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Autore: madeda    01/07/2012    0 recensioni
Lo so, il titolo della storia no c'entra assolutamente nulla con la vicenda del capitolo. Se tutto va bene, però, prometto che ci sarà la scena delle patatine.
Le recensioni sono molto gradite! Spero non sia la solita pappardella smielata.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Diversi mondi

La donna che abbracciò Giulia era una madre toccata e commossa dalla morte del suo cane e sofferente per quello che aveva capito essere il comportamento inadeguato, immorale e del tutto incomprensibile del figlio.

Mentre la sua piccola affrontava da sola la morte di Picasso, lei era ad un'ennesima sgradevole cena con i futuri consuoceri.

Andrea era elegantissimo ed aveva migliorato perfino il comportamento a tavola, mentre cingeva Chiara con una inusuale delicatezza e le mormorava qualcosa all'orecchio.

Ad un certo punto della serata, era entrata nella scena una modella la cui rabbia era paragonabile alla furia di una leonessa a cui non è riconosciuto il titolo di regina del branco.

Carola aveva citofonato, aveva chiesto di Andrea ed era entrata quasi correndo, piuttosto decisa.

-Ciao a tutti. Io sono la Leonessa, una delle migliori modelle sul mercato.- proclamò a gran voce di fronte ad una tavolata ed ad un Andrea sbigottito. -Sono andata a letto con Andrea. Un sacco di volte. Lui dice che gli servo per essere felice ed a me lui piace. Lo fa da Dio.- disse mirando alla sposa, che urlò contro il fidanzato. Tutti non sapevano come reagire, tranne Catherine che con il suo caratteristico accento francese guardò la modella ed inveì contro di lei.

Carola, riconoscendola, fu presa da un impeto di ira, che la portò a rompere il vaso di vetro sul tavolo.

Anne-Louise si mise a gridare e minacciò di denunciarla, al che Carola rispose: -Fate pagare ad Andrea. Lui vuole me. Non vuole vostra figlia, vuole me.- stava quasi piangendo, mentre Chiara aveva già iniziato. Era una situazione di pieno caso, dove nessuno sapeva come reagire. Andrea non disse nulla, sentendosi incapace di formulare una frase sensata. Non aveva giustificazioni, così si alzò e prese la modella per i fianchi, cercando di portarla fuori, mentre questa iniziò a piangere sommessamente. Quando Andrea la portò fuori dalla casa, la modella iniziò a colpirlo con dei pugnetti sul petto, finché non si fu sfogata appieno e rimase immobile.

-Andrea, io ti amo. Ti amo, ti amo e non posso stare senza di te. Non posso, Andrea, non posso.- L'ultima frase fu pronunciata con un sussurro di debolezza mista a paura.

Carola non si era aperta mai così tanto con un ragazzo, mai aveva pensato di potersi gettare via così, in nome di qualcuno di cui non conosceva le intenzioni. Era molle davanti a lui, non riuscendo a stare in piedi si gettava convulsamente fra le sue braccia nel vano tentativo di ricevere un abbraccio o una parola di conforto.

Andrea le accarezzò dolcemente il viso, sentendo il calore della rabbia che straripava da ogni angolo del corpo della modella.

Marzia arrivò all'improvviso fuori dalla casa, urlando con veemenza. Avvicinandosi al figlio, gli mollò uno schiaffo e ci mancò poco che non stampasse l'impronta delle sue cinque dita anche sulla pelle della Leonessa.

Andrea lasciò all'improvviso la ragazza, che per poco non cadde, dirigendosi verso la madre che si allontanava. Le implorava aiuto, perché non sapeva cosa fare.

Poi uscirono anche Catherine, che continuava ad urlare contro Carola, Chiara ed i suoi genitori. In particolare la sposa si diresse verso il fidanzato e gli sganciò un pungo violento sull'occhio. Aveva lacrime di nervosismo e frustrazione agli occhi ed urlava contro di lui in diverse lingue, fra le quali il ragazzo riuscì a distinguere insulti, oltre che in italiano, anche in francese e forse anche in inglese.

In quel momento, il cellulare di Marzia squillò e lei si affrettò a rispondere.

Quando mise giù la telefonata, stava piangendo. Chiamò il marito ed andarono via, senza fornire spiegazioni nemmeno al figlio.

Catherine guardò Carola con aria di sfida. -Sei felice ora?- le chiese.

La modella non rispose. -Guardalo, non sta correndo dietro te.- glielo disse indicandogli Andrea che tentava di parlare con Chiara.

-Prima è venuto da me; ha soccorso me.-

-Perché voleva salvarsi, in qualche modo. Sei la Leonessa sulla passerella, ma nella vita reale sei una specie di… di… sei una preda, una preda facile ed ingenua.-


Francesco baciò Valentina con trasporto, prima di iniziare a fare del sesso consolatorio per entrambi, ma aggiunse involontariamente, a quel sapore dolce della voglia di amore, un pesante senso di colpa che non riusciva a scaricare.

Valentina non si preoccupò di chiedergli cosa non andasse. Perché in fondo avrebbe dovuto? Non le interessava sapere quanto lui fosse innamorato di lei, perché sapeva già in partenza che la risposta sarebbe stato… zero. Francesco era cotto di Giulia in ogni bacio, ogni carezza ed ogni desiderio. Valentina si domandava perché non si desse una svegliata e non corresse dietro alla donna che veramente amava, ma si rispondeva che il ragazzo aveva paura. Sua sorella, in effetti, incuteva timore. Troppo pensierosa, profonda ed impegnativa per il genere maschile. Francesco non era poi tanto diverso dagli "altri": stava mentendo a se stesso ed a Valentina, anche sei se n'era sempre accorta e la cosa le andava bene.

-Come va con Alice?- sussurrò ad un certo punto Francesco.

-Non va. Mi ha baciato e mi ha detto di andare. Quello non era un bacio… era perfino peggio di te.-

-Cosa intendi con "peggio di te"?-

-Che almeno tu fingi. Lei invece voleva dimostrarmi che avevo torto. Ed aveva ragione, forse… non lo so. Sai, l'amore è un casino.-

Francesco si tirò su, portando il suo viso alla stessa altezza di Valentina. Le guardò bene per la prima volta gli occhi e ci vide un senso di sconfitta interessante. Era bellissima.

Francesco le accarezzò il viso e si rese conto che doveva smettere di essere così codardo. Giulia era la donna più sensazionale che mai avesse conosciuto e quel ricordo, quell'immagine di purezza, intelligenza e poesia lo tormentava, impedendogli di andare avanti e scoprire tratti di nuove persone. Valentina lo intrigava, l'aveva interessato dall'inizio, quando era caduta dalla bicicletta con aria sognante. Francesco si sentiva in colpa per averla bruciata così, per non essersi interessato alla sua persona interiore, a quello che stava dentro alla bellezza splendida ed all'espressione da eterna bambina. Valentina non era stupida, questo l'aveva dimostrato, e non era nemmeno ingenua, come aveva brillantemente fatto capire lei stessa. Ma che altro era?

Francesco l'abbracciò, per la prima volta con vero affetto.

Valentina non aveva annientato Francesco con il sesso, ma un complicato gioco psicologico che stava vincendo. La ragazza aveva ricavato da un limone una limonata. Se con Alice non era andata e stava soffrendo una piccola delusione, almeno avrebbe potuto riscattarsi con Francesco.


La morte di Picasso segnò un intervallo di sofferenza per tutti e cinque. Tutti gli volevano bene, era un membro onorario e quasi fondatore del nucleo familiare.

Giulia aveva fra le mani Spazzacamino, il gatto che Chiara aveva quasi lanciato dietro ad Andrea. Quasi, perché comunque il piccolo era un cucciolo e questi dolci creature traggono la tenerezza da tutti, anche nei momenti in cui si è più arrabbiati e tristi. Questo è il loro compito, è una sorta di legge non scritta della natura.

Infatti, nel momento di tristezza per la morte di Picasso, Spazzacamino ebbe un ruolo di fondamentale importanza; scorrazzava in lungo e in largo per la nuova casa (prima se ne stava da Chiara), giocando con qualsiasi cosa gli capitasse a tiro. Guardarlo divertirsi e partecipare ai suoi giochi era meglio che guardare la televisione. Giulia lo adorava, anche se aveva tentato di non affezionarsi perché non sapeva quanto sarebbe rimasto, nel caso in cui suo fratello e Chiara avessero fatto pace. In realtà Giulia era certa che avrebbero fatto pace, semplicemente non sapeva quando sarebbe successo.

Dopo la morte di Picasso, aveva chiamato Carola, che le era apparsa delusa, triste ed indifesa. Tutta la sua grinta non era era venuta fuori nella voce che aveva nella telefonata, era sembrata quasi esausta.

Si erano promesse di vedersi preso, appena Carola avesse riavuto un minimo di sosta da tutte le sfilate nel contratto. Finite quelle, diceva che avrebbe ripreso a  mangiare normalmente, ma in cuor suo aveva paura di perdere l'arma letale da passerella del suo fisico magro e perfetto per il lavoro di manichino umano.

Giulia era seduta sul pavimento e di fronte a lei c'era Valentina. In mezzo alle due, Spazzacamino saltellava per afferrare un nastro che cadeva dalle dita di Giulia.

-Oddio, guardalo Vale! Non è carino?-

-Carino da impazzire! Certo che Chiara ha gusto in fatto di gatti. Guardalo, sembra davvero uno spazzacamino! Così nero! Sembra fuliggine!-

-Chissà perché non l'hanno chiamato Fuliggine!?!?!?-

-Giulia, stai parlando di Andrea, hai presente? Fosse per lui, Picasso si sarebbe chiamato… cane nero.-

-Ah ah, è vero.- Giulia sospirò. -Sai, mi manca Picasso.-

-Manca anche a me.-

-Ti rendi conto che nella nostra famiglia c'è sempre un animale nero?- chiese la prima delle sorelle.-Pensi che sia l'anima della famiglia?-

Valentina non sembrò ascoltare. Pensava ancora a Picasso… quando era piccolo era una peste, ma era così dolce e tenero che nessuno riusciva mai a sgridarlo. Come nessuno inveiva contro Spazzacamino, che si era stufato del nastro e tentava di arrampicarsi sul tavolo della cucina.

-Pensavo di averlo ucciso io, Picasso. Con le cipolle.- Giulia aveva saputo che Picasso non era morto per un'indigestione di cipolle, ma per i suoi croccantini… sembrava che il povero cane avesse un silente tumore da tempo e che una banale fretta nel mangiare il suo solito cibo fosse diventata fatale per il suo apparato digerente.

-Giulia, devi parlare con Francesco.- disse ad un certo punto Valentina.

-Lo so, si drogava quando stava con te e ti ha tradito. E' un idiota. Ma ti ama e finché non vi libererete l'uno dell'altra… non andrete più avanti. Vedi, tu sei una cozza, Giu.-

-Grazie!- esclamò la sorella, offesa.

-Oh, non nel senso della bellezza, lo sai. Be', certo, non sei bellissima, ma questo è un altro discorso.- Valentina liquidò l'argomento con la mano. -intendo dire che… ti attacchi a tutto, sei quasi asfissiante a volte. Nessuno mette in dubbio quello che hai fatto per Francesco, lui me ne ha parlato con riconoscenza profonda, ma nella sua voce c'era anche un che di… non so come spiegarlo, quasi sofferenza… il punto è che…-

-Vale, io non voglio sentirmi di nuovo ridicola. Ho avuto troppe delusioni, tutte in una volta… Alice era la mia migliore amica ed abbiamo litigato per Andrea, ti rendi conto? Francesco era una specie di ancora, ma è stato un fallimento. Quando sono entrata nella sua vita… forse non avrei dovuto intromettermi. Avrei dovuto lasciare che si curasse da solo, anche se quel concetto mi sembrava impossibile. Parliamo di droga, Vale. Dovresti stare attenta tu stessa. Voi ora state insieme?-

Valentina scosse la testa. -No, il tuo fantasma lo perseguita. Fra l'altro ha detto che teme papà. Penso ci sia sotto una vecchia minaccia… parlerai con lui? Ti serve, Giulia.-

Spazzacamino scese dal tavolo. Non era un ottimo arrampicatore. Anzi, era piuttosto imbranato per essere un gatto, anche se era un eccellente saltellatore; in pratica più che correre si muoveva come una molla.

-Gli parlerò.- disse Giulia dopo aver sospirato. Così anche lei avrebbe definitivamente messo una pietra sopra a quel vecchio, orribile ricordo.


Andrea aveva capito che prima di parlare con Chiara e Carola doveva affrontare Alice. Si sentiva in dovere di chiedere scusa a lei prima che alle altre donne a cui aveva mentito.

Quando se la vide davanti, dopo aver bussato alla porta, si sentì rivolgersi un'imprecazione del tipo:-"un altro?!- prima di poter iniziare a parlare. Lei lo invitò dentro, precedendolo nella camminata. Il ragazzo sorrise all'idea che non era cambiato nulla… tutto era identico, uguale a prima. C'erano i soliti quadri appesi, il divano dalla fantasia a fiori, il tappeto…

-Alice, ho fatto un casino.-

-Ne fate una miriade in quella famiglia.-

-Già, in effetti… senti, sto per sposarmi.-

Alice finse un sorriso. -Lo so, Valentina me l'ha detto.-

-Come sono le cose fra te e Valentina?- chiese Andrea, prima di riprendere il suo discorso. Alice si mise una mano sulla faccia e contorse il viso in un'espressione complicata, chiedendo al ragazzo si lasciare perdere quell'argomento. Pensava di essersi comportata male con Valentina, avendola illusa con un bacio… però aveva fatto capire quanto fossero distanti, quindi non era stata troppo cattiva. Cercava di convincersi che fosse così.

-Vedi io…- Andrea interruppe la sua frase. -Senti, posso chiederti una cosa? Ma come hai fatto ad innamorati di me?-

Alice fu presa alla sprovvista, nemmeno le fosse stata chiesta una riposta ad un quesito di fisica.

-Io, non lo so… cioè, lo so ma… perché me lo chiedi?-

Andrea sorrise in un'espressione confusa. -Perché io non mi amerei. Sono stato con te che eri la migliore amica di mia sorella, quasi fosse una sfida con lei, poi ti ho lasciato, mi sono messo con Chiara, dovevamo sposarsi e… me la sono di nuovo fatta con un'amica di mia sorella. Sai, ho ferito sia Giulia che Carola che Chiara… sono tre donne meravigliose. Giulia è dolce, Chiara è ambiziosa e Carola è grinta allo stato puro… io le ho ferite e mi sento… un verme?-

-Non hai ferito solo loro.- fece notare Alice.

-Giusto. I miei genitori, i genitori di Chiara…-

-Veramente parlavo di me.- Alice era seduta su una poltrona, mentre lui era sul divano. Erano di fronte ed Alice si avvicinò alla sua figura: -Tu hai ferito me, Andrea. Tu ti sei comportato come quello che non sei. Giulia diceva che eri una persona buona, invece sei stato orribile. Certo, non hai mai mentito, ma io ero innamorata, io avrei fatto qualunque cosa per te e mi hai lasciato, dicendomi semplicemente che "non potevi amarmi" e "è andata così".-

Andrea rise. -Ti prego, non obbligarmi a desiderare anche te.-

Alice rispose alla risata con la stessa espressione. -Tranquillo, non corri il pericolo di volermi.- aggiunse tristemente -non mi hai mai amata. Fa' niente, sul serio. Sono andata avanti.-

Andrea si avvicinò e la baciò, per poi staccarsi e dire -aspetta, lascia che almeno con te con sia un bastardo. - e se ne andò.

Alice si ritrovò sola, sentendosi ridicola, patetica e di nuovo presa in giro. Le venne alla gola un tremendo nodo di rabbia, attenuato solo dal sapore di Andrea che aveva ancora in bocca.


Andrea si diresse immediatamente ad affrontare le due situazioni più complicate della sua vita. La prima meta che scelse di raggiungere fu la sede della sfilata a cui Carola partecipava. Quando riuscì ad intrufolarsi nel back-stage, la Leonessa lo guardò con una nuova aria.

Nella confusione nessuno si accorse di loro, quindi Carola poté tranquillamente avvicinarsi a lui con un'espressione schifata, che era normale per lei, in silenzio.

Andrea la guardò e le disse che gli dispiaceva, che sapeva di essersi comportato male, di essere stato meritevole di ogni insulto.

Carola lo guardò e si pronunciò: -Giulia aveva ragione. Avresti scelto Chiara.-

-No, sbagliava. Non ho scelto Chiara. E non posso scegliere nemmeno te e se tornassi indietro, non rifarei quello che ho fatto, ma capisco che siano solo parole… Carola, su una cosa Giulia ha sempre avuto ragione. Tu sei la Leonessa. Non puoi abbassarti a stare con gente che non ti merita, non puoi, non è da te. Non sei la seconda scelta, lascia che te lo dica.-

-Da te è una frase ipocrita.- rispose severamente.

-No, se ci pensi non lo è. Perché mi hai fatto capire che non posso sceglierti. Hai dentro qualcosa che ti impedisce di essere la seconda scelta… è un concetto astruso, ma è vero. Tu meriti qualcuno che sia grintoso e forte almeno tanto quanto lo sei tu.- Carola si sentì rinvigorita da quelle parole. Per lo meno, sarebbe rimasta l'amante. Aveva perso, ma era un bella sconfitta. Il dolore della delusione era ricambiato dalla certezza di essere nuovamente quella che era e che era felice di essere.

-Cinque minuti, mancano cinque minuti! Carola, te la senti di aprire? Se cadi di nuovo sei licenziata, ospedale o meno! Non mi interessa!- urlò lo stilista, nel panico.

Carola diede le spalle ad Andrea e quando fu il suo momento, la Leonessa uscì esibendo tutto il suo carattere, la sua energia, la vitalità della belva che fiera sa di essere la migliore. La pi bella camminata della sua vita non sembrava nata nel giorno in cui era stata lasciata dalla scoperta dell'amore, ma fu esemplare e grintosa come non mai. Quando rientrò nel backstage, in mezzo alla confusione vide ancora Andrea che, guardandola, sorrise lentamente. Lei ricambiò, senza doppi fini, senza illusioni o intrighi, ma solo con la forza della serenità. Carola era tornata a splendere ed aveva assorbito tutto quello che la passerella aveva potuto darle. Si tolse velocemente il vestito e si infilò i suoi jeans, la maglietta e le sue scomode ballerine. Non si levò nemmeno il trucco prima di uscire, non pensò neanche a disfarsi quell'intricata pettinatura che aveva in testa. Prese sotto braccio Andrea e gli chiese di offrire da bere. Dovevano festeggiare la stagione di caccia finita per la Leonessa, che ora avrebbe cambiato mestiere.

Carola aveva ottenuto tutto in quella camminata, che sarebbe rimasta per anni un punto di riferimento, un modello da emulare, per le future indossatrici. Magari Carola si sarebbe data al cinema americano. Aveva il fisico giusto, la bellezza di un'attrice e le doti di un talento. Non le mancava nulla per diventare la Leonessa anche in quel campo.


Dopo aver bevuto una birra con Carola, Andrea andò da Chiara. Fu difficile affrontarla, perché la sposa continuava ad urlare, piangere, gridare e lanciare oggetti. Intervennero anche i genitori di lei contro Andrea, che non si giustificò mai, sebbene ne avesse i motivi, ma si limitò a chiedere scusa ed a dire che non poteva sposarla. Non era innamorato, ecco tutto, non fino a quel punto.

Chiara mise di lanciargli addosso di tutto. In fondo lo sapeva, l'aveva sempre saputo. Non poteva continuare ad illudersi. Chiara lo cacciò via con rabbia ed Andrea non la biasimò. Non si aspettava certo di essere improvvisamente scusato e perdonato, anzi, sapeva di essere stato pessimo nel comportamento, ma non si pentì di essere andato da Chiara, anche se alla fine non aveva concluso molto; la ragazza si meritava almeno quello. L'aveva delusa, umiliata e fatta soffrire e pensò a quanto la vita fosse irrisoria e canzonatoria. Mentre era al volante, pronto per andare a casa di una donna che amava davvero, si chiese perché ci fosse un ciclo continuo nell'amore, che aveva forse a che fare con il karma. Sua sorella Giulia era fissata con tutte quelle pratiche da animisti, o indù o robe del genere… non aveva mai letto un libro in proposito, il che era buffo per un librario.

Andrea realizzò di aver ferito in passato Alice, di essere stato ferito dall'irruenza di Chiara, di aver ferito Carola (ma di avervi in qualche modo rimediato) e… concluso che stava andando dall'unica delle tre donne a cui non aveva cercato di rimediare al dolore che aveva causato. Con Chiara la delusione era stata, secondo lui, alla pari. Carola era uscita meglio di quando fosse entrata nella sua vita; prima di prendere parte alla vita di Andrea non era ami stata così meravigliosa.

Solo Alice non aveva ancora avuto un felice esito. Lo ebbe però quando lui le chiese di andare a vivere insieme e lei accettò, incredula. Non rispose in realtà subito di sì, perché non voleva nuovamente imbarcarsi in una ferita così profonda, impetuoso ed impietosa. Però Alice era vittima dell'amore, era traviata dalla forza della passione e non riuscì a dire di no. Il loro bacio fu qualcosa di profondo, di speciale, una sensazione bellissima che Andrea non assaporava da parecchio tempo. Il ragazza l'abbracciò, finalmente felice.


Giulia andò da Francesco una mattina calda ed afosa. Era una giornata perfetta per chiarire tutto quello che non era mai stato risolto. il cielo era senza nuvole, senza interferenze, insomma monotono. Non c'era alcuna parvenza di vento o pioggia, c'era solo un sole luminoso insidiato nel cielo. Giulia stabilì che il sole era una creatura decisamente egocentrica; se ne stava là, giornate intere ad essere il protagonista di un quadro immenso ed eterno… Giulia smise di tergiversare e bussò alla porta di Francesco. Il ragazzo non riusciva a credere ai suoi occhi; Giulia era là, davvero, in carne ed ossa. Giulia iniziò a parlare con chiarezza, decisa, sfogando tutta la sua rabbia repressa.

Francesco l'ascoltò, interrompendola per ringraziarla di avergli permesso di uscire dalla dipendenza della droga, e dicendole che era veramente e profondamente innamorato di lei.

-Tu non sei innamorato di me. Sei innamorato della ragazza che ti ha salvato, che si è preoccupata per te… io con te non mi sono mai comportata come la vera Giulia. Ero troppo occupata a cercare di aiutarti per essere me. Ho interpretato la crocerossina, che è un tratto della mia personalità, lo ammetto, ma alla fine cosa sai di me?-

- Che sei pura, sei angelica…-

-Mi vedi come un angelo!- esclamò divertita la ragazza -Solo perché con te lo sono stata. Ma non sono veramente una creatura così paradisiaca.-

Giulia lo abbracciò e fu un lungo momento di intesa. Quando si staccò, Francesco la guardò e le disse, con convinzione: -Chiunque tu sia stata, grazie per esserlo stata.-

Giulia se andò, quasi commossa. Sì, partire era un'ottima idea. Aveva proprio bisogno di staccare.

Prima si salire in macchina, però, si voltò l'ultima volta a guardare Francesco. Per lui aveva interrotto la pena che si era imposta, dei disturbi alimentari. L'adolescenza era stata un periodo pessimo. In qualche modo Francesco l'aveva resa più sopportabile.


Carola non se la sentiva di rimanere. Quando una Leonessa abbandona il branco, deve in qualche modo scappare e trovare una nuova mandria su cui imporsi. Carola era una dominante, una ragazza determinata che aveva dimostrato di saper perdere, con un tocco di astiosa classe che non ammetteva ci fosse un'altra vincitrice, una che non fosse lei.

La modella voleva emigrare in America. Si sarebbe data al cinema o a qualcosa del genere, non lo sapeva nemmeno lei, ma tentare per tentare era meglio provare a vincere nel paese dei film.

Carola sorrise; il verbo "tentare" non le si addiceva. Lei non tentava, lei vinceva. Anche Andrea le aveva negato la corona di regina, poteva ottenerla da chiunque altro. Dal suo lavoro aveva già ricevuto un titolo morale onorevole, una bellissima ricompensa al suo lavoro, al suo sacrifico, alla sua voglia d'essere la migliore e di impegnarsi ogni secondo, in ogni momento, per essere la Leonessa che fiera cavalca le passerelle. Carola mise nella valigia un bracciale, un monile che aveva acquistato molto tempo prima. Era stato un regalo di una sua amica, tempo prima. Era bello, carino, portabile ed era il gioiello che indossava la sera in cui era uscita per la prima volta con Giulia.

Cosa fare con Giulia? Il pensiero della stagista si tuffò nella mente della modella.

Avvertirla? Be', non avrebbe potuto scappare così, senza motivo. Anche se soffriva per Andrea, doveva dimostrare che lei era invincibile.

Una lacrima le scivolò dalla pupilla. Carola si accorse che non piangeva per Andrea, ma per Giulia. Il male peggiore che il ragazzo le aveva causato era stato quello di allontanarla dalla sua migliore amica, dall'unica donna che si fosse dimostrata una persona seria, affidabile, leale e fedele. E l'aveva liquidata così, preferendo i finti sentimenti di un ragazzo indeciso alla gioia di non essere presa in giro, sottovalutata o invidiata; il sentimento di cui aveva bisogno, si rese conto, non era l'amore. Desiderava tornare indietro, essere la migliore amica di Giulia. Ma come fare adesso? Ora che tutto si era consumato… non c'era più molto da fare.

Carola si sentì addosso una vampata di caldo, poi all'improvviso freddo, i brividi e la sensazione orribile si sentirsi cadere, nel vuoto, nell'ombra e nel terrore di quello che sta per succedere e non si conosce.

Carola cadde nuovamente a terra, perdendosi.


Giacomo l'aveva vista piangere disperata e non era riuscito a cancellare quell'umanità che aveva scorto in lei. Gli era sembrata così vera, così fragile e delicata… per lui era sempre stata la sorella di Andrea, nulla di più e nulla di meno. Eppure era carina, in fin dei conti. Non capiva come molti potessero giudicare Valentina la più bella delle due; era troppo… persa. Invece Giulia era vera anche per questa ragione, per la componente caratteriale di purezza che possedeva. Giacomo era un ragazzo semplice, uno che nella purezza non aveva mai creduto. Una qualità troppo effimera, troppo distante dall'immaginario comune, così difficile da interpretare e da cogliere… eppure il pianto di Giulia era rimasto positivamente impresso nei suoi ricordi.

Non sapeva se contattarla. Era e sarebbe per sempre rimasta la sorella di Andrea… come poteva dimenticarsene così, all'improvviso?

Già, ma dimenticarsi di chi? Dimenticarsi del fatto che Giulia portava lo stesso cognome del suo migliore amico oppure dimenticare le sensazioni che quella ragazza gli aveva provocato?

Giacomo scosse la testa. Pensava di aver imparato dagli errori di Andrea quanto fossero fasulli gli amori istantanei. Non gli andava di peggiorare la situazione del suo amico, già così complicata… in realtà adesso sembrava andare tutto per il verso giusto. Andrea era tornato da Alice, la ragazza che tempo prima gli aveva fatto perdere la testa. No, forse era stato il contrario… Giacomo non se lo ricordava. Ai suoi occhi, Alice era stata simpatica, ma un po' troppo poco seria per i suoi gusti. Chiara era erotica ed invitante, mentre Carola era conturbante, in ogni momento.

Giacomo guardava Chiara, seduta di fronte a lui. Indossava un paio di occhiali scuri ed un vestito che non arrivava alle ginocchia. Al collo aveva una collana con un grande ciondolo.

Chiara lo guardò intensamente attraverso le lenti degli occhiali:" Non ho intenzione di perdere tempo, Giacomo. Quindi se hai altro da fare dimmelo subito."

La ragazza era stata molto più pragmatica di Carola, qualche settimana prima.

Giacomo guardò la tazza di caffè che aveva davanti. Sul fondo si erano depositati dei granelli di zucchero, che disegnavano una confusa e strana linea.

Giacomo iniziò a pensare a Giulia, concentrandosi intensamente su di lei. Si chiese quanto ne valesse la pena e quanto fosse giusto per Chiara ricevere una nuova delusione. Come se Andrea non fosse stato abbastanza. Il ragazzo però non si rendeva conto della sua arroganza e del suo ego; a Chiara, di lui, interessava ben poco. Voleva solo vendicarsi di Andrea, desiderare che soffrisse un po'. La giovane indossava gli occhiali anche perché nessuno potesse cogliere le sfumature del suo sguardo.

Ad un certo punto, senza un preciso e particolare motivo, Chiara decise di alzarsi. Non ne valeva la pena; che senso avrebbe avuto concedersi a Giacomo? Non le avrebbe di certo ridato Andrea. Andrea era andato, volatilizzato nel vuoto, scomparso… non le interessava nemmeno sapere se stesse ancora con quella modella, se avesse intenzione di costruirsi una vita con lei, di fare qualunque cosa… alzandosi, guardò Giacomo. Poi si voltò, capendo che della sua presenza non importava nemmeno al ragazzo con cui era stata seduta ad un tavolo fino a pochi minuti prima. Una lacrima le scivolò sulla guancia, rimanendo in parte coperta sotto la lente degli occhiali.

Camminava a passo spedito, sperando in un cambiamento. In fin dei conti, non tutto il mal vien per nuocere. Aveva imparato ad evitare chi non la meritava ed Andrea non la meritava in assoluto. Lei era bella, intelligente, ambiziosa, forte… era troppo per lui.

Mentre camminava, un tizio la fece quasi cadere e lei perse il controllo della sua borsetta, che finì sul pavimento. La ragazza si abbassò a raccogliere il lucidalabbra, uno specchietto ed un pacchetto di fazzoletti e si accorse che anche quel tipo aveva fatto lo stesso.

-Mi scusi, non mi ero minimamente accorto…. stavo messaggiando al telefono e… insomma, pardon!- disse l'ultima parola nel modo sbagliato e Chiara lo corresse con altezzosità. Lui le chiese come fosse sicura della pronuncia e lei spiegò brevemente di essere in parte francese.

Partì un elogio della cultura francese da parte del ragazzo che Chiara decretò avesse un bellissimo aspetto.

Dopo mezz'oretta erano usciti insieme e dopo otto mesi si sarebbero sposati.


Andrea non ci mise molto a trovare un appartamento, per di più vicino alla sua libreria. Alice amava quel posto. Si stava laureando e le faceva comodo che il suo compagno avesse avviato una propria attività; le dava un'idea di realizzazione.

Alice aveva portato con sé dei mobili che i suoi genitori non usavano e che avevano lasciato a marcire in cantina, così l'appartamento dei due ragazzi era un ammasso di colori e fantasie, ma nel complesso era carino. Stravagante, ma simpatico.

Andrea ed Alice erano finalmente soddisfatti, anche se Andrea ogni tanto era perplesso e si poneva domande sulla sua condotta. La cosa che lo preoccupava maggiormente era che nessuno aveva più avuto notizie di Carola… cosa le fosse successo era un mistero. Nemmeno da Giulia si era più fatta sentire.

Andrea aveva preso un cane, da tenere con Alice, visto che Spazzacamino era divenuto possesso di Giulia e Valentina.

L'animale era un husky, di razza, regalato dalla mamma del ragazzo che lo aveva acquistato in un allevamento conosciuto della zona.

Aveva un occhio azzurro ed uno grigio, era tenero e dolce. Quando lo portarono a casa, aveva a malapena tre mesi e scodinzolava in modo scoordinato, senza capire in che direzione muovere quella cosa che aveva attaccata sopra il sedere.

Era una femmina e l'avevano chiamata Alaska, in onore alla sua terra d'origine.

Inconsciamente, aveva scelto quel nome perché iniziava con la A. Non se rendevano conto, ma desideravano un'assonanza. In fin dei conti, Andrea era fatto così; da Alice aveva tentato di cambiare ed era andato con Chiara, la quale l'aveva deluso e lui aveva allora cercato conforto fra le braccia di una ragazza ugualmente ambiziosa, sebbene possedesse un carattere diverso, ovvero Carola.

Il percorso di Andrea era ricostruibile attraverso l'alfabeto. Desiderava cambiare, ma non riusciva e tornava sui suoi passi. Andrea rappresentava la dolcezza, la voglia di semplicità genuina ed Alice poteva soddisfare questa velleità, perché bastava guardarla per capire quanto fosse meraviglioso avere un abbraccio da lei, dalla sua personalità affettuosa ed amabile.

Alice non riuscì a rappacificarsi con Giulia. Quest'ultima si era resa conto che non aveva bisogno di condividere una nuova amicizia con suo fratello. L'aveva già fatto due volte e le aveva procurato solo guai.

Alice si laureò e dopo un anno era incinta. Insieme ad Andrea ebbe due figli, Alessandro ed Arianna. Mantenere le stesse lettere sembrava carino.

Una volta, Alice portò i suoi pargoli ed il marito ad una sfilata, perché una sua amica le aveva chiesto di parteciparvi.

Alessandro aveva cinque anni ed Arianna tre. Quest'ultima era bionda, con gli stessi occhi del suo papà e sebbene fosse piccina prometteva bene in fatto di bellezza.

Quando si alzò dalla sedia, guardò il suo papà in faccia e gli disse che lei da grande voleva essere una di quelle.

Andrea rise poi pensò automaticamente a Carola. Gli pareva ancora di vederla, ogni tanto. Quando pensava di non riuscire a compiere nulla di buono, quando si accorgeva che poteva dare di più, l'immagine della bellezza grintosa e magra di quella modella riecheggiava nella sua mente con lo stesso fastidio di una canzone stanata che si cerca invano di dimenticare, ma che resta là in agguato, pronta ad esplodere.

Andrea abbracciò la sua bambina e le disse che sperava vivamente che se avesse scelto di diventare una modella avrebbe preso la forza, la grinta e la spavalderia di una grande Leonessa. Avrebbe voluto aggiungere: che in nome dell'amore abbandonò tutto.


Valentina aveva vinto. Francesco era stato definitivamente lasciato da Giulia e non gli rimaneva nessuno all'infuori di lei. Principalmente la loro era una relazione fisica, ma c'era una certa intesa psicologica non indifferente.

Valentina riusciva ad avvinghiarsi al ragazzo con un'energia ed una malizia tale da indurlo a fare tutto quello che lei desiderava. Francesco era argilla e la ceramista era una bella ragazza con un facchino ingenuo.

-Adesso mi ami?- chiese con innocenza costruita mentre la giovane mentre fissava la sua conquista.

-Tu?-

-Io sì.- rispose Valentina con una sorprendente convinzione.

-I tuoi ti odieranno.-

-Non mi importa.-

-Cercheranno di separarci.-

-Avremo la meglio.-

-Vale…-

-Non capisci?- Valentina sorrideva solare. -Io ti amo.-

-Dicevi lo stesso di Alice.- le fece notare il ragazzo.

-Ed era vero.- Valentina scrollò le spalle. -ma adesso amo te. Cosa c'è di strano? All'inizio ti piacevo.-

La ragazza si ritrasse.

-E mi piaci ancora.-

La giovane si voltò. -Ti piaccio?- chiese -nient'altro?- la sua voce era delusa e risentita.

Lui la guardò, fissando le sue iridi. Le si avvicinò e la baciò a lungo, senza interferire con gesti, con abbracci o carezze. Fece in modo che lei sentisse solo il contatto delle loro labbra finchè non ne furono entrambi sazi.

-Ti amo, Valentina. Ti amo.-


Giulia partì non appena sentì che in Italia, nella sua città, nella sua casa non aveva nulla o nessuno che potesse farla crescere più di quanto non fosse già cresciuta da sola negli ultimi tempi.

Londra era bellissima dal finestrino; certo, non era molto poetica. C'erano tracce di inquinamento ovunque, c'era il Tamigi che pareva implorare pietà ma c'era anche una strana magia che riusciva a cogliere.

Londra era meravigliosa nel suo interno, nelle dinamiche quotidiane, nella riservatezza dei suoi cittadini e nella dedizione al lavoro.

Prima di entrare nella casa che avrebbe condiviso con altre tre ragazze, Giulia trasse un sospiro di sollievo. Aveva paura, certo, ma non vedeva l'ora di ricominciare.

Quando aprì la porta, stava per produrre un suono simpatico che si trasformò in un acuto quando davanti a sé si vide l'immagine di Giacomo.

-Cosa ci fai qui?-

-Sapevi che arrivi prima se voli con la British? Tu con chi hai volato?-

-Lufthansa…- rispose incredula Giulia. Non riusciva a concepire di averselo davanti.

-Ah, ecco.- A Giacomo tremavano appena le mani.

Giulia scosse la testa. -Giacomo…. cosa ci fai qua?-

-Io? Oh, un giro...-

-A casa mia?-

-E che c'è di strano?-

-A Londra?!-

-Avevo bisogno di un po' d'aria...-

-Giacomo… ti hanno mandato i miei?-

Giacomo rise e si grattò dietro alla testa. -No, non mi hanno mandato i tuoi.-

Non sapeva davvero come parlarle, come spiegarle quello che provava e che sentiva per lei. L'amava, ma come dirglielo? Ci avrebbe creduto? Erano successe così tante cose… mai avrebbe pensato di innamorarsi di una donna vedendola piangere per la morte di un cane.

Giacomo le si avvicinò, mostrando la parte più vulnerabile ed intima del suo carattere. Sembrava sul punto di balbettare.

-Giulia… io penso di essermi innamorato di te.-

Le prese il viso fra le mani. Lei se ne stava là, incredula, incapace di formulare il minimo pensiero… quello era Giacomo, si disse. L'aveva odiato per anni solo perché era il migliore amico di suo fratello. Forse non sapeva nemmeno leggere. Insomma, non sembrava un granché.

-Sai leggere?- le venne automatico chiedergli prima che potesse baciarla.

-Come scusa?-

-Perché se non sai leggere… non penso che abbiamo qualcosa in comune.-

-Sì, so leggere.- rispose Giacomo stranito.

-Sì, ma sai leggere e leggi o sai leggere e basta? Perché a volte è peggio avere un talento e non usarlo che non non averlo e non poterlo quindi usare… tu leggi?-

-Sì, leggo.- Giacomo staccò le mani dal suo volto sorridendo.

-Ma sei sicuro?-

-Sì, sono sicuro.- Giacomo sussurrava. Giulia aveva le farfalle nello stomaco. Si sentiva vulnerabile.

-Perché in nessun libro ho letto di uno che arriva in Inghilterra dalla sorella del suo migliore amico.-

-No, ma mi è capitato di leggere di chi va dalla donna che ama… anche attraversando uno stato.-

-Ah sì, chi?- chiese la ragazza in attesa di una qualunque spiegazione.

-In "Pomodori Verdi Fritti" Idgie va da Ruth, in Georgia.-

-Hai letto quel libro?- mormorò la ragazza. Il giovane annuì e si avvicinò nuovamente. Giulia pensò che forse non era così male.

-Giacomo se mi stai prendendo in giro... -

-…non lo sto facendo, sul serio. Mi sono innamorato di te mentre piangevi per Picasso. E sii sincera… provavi qualcosa per me. Altrimenti non mi avresti chiamato.-

-Cosa… io… non avevo altri… insomma è…- Giulia stava arrossendo.

Andrea le si avvicinò e lei lo interruppe di nuovo.

-Adesso pensi che tornerò indietro con te? Perché...-

-… ho finto di essere tre ragazze inglesi affinché tu venissi qua.-

-Cosa?!?!? Come hai fatto?-

-Diciamo che devo un favore a Francesco e Valentina.-

Giulia sorrise e finalmente baciò Giacomo.

Qualche anno dopo, lei aprì una boutique di moda e si affermò come stilista teatrale. Lavorava benissimo, era una donna in gamba, era realizzata e non era sola.

Giacomo invece divenne un grande economista, che lavorava in una azienda dal grande coinvolgimento mondiale.

A trenta e trentun abbi ebbero un bambino. Solo che non lo chiamarono con un nome con la G, perché loro due adoravano il cambiamento. Se non fosse stato per esso, non sarebbero mai stati capaci di amarsi con tenerezza e lealtà come facevano ormai da anni e non sarebbero andati a vivere a Londra, a cercare quell'amore che avrebbero potuto avere anche nella loro città Natale. Ma quello che trovarono a Londra, fu qualcosa di più, fu una gioia di vivere che solo lì potevano trovare, come se qualcuno l'avesse appositamente nascosta nel Tamigi per loro.

Il loro bambino si chiamò Matthew ed il secondo Edward.

Ma a parte questo, Giulia ricordava un giorno in particolare, prima che la sua vita ricominciasse a Londra.

Qualche tempo prima, camminava fra le lapidi ed i loculi e le sembrava di percepire nell'aria l'odore del fumo, della stoffa nuova e della lacca per capelli…

Ad un certo punto si fermò ed alzò una mano, per toccare una foto.

Sapeva che le foto non rendevano giustizia a Carola. Era troppo bella, troppo grintosa e selvaggia perché quelli occhi rimanessero fermi e felini anche sulla carta stampata.

Le scese una lacrima ma qualcuno le toccò una spalla. Quando si voltò, vide una donna invecchiata da come se la ricordava, ma con i capelli ancora ricci e l'eleganza di chi ce l'ha e non la perde con il tempo.

-Catherine!- salutò stupita.

-Mi fa piacere sapere che qualcuno non si è dimenticato della Leonessa, Julia.-

-Mi manca da impazzire.-

Catherine sorrise con amarezza. -Vorrei essermi comportata diversamente… vorrei aver potuto evitare tutto questo. Ma non ho potuto, non hai potuto neppure tu… nessuno ha potuto.- parlava con un accento francese ancora marcato e con un melodramma non costruito.

-Mi hanno detto come è andata, me l'hanno raccontato i suoi genitori. Mi hanno detto che l'ha fatto per me. Io ero a Londra quando è successo. Lo sa, a volte questo peso mi schiaccia. Ho paura che mi uccida, spesso. E' forte, è un dolore lancinante… una qualcosa che non sarò mai in grado espellere.-

Si voltò verso la tomba. -A volte vorrei che fosse ancora viva solo per dirle quanto mi ha fatto male. Ma altre volte penso che non abbia più importanza. Mi amava. Mi amava come si ama un'amica, o forse di più… ma era amore sincero, disinteressato ed ha temuto di perderlo… invece io ero lì…-

Giulia si rifugiò fra le braccia di chi aveva conosciuto Carola e capiva che perdita fosse.

Poi Catherine si staccò, le asciugò le lacrime e tirò fuori dalla borsa un pezzo di plastica appallottolato.

Lo diede alla ragazza dicendole che l'aveva ottenuto dai genitori della modella, che si erano ormai trasferiti in un posto lontano e volevano che Giulia avesse quell'oggetto.

La ragazza lo guardò e lo aprì. Le scappò da ridere e pensò a quanto la situazione fosse ironica. Carola le aveva lasciato il sacchetto di patatine, l'oggetto che aveva rotto l'equilibrio di quattro famiglie, che aveva mutato sentimenti, aveva fatto sì che una modella anoressica venisse notata da uno sposo indeciso e che si alternassero in generale sentimenti di lealtà ed odio.

Fannie Flagg scrisse di non dimenticarsi mai che esistono persone vestite da veri e proprio angeli, persone capaci di grandi sentimenti, ma quello che pochi si aspettano è che esistono leonesse vestite da ragazze che si muovono come l'istinto ordina e combattono finché non c'è una valida ragione per perdere.

Carola pensava di aver trovato una ragione per smettere di lottare contro se stessa, abbandonandosi all'amore per Andrea, ma non aveva frainteso ciò che il suo cuore le ordinava. Per una donna abituata a cedere solo ai comandi incontestabili dell'istinto, era difficile interpretare ciò che il proprio cuore provava.

Carola avrebbe dovuto smettere di dichiararsi guerra per Giulia, non per Andrea. L'aveva finalmente capito quando il ragazzo l'aveva lasciata e l'aveva intuito ancora prima, quando era in ospedale e quando era caduta sulla passerella. Una volta che aveva compreso quanto doveva fare, tutto le si schiarì e percorse la passerella con gioia e sollievo, con l'entusiasmo che non pensava di poter mai provare. La felicità di sapere finalmente chi si ama e per chi si vuole morire.

Giulia non era per lei; il loro rapporto era un perverso gioco della natura, un terribile sbaglio, una forza oscura che fa innamorare di chi ama uomini chi non ha ancora capito cosa ci faccia al mondo.

Carola aveva bevuto una birra con Andrea. Quella fu l'ultima cosa che inghiottì e ne fu stranita. Per anni aveva limitato la quantità di materiale ingerito, sempre per la sua malata smania di guerra contro se stessa. Quando il bicchiere finì, si saldò nella sua mente il pensiero che anche lei doveva finire.

A casa finse di dover viaggiare, per raggiungere l'America, forse. Si chiese cosa si sarebbe portata all'aldilà. Non aveva importanza, era sicura che avrebbe avuto tutto quello di cui aveva bisogno.

Carola aprì il cassetto delle medicine. C'erano diverse scatole, alcune bianche, altre colorate, che sua madre teneva rigorosamente separate ed ordinate secondo la necessità.

Carola prese una decina di scatole, senza guardare i nomi dei farmaci che aveva davanti.

Prima di commettere l'atto della propria morte, tirò fuori il sacchetto di patatine che l'aveva ingannata, che aveva conquistato Andrea facendo perdere a lei la retta via.

Carola lisciò la confezione e la lasciò sul tavolo. Poi iniziò a masticare diverse pasticche ed andò avanti finché un dolore lanciante non la colpì al petto e si sentì crollare. Cadeva gemendo e il suo ultimo movimento fu una convulsa e sofferente richiesta di un abbraccio di Giulia.



















  
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