Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Ricorda la storia  |       
Autore: Narcis    01/07/2012    2 recensioni
-Sei sempre il solito stupido, Arthur. Non sai badare a te stesso.-
Il piccolino aveva i lucciconi agli occhi, che si stropicciava con le manine paffute, sporche di terra come parte del suo viso, della sua cappa verde e delle sue gambine corte ed esili, tutt'altro che forti, agili e scattanti.
-Dovresti vergognarti. Debole e stupido come sei, non diventerai mai una grande nazione.-
[Inghilterra - Scozia; Protagonista Inghilterra; Infanzia]
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
-Sei sempre il solito stupido, Arthur. Non sai badare a te stesso.-
 
 
Il piccolino aveva i lucciconi agli occhi, che si stropicciava con le manine paffute, sporche di terra come parte del suo viso, della sua cappa verde e delle sue gambine corte ed esili, tutt'altro che forti, agili e scattanti.
Anche le ginocchia erano lerce, ed il marrone del fango si mescolava con il colore cremisi del sangue, che usciva un poco dagli sbucci su di esse, e che da lontano sarebbero sembrati due ginocchiere tant'erano scuri e grandi.
 
Il bambino più grande di lui sbuffò, passandosi una mano, più forte rispetto a quella del fratellino, tra i capelli ramati, scompigliati ed annodati copiosamente forse da giorni e giorni, senza mai ricevere una pettinatina ogni tanto. Erano polverosi, sporchi pure quelli, come le sue gote e i suoi stinchi, il suo mantellino marrone e la sua tunica blu.
 
Chiunque, anche chi conosceva la storia dei due giovincelli, avrebbe messo la mano sul fuoco sul fatto che quei due non fossero fratelli.
S'assomigliavano assai poco: a parte la differenza d'età, uno aveva i capelli rossi come le piume d'una fenice, e l'altro dorati come le spighe di grano; uno era forte, coi lineamenti del viso già ben marcati, talmente tanto da incutere quasi timore, mentre l'altro aveva ancora il viso paffuto e dolce come quello di un neonato, ed era anche abbastanza gracile; uno era intraprendente, abile in tutto, e sapeva badare benissimo a sé stesso, mentre l'altro camminava ancora barcollando, inciampando qua e là, ed aveva bisogno dell'aiuto di uno più grande come il fratello per avventurarsi nella foresta anche solo per raccogliere qualche bacca per la colazione.
 
Le cose che li accomunavano erano sicuramente le sopracciglia folte e scure, improbabili nei visi di due bambini come quelli, ma che eppure comparivano quasi come un pugno nell'occhio, indurendo un po' l'espressione di entrambi. Nel caso del più piccolo dei due, essenzialmente, quei sopracciglioni gli donavano un aspetto simpatico e vagamente tenero.
Inoltre, sebbene le innumerevoli differenze delle espressioni e degli atteggiamenti  adottati da entrambi, che rendevano l'uno deciso e l'altro goffo, si poteva notare sia nell'uno sia nell'altro quel vago senso di libertà, di desideri semplici ma fantasiosi proiettati verso un domani per entrambi speranzoso, dove avrebbero potuto vivere insieme sotto lo stesso tetto, in una vera casa che non era improvvisata con legnetti, foglie e fango sotto le fronde d'un grande albero. Nel loro futuro vedevano una bella casa, una casa grande, una casa calda, una casa con un giardino con tanti giochi, una casa con tanto cibo, una casa stabile che li avrebbe protetti dalle intemperie, invece di rifugiarsi ogni volta che scendeva la pioggia all'interno d'una fredda e buia caverna, in cui vivevano, soprattutto il più piccolo, con il terrore d'esser sorpresi da un momento all'altro da un orso feroce, magari addormentato sul fondo della grotta e disturbato dalle vocine stridule dei bambini.
Questi desideri, queste speranze, questi sogni, erano scrutabili nell'interno delle loro anime attraverso i loro occhi, che come smeraldi perfettamente identici e lucidi brillavano nei loro visi timidamente ingenui, come era giusto che fossero per delle creature giovani come loro. Erano specchi, i loro occhi, su cui tutti potevano riflettervici, ritrovando nel proprio passato la stessa foga e la stessa voglia di crescere, nonostante nel presente rimpiangessero quell'età dolce e nostalgica qual'è, appunto, l'infanzia.
 
Tutti gli occhi dei bambini sono dolci, e sprizzano luce da tutti i pori. Chiunque potrebbe riflettervisi, implorando Iddio di poter ritornare, anche solo per un istante, alla tenera età infantile.
 
Quel giorno, però, gli occhi del giovane scozzese non erano dolci. Affatto.
 
Erano severi, puntati su quelli ugualmente smeraldini del fratellino minore, che cercava in tutti i modi di svincolare lo sguardo da quello del maggiore, sebbene questo gli ordinasse di guardarlo a sua volta.
Era rimasto deluso dalle potenzialità del minore, che era stato incaricato da lui stesso di catturare una lepre, che sarebbe dovuta servire a loro come cena.
Risultato? Il biondino aveva corso a perdifiato, buttandosi in continuazione dentro vari cespugli, anche spinosi, cercando di acchiappare quell'animaletto fugace. Poi, però, ad un certo punto, proprio quando in un momento di distrazione del roditore era riuscito ad arrivargli quasi alle spalle, era inciampato in un legnetto, spiattellandosi rovinosamente e rumorosamente a terra, a pancia in giù. La lepre ovviamente, drizzate le orecchie e sgranati gli occhioni scuri, era schizzata via alla velocità della luce, lasciando il giovane inglese con terra ed erba tra i denti e non solo, e due grossi sbucci sulle ginocchia ormai non più candide e più o meno pulite.
 
Da una parte, però, nel profondo del suo cuore, il biondino era contento che la lepre fosse scappata, anche se non lo era altrettanto per le ferite procuratosi. Gli sarebbe dispiaciuto dover prendere ed uccidere un animaletto tanto carino e morbido come quello, soprattutto se fatto fuori con le proprie mani. Era proprio per questo motivo che quello che si procurava la ciccia di solito era lo scozzese, che però quella volta, per accresce lo spirito di intraprendenza del minore, gli aveva imposto di andare a caccia, nonostante i borbottii e i lamenti di quest'ultimo.
 
Il fratello, però, sembrava non essere smosso dallo stesso sentimento di compassione nascosta, e perciò, ritto davanti al minore dolorante per via delle ferite sulle ginocchia, non si risparmiava di certo i rimproveri e le offese che, seppur "leggere", facevano ancora di più venire le lacrime agli occhi al più piccolo.

 
-Dovresti vergognarti. Debole e stupido come sei, non diventerai mai una grande nazione.-
 
-Io non sono debole! Era la lepre ad essere veloce!-
 
-Sì, certo, ed infatti non sei qui a lagnarti per due piccoli sbuccetti, vero?-
 
-...Sei cattivo, bro'...-
 
-Non sono cattivo. Sono solo più forte ed intelligente di te. Quell'animalaccio non me lo sarei lasciato di certo sfuggire. Per punizione non mangerai per tre giorni.-
 
-M-ma fratellone!-
 
- Niente "ma". Sei piccolo, e devi dare retta a me, intesi?-
 
 
Il più giovane dei due, nonostante tutta la sua forza di volontà, non fu più a quel punto in grado di trattenere le lacrime, che sgorgarono una alla volta dai suoi occhi verdi come prati freschi di rugiada, andandogli a rigare ed inumidire le gote paffute ed arrossate.
Tirò in su col naso un paio di volte prima di emettere un ringhio, che nel suo caso sembrò più un gridolino nervoso liberatorio, che uscì fuori dalle sue labbra al posto di normali parole; le stesse che non trovava in quel momento, ma che avrebbe voluto dire al fratello, in un accenno di protesta verso quello che lui vedeva come vero e proprio schiavismo.
A quel punto, chiusi i pugnetti e pestati i piedi per terra, si girò di spalle con uno scatto e scappò via, lontano, addentrandosi di più nella foresta nera e scura, troppo grande per essere conosciuta tutta dai due giovincelli che v'abitavano, per così dire. Era arrabbiato, stizzito ed amareggiato, e tutto a causa del fratello maggiore, a cui voleva restare lontano fino a quando non gli sarebbe passata la rabbia.
Il rosso, alla fuga del più piccolo, non si scosse. Sospirò soltanto, a bassa voce, senza preoccuparsi di un possibile pericolo che avrebbe potuto passare il minore. Doveva imparare a badare a se stesso, no? Ecco, quello poteva essere un buon inizio, anche se nel profondo lo scozzese era convinto che il biondino sarebbe ritornato indietro da lui a breve, col volto nuovamente rigato dalle lacrime, ma non di rabbia, bensì di paura. Questo gli sarebbe invece servito da lezione.
Scosse il capo, girandosi a sua volta, camminando tranquillamente nella direzione opposta a quella intrapresa dal piccolo inglese, borbottando tra sé e sé.

 
-Stupido fratello...-

 
  
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Narcis