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Autore: anqis    30/06/2012    6 recensioni
[..] “Allora superstar, che ne dici di smettere di ridere come uno stupido scimpanzé in calore e venirmi ad aiutarmi a scendere da qua prima che precipiti?” sbuffò la mora lanciando un’occhiataccia in grado di sciogliere i ghiacci perenni dei poli al ragazzo che attaccato alla finestra ignorò, troppo scosso dalle risate che lo percuotevano. La mora arricciò il naso come era sua abitudine fare ogni volta che era infastidita e roteò gli occhi al cielo, o meglio alla terra sotto di lei, dato che si trovava a 4 metri di altezza appesa al ramo di un albero, sorretta solo da un piede incastrato. Che avrebbe retto per poco, constatò sentendo un sinistro scricchiolio provenire dai rami. Fortunatamente un ramo l’aveva salvata dalla imminente caduta, ma ora la sua vita era concentrata nelle mani di un cretino che invece di aiutarla si stava accasciando dal ridere. Sospirò, era ormai spacciata.
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E' la mia primissima One Shot, siate clementi e buona lettura.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SheLovesHarold.
 One Shoot || When it begins, suddenly ends.

 
 

“Allora superstar, che ne dici di smettere di ridere come uno stupido scimpanzé in calore e venirmi ad aiutarmi a scendere da qua prima che precipiti?” sbuffò la mora lanciando un’occhiataccia in grado di sciogliere i ghiacci perenni dei poli al ragazzo che attaccato alla finestra ignorò, troppo scosso dalle risate che lo percuotevano. La mora arricciò il naso come era sua abitudine fare ogni volta che era infastidita e roteò gli occhi al cielo, o meglio alla terra sotto di lei, dato che si trovava a 4 metri di altezza appesa al ramo di un albero, sorretta solo da un piede incastrato. Che avrebbe retto per poco, constatò sentendo un sinistro scricchiolio provenire dai rami. Come ci era finita lì? Ah sì, aveva dimenticato le chiavi e si era ritrovata chiusa fuori di casa. E cosa c’era di più giusto che chiedere al proprio vicino di farla passare arrampicandosi sulla quercia che univa le due stanze da letto di entrambi le case? Peccato che l’idiota in questione era uno stupido cantate in vacanza con la passione e la gran capacità di farle perdere la pazienza con il solo udire della sua voce che mista alle smorfie stupide che aveva fatto, avevano distratto la ragazza portandola a incespicare sui suoi stessi piedi fino a farla scivolare. Fortunatamente un ramo l’aveva salvata dalla imminente caduta, ma ora la sua vita era concentrata nelle mani di un cretino che invece di aiutarla si stava accasciando dal ridere. Sospirò, era ormai spacciata. Rimase lì a penzoloni fin quando il castano si decise ad aiutarla, asciugandosi un’ultima lacrima scappata dalle sue ciglia per il ridere si innalzò sulla ringhiera di marmo bianco del davanzale e con uno strattone la tirò giù. La ragazza chiuse gli occhi pronta per sentirsi fracassare al suolo, ma a sua sorpresa si ritrovò stravaccata su qualcosa di morbido, che solo dopo aver aperto gli occhi riconobbe come il corpo del cantante che dolorante le supplicava di spostarsi.
“Ma quanto pesi!” soffiò il castano mettendosi seduto mentre si massaggiava dolorante la schiena. La mora gli tirò un leggero calcio che lo fece però rotolare per altri metri e schioccò le labbra offesa.
“Ehi! Ti ho pure aiutata e tu mi ringrazi così?” l’accusò il ragazzo lanciandole un’occhiata storta con quelle due profondi iridi azzurre che si strinsero in una morsa assassina. Lei buttò la testa all’indietro lasciandosi andare ad una risata, poi però gli punto un dito sul petto premendo sulla stoffa della maglietta fino a sentire i pettorali contrarsi. Muscoloso il ragazzo.
“Se non fosse stato per te  e le tue smorfie da deficiente probabilmente non mi sarei ritrovata a dondolare a penzoloni per un buon quarto d’ora!”gli rispose esasperata gesticolando nervosamente le mani in faccia al ragazzo che sempre più confuso e spaventato rimase zitto in silenzio. Erano poche le volte in cui qualcuno, soprattutto le ragazze, si rivolgevano a lui così, le poche rimaste erano sua mamma e le sue sorelle, mentre tutte le altre morivano ad ogni suo sorriso. Boccheggiò qualche attimo senza saper cosa dire e la ragazza ormai spazientita più che mai si girò dandogli le spalle e con un leggero salto tornò sul ramo, questa volta stringendosi più cautamente al sostegno. In silenzio la guardò saltare con agilità fino ad arrivare al suo davanzale.
“Aspetta!” gridò senza neanche accorgersene. La mora si voltò verso di lui, i capelli corti e sparati in ciuffi disordinati si scossero insieme, incorniciando i due grandi occhi verdi che si inchiodarono nelle sue iridi azzurre. “Mi c-chiamo Louis Tomlinson” gridò pentendosi subito della stupida frase che il suo cervello aveva prodotto. Idiota, idiota. Si stupì un’altra volta quando vide le labbra sottili della ragazza incurvarsi in un timido sorriso.
“Come se non lo sapessi già, superstar” rispose scendendo dalla ringhiera bianca.
“E te come ti chiami?” domandò in fretta vedendola aprire la finestra della camera.
“Gioia, ma mi chiamano tutti Giò” furono le ultime parole che sentì prima di scomparire tra le tende verde celeste della sua camera da letto. Il castano sospirò in silenzio, mentre le sue labbra si piegavano in un sorriso spontaneo.
“Piacere Giò”
 
 
 
“Buongiorno superstar, qual buon vento ti porta qui a casa di una semplice mortale come me?” lo prese in giro la mora appoggiandosi sullo stipite della porta per poi percorrerlo con uno sguardo scettico. Louis non si fece prendere  alla sprovvista e spiegò alla ragazza il motivo della sua presenza. E lei scoppiò a ridere.
“Stai scherzando vero?” sbottò poi mentre cercava di scansare dagli occhi un ciuffo ribelle di capelli che quella mattina non voleva starsene al suo posto. Come il solito. Il cantante si appoggiò con le mani su entrambi gli stipiti della porta facendo mostra di un ampio e divertito sorriso. Quel sorriso, Gioia aveva dimenticato il numero di tutte volte che la sua sorellina glielo aveva spalmato in faccia su quei giornalini che comprava quotidianamente. Sospirò di sollievo nel sapere che non era in casa, ma dalla nonna con sua madre. I suoi ormoni da dodicenne non avrebbero retto a tutto quel splendore che in quel momento se ne stava tranquillamente appoggiato di fronte a lei.
“Sono serissimo, non si vede?” rispose lui sfoderando un altro sorriso mieloso.
“Se continui a sorridere come un ebete, la risposta sarà sempre la seguente: no” rispose Gioia mostrando anche lei un sorriso sarcastico che invece Louis apprezzò molto.
“Eddai Giò, ti ho solo chiesto dello zucchero!” disse fingendo un lamento.
“Uno: tu non mi chiami Giò, tutta questa confidenza te la scordi, Tommo. Due: hai una Ferrari rossa fiammante in tinta con i tuoi pantaloni, per giunta, una piscina esterna e una vasca idromassaggio e non hai un po’ di zucchero in casa, Tomlinson?” rispose a tono la ragazza. Ed un’altra volta il cantante rimase un attimo perplesso sulla risposta, molto strano dato che era famoso per la battute con cui ribatteva.
“Uno: lo hai detto te che ti chiamavo Giò. Due: puoi chiamarmi Tommo tutte le volte che vuoi, sei adorabile quando lo fai. Tre: un ragazzo non può non avere dello zucchero in casa che viene subito attaccato da accuse senza fondamenta?” rispose con un altro sorriso che irritò a sua insaputa la piccola Gioia.
“Uno: ho detto che mi chiamano Giò, non ho detto che tu puoi chiamarmi così. Due: il soprannome più infantile che io abbia mai sentito. Tre: ti do ragione questa volta. Quattro: finiamola qua con questo gioco dei numeri che mi sono scassata, entra e prendi quello che devi prendere” disse facendogli cenno di entrare. Louis sorrise soddisfatto di averla almeno un po’ zittita ed entrò nella grande casa bianca e immacolata. Inspirò profondamente prima di gridare un “con permesso!”. La mora non riuscì a meno di sorridere nel sentire l’accento particolare dello Yorkshire, si pentì subito soffocando quel sorriso prematuro. Tuttavia Louis lo notò e con un occhiolino venuto male, le scompigliò i capelli disordinandoli ancora di più. La ragazza scomparve in cucina, tornando poi con un barattolo di zucchero tra le mani che subito lanciò nelle mani di Louis il quale le sorrise a ‘mo di ringraziamento. Gioia fece spallucce e afferrandolo per le spalle lo spinse in avanti verso l’ingresso ancora aperto. Louis capì in tempo le sue intenzioni e si bloccò in tempo facendo presa sul muro.
“Da voi non esiste il concetto di ospitalità? Un the o almeno in biscotto?” mormorò il cantante rimanendo immobile nella sua posizione, mentre la ragazza continuava a spingerlo senza abbastanza forza da mandarlo fuori.
“Chi mi dice che poi non mi imbavi, mi torturi, mi violenti per poi uccidermi in mille pezzi e infine mi seppellisci sotto terra?” mugugnò la mora dando un’ultima spinta con cui riuscì finalmente a cacciarlo fuori di casa. Il giovane si arrese e con in mano il barattolo attraversò il giardino ed uscì dal cancello, non prima di averle lanciato un bacio volante che lei teatralmente catturò tra le mani, buttò per terra e con eleganza schiacciò. Louis scosse la testa mentre sul suo volto si faceva posto un altro sorriso.
 
 
 
“Cosa vuoi ancora?” sbuffò la ragazza accasciandosi con poca femminilità sullo stipite della porta. Inclinò la testa con aria annoiata aspettando con finto interesse la risposta del moro che di fronte a lei continuava a fissarla torvo.
“Lo zucchero, genio” rispose lui assottigliando sempre più gli occhi. Gioia scosse la testa esasperata e soprattutto spazientita.
“Te l’ho già dato”
“Tu mi hai dato il sale, genio” la corresse subito il ragazzo.
Ah. Capita a tutti di sbagliare no?
 
 
 
“Smettiamola qua Tomlinson!” gridò la mora alla porta di ingresso, nel suo consueto pigiama che consisteva in degli shorts spiegazzati ed una semplice canottiera verde acqua che mostravano quel che non si doveva vedere. Louis non riuscì a non lasciare cadere l’occhio e pensò che quel colore si sposava perfettamente con le iridi chiare della ragazza che infiammate lo stavano incenerendo. Adorabile, pensò Louis sentendo le labbra partire in quarta in un altro sorriso spontaneo, al quale ormai si era arreso al trattenere. Era impossibile quando la vedeva arrabbiarsi, era bellissima quando corrucciava le sopracciglia in quella piega teatralmente troppo surreale, o quando arricciava il naso con quel momento veloce e tenero che Louis ormai amava. Sospirò sognante.
“Sto parlando con te Louis!” ripeté la ragazza afferrandogli il polso di una mano per abbassargli il viso del cantante al suo, che sorpreso boccheggiò senza parole, preso alla sprovvista. Si sentì per un attimo risucchiare in quel verde prato, ma riprese conoscenza di sé quando lei ricominciò a parlare, o meglio a sgridarlo.  Sussultò di felicità quando sentì le dita sottili della ragazza aumentare la stretta del polso nella sua mano. Che aveva fatto di male? Gli aveva solo chiesto della polvere di cocco..
“Che ti ho fatto di male? Ti ho chiesto solo della polvere di cocco” si ritrovò a dirlo ad alta voce. Lei strabuzzò i grandi occhioni verdi e lo fissò sconvolta, con un’espressione talmente buffa che il castano fu costretto a mordersi il labbro inferiore per non scoppiarle a ridere in faccia.
“Ma ascolti quando parlo? È proprio quello il problema! Tu sei Louis Tomlinson, puoi permetterti tutto, da un’altra piscina sotterranea ad una barca, che devo dire si intonerebbe bene al tuo bizzarro modo di vestire alla marinara, ma non è questo il punto. È tutta la settimana che vieni a rompermi le scatole con ogni genere di scusa, quando vedo il tuo manager o bodyguard, chicchessia, portarti quintali di cibo che i bambini, anzi tutta la popolazione del terzo mondo neanche si potrebbe sognare! E tu cosa fai, vieni qua a svuotarmi il frigorifero e a chiedermi cose di cui neanche tu sai l’esistenza! Polvere di cocco?!” strepitò la mora ormai senza fiato. Le guance le erano diventate di un forte color lampone che Louis trovò ancora un volta semplicemente adorabili e irresistibili.
“Allora?” fu l’unica cosa che uscì dalle labbra del cantante che tranquillo continuava ad osservarla appoggiato con disinvoltura e un maledetto sorriso malandrino stampato in faccia sullo stipite della porta, come ormai faceva ogni giorno. Gioia si tirò uno schiaffo in fronte chiedendosi se quel ragazzo fosse davvero normale o fosse caduto dal passeggino da piccolo.
“Dimmi cosa vuoi da me” sospirò con uno sguardo supplichevole.
Louis sorrise strofinandosi il naso.
“Esci con me, una volta.”
 
 
 
“Questo tu lo definisci un appuntamento?” chiese la mora afferrando la patatina oleosa e striminzita per poi lasciarla cadere sul vassoio coperto dalla carta. Il cantante alzò lo sguardo, con ancora la bocca piena di cibo esibendo un sorriso a trentadue denti per il quale ottenne una smorfia disgustata della ragazza. Gioia si era preparata a tutto, da quello che aveva letto sul web Louis era conosciuto per la sua romanticheria e la sua pazzia, era pronta per vederlo cadere da una mongolfiera con un paracadute, ma non si sarebbe mai aspettata di ritrovarsi seduta sul tavolo vecchio e unto di olio di un McDonal’s. Se lo scopo era prenderla in giro? Beh, allora ci era riuscito.
“Sì” bofonchiò lui asciugandosi le labbra sporche di ketchup con l’asciugamano. Gioia scosse la testa e si limitò ad osservare i passanti fuori dalla finestra, chi camminava nascosto sotto un ombrello e chi correva cercando di fuggire a quelle gocce. Tuttavia Louis intravide lo scetticismo nei suoi occhi e sorrise di sottecchi.
“Non ti piace il posto?” chiese con fare ingenuo.
“Sì” rispose diretta lei, mostrando un sorriso strafottente.
Louis scosse la testa lasciando l’hamburger mangiucchiato sul vassoio, alzò lo sguardo e incastrò i suoi occhi in quelli di Gioia, che sfacciata com’era, non lo deviò, concentrandosi in quelle iridi. Dovette ammettere che aveva degli occhi bellissimi, ne aveva visti di azzurri, ma quelli sembravano brillare in modo diverso, sempre vivaci riuscivano a rallegrare con un unico sguardo, di quel turchese simile al mare della Sardegna che tanto desiderava rivedere.
“Sai cosa?” incominciò a parlare. Louis prese con un attenzione particolare la mano di Gioia, talmente delicato che la ragazza non poté fare a meno di lasciargliela, e incominciò a giocare, a disegnare cerchi immaginari sul palmo chiaro, chiudendo le dita, senza lasciare per un attimo gli occhi verde acqua della mora che quasi ipnotizzata ascoltava in silenzio. “Io penso che non importi il posto in cui ti trovi, ma la compagnia, le persone di cui sei circondato. A Londra era facile che mi trovavo in lussuosi ristoranti inglesi, ma l’atmosfera sempre la stessa, noiosa e molto snob, sai come siamo noi inglesi, no? Invece siamo qua, in un lurido e povero McDonal’s e sai cosa? Mi sto divertendo molto di più, perché sono qua con te, un’acidona, ma irresistibile ragazza” disse infine accennando ad un altro sorriso che Gioia stranamente apprezzò. La mora abbassò lo sguardo sulle due mani intrecciate e non riuscì fare a meno di sorridere, le ciglia sfiorarono più volte le guance chiare della ragazza che avevano preso un tenue colorito più scuro, per poi rialzarsi e inchiodarsi nei pozzi chiari del cantante ancora sorridente.
“E dimmi, se oltre il posto neanche la compagnia mi allietasse.. cosa dovrei fare?” lo punzecchiò inarcando un sopracciglio. Il moro rimase di nuovo spiazzato dalla risposta e si lasciò travolgere da un’altra risata che in fretta e con sorpresa contagiò anche la mora, la quale scoppiò anche lei in una risata cristallina e acuta che il ragazzo aggiunse nella lista delle cose che più amava di lei.
 
 
 
“Ehi che ti succede?” gridò la mora afferrandolo per la giacca nera. Il castano scansò la sua presa e continuò a camminare lungo il marciapiede isolato. Era sera, le strade erano buie e deserte, illuminate a intermittenza dai pochi lampioni sparsi lungo gli angoli. Gioia affrettò il passo mentre si pentiva di aver messo quei tacchi che tutta la serata l’avevano distrutta. Sbuffò con impazienza quando riuscì ad afferrare la manica della giacca del ragazzo che ancora una volta provò a scappare, senza però risultato. Fece per urlare qualcosa quando incontrò gli occhi sprezzanti di Louis, si zittì stupita del gelo che dominava in quel celeste.
“Cosa.. spiegami perché ti comporti così.. È tutta la serata che tieni il broncio ed io, ecco non lo capisco!” sospirò la ragazza fissandolo preoccupata. Louis sentì il suo cuore stringersi alla vista della preoccupazione nei suoi occhi, allora ci teneva a lui? Si morse il labbro titubante e rimase in silenzio, cercando il motivo per il quale si era arrabbiato, sepolto nei suoi pensieri troppo distratti dai due occhioni verdi che non sembravano voler mollare i suoi. I minuti passavano e il silenzio continuava ad alleggiare nell’aria, dominante. Gioia decise di riprendere parola.
“Siamo arrivati che eri tutto pimpante perché eri riuscito a farmi mettere il vestito, mi hai presentato i tuoi carissimi amici/compagni di band e poi all’improvviso mentre mi ritrovo a parlare con Harry prendi e te ne vai all’improvviso, spiegam-“ non finì di parlare che Louis riprese a camminare ancora più veloce, lasciandola sola con un’espressione confusa in volto. Si era ricordato perché era arrabbiato, era stato troppo per lui vedere il suo migliore amico provarci con la ragazza di cui era innamorato, era stato troppo per lui vederlo sussurrare qualcosa all’orecchio, era troppo per lui le sue labbra vicino al suo lobo, era stato troppo per lui vederla rivolgere un sorriso qualcuno che non era lui, troppo. Digrignò i denti.
“Fermati idiota, spiegami almeno! Non puoi fare così, io non ci capisco niente, cazzo!” strepitò la ragazza dietro di lui. Il castano si fermò di colpo, rigido rimase immobile analizzando le opzioni che aveva sul da farsi. Fingere come sempre che quell’arrabbiatura fosse solo uno stupido scherzo, o dirgli tutto. Pensieri e pensieri tormentavano il ragazzo che dopo un po’ sbuffò scompigliandosi i capelli gellati.
“Ma vaffanculo!” gridò ad un tratto spaventando la mora ancora dietro di lui che arretrò spaventata quando lo vide girarsi all’improvviso verso di lei, avvicinandosi a passi veloci e in qualche modo arrabbiati.
“Che cosa vuoi far-“
Gioia sussultò, per la prima volta, presa di sprovvista spalancò gli occhi chiari mentre sentiva qualcosa di morbido premere con forza sulle sue labbra. Louis la stava baciando? Appena il suo cervello si ricollegò, fece pressione con le mani sul petto del ragazzo cercando di allontanarlo, ma inutilmente perché Louis non ne fu neanche scalfito e aumentò la presa su di lei. Strinse le mani sulla vita della ragazza stringendola ancora più a sé fino a sentire il suo corpo aderire al suo, ormai al limite della temperatura. La stava baciando. Per un attimo staccò le labbra da quelle della ragazza, lasciandole curvare in un sorriso che lei notò, per poi unirsi di nuovo in quel bacio. Questa volta però, stupendolo, Gioia non fece resistenza, anzi le sue mani salirono fino a stringere la nuca di Louis che rabbrividì a contatto delle dita fredde e sottili che si mescolavano ai suoi capelli, stringendoli sempre di più fino ad inarcare il suo viso su quello della ragazza nella quale apparve un sorriso. Dopo minuti, che parvero secondi i due si staccarono e con il fiato corto riaprirono gli occhi, inchiodandosi nell’iridi degli uni e degli altri.
“Aveva ragione Harry” mormorò lei ad un tratto. Louis strabuzzò gli occhi sorpreso e con un’occhiata la intimò a continuare la frase. Le guance si dipinsero di un’adorabile rosa acceso, sorrise.“Baci da Dio.”
Louis roteò gli occhi al cielo.
 
 
 
“Sei sicura?” le sussurrò all’orecchio, provocandoli brividi lungo tutta la schiena.
La ragazza annuì in silenzio, stringendosi sempre di più alla leggera coperta bianca che la copriva, forse l’unica cosa che davvero la copriva. Il castano annuì impercettibilmente e con dolcezza incominciò a lasciarle scie di leggeri baci lungo la spalla, accarezzarono la clavicola, il collo con una lentezza che fece esasperare la ragazza. Inspirò in silenzio e chiuse gli occhi quando sentì le mani del ragazzo correre lungo il suo corpo, accarezzando con una delicatezza che non avrebbe mai immaginato potesse caratterizzarlo. Sussultò appena, le mani si erano soffermate in quel punto tanto nascosto, non riuscì a fare meno di lasciarsi sfuggire un gemito sommesso che subito fu zittito da Louis che con un sorriso dipinto in volto premette le sue labbra su quelle della ragazza. Gioia chiuse gli occhi e circondò la nuca del ragazzo, immergendo le dita in quei scompigliati capelli come adorava da sempre fare. Un altro  gemito quando sentì le sue mani accarezzarle avanti e indietro lungo la coscia, mille brividi incontrollati scossero il suo esile e debole corpo. Louis sorrise compiaciuto e aumentò quel dolce scorrere, provocando altri gemiti e sospiri strozzati nella mora che imbarazzata cercò di nascondere il viso, inutilmente perché il ragazzo le scostò le mani dal volto: voleva vedere anche quella parte di lei che non aveva mai avuto l’occasione di osservare, le guance chiare prendere quel intenso rosso, le labbra schiudersi vogliose, gli occhi chiudersi mentre cerca di trattenere quei deboli gemiti provocati da lui. Tuttavia non riuscì a non ignorare i fremiti che la percuotevano, aveva paura. Con dispiacere si lasciò cadere sulle lenzuola e chiuse gli occhi.
“Louis, che succede?” chiese lei mettendosi a sedere, si coprì come più riuscì con la coperta troppo leggera per coprire il tutto, constatò Louis fissandola con desiderio.
“Gioia non sei costretta. Sai che domani sarà tutto finito, sai questo è solo un grosso sbaglio..” sospirò lui nascondendo gli occhi con un braccio. La ragazza rimase un attimo in silenzio, senza sapere cosa dire deglutii.
“Ma io lo voglio!” disse lei preoccupata. Non voleva che Louis la guardasse come una bambina, voleva dargli tutto quello che lei aveva, compreso questo. Sapeva che sarebbe stato più doloroso per entrambi, sapeva che quando sarebbe partito, il ricordo di quella notte sarebbe rimasto in lei e che sarebbe riemerso sempre provocandole dolore, un dolore di cui conosceva già l’esistenza. Lui alzò lo sguardo e inarcò un sopracciglio sorridendo.
“Allora mostramelo” disse serio.
Il viso della mora prese un color rosso porpora e boccheggiò per qualche minuto sorpresa dell’affermazione di Louis. La stava sfidando? Va bene. Paonazza avvicinò il viso a quello del ragazzo e dischiuse le labbra, e come due pezzi di un puzzle, unì la lingua alla sua in un dolce movimento che tolse il fiato a entrambi. Louis si mise a sedere e chiuse gli occhi, lasciando le mani inermi sul fianco, voleva vedere cosa avrebbe fatto. La ragazza capì che il suo gioco, prendendo tutto il coraggio che aveva in cuore si avvicinò a lui con un po’ di goffaggine gli salì in grembo incrociando le gambe alla vita stretta del ragazzo. Sussultò appena quando lo sentì, ma non si fece intimorire e aggrappandosi alle larghe spalle del ragazzo, chiuse gli occhi lasciandosi inebriare da quel bacio così spinto e provocante. I respiri si fecero più veloce, le faceva male il cuore per quanto batteva forte, le mani sudavano, tremavano. Con un gesto repentino, si allontanò da lui e incastrando i suoi occhi ai suoi, lasciò cadere la stoffa che poco prima la copriva. Louis spalancò gli occhi e poi sorrise. Avvicinò il viso al suo e strinse con le la mani la vita della ragazza che sospirò grata di esser riuscita a convincerlo della sua determinazione.
“Sciocca” sussurrò al suo orecchio, prima di spingerla sul materasso tormentandole con il solletico.
“Louis! Perché fai così!” gridò lei liberandosi dalla sua presa. Lei voleva donarsi a lui, voleva lasciargli quell’ultimo ricordo, voleva..
“Perché ti amo sciocca” la mise a tacere stringendola in un abbraccio da orsi. La mora non fece opposizione, infondo sapeva anche lei che era un gesto avventato e stupido, ma le era servito Louis per capirlo. Chiuse gli occhi e nascose il viso tra le braccia di Louis, che sapeva l’indomani non avrebbe più rivisto.
“Ti amo..” furono le parole che il cantante le sussurrò quando pensava si fosse ormai addormentata, quando invece le lacrime le rigavano il volto tormentandole il cuore.
 
 
 
La mora sorrise.
“Grazie mamma” disse salendo le scale.
Arrivata in camera si chiuse la porta alle spalle e si sedette alla scrivania. Tra le mani stringeva una busta bianca, una lettera. Anzi no, lasua lettera. Con le mani tremanti aprì la busta trovando il  biglietto bianco. Tirò un sospiro di incoraggiamento e aprì il biglietto. Sorrise non appena riconobbe la calligrafia disordinata e calcata di lui, tipico da lui pensò quando vide le sbavature e le linee di correzione. Era sicura che l’aveva riscritta più volte, come era sicura che aveva stracciato più fogli per quel biglietto disordinato. Si strofinò la fronte e scostò i capelli dalla fronte, per cominciare a leggere. Le parole correvano veloce di fronte ai suoi occhi, nella sua mente, dettate quasi dalla stessa acuta voce che le mancava da morire e quasi non si ricordava più, se non in quei casi. Quando leggeva le lettere, le parole era impresse di lui e la sua voce echeggiava come se fosse vera, lì accanto a lei. Ridacchiò quando lesse dei guai nei quali si era cacciato con Harry, scosse la testa nel leggere i rimproveri fatti di Paul, sorrise nostalgica quando lesse i suoi “mi manchi” e pianse ai suoi “ti amo”. Come ormai di copione, si ritrovò tra le mani il biglietto bagnato dalle lacrime che ogni volta rigavano il suo volto quando leggeva quelle lettere che ogni settimana lui le inviava. Si strofinò gli occhi e raccolse tra le mani le ultime lacrime sfuggite, per poi afferrare un foglio e una matita per scrivere. In fretta la matita scorreva lungo il foglio, sfogava quei pensieri che nella sua mente si erano accumulati nei giorni, e di nuovo pianse incontrollata. Scossa dai singhiozzi racchiuse la lettera in una busta. Si alzò sulla sedia, afferrò una scatola nascosta nell’armadietto e l’aprì. Ci infilò la lettera appena scritta, tra le tante altre che non aveva mai inviato e la richiuse.
Non aveva mai avuto il coraggio di rispondergli.
 
 

- Angolino -

Questa è la mia primissima One Shoot.
Ne ho scritta una sempre in questo sito, ma era una stupidata fatta per fare, talmente corta e stupida che non la potevo definire davvero neanche una storia.
Spero che vi sia piaciuta davvero, ci ho messo
impegno ed è la prima volta che scrivo su Louis, dato che ho sempre avuto un debole per Harry. Spero di non aver ridotto troppo la storia, che non ci sia troppa confusione con i soprannomi che ho usato per i personaggi e spero di esser riuscita a trasmettervi almeno qualcosa. Ah e per la cronaca, è anche la PRIMA volta che mi avvicino così tanto ad una scena “spinta” diciamo, e giuro che mi imbarazzavo mentre la scrivevo LOL.
 
Spero e aspetto con impazienza un vostro parere, mi basta una piccola, minuscola recensione, pleasee.. fatelo per gli
occhioni di Niall, per la il sorriso mozzafiato di Zayn, per le fossette di Harry, per le labbra di Liam e per il rotonderrimo (?) sedere di Louis.
 
Grazie di tutto.
Alice.

 
 
   
 
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