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Autore: KeepSmiling    01/07/2012    6 recensioni
Liam, un ragazzo dolcissimo pronto a sostenerti e a donarti tutto l'amore di questo mondo;
Julie, una ragazza piena di sogni e ambizioni ma con grande segreto.
E se di punto in bianco i loro destini si incrociassero?
**
«La morte è l’unica cosa che avrebbe potuto farla smettere di danzare.»
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~Questa storia la dedico a me stessa
e a tutte quelle persone con un sogno,
al fine che ci funga da insegnamento
a non arrenderci mai e a credere
SEMPRE in noi stesse.

«E cinque, sei, sette.. Janet stendi quelle gambe! Cloe spalle dritte! E Julie, più energia, sembri uno zombie!» la voce di Rose, l’insegnante di danza moderna, percorreva la grande sala come un urlo, per sovrastare la musica ad alto volume proveniente dallo stereo che eseguiva note modern jazz. «Okay, due minuti di pausa, poi lo voglio rivedere con più energia!» le parole dell’insegnante, pronunciate a più bassa voce avendo spento la musica, echeggiarono nella testa dolorante di Julie che tentava di riprendere fiato e forze, poggiandosi le mani sulle ginocchia e ispirando ed espirando profondamente. La testa diventava via via più pesante e le girava da morire, tanto che ebbe un leggero cedimento alla gambe che la portò a doversi sedere per terra; gattonando raggiunse l’angolo dove, all’inizio della lezione, aveva appoggiato la sua borsa e da cui ne estrasse una bottiglia d’acqua che bevve tutto d’un sorso, e un asciugamano arancione di spugna con cui si asciugò collo e viso imperlati di sudore. «Tutto bene, Julie?» le si avvicinò preoccupata Victoria, ella si girò, mostrando il naso grondante di sangue e l’asciugamano arancione ormai diventato rosso. «Sangue dal naso. Di nuovo?» chiese scettica l’amica, aiutandola ad alzarsi e accompagnandola al bagno. «Sì, ma è tutto apposto, mi capita spesso, soprattutto in questo periodo che fa freddo...» la rassicurò Julie, sciacquandosi, impregnando un fazzoletto d’acqua e poggiandoselo sul naso. Victoria aggrottò le sopracciglia, «Sul serio, Vicky, sto bene! Non preoccuparti, ora passa tutto» continuò la ragazza, con quanta più calma era possibile. «Julie è un po’ di tempo che sei.. strana» -insistette Victoria- «Perennemente stanca, debole, e queste occhiaie?» Julie alzò gli occhi al cielo abbozzando un sorriso «E’ solo un periodo stressante, scuola, studio, danza.. ma va tutto bene, mamma» la tranquillizzò ancora un volta, pizzicandole una guancia divertita.
Il sangue ormai aveva smesso la sua inesorabile fuoriuscita. «Visto? E’ già passato.» la informò la ragazza. Victoria scosse la testa con un leggero sorriso, più tranquilla ora che il sangue si era attenuato, e sollevò il mento dell’amica con la mano destra per averne la certezza.

Julie continuava a torturarsi le mani, ma non tanto per quello che l’uomo di bella presenza e dai capelli brizzolati che corrispondeva al nome di Alan Brown, meglio conosciuto come dottor Brown, le stava dicendo –le stesse cose che le ripeteva ogni settimana, da un paio di mesi, ormai- ma piuttosto per il ritardo in cui era: l’orologio appeso nello studio segnava le 18.10 e alle 18.30 ci sarebbe stata la lezione di danza che se non si fosse sbrigata avrebbe di sicuro perso, e non poteva permetterselo visto che Anne, insegnante di danza classica, aveva esplicitamente annunciato di dover finire di montare le coreografie per il saggio imminente –mica tanto imminente, era febbraio, e il saggio si sarebbe tenuto a giugno, ma quella donna era in perenne ansia.-
«Quindi, due gocce di queste in un bel bicchierone di latte la mattina e alle 11 ricordati di prendere la compressa!» le raccomandava il dottore, con la calma innata che posseggono tutti i medici.
«Sì okay, grazie dottor Brown, ma ora dovrei scappare a danza..» disse sbrigativa la ragazza, raccogliendo tutti i vari medicinali velocemente e ponendoli nel grande borsone nero della Freddy «Ma Julie! Stai ancora frequentando i corsi di danza? Lo sai che devi smettere, ne va della tua salute!» la rimproverò l’uomo, con un’espressione dura in volto «Nah, io sto bene, senza danza sarebbe impossibile, se non anche inutile, immaginare la mia vita.» controbatté Julie con tono serio, ormai già con la maniglia della porta tra le mani. «Arrivederci dottor Brown!» sorrise la ragazza prima di tirare giù la maniglia e chiudersi la porta alle spalle. L’uomo brizzolato scosse la testa rassegnato e con un ghigno divertito.
“Quella ragazza ha una grande forza” pensò infine, prima di ricevere il prossimo paziente.
 
Ormai la scuola di danza era vicina, un altro paio di incroci ed era arrivata. Senza interrompere la sua corsa a perdifiato, sfilò il cellulare dalla tasca dei jeans e controllò l’orario, 18.26. Poteva farcela, e continuava a ripeterselo, per evitare che la stanchezza –che l’attanagliava già da settimane- s’impossessasse ulteriormente di lei, impedendole di arrivare in tempo.
Un improvviso scontro con qualcosa –o qualcuno- pose fine alla sua corsa, facendola cadere rovinosamente a terra. «Oh mio Dio, scusami!» una calda voce maschile riempì il suo apparato uditivo, «No, scusami tu, sono in un clamoroso ritardo e.. oddio sono un disastro» si lamentò lei, tenendosi la spalla sinistra dolorante per la forte botta appena presa. Alzò lo sguardo,  e i suoi occhi di un intenso color del cielo incontrarono quelli color cioccolato del ragazzo che le si trovava davanti, le porse la mano che lei guardò per pochi secondi per poi afferrarla e alzarsi di scatto, con non poca fatica. Persino le ossa sentiva pesanti.
«Ma no, io ero distratto e non ti ho vista» continuò a scusarsi lui, stringendo ancora la mano –fredda- della ragazza, che pareva paralizzata, non riusciva a smettere di scrutare quel viso dai lineamenti delicati ma definiti, quei capelli biondo scuro leggermente mossi, quel sorriso sincero, quegl’occhi dolcissimi costretti a socchiudersi mentre sorrideva e quella piccola macchia marroncina che aveva sul collo, e che tendeva sul lato sinistro. «Ehm.. io sono Liam» disse imbarazzato il ragazzo, non smettendo di guardare il viso pallido della giovane, quegl’occhi così intensi contornati da leggere occhiaie che di certo non sminuivano la bellezza di quel volto così delicato. «E io sono.. in estremo ritardo, scusami» disse finalmente Julie sorridendo, uscendo da quella specie di trance che l’aveva rapita e riavviandosi i capelli biondi ondulati. Il ragazzo la osservava rapito mentre si sistemava il borsone nero sulla spalla e nervosa controllava l’orario sul cellulare. Con un cenno sbrigativo della mano e un sorriso accennato lo salutò, ritornando a correre a perdifiato. «Bhe, allora ci si vede in giro, sconosciuta!» urlò il ragazzo, sperando che lo sentisse. Rimase immobile lì a guardarla finché anche l’ombra del suo corpo non sparì del tutto, amareggiato del fatto di non sapere neanche il suo nome.
 
«Julie! Anche oggi in ritardo?!» la canzonò Anne, l’insegnante di danza. Per quanto avesse corso, comunque non riuscì ad essere in orario, anzi, era anche in evidente ritardo. La donna non le permise di seguire la lezione, e la ragazza, con ancora il fiatone, domandò scusa e uscendo a testa bassa dalla sala si avviò verso l’uscita dove si sedette sulle gradinate che davano accesso all’edificio. Lentamente il suo respiro tornò regolare, dopo la corsa a perdifiato, e le lacrime iniziarono a pizzicarle gli occhi fino ad arrivare a rigarle le guance, inesorabili.
Un tonfo improvviso destò Julie facendole rivolgere lo sguardo, dapprima fisso su un punto indefinito dell’asfalto, all’interno della scuola di danza, e il mugolio di una bambina la preoccupò, tanto da asciugarsi le lacrime e correre dentro. Si ritrovò una piccoletta seduta a terra che piangeva disperata, con le calze rosa confetto -tipiche da ballerina- macchiate leggermente di sangue all’altezza del ginocchio. Le si avvicinò e le si accovacciò davanti, per arrivare alla sua altezza, accarezzandole una guancia paffuta e arrossata,  asciugandole le lacrime e scostandole i capelli mossi e biondo scuro dal viso; la piccola aprì gli occhi grandi di un color nocciola intenso e smise per un secondo di piangere, continuando però con i singhiozzi. «Cucciola, che ti è successo?» domandò sorridendo amorevole Julie, «Stavo correndo e sono caduta, ora mi fa tanto male il ginocchio» rispose lo scricciolo, mostrando il labbrino inferiore. La ragazza non poté fare a meno di sorridere «Vieni, che andiamo a medicarci» disse, tendendole la mano che afferrò subito «Ce la fai a camminare?» aggiunse poi, e dopo che la piccola annuì, la aiutò ad alzarsi e si incamminarono verso i camerini. Improvvisamente la ragazza sentì che la stretta della bambina diventava mano a mano più serrata, e si bloccò voltandosi verso di lei «Che succede, piccola?» chiese perplessa «Ma quello è il camerino delle grandi?» domandò intimorita indicando la porta bianca davanti a loro «Sì, perché?» Julie era perplessa, non riusciva a capire il perché di quel timore «Le maestre ci dicono sempre che non possiamo entrare lì» disse infine, portandosi un dito alla bocca, imbarazzata. La ragazza le concesse un altro sorriso genuino «Ma amore non preoccuparti, sei con me ora, le maestre non ti diranno niente» la rassicurò, scompigliandole dolcemente i capelli con la mano libera. La bambina sorrise ed entrarono nel camerino. Ella, dopo averle tolto le calze, e bagnata la parte sporca di sangue, la adagiò su una panca e le medicò la piccola ferita, ricordandosi di avere con sé un disinfettante e dei cerotti, che non mancavano mai nella sua borsa, per il sangue che le usciva spesso dalle dita dei piedi causato dalle punte. Dopo svariati “Brucia!” da parte della bambina, finalmente riuscì a completare il lavoro adagiandole un cerotto sul ginocchio. «Allora cucciola, va meglio ora?» domandò accarezzandole la guancia. La piccola annuì distendendo le labbra in un sorriso, che la obbligava a socchiudere gli occhi; era dolcissima, e le ricordava qualcuno, ma chi? «Come ti chiami?» domandò poi, ricambiando il sorriso «Nicole, e tu?» «Julie» rispose pacata ella per poi continuare «Hai finito la lezione?» «Sì, sto aspettando mio fratello» fece spallucce la piccola, annuendo «Oh, d’accordo, allora andiamo ad aspettarlo fuori» disse, per poi prenderla in braccio e adagiarsela in grembo. Arrivate all’entrata notarono un ragazzo biondo di spalle, il piede contro il muro, la mano sinistra in tasca, e la destra armeggiava con un iPhone.
«E’ lui!» lo indicò la piccola. Julie si avvicinò e nello stesso momento il ragazzo si girò, scontrando i suoi occhi cioccolato con quelli oceanici di lei; assunsero entrambi un’espressione allibita, non si aspettavano che si sarebbero rincontrati. Liam, dopo aver accennato un sorriso compiaciuto alla ragazza, rivolse uno sguardo apprensivo alla sorella, «Nicole, che ti è successo?»domandò preoccupato, prendendola dalle braccia di Julie, che sorrideva imbarazzata con le gote arrossate, e sistemandosela tra le sue, notando il cerotto sul ginocchio destro «Sono caduta e mi sono fatta male al ginocchio, ma Julie mi ha medicata» rispose la piccola, indicandola e sorridendole dolcemente. Liam rivolse di nuovo lo sguardo alla ragazza «Ah, e come si dice..?» domandò poi retorico, riferendosi alla sorellina «Grazie Julie!» disse infine quest’ultima, sporgendosi dalle braccia del fratello e abbracciandola, lasciandole un tenero bacio sulla guancia, al quale ella ricambiò con un sorriso e un’ammiccata. «Bhe Julie» attirò la sua attenzione Liam, «Per sdebitarmi, posso offrirti qualcosa, domani sera?» concluse, prendendo la palla al balzo «Ma non ce n’è bisogno, Liam, sul serio» sorrise lei. Si ricordava ancora il suo nome? Sì, le era rimasto stampato in testa per tutto il pomeriggio. «E poi domani sera ho lezione e..» «Ti vengo a prendere dopo la lezione» la interruppe lui, speranzoso. Julie stava cercando mentalmente altre scuse verosimili: non poteva affezionarsi, né tantomeno permettere che qualcuno si affezionasse a lei, l’avrebbe inevitabilmente fatto soffrire. «Va bene» si arrese lei, dopo aver proposto altre scuse, tutte sapientemente smontate dal ragazzo.
 
Ormai erano passate delle settimane che ogni sera, dopo la lezione di danza, Liam passava a prendere Julie. Spesso si fermavano a chiacchierare al parco vicino o passeggiavano, altre volte la riaccompagnava semplicemente a casa perché era visibilmente distrutta dallo sforzo fisico. Fatto sta che lui, senza mai che lei se ne accorgesse, la spiava dalla finestra che affacciava sulla sala, e restava incantato dalla sua leggiadria, dalla sua eleganza, dalla passione e dalle emozioni che suscitava mentre danzava. Era meravigliosa.
Ma quella sera era particolarmente strana, le occhiaie erano molto più visibili sul suo volto, le labbra non erano piene e rosee come al solito, ma tendenti al violaceo e faceva fatica anche a camminare. «Ehy, è tutto okay? Ti riaccompagno a casa?» le chiese preoccupato Liam, accarezzandole una guancia, mentre si incamminavano per le strade illuminate dalla luce fioca ma potente del tramonto. «Va tutto bene, è solo che lo spettacolo finale si sta avvicinando e le prove stanno diventando più intense» effettivamente era vero, le due ore al giorno, ogni giorno, si erano raddoppiate, e spesso e volentieri erano occupate con le prove anche la domenica. Era sfiancante, ma sicuramente non era quella la causa. Liam annuì non del tutto convinto e le baciò la fronte per poi contornarle le spalle col braccio e iniziare a camminare. Non avevano fatto neanche due passi che Julie si bloccò di scatto «Liam, non sto bene. Mi gira la testa.» lo informò, contornandosi la fronte con la mano; egli non ebbe neanche il tempo di recepire la frase che se la ritrovò tra le braccia, priva di sensi. Era in completo panico, non aveva idea di come comportarsi; gridò richieste di aiuto, e dei passanti andarono in suo soccorso e chiamarono l’ambulanza che arrivò dopo qualche minuto.
 
«Julie, sul serio, dovresti smettere di ballare, ne va della tua salute!» ella ruotò gli occhi al cielo e si coprì il viso con le mani, che ritirò subito, a causa del pizzicore più intenso che le provocavano gli aghi dei lavaggi ai polsi. Sospirò.
«Mamma lo sai come la penso, senza la danza sarei persa, non avrebbe alcun senso la mia vita!» ribadì ancora una volta la frase che ripeteva ogni volta che le proponevano di abbandonare ciò che più amava. Era esausta, niente o nessuno le avrebbe fatto cambiare idea. «Sì ma guarda dove ti ha portata, su di un letto di un ospedale!» controbatté affranta la donna, mentre veniva circondata dalle braccia accoglienti del marito; sapevano entrambi che Julie non avrebbe dato ascolto a nessuno, al di fuori di sé stessa.
Un picchiettio di nocche sulla porta, interruppe quel pesante momento di silenzio che si era creato nella stanza e dopo un flebile «Avanti» pronunciato dalla giovane, la testa di un ragazzo spuntò dalla piccola apertura creatasi tra l’uscio e la porta, che poi ospitò l’intero corpo. «E’ permesso?» chiese educatamente, prima di entrare nella stanza. «E tu chi sei?» domandò accigliato il padre di Julie. Egli fece per rispondere, ma fu preceduto dalla ragazza «Papà, è tutto apposto, è il mio.. amico» e si concesse un sorriso, alzandosi il più possibile con la schiena, adagiandola sul cuscino appoggiato alla testiera del letto. Il ragazzo sorrise a sua volta e molto cordialmente si presentò, stringendo la mano ad entrambi «Salve, piacere di conoscervi, sono Liam Payne», sotto l’ occhiata torva dell’uomo. «Piacere nostro, Liam.» esordi la donna, sfoderando il suo sorriso più dolce; era felice che sua figlia avesse finalmente un amico che le stesse accanto, soprattutto in questi momenti. «Bene, noi ora dobbiamo andare, alla prossima, Liam.» concluse la donna spingendo il marito –che aveva ancora uno sguardo austero rivolto al ragazzo- verso la porta, per poi uscire entrambi e chiudersela alle spalle.
«Hey» pronunciò lui, avvicinandosi e sedendosi sul letto accanto a lei, prestando molta attenzione e accarezzando delicatamente un polso fasciato e intubato. «Hey» disse lei di rimando, facendogli spazio «Come stai?» le chiese, spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio «Molto meglio. Grazie per essere venuto» sussurrò lei, abbassando di poco la testa e lo sguardo. «Perché non me l’hai detto?» domandò lui serio, alzandole il viso con l’indice e facendo incontrare di nuovo i loro sguardi. Julie si perse in quello intenso e sincero del ragazzo, e anch’egli era rapito dal blu profondissimo dei suoi occhi, ma la sua espressione rimase seria con una vena di preoccupazione. «Cosa potevo mai dirti? Ciao Liam, sai che i dottori mi danno pochi mesi di vita?» pronunciò ella, con gli occhi lucidi e un sorriso amaro. Il ragazzo la guardò attonito scuotendo la testa sconcertato «Non è vero, non è possibile, mi stai mentendo!» urlò disperato, alzandosi di scatto dal letto, le guance rigate dalle lacrime; Julie scosse la testa in segno di negazione. «Siamo nel ventunesimo secolo e ancora non c’è un rimedio per queste fottute malattie?!» sbraitò in preda ad una crisi, camminando agitato per la stanza e strofinandosi la faccia con le mani. «Un rimedio forse ci sarebbe: la chemio, mi concederebbe qualche mese in più di vita, ma fisicamente starei solo peggio» soffiò lei, con lo sguardo basso, ormai appannato dalle lacrime; voleva mantenere la calma, ormai aveva accettato la sua malattia e le sue sofferenze, ma non si perdonava il fatto di aver trascinato anche Liam nel suo baratro. Il ragazzo le si avvicinò di nuovo, sedendole accanto, incorniciandole il viso pallido con le mani e accarezzandole le guance coi pollici e con ancora le lacrime che gli segnavano il volto, e la voce strozzata «Non so come abbia fatto a trovare una ragazza come te, e non voglio perderti. Io ti amo, Julie.» sussurrò infine, adagiando la sua fronte su quella della ragazza e facendo sfiorare i loro nasi, fino a far incontrare le loro labbra per la prima volta; erano come due pezzi combacianti di un puzzle, o due metà di una sola mela: perfette le une con le altre.
Julie non riuscì a trattenere un singhiozzo, seguito da inesorabili lacrime, che interruppero quel bacio tanto dolce quanto desiderato, e sprofondò il volto nel petto di Liam, che le accarezzava dolcemente i capelli, piangendo anch’egli, ma silenziosamente.
«La verità è che ho paura Liam, tanta paura. Non posso morire, non ora, non così, ho ancora tante cose da provare, vedere..» confessò lei tornando a guardarlo negl’occhi, la voce spezzata dai singhiozzi. «Una tra tutte?» chiese lui, non smettendo mai di coccolarla «La settimana prossima c’è un provino alla Royal Ballet, mi accompagni?» domandò speranzosa, eliminando ogni traccia di insicurezza nella voce. «Tu sei pazza!» le sorrise divertito lui, rubandole un bacio fugace «Ne sono consapevole!» dichiarò lei con gli occhi ancora gonfi e arrossati, ma con un sorriso sbarazzino che si faceva spazio sul suo volto, per poi rendere quel bacio fugace qualcosa di più intenso.
 
«Julie Morris» una voce austera di una donna mingherlina, con i capelli brizzolati raccolti accuratamente in uno chignon e degli occhiali anni ’50, che reggeva fra le esili mani una cartelletta, la destò dai suoi esercizi di riscaldamento. Si sentì cingere i fianchi, fasciati dal body nero, e baciare la scapola, coperta solo dalla sottile bretellina dell’indumento, «E’ arrivato il tuo momento, fai vedere a tutti di che pasta sei fatta!» un brivido le percorse contingente la schiena, provocandole la pelle d’oca. Si voltò verso il suo ragazzo; gli lasciò una bacio fuggevole a fior di labbra e lo fissò negl’occhi per qualche secondo, in cerca di coraggio, e non c’era nessun altro in grado di infonderle coraggio più di Liam. Si voltò e raggiunse velocemente la grande porta color ciliegio, sfoderò il suo miglior sorriso ed entrò, sicura di sé.
«Julie Morris, diciotto anni, variazione di Odile tratta da “Il cigno nero”» si presentò alle tre donne e ai due uomini che le sedevano di fronte dietro ad un’ampia cattedra, con il cuore in gola. «Prego» pronunciò un uomo, dal portamento quasi regale, ben eretto sulla sedia, con un gesto elegante della mano destra.
Salì in punta, partì la musica. Preparazione in quarta, pirouette en dehoros, pirouette all’attitude, plié, padeboure.
Liam la stava sbirciando dalla piccola fessura della porta. Era meravigliosa, un vero cigno: elegante, aggraziato, leggiadro. Si era ripresa molto rispetto alla settimana prima, ed era riuscita anche ad essere dimessa dall’ospedale giusto in tempo per partecipare alle audizioni -di cui ovviamente nessuno sapeva niente: era un segreto tra lei e Liam.-
Quel giorno era davvero in forma, ma anche tanto nervosa e nonostante lei cercasse di dissimulare e nascondere cioè che provava, Liam l’aveva capito subito, ormai la conosceva più di sé stesso e la amava più della sua stessa vita, sul serio. Molto spesso si chiedeva cosa ne sarebbe stato di lui se fosse successo quello che si temeva, ma non riusciva a trovare una risposta plausibile, solo altri mille dubbi e perplessità, quindi decise di godersi il presente con l’amore della sua vita al suo fianco.
Con un sorriso soddisfatto, un’asciugamano intorno al collo e il viso ancora leggermente lucido per il sudore, Julie si fiondò tra le braccia del ragazzo che la strinse più che poté.
Avrebbero voluto entrambi che quel momento fosse eterno.
 
Stringeva quella lettera tra le mani da troppo tempo, estrasse il foglio dalla busta e rilesse ad alta voce per l’ennesima volta quelle poche righe.
«La signorina Julie Morris ha affrontato l’audizione egregiamente, pertanto è stata ammessa alla prestigiosa accademia Royal Ballet.»
Una lacrima.
«Le lezioni avranno luogo lunedì 1 settembre, per un eventuale rifiuto da parte del candidato, prego informarci quantomeno un mese prima dell’inizio dei corsi. Distinti saluti, il presidente della commissione, Kevin O’Hare.»
«Julie, ti rendi conto? Sei stata ammessa, il tuo sogno è diventato realtà!»
Ormai le lacrime si facevano largo sul suo viso, senza alcun tipo di timore e la mano tremolante iniziò a scrivere su di un foglio bianco, interrotta di tanto intanto da singhiozzi.
«Egregio presidente della commissione, la signorina Julie Morris non potrà frequentare la Royal Ballet perché è.. lei è morta» la voce venne strozzata da un singhiozzo seguito da una lacrima che bagnò il foglio e di conseguenza anche la mano smise di scrivere ciò che la voce dettava.
Liam era completamente distrutto, come se gli avessero portato via una parte di sé, e in realtà così era stato: la parte migliore di sé non c’era più, lei era… morta.
«Grazie Liam, mi hai salvata. Hai salvato la mia vita.» queste parole gli rimbombavano nella testa, ma lui non riusciva ad accettarle, si sentiva tremendamente in colpa. Magari se non avesse fatto quel provino non sarebbe morta, magari sarebbe persino riuscita a sconfiggere quella malattia che la trafiggeva, magari.. avrebbero potuto amarsi per tutta la vita. Ma così non è stato, qualche giorno dopo l’audizione, Julie era stata ricoverata di nuovo, a causa di un violento abbassamento della pressione e due giorni dopo, tutto ciò che rimaneva di lei era solo una lapide con su inciso il suo nome e il suo primo paio di punte appoggiato su di essa. Liam lo scostò delicatamente e lesse:
«L’unica cosa che avrebbe potuto farla smettere di danzare è la morte.»

**

KeepSmiling.
Okay, la mia prima OS. Ansia.
Mi sono cimentata in questa nuova
"esperienza" -se vogliamo chiamarla così- lool
perché è da un pò che ce l'avevo in mente,
e non nego che ci ho messo un pò per
svilupparla, è stato abbastanza complicato.
Ah e voglio far notare che mi sono ispirata
al film "A time for dancing".
E' uno dei miei film di danza preferiti,
dopo "Il cigno nero", ovviamente,
quello è un vero e proprio CAPOLAVORO!
Ma vabbè, questa è un'altra storia u.ù
Dicevo, stavo per eliminarla perché non riuscivo
a mandarla avanti, ma visto il MAGNIFICO
banner -fattomi da quella splendida ragazza
a cui devo la vita xD che qui è more_-
e vista anche l'improvvisa ispirazione
venutami mentre facevo la doccia lool,
alla fine ce l'ho fatta ed  è uscita questa cosa xD
Lo so, è molto struggente
e fin troppo deprimente. AHAHHA
Ma vaaabbè, mi piacerebbe sapere
cosa ne pensate, non mi lasciate forever alone TwT
Ne approfitto per fare pubblicità
alla mia FF in corso:

Beene, grazie mille per l'attenzione :3
Lots of Love,
Ila.xx

   
 
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