Lo so, il titolo della storia no c'entra assolutamente nulla con la vicenda del capitolo. Se tutto va bene, però, prometto che ci sarà la scena delle patatine.
Le recensioni sono molto gradite! Spero non sia la solita pappardella smielata.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
La donna che abbracciò Giulia era una madre toccata e
commossa dalla morte del suo cane e sofferente per quello che aveva
capito essere il comportamento inadeguato, immorale e del tutto
incomprensibile del figlio.
Mentre la sua piccola affrontava da sola la morte di Picasso, lei era ad un'ennesima sgradevole cena con i futuri consuoceri.
Andrea era elegantissimo ed aveva migliorato perfino il
comportamento a tavola, mentre cingeva Chiara con una inusuale
delicatezza e le mormorava qualcosa all'orecchio.
Ad un certo punto della serata, era entrata nella scena una modella
la cui rabbia era paragonabile alla furia di una leonessa a cui non
è riconosciuto il titolo di regina del branco.
Carola aveva citofonato, aveva chiesto di Andrea ed era entrata quasi correndo, piuttosto decisa.
-Ciao a tutti. Io sono la Leonessa, una delle migliori modelle sul
mercato.- proclamò a gran voce di fronte ad una tavolata ed ad
un Andrea sbigottito. -Sono andata a letto con Andrea. Un sacco di
volte. Lui dice che gli servo per essere felice ed a me lui piace. Lo
fa da Dio.- disse mirando alla sposa, che urlò contro il
fidanzato. Tutti non sapevano come reagire, tranne Catherine che con il
suo caratteristico accento francese guardò la modella ed
inveì contro di lei.
Carola, riconoscendola, fu presa da un impeto di ira, che la portò a rompere il vaso di vetro sul tavolo.
Anne-Louise si mise a gridare e minacciò di denunciarla, al
che Carola rispose: -Fate pagare ad Andrea. Lui vuole me. Non vuole
vostra figlia, vuole me.- stava quasi piangendo, mentre Chiara aveva
già iniziato. Era una situazione di pieno caso, dove nessuno
sapeva come reagire. Andrea non disse nulla, sentendosi incapace di
formulare una frase sensata. Non aveva giustificazioni, così si
alzò e prese la modella per i fianchi, cercando di portarla
fuori, mentre questa iniziò a piangere sommessamente. Quando
Andrea la portò fuori dalla casa, la modella iniziò a
colpirlo con dei pugnetti sul petto, finché non si fu sfogata
appieno e rimase immobile.
-Andrea, io ti amo. Ti amo, ti amo e non posso stare senza di te.
Non posso, Andrea, non posso.- L'ultima frase fu pronunciata con un
sussurro di debolezza mista a paura.
Carola non si era aperta mai così tanto con un ragazzo, mai
aveva pensato di potersi gettare via così, in nome di qualcuno
di cui non conosceva le intenzioni. Era molle davanti a lui, non
riuscendo a stare in piedi si gettava convulsamente fra le sue braccia
nel vano tentativo di ricevere un abbraccio o una parola di conforto.
Andrea le accarezzò dolcemente il viso, sentendo il calore
della rabbia che straripava da ogni angolo del corpo della modella.
Marzia arrivò all'improvviso fuori dalla casa, urlando con
veemenza. Avvicinandosi al figlio, gli mollò uno schiaffo e ci
mancò poco che non stampasse l'impronta delle sue cinque dita
anche sulla pelle della Leonessa.
Andrea lasciò all'improvviso la ragazza, che per poco non
cadde, dirigendosi verso la madre che si allontanava. Le implorava
aiuto, perché non sapeva cosa fare.
Poi uscirono anche Catherine, che continuava ad urlare contro
Carola, Chiara ed i suoi genitori. In particolare la sposa si diresse
verso il fidanzato e gli sganciò un pungo violento sull'occhio.
Aveva lacrime di nervosismo e frustrazione agli occhi ed urlava contro
di lui in diverse lingue, fra le quali il ragazzo riuscì a
distinguere insulti, oltre che in italiano, anche in francese e forse
anche in inglese.
In quel momento, il cellulare di Marzia squillò e lei si affrettò a rispondere.
Quando mise giù la telefonata, stava piangendo.
Chiamò il marito ed andarono via, senza fornire spiegazioni
nemmeno al figlio.
Catherine guardò Carola con aria di sfida. -Sei felice ora?- le chiese.
La modella non rispose. -Guardalo, non sta correndo dietro te.-
glielo disse indicandogli Andrea che tentava di parlare con Chiara.
-Prima è venuto da me; ha soccorso me.-
-Perché voleva salvarsi, in qualche modo. Sei la Leonessa
sulla passerella, ma nella vita reale sei una specie di…
di… sei una preda, una preda facile ed ingenua.-
Francesco baciò Valentina con trasporto, prima di iniziare a
fare del sesso consolatorio per entrambi, ma aggiunse
involontariamente, a quel sapore dolce della voglia di amore, un
pesante senso di colpa che non riusciva a scaricare.
Valentina non si preoccupò di chiedergli cosa non andasse.
Perché in fondo avrebbe dovuto? Non le interessava sapere quanto
lui fosse innamorato di lei, perché sapeva già in
partenza che la risposta sarebbe stato… zero. Francesco era
cotto di Giulia in ogni bacio, ogni carezza ed ogni desiderio.
Valentina si domandava perché non si desse una svegliata e non
corresse dietro alla donna che veramente amava, ma si rispondeva che il
ragazzo aveva paura. Sua sorella, in effetti, incuteva timore. Troppo
pensierosa, profonda ed impegnativa per il genere maschile. Francesco
non era poi tanto diverso dagli "altri": stava mentendo a se stesso ed
a Valentina, anche sei se n'era sempre accorta e la cosa le andava
bene.
-Come va con Alice?- sussurrò ad un certo punto Francesco.
-Non va. Mi ha baciato e mi ha detto di andare. Quello non era un bacio… era perfino peggio di te.-
-Cosa intendi con "peggio di te"?-
-Che almeno tu fingi. Lei invece voleva dimostrarmi che avevo
torto. Ed aveva ragione, forse… non lo so. Sai, l'amore è
un casino.-
Francesco si tirò su, portando il suo viso alla stessa
altezza di Valentina. Le guardò bene per la prima volta gli
occhi e ci vide un senso di sconfitta interessante. Era bellissima.
Francesco le accarezzò il viso e si rese conto che doveva
smettere di essere così codardo. Giulia era la donna più
sensazionale che mai avesse conosciuto e quel ricordo, quell'immagine
di purezza, intelligenza e poesia lo tormentava, impedendogli di andare
avanti e scoprire tratti di nuove persone. Valentina lo intrigava,
l'aveva interessato dall'inizio, quando era caduta dalla bicicletta con
aria sognante. Francesco si sentiva in colpa per averla bruciata
così, per non essersi interessato alla sua persona interiore, a
quello che stava dentro alla bellezza splendida ed all'espressione da
eterna bambina. Valentina non era stupida, questo l'aveva dimostrato, e
non era nemmeno ingenua, come aveva brillantemente fatto capire lei
stessa. Ma che altro era?
Francesco l'abbracciò, per la prima volta con vero affetto.
Valentina non aveva annientato Francesco con il sesso, ma un
complicato gioco psicologico che stava vincendo. La ragazza aveva
ricavato da un limone una limonata. Se con Alice non era andata e stava
soffrendo una piccola delusione, almeno avrebbe potuto riscattarsi con
Francesco.
La morte di Picasso segnò un intervallo di sofferenza per tutti
e cinque. Tutti gli volevano bene, era un membro onorario e quasi
fondatore del nucleo familiare.
Giulia aveva fra le mani Spazzacamino, il gatto che Chiara aveva
quasi lanciato dietro ad Andrea. Quasi, perché comunque il
piccolo era un cucciolo e questi dolci creature traggono la tenerezza
da tutti, anche nei momenti in cui si è più arrabbiati e
tristi. Questo è il loro compito, è una sorta di legge
non scritta della natura.
Infatti, nel momento di tristezza per la morte di Picasso,
Spazzacamino ebbe un ruolo di fondamentale importanza; scorrazzava in
lungo e in largo per la nuova casa (prima se ne stava da Chiara),
giocando con qualsiasi cosa gli capitasse a tiro. Guardarlo divertirsi
e partecipare ai suoi giochi era meglio che guardare la televisione.
Giulia lo adorava, anche se aveva tentato di non affezionarsi
perché non sapeva quanto sarebbe rimasto, nel caso in cui suo
fratello e Chiara avessero fatto pace. In realtà Giulia era
certa che avrebbero fatto pace, semplicemente non sapeva quando sarebbe
successo.
Dopo la morte di Picasso, aveva chiamato Carola, che le era apparsa
delusa, triste ed indifesa. Tutta la sua grinta non era era venuta
fuori nella voce che aveva nella telefonata, era sembrata quasi
esausta.
Si erano promesse di vedersi preso, appena Carola avesse riavuto un
minimo di sosta da tutte le sfilate nel contratto. Finite quelle,
diceva che avrebbe ripreso a mangiare normalmente, ma in cuor suo
aveva paura di perdere l'arma letale da passerella del suo fisico magro
e perfetto per il lavoro di manichino umano.
Giulia era seduta sul pavimento e di fronte a lei c'era Valentina.
In mezzo alle due, Spazzacamino saltellava per afferrare un nastro che
cadeva dalle dita di Giulia.
-Oddio, guardalo Vale! Non è carino?-
-Carino da impazzire! Certo che Chiara ha gusto in fatto di gatti.
Guardalo, sembra davvero uno spazzacamino! Così nero! Sembra
fuliggine!-
-Chissà perché non l'hanno chiamato Fuliggine!?!?!?-
-Giulia, stai parlando di Andrea, hai presente? Fosse per lui, Picasso si sarebbe chiamato… cane nero.-
-Ah ah, è vero.- Giulia sospirò. -Sai, mi manca Picasso.-
-Manca anche a me.-
-Ti rendi conto che nella nostra famiglia c'è sempre un
animale nero?- chiese la prima delle sorelle.-Pensi che sia l'anima
della famiglia?-
Valentina non sembrò ascoltare. Pensava ancora a
Picasso… quando era piccolo era una peste, ma era così
dolce e tenero che nessuno riusciva mai a sgridarlo. Come nessuno
inveiva contro Spazzacamino, che si era stufato del nastro e tentava di
arrampicarsi sul tavolo della cucina.
-Pensavo di averlo ucciso io, Picasso. Con le cipolle.- Giulia
aveva saputo che Picasso non era morto per un'indigestione di cipolle,
ma per i suoi croccantini… sembrava che il povero cane avesse un
silente tumore da tempo e che una banale fretta nel mangiare il suo
solito cibo fosse diventata fatale per il suo apparato digerente.
-Giulia, devi parlare con Francesco.- disse ad un certo punto Valentina.
-Lo so, si drogava quando stava con te e ti ha tradito. E' un
idiota. Ma ti ama e finché non vi libererete l'uno
dell'altra… non andrete più avanti. Vedi, tu sei una
cozza, Giu.-
-Grazie!- esclamò la sorella, offesa.
-Oh, non nel senso della bellezza, lo sai. Be', certo, non sei
bellissima, ma questo è un altro discorso.- Valentina
liquidò l'argomento con la mano. -intendo dire che… ti
attacchi a tutto, sei quasi asfissiante a volte. Nessuno mette in
dubbio quello che hai fatto per Francesco, lui me ne ha parlato con
riconoscenza profonda, ma nella sua voce c'era anche un che di…
non so come spiegarlo, quasi sofferenza… il punto è
che…-
-Vale, io non voglio sentirmi di nuovo ridicola. Ho avuto troppe
delusioni, tutte in una volta… Alice era la mia migliore amica
ed abbiamo litigato per Andrea, ti rendi conto? Francesco era una
specie di ancora, ma è stato un fallimento. Quando sono entrata
nella sua vita… forse non avrei dovuto intromettermi. Avrei
dovuto lasciare che si curasse da solo, anche se quel concetto mi
sembrava impossibile. Parliamo di droga, Vale. Dovresti stare attenta
tu stessa. Voi ora state insieme?-
Valentina scosse la testa. -No, il tuo fantasma lo perseguita. Fra
l'altro ha detto che teme papà. Penso ci sia sotto una vecchia
minaccia… parlerai con lui? Ti serve, Giulia.-
Spazzacamino scese dal tavolo. Non era un ottimo arrampicatore.
Anzi, era piuttosto imbranato per essere un gatto, anche se era un
eccellente saltellatore; in pratica più che correre si muoveva
come una molla.
-Gli parlerò.- disse Giulia dopo aver sospirato. Così
anche lei avrebbe definitivamente messo una pietra sopra a quel
vecchio, orribile ricordo.
Andrea aveva capito che prima di parlare con Chiara e Carola doveva
affrontare Alice. Si sentiva in dovere di chiedere scusa a lei prima
che alle altre donne a cui aveva mentito.
Quando se la vide davanti, dopo aver bussato alla porta, si
sentì rivolgersi un'imprecazione del tipo:-"un altro?!- prima di
poter iniziare a parlare. Lei lo invitò dentro, precedendolo
nella camminata. Il ragazzo sorrise all'idea che non era cambiato
nulla… tutto era identico, uguale a prima. C'erano i soliti
quadri appesi, il divano dalla fantasia a fiori, il tappeto…
-Alice, ho fatto un casino.-
-Ne fate una miriade in quella famiglia.-
-Già, in effetti… senti, sto per sposarmi.-
Alice finse un sorriso. -Lo so, Valentina me l'ha detto.-
-Come sono le cose fra te e Valentina?- chiese Andrea, prima di
riprendere il suo discorso. Alice si mise una mano sulla faccia e
contorse il viso in un'espressione complicata, chiedendo al ragazzo si
lasciare perdere quell'argomento. Pensava di essersi comportata male
con Valentina, avendola illusa con un bacio… però aveva
fatto capire quanto fossero distanti, quindi non era stata troppo
cattiva. Cercava di convincersi che fosse così.
-Vedi io…- Andrea interruppe la sua frase. -Senti, posso chiederti una cosa? Ma come hai fatto ad innamorati di me?-
Alice fu presa alla sprovvista, nemmeno le fosse stata chiesta una riposta ad un quesito di fisica.
-Io, non lo so… cioè, lo so ma… perché me lo chiedi?-
Andrea sorrise in un'espressione confusa. -Perché io non mi
amerei. Sono stato con te che eri la migliore amica di mia sorella,
quasi fosse una sfida con lei, poi ti ho lasciato, mi sono messo con
Chiara, dovevamo sposarsi e… me la sono di nuovo fatta con
un'amica di mia sorella. Sai, ho ferito sia Giulia che Carola che
Chiara… sono tre donne meravigliose. Giulia è dolce,
Chiara è ambiziosa e Carola è grinta allo stato
puro… io le ho ferite e mi sento… un verme?-
-Non hai ferito solo loro.- fece notare Alice.
-Giusto. I miei genitori, i genitori di Chiara…-
-Veramente parlavo di me.- Alice era seduta su una poltrona, mentre
lui era sul divano. Erano di fronte ed Alice si avvicinò alla
sua figura: -Tu hai ferito me, Andrea. Tu ti sei comportato come quello
che non sei. Giulia diceva che eri una persona buona, invece sei stato
orribile. Certo, non hai mai mentito, ma io ero innamorata, io avrei
fatto qualunque cosa per te e mi hai lasciato, dicendomi semplicemente
che "non potevi amarmi" e "è andata così".-
Andrea rise. -Ti prego, non obbligarmi a desiderare anche te.-
Alice rispose alla risata con la stessa espressione. -Tranquillo,
non corri il pericolo di volermi.- aggiunse tristemente -non mi hai mai
amata. Fa' niente, sul serio. Sono andata avanti.-
Andrea si avvicinò e la baciò, per poi staccarsi e
dire -aspetta, lascia che almeno con te con sia un bastardo. - e se ne
andò.
Alice si ritrovò sola, sentendosi ridicola, patetica e di
nuovo presa in giro. Le venne alla gola un tremendo nodo di rabbia,
attenuato solo dal sapore di Andrea che aveva ancora in bocca.
Andrea si diresse immediatamente ad affrontare le due situazioni
più complicate della sua vita. La prima meta che scelse di
raggiungere fu la sede della sfilata a cui Carola partecipava. Quando
riuscì ad intrufolarsi nel back-stage, la Leonessa lo
guardò con una nuova aria.
Nella confusione nessuno si accorse di loro, quindi Carola
poté tranquillamente avvicinarsi a lui con un'espressione
schifata, che era normale per lei, in silenzio.
Andrea la guardò e le disse che gli dispiaceva, che sapeva
di essersi comportato male, di essere stato meritevole di ogni insulto.
Carola lo guardò e si pronunciò: -Giulia aveva ragione. Avresti scelto Chiara.-
-No, sbagliava. Non ho scelto Chiara. E non posso scegliere nemmeno
te e se tornassi indietro, non rifarei quello che ho fatto, ma capisco
che siano solo parole… Carola, su una cosa Giulia ha sempre
avuto ragione. Tu sei la Leonessa. Non puoi abbassarti a stare con
gente che non ti merita, non puoi, non è da te. Non sei la
seconda scelta, lascia che te lo dica.-
-Da te è una frase ipocrita.- rispose severamente.
-No, se ci pensi non lo è. Perché mi hai fatto capire
che non posso sceglierti. Hai dentro qualcosa che ti impedisce di
essere la seconda scelta… è un concetto astruso, ma
è vero. Tu meriti qualcuno che sia grintoso e forte almeno tanto
quanto lo sei tu.- Carola si sentì rinvigorita da quelle parole.
Per lo meno, sarebbe rimasta l'amante. Aveva perso, ma era un bella
sconfitta. Il dolore della delusione era ricambiato dalla certezza di
essere nuovamente quella che era e che era felice di essere.
-Cinque minuti, mancano cinque minuti! Carola, te la senti di
aprire? Se cadi di nuovo sei licenziata, ospedale o meno! Non mi
interessa!- urlò lo stilista, nel panico.
Carola diede le spalle ad Andrea e quando fu il suo momento, la
Leonessa uscì esibendo tutto il suo carattere, la sua energia,
la vitalità della belva che fiera sa di essere la migliore. La
pi bella camminata della sua vita non sembrava nata nel giorno in cui
era stata lasciata dalla scoperta dell'amore, ma fu esemplare e
grintosa come non mai. Quando rientrò nel backstage, in mezzo
alla confusione vide ancora Andrea che, guardandola, sorrise
lentamente. Lei ricambiò, senza doppi fini, senza illusioni o
intrighi, ma solo con la forza della serenità. Carola era
tornata a splendere ed aveva assorbito tutto quello che la passerella
aveva potuto darle. Si tolse velocemente il vestito e si infilò
i suoi jeans, la maglietta e le sue scomode ballerine. Non si
levò nemmeno il trucco prima di uscire, non pensò neanche
a disfarsi quell'intricata pettinatura che aveva in testa. Prese sotto
braccio Andrea e gli chiese di offrire da bere. Dovevano festeggiare la
stagione di caccia finita per la Leonessa, che ora avrebbe cambiato
mestiere.
Carola aveva ottenuto tutto in quella camminata, che sarebbe
rimasta per anni un punto di riferimento, un modello da emulare, per le
future indossatrici. Magari Carola si sarebbe data al cinema americano.
Aveva il fisico giusto, la bellezza di un'attrice e le doti di un
talento. Non le mancava nulla per diventare la Leonessa anche in quel
campo.
Dopo aver bevuto una birra con Carola, Andrea andò da Chiara. Fu
difficile affrontarla, perché la sposa continuava ad urlare,
piangere, gridare e lanciare oggetti. Intervennero anche i genitori di
lei contro Andrea, che non si giustificò mai, sebbene ne avesse
i motivi, ma si limitò a chiedere scusa ed a dire che non poteva
sposarla. Non era innamorato, ecco tutto, non fino a quel punto.
Chiara mise di lanciargli addosso di tutto. In fondo lo sapeva,
l'aveva sempre saputo. Non poteva continuare ad illudersi. Chiara lo
cacciò via con rabbia ed Andrea non la biasimò. Non si
aspettava certo di essere improvvisamente scusato e perdonato, anzi,
sapeva di essere stato pessimo nel comportamento, ma non si
pentì di essere andato da Chiara, anche se alla fine non aveva
concluso molto; la ragazza si meritava almeno quello. L'aveva delusa,
umiliata e fatta soffrire e pensò a quanto la vita fosse
irrisoria e canzonatoria. Mentre era al volante, pronto per andare a
casa di una donna che amava davvero, si chiese perché ci fosse
un ciclo continuo nell'amore, che aveva forse a che fare con il karma.
Sua sorella Giulia era fissata con tutte quelle pratiche da animisti, o
indù o robe del genere… non aveva mai letto un libro in
proposito, il che era buffo per un librario.
Andrea realizzò di aver ferito in passato Alice, di essere
stato ferito dall'irruenza di Chiara, di aver ferito Carola (ma di
avervi in qualche modo rimediato) e… concluso che stava andando
dall'unica delle tre donne a cui non aveva cercato di rimediare al
dolore che aveva causato. Con Chiara la delusione era stata, secondo
lui, alla pari. Carola era uscita meglio di quando fosse entrata nella
sua vita; prima di prendere parte alla vita di Andrea non era ami stata
così meravigliosa.
Solo Alice non aveva ancora avuto un felice esito. Lo ebbe
però quando lui le chiese di andare a vivere insieme e lei
accettò, incredula. Non rispose in realtà subito di
sì, perché non voleva nuovamente imbarcarsi in una ferita
così profonda, impetuoso ed impietosa. Però Alice era
vittima dell'amore, era traviata dalla forza della passione e non
riuscì a dire di no. Il loro bacio fu qualcosa di profondo, di
speciale, una sensazione bellissima che Andrea non assaporava da
parecchio tempo. Il ragazza l'abbracciò, finalmente felice.
Giulia andò da Francesco una mattina calda ed afosa. Era una
giornata perfetta per chiarire tutto quello che non era mai stato
risolto. il cielo era senza nuvole, senza interferenze, insomma
monotono. Non c'era alcuna parvenza di vento o pioggia, c'era solo un
sole luminoso insidiato nel cielo. Giulia stabilì che il sole
era una creatura decisamente egocentrica; se ne stava là,
giornate intere ad essere il protagonista di un quadro immenso ed
eterno… Giulia smise di tergiversare e bussò alla porta
di Francesco. Il ragazzo non riusciva a credere ai suoi occhi; Giulia
era là, davvero, in carne ed ossa. Giulia iniziò a
parlare con chiarezza, decisa, sfogando tutta la sua rabbia repressa.
Francesco l'ascoltò, interrompendola per ringraziarla di
avergli permesso di uscire dalla dipendenza della droga, e dicendole
che era veramente e profondamente innamorato di lei.
-Tu non sei innamorato di me. Sei innamorato della ragazza che ti
ha salvato, che si è preoccupata per te… io con te non mi
sono mai comportata come la vera Giulia. Ero troppo occupata a cercare
di aiutarti per essere me. Ho interpretato la crocerossina, che
è un tratto della mia personalità, lo ammetto, ma alla
fine cosa sai di me?-
- Che sei pura, sei angelica…-
-Mi vedi come un angelo!- esclamò divertita la ragazza -Solo
perché con te lo sono stata. Ma non sono veramente una creatura
così paradisiaca.-
Giulia lo abbracciò e fu un lungo momento di intesa. Quando
si staccò, Francesco la guardò e le disse, con
convinzione: -Chiunque tu sia stata, grazie per esserlo stata.-
Giulia se andò, quasi commossa. Sì, partire era un'ottima idea. Aveva proprio bisogno di staccare.
Prima si salire in macchina, però, si voltò l'ultima
volta a guardare Francesco. Per lui aveva interrotto la pena che si era
imposta, dei disturbi alimentari. L'adolescenza era stata un periodo
pessimo. In qualche modo Francesco l'aveva resa più
sopportabile.
Carola non se la sentiva di rimanere. Quando una Leonessa abbandona il
branco, deve in qualche modo scappare e trovare una nuova mandria su
cui imporsi. Carola era una dominante, una ragazza determinata che
aveva dimostrato di saper perdere, con un tocco di astiosa classe che
non ammetteva ci fosse un'altra vincitrice, una che non fosse lei.
La modella voleva emigrare in America. Si sarebbe data al cinema o
a qualcosa del genere, non lo sapeva nemmeno lei, ma tentare per
tentare era meglio provare a vincere nel paese dei film.
Carola sorrise; il verbo "tentare" non le si addiceva. Lei non
tentava, lei vinceva. Anche Andrea le aveva negato la corona di regina,
poteva ottenerla da chiunque altro. Dal suo lavoro aveva già
ricevuto un titolo morale onorevole, una bellissima ricompensa al suo
lavoro, al suo sacrifico, alla sua voglia d'essere la migliore e di
impegnarsi ogni secondo, in ogni momento, per essere la Leonessa che
fiera cavalca le passerelle. Carola mise nella valigia un bracciale, un
monile che aveva acquistato molto tempo prima. Era stato un regalo di
una sua amica, tempo prima. Era bello, carino, portabile ed era il
gioiello che indossava la sera in cui era uscita per la prima volta con
Giulia.
Cosa fare con Giulia? Il pensiero della stagista si tuffò nella mente della modella.
Avvertirla? Be', non avrebbe potuto scappare così, senza
motivo. Anche se soffriva per Andrea, doveva dimostrare che lei era
invincibile.
Una lacrima le scivolò dalla pupilla. Carola si accorse che
non piangeva per Andrea, ma per Giulia. Il male peggiore che il ragazzo
le aveva causato era stato quello di allontanarla dalla sua migliore
amica, dall'unica donna che si fosse dimostrata una persona seria,
affidabile, leale e fedele. E l'aveva liquidata così, preferendo
i finti sentimenti di un ragazzo indeciso alla gioia di non essere
presa in giro, sottovalutata o invidiata; il sentimento di cui aveva
bisogno, si rese conto, non era l'amore. Desiderava tornare indietro,
essere la migliore amica di Giulia. Ma come fare adesso? Ora che tutto
si era consumato… non c'era più molto da fare.
Carola si sentì addosso una vampata di caldo, poi
all'improvviso freddo, i brividi e la sensazione orribile si sentirsi
cadere, nel vuoto, nell'ombra e nel terrore di quello che sta per
succedere e non si conosce.
Carola cadde nuovamente a terra, perdendosi.
Giacomo l'aveva vista piangere disperata e non era riuscito a
cancellare quell'umanità che aveva scorto in lei. Gli era
sembrata così vera, così fragile e delicata… per
lui era sempre stata la sorella di Andrea, nulla di più e nulla
di meno. Eppure era carina, in fin dei conti. Non capiva come molti
potessero giudicare Valentina la più bella delle due; era
troppo… persa. Invece Giulia era vera anche per questa ragione,
per la componente caratteriale di purezza che possedeva. Giacomo era un
ragazzo semplice, uno che nella purezza non aveva mai creduto. Una
qualità troppo effimera, troppo distante dall'immaginario
comune, così difficile da interpretare e da cogliere…
eppure il pianto di Giulia era rimasto positivamente impresso nei suoi
ricordi.
Non sapeva se contattarla. Era e sarebbe per sempre rimasta la
sorella di Andrea… come poteva dimenticarsene così,
all'improvviso?
Già, ma dimenticarsi di chi? Dimenticarsi del fatto che
Giulia portava lo stesso cognome del suo migliore amico oppure
dimenticare le sensazioni che quella ragazza gli aveva provocato?
Giacomo scosse la testa. Pensava di aver imparato dagli errori di
Andrea quanto fossero fasulli gli amori istantanei. Non gli andava di
peggiorare la situazione del suo amico, già così
complicata… in realtà adesso sembrava andare tutto per il
verso giusto. Andrea era tornato da Alice, la ragazza che tempo prima
gli aveva fatto perdere la testa. No, forse era stato il
contrario… Giacomo non se lo ricordava. Ai suoi occhi, Alice era
stata simpatica, ma un po' troppo poco seria per i suoi gusti. Chiara
era erotica ed invitante, mentre Carola era conturbante, in ogni
momento.
Giacomo guardava Chiara, seduta di fronte a lui. Indossava un paio
di occhiali scuri ed un vestito che non arrivava alle ginocchia. Al
collo aveva una collana con un grande ciondolo.
Chiara lo guardò intensamente attraverso le lenti degli
occhiali:" Non ho intenzione di perdere tempo, Giacomo. Quindi se hai
altro da fare dimmelo subito."
La ragazza era stata molto più pragmatica di Carola, qualche settimana prima.
Giacomo guardò la tazza di caffè che aveva davanti.
Sul fondo si erano depositati dei granelli di zucchero, che disegnavano
una confusa e strana linea.
Giacomo iniziò a pensare a Giulia, concentrandosi
intensamente su di lei. Si chiese quanto ne valesse la pena e quanto
fosse giusto per Chiara ricevere una nuova delusione. Come se Andrea
non fosse stato abbastanza. Il ragazzo però non si rendeva conto
della sua arroganza e del suo ego; a Chiara, di lui, interessava ben
poco. Voleva solo vendicarsi di Andrea, desiderare che soffrisse un
po'. La giovane indossava gli occhiali anche perché nessuno
potesse cogliere le sfumature del suo sguardo.
Ad un certo punto, senza un preciso e particolare motivo, Chiara
decise di alzarsi. Non ne valeva la pena; che senso avrebbe avuto
concedersi a Giacomo? Non le avrebbe di certo ridato Andrea. Andrea era
andato, volatilizzato nel vuoto, scomparso… non le interessava
nemmeno sapere se stesse ancora con quella modella, se avesse
intenzione di costruirsi una vita con lei, di fare qualunque
cosa… alzandosi, guardò Giacomo. Poi si voltò,
capendo che della sua presenza non importava nemmeno al ragazzo con cui
era stata seduta ad un tavolo fino a pochi minuti prima. Una lacrima le
scivolò sulla guancia, rimanendo in parte coperta sotto la lente
degli occhiali.
Camminava a passo spedito, sperando in un cambiamento. In fin dei
conti, non tutto il mal vien per nuocere. Aveva imparato ad evitare chi
non la meritava ed Andrea non la meritava in assoluto. Lei era bella,
intelligente, ambiziosa, forte… era troppo per lui.
Mentre camminava, un tizio la fece quasi cadere e lei perse il
controllo della sua borsetta, che finì sul pavimento. La ragazza
si abbassò a raccogliere il lucidalabbra, uno specchietto ed un
pacchetto di fazzoletti e si accorse che anche quel tipo aveva fatto lo
stesso.
-Mi scusi, non mi ero minimamente accorto…. stavo
messaggiando al telefono e… insomma, pardon!- disse l'ultima
parola nel modo sbagliato e Chiara lo corresse con altezzosità.
Lui le chiese come fosse sicura della pronuncia e lei spiegò
brevemente di essere in parte francese.
Partì un elogio della cultura francese da parte del ragazzo che Chiara decretò avesse un bellissimo aspetto.
Dopo mezz'oretta erano usciti insieme e dopo otto mesi si sarebbero sposati.
Andrea non ci mise molto a trovare un appartamento, per di più
vicino alla sua libreria. Alice amava quel posto. Si stava laureando e
le faceva comodo che il suo compagno avesse avviato una propria
attività; le dava un'idea di realizzazione.
Alice aveva portato con sé dei mobili che i suoi genitori
non usavano e che avevano lasciato a marcire in cantina, così
l'appartamento dei due ragazzi era un ammasso di colori e fantasie, ma
nel complesso era carino. Stravagante, ma simpatico.
Andrea ed Alice erano finalmente soddisfatti, anche se Andrea ogni
tanto era perplesso e si poneva domande sulla sua condotta. La cosa che
lo preoccupava maggiormente era che nessuno aveva più avuto
notizie di Carola… cosa le fosse successo era un mistero.
Nemmeno da Giulia si era più fatta sentire.
Andrea aveva preso un cane, da tenere con Alice, visto che Spazzacamino era divenuto possesso di Giulia e Valentina.
L'animale era un husky, di razza, regalato dalla mamma del ragazzo
che lo aveva acquistato in un allevamento conosciuto della zona.
Aveva un occhio azzurro ed uno grigio, era tenero e dolce. Quando
lo portarono a casa, aveva a malapena tre mesi e scodinzolava in modo
scoordinato, senza capire in che direzione muovere quella cosa che
aveva attaccata sopra il sedere.
Era una femmina e l'avevano chiamata Alaska, in onore alla sua terra d'origine.
Inconsciamente, aveva scelto quel nome perché iniziava con
la A. Non se rendevano conto, ma desideravano un'assonanza. In fin dei
conti, Andrea era fatto così; da Alice aveva tentato di cambiare
ed era andato con Chiara, la quale l'aveva deluso e lui aveva allora
cercato conforto fra le braccia di una ragazza ugualmente ambiziosa,
sebbene possedesse un carattere diverso, ovvero Carola.
Il percorso di Andrea era ricostruibile attraverso l'alfabeto.
Desiderava cambiare, ma non riusciva e tornava sui suoi passi. Andrea
rappresentava la dolcezza, la voglia di semplicità genuina ed
Alice poteva soddisfare questa velleità, perché bastava
guardarla per capire quanto fosse meraviglioso avere un abbraccio da
lei, dalla sua personalità affettuosa ed amabile.
Alice non riuscì a rappacificarsi con Giulia. Quest'ultima
si era resa conto che non aveva bisogno di condividere una nuova
amicizia con suo fratello. L'aveva già fatto due volte e le
aveva procurato solo guai.
Alice si laureò e dopo un anno era incinta. Insieme ad
Andrea ebbe due figli, Alessandro ed Arianna. Mantenere le stesse
lettere sembrava carino.
Una volta, Alice portò i suoi pargoli ed il marito ad una
sfilata, perché una sua amica le aveva chiesto di parteciparvi.
Alessandro aveva cinque anni ed Arianna tre. Quest'ultima era
bionda, con gli stessi occhi del suo papà e sebbene fosse
piccina prometteva bene in fatto di bellezza.
Quando si alzò dalla sedia, guardò il suo papà
in faccia e gli disse che lei da grande voleva essere una di quelle.
Andrea rise poi pensò automaticamente a Carola. Gli pareva
ancora di vederla, ogni tanto. Quando pensava di non riuscire a
compiere nulla di buono, quando si accorgeva che poteva dare di
più, l'immagine della bellezza grintosa e magra di quella
modella riecheggiava nella sua mente con lo stesso fastidio di una
canzone stanata che si cerca invano di dimenticare, ma che resta
là in agguato, pronta ad esplodere.
Andrea abbracciò la sua bambina e le disse che sperava
vivamente che se avesse scelto di diventare una modella avrebbe preso
la forza, la grinta e la spavalderia di una grande Leonessa. Avrebbe
voluto aggiungere: che in nome dell'amore abbandonò tutto.
Valentina aveva vinto. Francesco era stato definitivamente lasciato da
Giulia e non gli rimaneva nessuno all'infuori di lei. Principalmente la
loro era una relazione fisica, ma c'era una certa intesa psicologica
non indifferente.
Valentina riusciva ad avvinghiarsi al ragazzo con un'energia ed una
malizia tale da indurlo a fare tutto quello che lei desiderava.
Francesco era argilla e la ceramista era una bella ragazza con un
facchino ingenuo.
-Adesso mi ami?- chiese con innocenza costruita mentre la giovane mentre fissava la sua conquista.
-Tu?-
-Io sì.- rispose Valentina con una sorprendente convinzione.
-I tuoi ti odieranno.-
-Non mi importa.-
-Cercheranno di separarci.-
-Avremo la meglio.-
-Vale…-
-Non capisci?- Valentina sorrideva solare. -Io ti amo.-
-Dicevi lo stesso di Alice.- le fece notare il ragazzo.
-Ed era vero.- Valentina scrollò le spalle. -ma adesso amo te. Cosa c'è di strano? All'inizio ti piacevo.-
La ragazza si ritrasse.
-E mi piaci ancora.-
La giovane si voltò. -Ti piaccio?- chiese -nient'altro?- la sua voce era delusa e risentita.
Lui la guardò, fissando le sue iridi. Le si avvicinò
e la baciò a lungo, senza interferire con gesti, con abbracci o
carezze. Fece in modo che lei sentisse solo il contatto delle loro
labbra finchè non ne furono entrambi sazi.
-Ti amo, Valentina. Ti amo.-
Giulia partì non appena sentì che in Italia, nella sua
città, nella sua casa non aveva nulla o nessuno che potesse
farla crescere più di quanto non fosse già cresciuta da
sola negli ultimi tempi.
Londra era bellissima dal finestrino; certo, non era molto poetica.
C'erano tracce di inquinamento ovunque, c'era il Tamigi che pareva
implorare pietà ma c'era anche una strana magia che riusciva a
cogliere.
Londra era meravigliosa nel suo interno, nelle dinamiche
quotidiane, nella riservatezza dei suoi cittadini e nella dedizione al
lavoro.
Prima di entrare nella casa che avrebbe condiviso con altre tre
ragazze, Giulia trasse un sospiro di sollievo. Aveva paura, certo, ma
non vedeva l'ora di ricominciare.
Quando aprì la porta, stava per produrre un suono simpatico
che si trasformò in un acuto quando davanti a sé si vide
l'immagine di Giacomo.
-Cosa ci fai qui?-
-Sapevi che arrivi prima se voli con la British? Tu con chi hai volato?-
-Lufthansa…- rispose incredula Giulia. Non riusciva a concepire di averselo davanti.
-Ah, ecco.- A Giacomo tremavano appena le mani.
Giulia scosse la testa. -Giacomo…. cosa ci fai qua?-
-Io? Oh, un giro...-
-A casa mia?-
-E che c'è di strano?-
-A Londra?!-
-Avevo bisogno di un po' d'aria...-
-Giacomo… ti hanno mandato i miei?-
Giacomo rise e si grattò dietro alla testa. -No, non mi hanno mandato i tuoi.-
Non sapeva davvero come parlarle, come spiegarle quello che provava
e che sentiva per lei. L'amava, ma come dirglielo? Ci avrebbe creduto?
Erano successe così tante cose… mai avrebbe pensato di
innamorarsi di una donna vedendola piangere per la morte di un cane.
Giacomo le si avvicinò, mostrando la parte più
vulnerabile ed intima del suo carattere. Sembrava sul punto di
balbettare.
-Giulia… io penso di essermi innamorato di te.-
Le prese il viso fra le mani. Lei se ne stava là, incredula,
incapace di formulare il minimo pensiero… quello era Giacomo, si
disse. L'aveva odiato per anni solo perché era il migliore amico
di suo fratello. Forse non sapeva nemmeno leggere. Insomma, non
sembrava un granché.
-Sai leggere?- le venne automatico chiedergli prima che potesse baciarla.
-Come scusa?-
-Perché se non sai leggere… non penso che abbiamo qualcosa in comune.-
-Sì, so leggere.- rispose Giacomo stranito.
-Sì, ma sai leggere e leggi o sai leggere e basta?
Perché a volte è peggio avere un talento e non usarlo che
non non averlo e non poterlo quindi usare… tu leggi?-
-Sì, leggo.- Giacomo staccò le mani dal suo volto sorridendo.
-Ma sei sicuro?-
-Sì, sono sicuro.- Giacomo sussurrava. Giulia aveva le farfalle nello stomaco. Si sentiva vulnerabile.
-Perché in nessun libro ho letto di uno che arriva in Inghilterra dalla sorella del suo migliore amico.-
-No, ma mi è capitato di leggere di chi va dalla donna che ama… anche attraversando uno stato.-
-Ah sì, chi?- chiese la ragazza in attesa di una qualunque spiegazione.
-In "Pomodori Verdi Fritti" Idgie va da Ruth, in Georgia.-
-Hai letto quel libro?- mormorò la ragazza. Il giovane
annuì e si avvicinò nuovamente. Giulia pensò che
forse non era così male.
-Giacomo se mi stai prendendo in giro... -
-…non lo sto facendo, sul serio. Mi sono innamorato di te
mentre piangevi per Picasso. E sii sincera… provavi qualcosa per
me. Altrimenti non mi avresti chiamato.-
-Cosa… io… non avevo altri… insomma è…- Giulia stava arrossendo.
Andrea le si avvicinò e lei lo interruppe di nuovo.
-Adesso pensi che tornerò indietro con te? Perché...-
-… ho finto di essere tre ragazze inglesi affinché tu venissi qua.-
-Cosa?!?!? Come hai fatto?-
-Diciamo che devo un favore a Francesco e Valentina.-
Giulia sorrise e finalmente baciò Giacomo.
Qualche anno dopo, lei aprì una boutique di moda e si
affermò come stilista teatrale. Lavorava benissimo, era una
donna in gamba, era realizzata e non era sola.
Giacomo invece divenne un grande economista, che lavorava in una azienda dal grande coinvolgimento mondiale.
A trenta e trentun abbi ebbero un bambino. Solo che non lo
chiamarono con un nome con la G, perché loro due adoravano il
cambiamento. Se non fosse stato per esso, non sarebbero mai stati
capaci di amarsi con tenerezza e lealtà come facevano ormai da
anni e non sarebbero andati a vivere a Londra, a cercare quell'amore
che avrebbero potuto avere anche nella loro città Natale. Ma
quello che trovarono a Londra, fu qualcosa di più, fu una gioia
di vivere che solo lì potevano trovare, come se qualcuno
l'avesse appositamente nascosta nel Tamigi per loro.
Il loro bambino si chiamò Matthew ed il secondo Edward.
Ma a parte questo, Giulia ricordava un giorno in particolare, prima che la sua vita ricominciasse a Londra.
Qualche tempo prima, camminava fra le lapidi ed i loculi e le
sembrava di percepire nell'aria l'odore del fumo, della stoffa nuova e
della lacca per capelli…
Ad un certo punto si fermò ed alzò una mano, per toccare una foto.
Sapeva che le foto non rendevano giustizia a Carola. Era troppo
bella, troppo grintosa e selvaggia perché quelli occhi
rimanessero fermi e felini anche sulla carta stampata.
Le scese una lacrima ma qualcuno le toccò una spalla. Quando
si voltò, vide una donna invecchiata da come se la ricordava, ma
con i capelli ancora ricci e l'eleganza di chi ce l'ha e non la perde
con il tempo.
-Catherine!- salutò stupita.
-Mi fa piacere sapere che qualcuno non si è dimenticato della Leonessa, Julia.-
-Mi manca da impazzire.-
Catherine sorrise con amarezza. -Vorrei essermi comportata
diversamente… vorrei aver potuto evitare tutto questo. Ma non ho
potuto, non hai potuto neppure tu… nessuno ha potuto.- parlava
con un accento francese ancora marcato e con un melodramma non
costruito.
-Mi hanno detto come è andata, me l'hanno raccontato i suoi
genitori. Mi hanno detto che l'ha fatto per me. Io ero a Londra quando
è successo. Lo sa, a volte questo peso mi schiaccia. Ho paura
che mi uccida, spesso. E' forte, è un dolore lancinante…
una qualcosa che non sarò mai in grado espellere.-
Si voltò verso la tomba. -A volte vorrei che fosse ancora
viva solo per dirle quanto mi ha fatto male. Ma altre volte penso che
non abbia più importanza. Mi amava. Mi amava come si ama
un'amica, o forse di più… ma era amore sincero,
disinteressato ed ha temuto di perderlo… invece io ero
lì…-
Giulia si rifugiò fra le braccia di chi aveva conosciuto Carola e capiva che perdita fosse.
Poi Catherine si staccò, le asciugò le lacrime e
tirò fuori dalla borsa un pezzo di plastica appallottolato.
Lo diede alla ragazza dicendole che l'aveva ottenuto dai genitori
della modella, che si erano ormai trasferiti in un posto lontano e
volevano che Giulia avesse quell'oggetto.
La ragazza lo guardò e lo aprì. Le scappò da
ridere e pensò a quanto la situazione fosse ironica. Carola le
aveva lasciato il sacchetto di patatine, l'oggetto che aveva rotto
l'equilibrio di quattro famiglie, che aveva mutato sentimenti, aveva
fatto sì che una modella anoressica venisse notata da uno sposo
indeciso e che si alternassero in generale sentimenti di lealtà
ed odio.
Fannie Flagg scrisse di non dimenticarsi mai che esistono persone
vestite da veri e proprio angeli, persone capaci di grandi sentimenti,
ma quello che pochi si aspettano è che esistono leonesse vestite
da ragazze che si muovono come l'istinto ordina e combattono
finché non c'è una valida ragione per perdere.
Carola pensava di aver trovato una ragione per smettere di lottare
contro se stessa, abbandonandosi all'amore per Andrea, ma non aveva
frainteso ciò che il suo cuore le ordinava. Per una donna
abituata a cedere solo ai comandi incontestabili dell'istinto, era
difficile interpretare ciò che il proprio cuore provava.
Carola avrebbe dovuto smettere di dichiararsi guerra per Giulia,
non per Andrea. L'aveva finalmente capito quando il ragazzo l'aveva
lasciata e l'aveva intuito ancora prima, quando era in ospedale e
quando era caduta sulla passerella. Una volta che aveva compreso quanto
doveva fare, tutto le si schiarì e percorse la passerella con
gioia e sollievo, con l'entusiasmo che non pensava di poter mai
provare. La felicità di sapere finalmente chi si ama e per chi
si vuole morire.
Giulia non era per lei; il loro rapporto era un perverso gioco
della natura, un terribile sbaglio, una forza oscura che fa innamorare
di chi ama uomini chi non ha ancora capito cosa ci faccia al mondo.
Carola aveva bevuto una birra con Andrea. Quella fu l'ultima cosa
che inghiottì e ne fu stranita. Per anni aveva limitato la
quantità di materiale ingerito, sempre per la sua malata smania
di guerra contro se stessa. Quando il bicchiere finì, si
saldò nella sua mente il pensiero che anche lei doveva finire.
A casa finse di dover viaggiare, per raggiungere l'America, forse.
Si chiese cosa si sarebbe portata all'aldilà. Non aveva
importanza, era sicura che avrebbe avuto tutto quello di cui aveva
bisogno.
Carola aprì il cassetto delle medicine. C'erano diverse
scatole, alcune bianche, altre colorate, che sua madre teneva
rigorosamente separate ed ordinate secondo la necessità.
Carola prese una decina di scatole, senza guardare i nomi dei farmaci che aveva davanti.
Prima di commettere l'atto della propria morte, tirò fuori
il sacchetto di patatine che l'aveva ingannata, che aveva conquistato
Andrea facendo perdere a lei la retta via.
Carola lisciò la confezione e la lasciò sul tavolo.
Poi iniziò a masticare diverse pasticche ed andò avanti
finché un dolore lanciante non la colpì al petto e si
sentì crollare. Cadeva gemendo e il suo ultimo movimento fu una
convulsa e sofferente richiesta di un abbraccio di Giulia.