetto sentimentalismi.
Ringrazio il vecchio e i suoi figli ancora una volta e li osservo mentre vanno in mare. 
Mio padre dice che quando si prende la barca si ha la sensazione di scappare da questo posto, ma non è così: partono per poi farvi ritorno, e poi lo scappare è solo un’utopia. 
Una volta pensavo fosse possibile, andare al largo e non tornare più, ma mio zio mi ha spiegato che le barche, ogni singola barca, sono contollate da vedette e da pacificatori che stanno direttamente al confine marittimo prestabilito, se lo superi sei condannato a morte.
Purtroppo è capitato che in passato qualcuno ci abbia provato, li hanno giustiziati in piazza davanti all’intero paese, bambini compresi, vogliano che tutti si rendano conto del loro potere, noi siamo scarafaggi in confronto a loro e se vogliamo sopravvivere dobbiamo obbedire.
Mi scrollo per spazzare via dalla testa immagini che non avrei dovuto ricordare e solo allora mi rendo conto di essere completamente sola sulla spiaggia, non che mi dispiaccia però mi sento un po’ a disagio.
Mi volto e mi accorgo che mi ero sbagliata, non sono sola, un po’ più in là sugli scogli c’è un ragazzo appollaiato intento a scrutare l’orizzone.
Mi ci vogliono alcuni istanti per capire che lo conosco, o almeno di vista: l’ho incrociato qualche volta a scuola, deve avere un anno forse due in più di me, ma non penso di averci mai parlato.
Mi lascio il mare alle spalle decisa a tornare a casa, anche se non ho guadaganto molto posso sempre fare qualcosaltro, entro in paese e mi sorprendo che abbia preso vita in così pochi minuti: le strade sono piene di pacificatori, cosa abbastanza strana.
Proseguo verso casa mia e ne icrocio altri, questi stanno portando dei pannelli di metallo, staranno imbastendo qualcosa? 
Ma certo! Che stupida.
Tra una settimana ci sarà la mietitura.
  
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